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Autore: Sanae77    30/08/2018    10 recensioni
Tutti pronti per i mondiali del 2018?
No?
I nostri campioni invece lo sono, o lo saranno (si spera).
Prima dovranno andare in ritiro e il capitano, purtroppo, non è molto in forma.
Insieme scopriremo che cosa lo disturba. ;-)
Ho il piacere di annunciare che la storia è stata tradotta da Lyra Nym in spagnolo
https://www.fanfiction.net/s/13826347/1/Rusia-2018-Entre-sue%C3%B1o-y-realidad
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Azumi Hayakawa, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Clessidra dei Mondiali'
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Il sole li aveva accecati appena lasciata la veranda. Azumi stava correndo sulla spiaggia senza una meta; fu facile per Taro raggiungerla e afferrarle un braccio.
“Lasciami! Lasciami!” gridò, strattonando vigorosamente, ma le dita forti e sicure non mollarono la presa, facendo però attenzione a non farle male.
“Ti prego, parliamo” implorò l’uomo, affondando i piedi nella sabbia calda.
Riuscì a fermarne la corsa facendola crollare a terra sulle ginocchia. La donna nascose il viso nella piega del braccio sollevato per celare le lacrime. Misaki la lasciò libera e s’inginocchiò di fronte a lei, poi le mani si posarono sulle esili spalle scosse dai singhiozzi. Il numero undici l’abbracciò, attirandola a sé.
Non aveva la forza di combattere, arresa all’evidenza si era lasciata avvolgere dal marito nel tentativo di riprendere fiato. Quello sarebbe stato l’ultimo abbraccio che gli avrebbe concesso. Adesso ero troppo stanca per lottare, era come se qualcosa le avesse risucchiato tutte le energie. L’amore che aveva visto negli occhi del marito nei confronti del capitano le aveva assorbito ogni forza.
La foto le esplose ancora una volta nella testa dandole il vigore di allungare le braccia e discostarlo da sé.
“Non mi devi toccare!” disse con occhi traboccanti di rabbia e lacrime. Queste brillarono sotto al sole d’agosto. I capelli appiccicati al volto sudato vennero scostati malamente dalle dita sabbiose, impiastricciandole il viso.
Taro la guardò dispiaciuto poco prima di muovere una mano per spostare la ciocca dalla guancia.
“Ti ho detto di non toccarmi!” la mano colpì con forza quella del marito facendolo desistere.
“Perdonami” una sola parola pronunciata a fior di labbra gli restituì uno sguardo di odio profondo.
“Perdonami?” domandò Azumi, inclinando la testa e storcendo la bocca in una sorta di sorriso nervoso.
“Cosa dovrei perdonarti? Sentiamo? Che mi hai tradito? Che mi hai tradito con il tuo migliore amico? Che è un uomo e io non sapevo nulla delle tue tendenze? Che sei uno stronzo per non avermi detto niente? Che non pensi alla tua famiglia, a tua figlia? EH, DIMMI CHE COSA DOVREI PERDONARTI E IN QUALE ORDINE!” l’ultima frase gliela urlò sul volto facendolo retrocedere.
“Ti prego, rientriamo e parliamone, tutti insieme.” Insistette Taro appoggiando i palmi sulle gambe. Anche lui a terra di fronte alla moglie stava sudando per il nervoso e la calura. Finti specchi d’acqua brillarono sulla rena rovente, il gioco ottico non cessava neppure sbattendo più volte le palpebre.
Azumi rise istericamente prima di rispondere con voce roca prossima a essere spezzata da un imminente pianto. “Cos’è? Vuoi già farmi abituare alla nuova famiglia allargata? Mh? Scordatelo, mi fai schifo!”
Le mani colme di granelli furono portate al volto per nascondere le lacrime che, copiose e inarrestabili, uscivano dagli occhi senza alcun controllo.
“Per favore, Azumi, almeno ascoltami.” Ancora il marito tentò una mediazione inutile. Vide chiaramente le spalle scosse dai sussulti del pianto. La donna non lo ascoltava e il caldo era sempre più insopportabile. L’uomo strinse gli occhi per cercare di ripararsi dal sole, una mano appoggiata alla fronte per tentare di arginare la luce.
Attese semplicemente che Azumi accennasse un rallentamento del pianto a dirotto che l’aveva colta. Conosceva sua moglie e sapeva benissimo che in preda alla collera non sarebbe riuscito a farsi ascoltare.
Il caldo la stava struggendo; le lacrime e il sudore che stava perdendo la facevano sentire sempre più priva di forze. Si passò un braccio sugli occhi e poi tentò di aprirli per capire se Taro fosse ancora lì di fronte a lei, ebbe un giramento di testa quando la luce le trafisse le pupille. Di nuovo sollevò un braccio per ripararsi mentre con l’altro tentò di ristabilire l’equilibrio che sentiva venire meno.
L’ultima cosa che udì fu soltanto il suo nome detto da suo marito. Presto ex.
 
Quando aveva visto la donna instabile sul braccio a terra, Taro aveva subito capito che il gran caldo le stava dando fastidio. Azumi aveva sempre sofferto la calura e non era la prima volta che accusava malori o svenimenti. Per questo evitava sempre di scendere in spiaggia nelle ore più calde, ma oggi nessuno si era preoccupato di questo dettaglio: vista la situazione. La pressione le aveva sempre giocato brutti scherzi. Quindi, quando l’aveva vista vacillare, aveva allungato le braccia per sostenerla, poi, facendo forza sulle toniche gambe, l’aveva sollevata da terra, dopo averla presa tra le braccia, e si era diretto verso la veranda per metterla al riparo e darle dell’acqua.
 
 
Tsubasa osservò la moglie intenta a mordicchiarsi un pollice. Dopo le prime frasi era calato un silenzio imbarazzante tra di loro e Sanae, quando era nervosa, aveva quell’adorabile vizio. Cercò di capire i suoi sentimenti per lei. Forse non era il momento più adatto ma osservarla in un momento di difficoltà gli avrebbe fatto comprendere che cosa voleva dal suo futuro. Improvvisamente gli tornò in mente la frase di pochi minuti prima…

Io, in cuor mio, l’ho sempre saputo.

Quindi facendosi coraggio decise d’indagare.
“Sanae, sono mortificato, ma… prima hai detto una frase: io, in cuor mio, l’ho sempre saputo. Che cosa intendevi?”
La donna sollevò il volto e sorrise stancamente.
“Ho sempre sospettato di te e Taro.”
Ozora sgranò gli occhi incredulo prima di borbottare: “In che senso?”
Sanae allungò le mani, afferrando quelle del marito con fare affettuoso.
“Sei un bravo ragazzo Tsubasa, ma sempre troppo impegnato a pensare al pallone, tanto da non percepire i sentimenti che le persone provano per te. Io ho dovuto faticare per conquistarti, ma evidentemente adesso che hai tutto, il tuo cuore ti sta chiedendo il conto. Taro è sempre stato innamorato di te, solo che tu eri troppo accecato dal pallone per accorgertene.”
“Io… io…” non era in grado di dare una spiegazione plausibile e ragionevole. Possibile che in tutti questi anni Sanae avesse custodito un segreto così grande?
La donna scosse la testa, arresa. Lasciò le mani del marito e giocherellò distrattamente con la fede posta al dito. Sorrise dolcemente guardando l’anello.
“Sei sempre stato un sogno per me, hai sempre vissuto in una fiaba e ho sempre pensato che non ti saresti mai svegliato. Che, con il tuo adorato pallone, la nostra vita sarebbe stata perfetta. E lo era. Mi sono sentita adorata e protetta, ma quando ho visto il modo in cui guardavi Taro nella foto, mi sono resa conto che non mi avevi mai guardata così. Con amore, con venerazione, con passione. Non potrò mai avere quello che provi per Taro. Ti faccio solo una domanda e devi essere sincero. Mi hai mai amata?”
Lo sguardo stanco della moglie si scontrò con il suo smarrito.
 
L’aveva mai amata?
 
Lo pensò in preda al panico. Non c’aveva mai riflettuto.
Velocemente ripercorse le loro prime volte, i primi baci, i primi appuntamenti, il matrimonio, la prima volta che avevano fatto l’amore; e niente di tutto ciò gli faceva battere il cuore nel petto. Se ne rese conto immediatamente nel momento in cui ripensò al primo bacio con Taro e alla prima volta che avevano dormito abbracciati. Lo stomaco gli si trasformò in una voragine dove milioni di farfalle avevano deciso di librare le loro ali tutte nello stesso istante. La sensazione di vuoto lo investì, facendolo rabbrividire e mancare il fiato nello stesso istante.
Sanae, con le lacrime agli angoli degli occhi, sorrise tristemente.
“Il tuo sguardo parla per te, Tsubasa…”
“Perdonami per non averlo capito prima.” Bisbigliò, colpevole, abbassando gli occhi a terra. La moglie allungò la mano, sfiorandogli una guancia. “Sei sempre il solito ingenuo Ozora, non stento a credere che tu l’abbia capito in questo istante, hai una faccia più sconvolta della mia. Ne sono certa.”
Il capitano sollevò la mano e la mise sopra quella della moglie per trattenerla a sé. Erano cresciuti insieme e pensare di non averla più nella sua vita lo fece preoccupare. Ma mai come il panico che percepì per il fatto di non vedersi più con Taro.
“Adesso che cosa facciamo?” domandò, scrutando le iridi nocciola della compagna.
“Capisci che non possiamo più stare insieme, vero?”
“Lo so, ma non possiamo stravolgere la vita dei bambini in questo modo.”
Sanae annuì togliendo la mano dalla gota del marito e lasciandola cadere in grembo arresa all’evidenza.
 
 
I passi concitati sui gradini della veranda li fecero voltare all’istante. Nella luce accecante del sole videro la figura di Misaki accaldata, con la moglie tra le braccia.
Sanae scattò immediatamente in piedi per dare soccorso all’amica.
“Che cosa è successo?” Domandò preoccupata mentre faceva strada al numero undici, togliendo di mezzo le sedie, e indicando la chaise longue; lì avrebbe potuto mettere Azumi.
“Stavamo litigando sotto al sole e ha avuto un mancamento.” Si affrettò a spiegare, mentre adagiava il corpo della donna sulla poltrona.
“Tsubasa, prendi un panno bagnato e dell’acqua, dobbiamo rinfrescarla.” Sanae, abituata da anni a svolgere assistenza a bordo campo, dette all'istante direttive precise per soccorrere l’amica.
Il capitano arrivò con quanto richiesto e la manager prestò le cure necessarie. A poco a poco Azumi iniziò a muoversi lentamente. La moglie di Ozora continuava ininterrottamente a passare la spugna umida sulle tempie e sui polsi, per estendere via via alle braccia, al collo e a tutto il volto.
“Azumi, mi senti?” chiese l’amica vicinissima, regalandole una carezza sulla fronte.
 
Quando aprì gli occhi, Azumi si trovò circondata dagli amici. La mente gli propose istantaneamente tutto quello che era appena accaduto, quindi tentò di tirarsi su, ma la mano di suo marito premette sulla spalla, facendola restare sdraiata.
“Aspetta ad alzarti, sai che il caldo ti fa calare la pressione.”
Con un sospiro si lasciò andare contro lo schienale, rassegnata. Era totalmente inutile sfuggire da quella realtà che prepotentemente era entrata a far parte della loro vita.
Misaki sedette sul bordo della chaise longue, Sanae lì vicino continuava ad assistere la donna, mentre Tsubasa, in piedi vicino agli amici, osservava Taro prendersi cura della moglie.
Azumi, dalla sua posizione, aprì gli occhi passando le iridi su tutti i presenti per osservare le loro reazioni. Incrociò lo sguardo arrossato di Sanae che abbozzò un sorriso tirato. Capì subito che l’amica sapeva qualcosa che lei ignorava, il suo sguardo colpevole lo avrebbe riconosciuto lontano un miglio.
“Devo raccontarti qualcosa, Azumi…” esordì la prima manager, posando la spugna bagnata sul tavolinetto lì vicino.
Taro si voltò verso il capitano con aria smarrita, non ci stava capendo più nulla. Aveva subito la reazione di Azumi, ma non era riuscito a capire la pacatezza e l’arrendevolezza di Sanae.
“Ti ascolto” rispose la moglie di Misaki, afferrandole entrambe le mani. Un gesto che serviva a lei per darsi e dare coraggio, in quella situazione c’erano entrambe e insieme avrebbero provato a uscirci.
Se davvero se ne poteva uscire.
“Ho sempre sospettato che la Golden Combi fosse affiatata anche fuori dal campo…” confessò pacatamente Sanae.
“COSA?!” la voce incrinata e lo sguardo smarrito di Azumi allarmarono i due uomini che non sapevano davvero da dove iniziare.
“Aspetta, fammi spiegare. – chiarì, agitando le mani di fronte all’amica - Il capitano, preso dalla sua passione per il calcio, non si è mai reso conto dei sentimenti che Taro provava per lui. Tuo marito, Azumi, era evidentemente innamorato di Tsubasa, ma ovviamente non era corrisposto, all’epoca. Ho sempre pensato che niente l’avrebbe distratto dal pallone. E così è stato, fintanto che non mi sono innamorata di lui. La mia continua presenza credo che abbia creato una sorta di abitudine. Poi Taro è dovuto partire, e quando si sono incontrati di nuovo la nostra storia era già delineata. Successivamente abbiamo preso ognuno la propria strada…”
“Come lo hai capito?” indagò Misaki in trepidante attesa.
Sanae si voltò verso di lui. “In campo lo hai sempre guardato come nella foto che vi ha fatto Daibu.”
“Quale foto?” chiese Tsubasa alle sue spalle.
“Questa.” Rispose la donna, mostrando loro il cellulare contenente l’immagine.
I due uomini guardarono la foto e poi arrossirono. Azumi fissava sconvolta i tre volti amici che adesso stentava a riconoscere. Tutti sapevano tranne lei, praticamente, e forse Ozora, che non si era reso conto.
“Perché non mi hai mai detto niente, Taro? Da quanto va avanti questa storia?” la voce ferma di Azumi attirò completamente la sua attenzione.
“Non ti ho mai detto niente perché non c’era niente da dire. Era un amore infantile e adolescenziale che non era mai sbocciato. Poi Tsubasa si è sposato e io ho chiuso i miei sentimenti per sempre, ma… quando al ritiro ho scoperto degli incubi, e che la causa ero io: non ho potuto ignorare la cosa. Ho provato. Abbiamo provato – dichiarò, volgendo lo sguardo al compagno – ma non ce l’ho fatta. Non ce l’abbiamo fatta. Non ho potuto più sottovalutare i sentimenti che per tanti anni erano rimasti nascosti. Avevo proposto al capitano, di comune accordo, di ignorare quello che sentivamo ma…”
“Ma?” la sete di sapere per lei era inarrestabile, non si capacitava di come per tanti anni non si fosse mai accorta di nulla.
“Quello che la mente dice il cuore spesso non lo ascolta. E il mio cuore ha totalmente ignorato la mente contravvenendo all’accordo preso. Perdonami.”
 
 
Fingere che tutto fosse come prima era stato difficilissimo, ma il benessere dei bambini era passato avanti a tutto e tutti. Quella vacanza, rovinata per gli adulti, non doveva assolutamente scalfire la gioia dei figli, anche perché sarebbe stata l’ultima che, le famiglie Ozora e Misaki, avrebbero trascorso tutti insieme. Consapevoli del grande cambiamento che li attendeva, avevano accettato di finire quei giorni in Grecia.
Ogni contatto si era ridotto al minimo e la Golden Combi aveva mantenuto le distanze in rispetto alle mogli. Rispetto che non erano riusciti ad avere prima ma ora di fronte all’evidenza dei fatti, e possibili soluzioni future, erano stati costretti tacitamente a non trovarsi in strane situazioni. E se tra Azumi e Sanae c’era sempre stata una sorta di complicità, adesso s’era creata una simbiosi assoluta. Un’alleanza naturale che le aveva portate ad affrontare seriamente il problema: dovevano proteggere i loro figli da questo scandalo.
L’indomani mattina sarebbero partiti, i quindici giorni di vacanza erano finiti, e una volta arrivati a casa ognuno avrebbe intrapreso le proprie scelte e decisioni.
 
Taro dormiva al suo fianco, voltato dall’altro lato quando la sentì muovere e scendere dal letto. Continuò a far finta di dormire, aveva capito che sua moglie e Sanae si trovavano la notte per discutere della situazione. Aveva anche capito l’importanza di quei confronti tra di loro. Come era già consapevole che sua moglie avrebbe chiesto il divorzio.
Aveva altresì capito da Tsubasa, che Sanae invece aveva intrapreso una strada più soft, i gemelli vivevano in simbiosi con il padre a causa anche del calcio, quindi avevano deciso, di comune accordo, di vivere da separati in casa, per il momento. Taro afferrò il cellulare e inviò un messaggio al capitano, quello era l’unico modo con il quale avevano comunicato per i giorni restanti.



 
 
 
In futuro, anche il destino della famiglia Ozora era segnato e deciso.
Avrebbero divorziato.
Il difficile sarebbe stato affrontare la stampa e lo scandalo che ne sarebbe seguito, e non solo per la separazione ma anche per il loro coming out.
Coming out che avevano deciso di non fare assolutamente, almeno per il momento. Consapevoli però del fatto che non avrebbero potuto nascondersi a vita.
 
 
Azumi aspettò l’amica in veranda. Quando sentì i passi lievi dietro di sé si voltò, sorridendole debolmente.
“È finita finalmente, non ce la facevo più.” Sospirò tornando a guardare la distesa grigia di fronte a lei dalle griglie della terrazza.
“Azumi è difficile, ma dobbiamo cercare di restare lucide e unite, ricorda che i nostri figli sono ancora piccoli e non sono pronti per affrontare un tale scandalo.”
“Lo so, ma come tu hai deciso d’impostare la tua situazione proprio non ce la faccio. Non lo accetto che mi abbia tradita, anche se con il suo migliore amico.”
“Ti capisco, per me è diverso, li ho visti bambini prima, ragazzi poi e uomini dopo. Forse ero pronta a questa cosa, ma ti comprendo perfettamente e condivido le tue scelte.”
“Appena arrivati in Francia, Taro cercherà subito un nuovo appartamento, non ce lo voglio in casa. E ovviamente Desirée deve restare nella sua casa, non posso certo spostare la bambina.”
“Taro non è un idiota, lo sa.”
Sbuffò arrendevole; per quanto fosse arrabbiata, Misaki si era trovato in accordo con lei su tutto condividendone le scelte. Sapeva che non era accondiscendenza, ma che, anche per lui, il benessere della loro viperetta era prioritario.
“Mi resta ancora difficile capire e accettare tutto questo: ho bisogno di tempo!”
Sanae si avvicinò all’amica e le circondò le spalle con un braccio.
“Stare con due personaggi di questo calibro non è facile. Abbiamo la stampa addosso, abbiamo l’opinione pubblica che non ci darà pace. Sapevamo che, sposando loro, anche le nostre vite sarebbero state di dominio pubblico.”
“Sanae hai ragione, ma non avrei mai immaginato uno scandalo del genere.”
La signora Ozora, facendo pressione sulla spalla, fece in modo che si girasse, voleva averla di fronte per farle capire l’importanza di quanto stava per dirle.
“Azumi devi promettermi una cosa – lo sguardo serio e penetrante della prima manager attirò totalmente l’attenzione della compagna di sventura – per quanto possibile proteggeremo i nostri figli dallo scandalo che seguirà da tutto questo. Perché potrà non venire fuori adesso ma sono certa che una volta finita la carriera, o in prossimità del loro ritiro, la Golden Combi farà coming out. Noi dovremo solo essere compatti per i nostri figli e per proteggere la privacy di tutti, fosse anche tra dieci anni. Promesso?” chiese, porgendole la mano.
“Promesso!” rispose, sigillando il patto con una poderosa stretta di mano.
Patto che non avrebbero infranto per nulla al mondo. Per gli adulti, i figli avevano una priorità assoluta sul mondo. E da questo volevano assolutamente proteggerli, una volta cresciuti avrebbero capito: o almeno lo speravano.
   
 
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