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Autore: Male_na    15/08/2018    2 recensioni
Lei guarda il cielo grigio fuori, aveva aspettato pazientemente questo giorno.
Questo giorno sospeso in cui sarebbe riuscita a mettere nero su bianco diverse cose.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Parlare, e soprattutto scrivere,
è sempre un modo di venire a patti
con la mancanza di senso della vita. “

A. Tabucchi

 

Lei guarda il cielo grigio fuori, aveva aspettato pazientemente questo giorno.
Questo giorno sospeso in cui sarebbe riuscita a mettere nero su bianco diverse cose. Con la pioggia è facile anche scrivere cose malinconiche e complicate si ripeteva.
Scioglieva i capelli, accendeva la radio e iniziava a far correre i pensieri.

Aveva sempre avuto una fervida immaginazione, lei.
E un tremendo bisogno di affetto.

Ricordava quei mesi, quanti erano venuti a bussare di sera alla porta o con un semplice messaggio avevano fatto camminare lei nel corridoio buio e poi aspettarli in camera, con la luce accesa per nascondere meglio le paure.
Le nascondeva nella piega della clavicola, dove si faceva una piccola fossetta che pochi notavano, o nei capelli corvini raccolti. Diceva che semplicemente erano comodi così, in realtà erano troppo ingarbugliati con quei pensieri tristi per scioglierli.
Nascondeva le paure dietro le foto appese al muro, in fondo allo sguardo che gli si piazzava quando si guardava allo specchio. Sotto quel rossetto rosso.

Il primo pensiero.
Una maglia calda e morbida, qualcosa di inatteso e curioso, qualcosa di nuovo.
Le coperte scomposte come i loro capelli, le lotte sorde, le parole.
Le canzoni che rendevano tutto più complesso e che toglievano il fiato.
Le maledizioni, il dolore e gli sguardi bassi. Nuove realtà e la difficoltà ad adattarsi.
Erano stati il suo primo pensiero, adesso meno. Ma il tempo le aveva fatto capire che a volte va così.

Il secondo sguardo.
Una laguna profonda, un ritrovo casuale nella notte. A volte una sorpresa.
A volte una piccola sicurezza, come un cielo limpido che ti aspetta dopo la pioggia.
I complimenti sinceri detti a voce bassa, sorridendo, quello sguardo che le rimaneva addosso.
Il secondo sguardo che la sorprendeva mentre si allontanava nel buio.

E poi il terzo, come un sorso di vino, un quarto abbraccio gentile e leggero.
Il quinto messaggio, che a sorpresa ti toglie un po' la maschera.
Il sesto sorso di vino per dimenticare, il settimo pianto in una notte.
L’ottavo. Lottava.

Lei sorride beffarda e perde il conto, si chiede come si faccia a raccontare una storia intricata come la sua, ma allo stesso tempo banale. Fatta di facce che aveva creduto amiche e si erano dimostrate l’opposto, di foto, di posti lontani da vedere. Di persone arrivate, partite, sparite, rimaste.
Fatta di amori che sembravano tali solo sotto a strati di coperte, nascoste al sole della realtà.
Fatta di sentimenti capaci di creare il deserto ma di essere la tua piccola oasi curativa.

Lei piangeva. Come la pioggia.
Perché è dannatamente facile farlo.
Adesso respirava, sentiva una fitta al petto. Chiuse gli occhi e aveva il coraggio.
Quello che serviva per andare oltre quelle promesse che aveva sentito nel buio di qualche notte in cui il cuore aveva creduto che fosse possibile fare tutto, anche innamorarsi in mezzo al gelo di una tempesta, nella stanchezza del avvenire, nella paura del presente.

Lui le si avvinghiava addosso, rideva. Si sistemavano e il buio cullava quella serenità incerta e trasbordante. Lei aveva ancora le lacrime agli occhi ma il cuore le esplodeva. Sicuramente l’amore era stato quello e tutto il male successivo. Erano state bellissime promesse di felicità, erano bei ricordi, erano i momenti che malediva con un sorriso leggero. Aveva voluto solo lui.

Lui per caso, Lei se lo ritrovava in testa come un chiodo. Sentiva le fitte di quegli occhi. Il mistero profondo che aveva scoperto nel tempo era che poteva essere solo un proiezione quanto qualcosa di dannatamente reale. Ma poi spariva. Era paura e curiosità, ricerca di un colore che spiegasse tutte quelle cose, castelli di carta sui gesti di lui. Aveva cercato di riportarlo indietro, ma quegli occhi erano troppo limpidi per ospitare chi cercava. Aveva solo paura di Lui, la verità.

Lui la cercava per scappare in quel mondo dorato e dalle luci soffuse a cui avevano accesso per quel tempo così limitato, chiudeva gli occhi e scomparivano. I problemi non esistevano. Lei lo accarezzava piano finché lui non si alzava di scatto, il suo punto debole, il tempo scaduto.
Aveva sentito il cuore cedere, le lacrime, come il vento. Aveva soffiato e con gli occhi umidi era rimasta lì. Intatta e disillusa. Era ancora felice quando pensava a certe parole e gesti, malinconica quando pensava al futuro programmato anche per un solo istante. Era stato quello che aveva immaginato, lui.

Una pausa. Un filo rosso.
Lui lo ritrovava nei particolari delle cose, nel suo essere insicura. Nei pensieri costanti che smontava. Le parole erano complesse e creavano ragnatele di possibilità. Lei non sapeva neanche in che stanza lo avrebbe trovato, seduto dietro quale porta a fare cosa. Aveva sentito la solitudine, il bisogno ancestrale e le lacrime. Intangibile come il tempo. Era una domanda sussurrata al chiaro delle stelle.

Adesso respira a fatica.
Lei. Ha imparato ad aspettare, forse.

   
 
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