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Autore: XtinaA    30/08/2018    3 recensioni
-Va bene, ora sparisci e lasciami consumare questa merda che tu spacci per cibo. Non far salire nessuno ai piani superiori fino a quando non te lo dirò io, chiaro?- disse brusco il verde.
Il locandiere annuì e si allontanò in tutta fretta, sapeva bene che non era saggio contraddire un cacciatore di demoni, soprattutto uno con la fama di Roronoa Zoro, conosciuto per aver ucciso centinaia di quei mostri anche di alto rango, anche se la cosa più sorprendente restava che non avesse neanche compiuto vent'anni.[...]
-Ho una amnesia fin da quando sono piccolo e non so assolutamente nulla del mio passato, quello che ho visto prima non lo ricordavo affatto, ecco perché non capisco come mai sia riaffiorato proprio oggi. Quel fulmine deve avere fatto qualcosa nella mia testa.-
La rossa inclinò la testa e mosse leggermente le orecchie triangolari mentre intravedeva una possibilità di sopravvivenza ed era più che decisa a coglierla al volo.
-Quindi cosa vuoi esattamente da me?-[...]
-Tu pensa a fare quello che devi e basta. E comunque mi chiamo Zoro, non cacciatore.- disse lui mentre le toglieva il collare che inibiva i suoi poteri.
-E io sono Nami, non demone.- disse lei
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Hunter and the Demon Quando Zoro entrò nella locanda fu subito investito dal forte odore di fumo, proveniente da sigarette e sigari di bassa qualità, e di birra vagamente rancida.
Ne ordinò un boccale ed un piatto di stufato giusto per non destare sospetti e si accomodò in uno dei divanetti all'ombra così da poter avere un'ampia visuale della stanza senza essere però visto.
Il locandiere arrivò dopo una decina di minuti con la sua ordinazione, che scaraventò sul tavolo con malagrazia, e  prima di andarsene si chinò sul verde per sussurrare una semplice frase che attirò l'attenzione dello spadaccino.
-Ne sei sicuro? Bada che non ho tempo da perdere.- rispose il giovane spadaccino.
-Assolutamente sì o non vi avrei chiamati.- disse l'uomo quasi offeso dall'accusa del giovane.
-Va bene, ora sparisci e lasciami consumare questa merda che tu spacci per cibo. Non far salire nessuno ai piani superiori fino a quando non te lo dirò io, chiaro?- disse brusco il verde.
Il locandiere annuì e si allontanò in tutta fretta, sapeva bene che non era saggio contraddire un cacciatore di demoni, soprattutto uno con la fama di Roronoa Zoro, conosciuto per aver ucciso centinaia di quei mostri anche di alto rango, anche se la cosa più sorprendente restava che non avesse neanche compiuto vent'anni.
C'era una cosa che però nessuno sapeva riguardo allo spadaccino, ovvero la faccenda della sua amnesia. Aveva completamente perso i ricordi della sua infanzia e ogni volta che provava a ricordare qualcosa veniva colto da emicranie lancinanti che lo facevano piegare in due per il dolore. Si era rivolto a tutti i maghi e guaritori più famosi, nessuno però aveva saputo spiegargli il motivo di tale perdita della memoria né gli avevano ridato i ricordi perduti.
Sembrava destinato ad essere un uomo senza passato, privo del modo di conoscere le sue origini, sapeva solo che i suoi primi ricordi iniziavano all'incirca quando aveva dieci anni ed era stato preso in custodia da un altro cacciatore di demoni conosciuto e temuto in tutto il mondo, ovvero Drakul Mihawk, che lo aveva allevato e addestrato personalmente per farlo diventare uno dei migliori. Dopo due anni di addestramento era entrato ufficialmente nella Flotta dei sette,  un gruppo di appunto sette cacciatori che prestavano servizio al miglior offerente ma di cui nessuno conosceva il posto in cui vivevano e neanche chi fossero in realtà. Le uniche cose che si sapevano in giro erano i loro nomi e il fatto che fossero i migliori killer di demoni, ecco perché a nessuno interessavano le loro vere identità finché si limitavano a ripulire il mondo da quegli esseri partoriti dall'inferno e che non facevano altro che creare caos nel mondo degli uomini.
Uno di quegli esseri si trovava proprio in quella locanda e si era mescolato agli uomini con grande astuzia, se non fosse che il locandiere aveva riconosciuto la sua scia magica non appena l'aveva visto e aveva allertato la Flotta che aveva prontamente inviato lo spadaccino.
Zoro mangiò lo stufato che era freddo e troppo cotto e assaggiò appena la birra che aveva un odore ed un sapore pessimo, dopodiché si avviò lungo la scricchiolante rampa di scale che portava alle stanze da letto.
Sapeva di dover essere molto cauto e di non dover sottovalutare il demone. Le sue spade erano già sguainate e seguì la scia della creatura infernale che portava in fondo al corridoio buio e odorante di muffa.
Abbassò la maniglia della porta e la spalancò restando però fuori, per evitare attacchi magici nel caso in cui il demone si fosse accorto della sua presenza. Attese qualche istante e quando notò che era tutto tranquillo entrò con i sensi all'erta e scrutò la stanza cercando qualche traccia del nemico. Le tende erano tirate e la stanza era immersa nell'oscurità più totale, ma lui aveva imparato a combattere con gli occhi bendati e sapeva sfruttare a suo vantaggio l'oscurità in qualunque ambiente e circostanza.
-Sei molto coraggioso ad entrare nella stanza di un demone tutto solo. O magari sei solo un folle!- disse una voce ridacchiante. Zoro individuò la sua posizione, si scagliò all'attacco con le sue tre lame e con un fendente tagliò di netto la testa del demone. Ma quella anziché cadere ai suoi piedi scomparve come se si trattasse di un miraggio. Com'era possibile che sapesse usare simili trucchetti se gli avevano detto che si trattava di un semplice demone-gatto?
Sentì di nuovo quella fastidiosa risata provenire stavolta alle sue spalle, si voltò con un movimento fluido ma solo per vedere le unghie del demone gatto graffiargli il volto. La coda felina della creatura si arrotolò attorno al suo collo e il cacciatore fu costretto a lasciare la presa su una delle sue katana per cercare di liberarsi ma più ci provava e più quella morsa si stringeva rischiando di soffocarlo. Con un movimento rapido della spada che teneva tra i denti riuscì a tranciare quella maledetta estremità pelosa anche se solo di pochi centimetri.
Il demone produsse un verso lamentoso e quello che successe dopo fu talmente veloce che Zoro fece in tempo a vedere solo la stanza illuminarsi a giorno a causa di un lampo ed essere colpito da un fulmine.



Il bambino con i capelli verdi sentì un forte tanfo prima ancora di aprire la stanza. Gli si attorcigliarono le budella per il disgusto ed un conato di vomito risalì lungo la sua gola e solo per miracolo non rigettò la colazione che aveva consumato qualche ora prima.
Era qualcosa che non aveva mai sentito prima, un misto tra puzza di marcio, di decomposizione e di... morte? Subito un brivido di paura gli attraversò la spina dorsale facendolo sussultare. Aprì la porta e ciò che vide fu proprio ciò che più temeva.
Il corpo di sua sorella Kuina giaceva al suolo privo di vita e con un enorme squarcio lungo il petto come se fosse stata dilaniata da enormi artigli. Accanto il cadavere di suo padre, il buon Koshiro, recava gli stessi segni ed una espressione sofferente e disperata sul volto.
Zoro non ebbe neppure la forza di urlare tanto era forte lo shock e solo in un secondo momento si accorse che parte di quel tanfo che aleggiava nella stanza proveniva dal corpo decapitato di un enorme demone con un paio di corna ricurve sul capo, zoccoli al posto dei piedi e ricoperto di una peluria scura ed unta.
Accanto a lui stava un uomo che teneva tra le mani una spada dalla lunga lama nera sporca del sangue verde e maleodorante del demone e l'impugnatura simile ad una croce. Zoro pensò che non lo avesse notato e sussultò quando l'uomo gli puntò addosso i suoi occhi dorati.
-Qual è il tuo nome bambino?-
-Zoro. Tu chi sei? Cosa ci fai a casa mia?- ringhiò il verde.
-Sono cacciatore di demoni, il mio nome è Drakul Mihawk.-
-Demoni? Intendi come questa cosa? E' stato lui ad uccidere mio padre e mia sorella?- disse fissando con disgusto la testa mozzata della creatura.
-Esatto. Non sono riuscito ad arrivare in tempo per salvarli.- disse l'uomo rinfoderando la sua lunga spada.
Zoro fissò i corpi di Koshiro e Kuina e un moto di rabbia lo investì con prepotenza. Rabbia verso quel demone che gli aveva portato via la sua famiglia, verso se stesso per non essere stato al loro fianco per proteggerli e perfino verso quell'uomo che pareva possedere una calma ed una freddezza quasi disumane.
E fu in quel momento che capì cosa avrebbe fatto. Ricacciando indietro la rabbia e le lacrime si inginocchiò davanti al moro - Voglio diventare come te. Voglio uccidere anche io demoni. Ti prego, insegnami.- gli disse e l'uomo, che non si aspettava di certo tale reazione, ne restò stupito. Avrebbe pensato che il bambino si sarebbe messo a frignare per quel che era successo, e sarebbe stato decisamente più normale, ma quella richiesta proprio non se la sarebbe mai immaginato.
Attorno al ragazzino vide un'aura rossa di rabbia, nera di dolore ed un potere che raramente aveva mai visto in un ragazzino di quell'età.
Fu quello a fargli prendere la sua decisione anche se temette seriamente per la vita del bambino quando lo vide prendersi la testa tra le mani e perdere i sensi.
E quando si riprese Zoro non ricordava più nulla del suo passato. I medici dissero a Mihawk che l'amnesia era stata causata dallo shock per ciò che il bambino aveva visto e che in cuor suo non riusciva ad accettare.
Mihawk non parlò mai di ciò che successe quel giorno ed allevò Zoro come se fosse suo figlio.


Quando Zoro si svegliò fu travolto da una strana sensazione. Mentre era privo di sensi aveva fatto un sogno decisamente strano... Era come se si trattasse non del frutto della sua fantasia ma di un evento reale che faceva parte della sua memoria perduta e che, per un qualche strano motivo, era venuto a galla.
Possibile che le cose fossero veramente andate così e che tutto fosse iniziato quando quel demone aveva ucciso la sua famiglia?
Non ebbe il tempo di chiederselo una seconda volta che si accorse di essere legato ad un letto per i polsi e le caviglie con delle corde spesse che lo stringevano dolorosamente. Si divincolò come un matto ma le corde si strinsero ancora di più attorno alla sua pelle che iniziava a scorticarsi, così cercò di stare fermo e di analizzare la situazione con calma.
Si era palesemente fatto prendere per il culo da un cavolo di demone di infima categoria, e solo perché non era stato ben informato riguardo le sue abilità!
Si guardò attorno per studiare l'ambiente, trovare un modo per liberarsi e concludere la dannata missione. L'arredamento era composto semplicemente da un armadio, un comodino rotto, una sedia e il letto a cui era stato incatenato, oltre ad una porta che probabilmente conduceva al bagno.
Non fece in tempo a chiedersi dove fosse finito il demone che se lo ritrovò davanti come un'apparizione. Peccato che fosse molto diverso da come lo aveva immaginato. Innanzitutto aveva un aspetto decisamente femminile e questo fu la prima cosa che non si aspettava.
Aveva lunghi capelli rossi sciolti e fluenti come le fiamme dell'inferno a cui apparteneva, e grandi occhi gialli e dalla pupilla verticale come quella dei gatti. Sul bel volto dai lineamenti regolari e puliti era stampato un sorriso birichino che Zoro non vedeva l'ora di far sparire.
Tra i capelli Zoro notò un paio di orecchie piccole e triangolari, decisamente da felino; alla coda mancava l'estremità che aveva tagliato lui stesso e la gatta la agitava qua e là quasi come fosse una frusta.
-Ti sei svegliato dunque.- disse lei accarezzando una strana nuvola bianca che le svolazzava attorno e che probabilmente era il suo famiglio nonché fonte dei suoi poteri. Zoro emise un verso simile ad un grugnito come risposta alla sua domanda -Suvvia, non è mica umiliante venire sconfitti da me.-
-Che cosa sei tu?- le chiese lo spadaccino.
-Oh, ma allora sai parlare?- disse lei, avvicinandosi per nulla intimorita dai modi rudi del giovane.
-Piantala di scherzare!- fece lui infastidito.
Il demone ridacchiò maliziosamente. -Se ti fossi preso la briga di informarti per bene sapresti che sono un demone-gatto.-
-Quello lo vedo anche io. I demoni come te però non dovrebbero saper usare i fulmini.-
-So fare anche altro oltre ad usare fulmini. Sono la figlia di una strega degli elementi e ho ereditato parte dei suoi poteri come hai potuto notare tu stesso. Lui è Zeus.- disse dando un'altra carezza materna alla nuvola.
Zoro si diede dell'imbecille per non essersi procurato prima quelle informazioni; se l'avesse fatto si sarebbe preparato in maniera decisamente diversa e non si sarebbe ritrovato legato ad uno stramaledettissimo letto senza aver avuto l'occasione di combattere alla pari.
-E comunque sappi che te la farà pagare per avermi tagliato la coda.- disse lei soffiando come un gatto.
-Stavi cercando di uccidermi, cosa pretendevi che facessi?- rispose lui.
Il demone non rispose ma si limitò a fissarlo truce. Si diresse verso il comodino da cui prese una bicchiere di liquore. Il profumo di quel liquido arrivò alle narici di Zoro che si accorse solo in quel momento di avere parecchia sete. Si passo la lingua sulle labbra secche e quel gesto non passò inosservato alla rossa che si avvicinò con il bicchiere in mano.
-Devi avere sete... in effetti sono ore che non bevi.- fece lei porgendogli il bicchiere. Ma quando Zoro si protese, per quanto riuscisse a farlo legato com'era, quella versò il contenuto del bicchiere sul petto del giovane.
-Oh, ma che sbadata che sono.- disse con un sorriso malizioso sul bel volto. Zoro le scoccò un'occhiata feroce che fece sghignazzare ancora di più la giovane.
-Ho sentito parlare di te cacciatore, quindi dammi un buon motivo per cui non dovrei ucciderti qui e adesso.-
-Sempre che non ti uccida prima io demone.- disse lui con un sorriso che aveva molto poco di umano e che lo faceva somigliare ad un demone molto più pericoloso di Nami.
La rossa lo fissò sospettosa. Cosa diavolo credeva di fare legato com'era? La stava palesemente sottovalutando nonostante lo avesse messo al tappeto già una volta!
Zoro, con un colpo di reni e facendo appello a buona parte della sua forza, scardinò la testiera del letto a cui legato e la scaraventò sulla testa del demone che fu presa completamente alla sprovvista.
Il verde prese un coccio di vetro dal bicchiere che si era frantumato ai piedi del letto quando la rossa lo aveva fatto cadere per lo stupore e tagliò la corda sia dai polsi che dalle caviglie incurante delle ferite che gli stava provocando il vetro.
Quando fu riuscito a liberarsi prese dalla sua cintura un piccolo collare che mise al collo del demone per impedirle di usare i suoi poteri e afferrò le sue katana.
La gatta si rialzò a fatica, stordita com'era dal colpo ricevuto, e cercò subito Zeus. La nuvola stava svolazzando preoccupato sopra la sua testa e quando Nami gli ordinò mentalmente di colpirlo con un fulmine lui rispose che i suoi poteri erano bloccati a causa del collare. La rossa cercò di toglierselo, ma quello restava saldamente attaccato al suo collo senza dare il minimo senso di cedimento.
-Toglimi questa cosa di dosso, non sono un fottuto cane!- soffiò lei rabbiosa. Quell'oggetto le portava alla memoria spiacevoli ricordi che aveva seppellito nella sua mente perché le facevano troppo male.
Ricordava bene il giorno in cui sua madre le aveva raccontato di come fosse stata  rapita da un altro demone, chiamato Arlong, che le aveva messo proprio uno di quei maledetti collari e per anni l'aveva tenuta segregata come una schiava e la umiliava picchiandola e violentandola ogni volta che ne aveva voglia.
Era stato solo grazie ad un umano chiamato Genzo, vecchio amico di Bellemere, che era riuscita a scappare poco prima di scoprire di essere rimasta incinta di quel mostro.
Era stato proprio l'umano, l'unico del quale Bellemere riuscisse a fidarsi, che aveva deciso di non interrompere la gravidanza, dando alla luce nove mesi più tardi Nami e la sua gemella Nojiko, che aveva ereditato i poteri di demoni marino di quel mostro del loro padre biologico.
Genzo era stato vicino a quei demoni trattandole come se fossero sue figlie e per questo anche loro impararono a trattarlo come un padre e a fidarsi di lui, anche se nutrivano parecchia diffidenza verso gli altri uomini che spesso usavano quegli stessi collari che Arlong aveva usato con la loro madre per schiavizzare i demoni e li trattavano peggio che come animali. Avevano sentito varie storie raccapriccianti di quel che facevano gli uomini quando riuscivano a mettere le loro luride mani su quelli della sua razza. Li vendevano come se fossero solo dei pezzi di carne, sfruttavano fino allo stremo i loro poteri e li umiliavano in ogni modo.
Per quel motivo avere quel maledetto collare provocò in Nami una paura tremenda di quello che le sarebbe potuto capitare. Si pentì di non aver ucciso prima quell'uomo invece di volerci giocare per dimostrare di essere capace di sapere tenere testa ad un cacciatore famoso e temuto come quello che ora le stava puntando una spada alla gola.
Sapeva bene cosa la attendeva e un brivido di paura le attraversò il corpo facendola sussultare.
-Pensi forse che sia stupido? Sei un demone e come tale devi essere giustiziata. Ma prima ho una cosa da chiederti.- fece lui serio.
-Che diavolo vuoi?-
-Bada a come parli innanzitutto.- disse lui. Quel demone era davvero insolente! - Prima ho avuto una sorta visione della mia infanzia  mentre ero privo di sensi. Cosa mi hai fatto?-
-Che vuoi che ne sappia? Ti ho solo colpito con un fulmine, altro non so.- disse lei con una scrollata di spalle.- Perché tanto interesse?-
Zoro la fissò negli occhi per qualche istante. Normalmente si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che parlare di certe cose con un demone ma se voleva saperne di più aveva bisogno di quella gatta ed era costretto a guadagnarsi la sua fiducia.
-Ho una amnesia fin da quando sono piccolo e non so assolutamente nulla del mio passato, quello che ho visto prima non lo ricordavo affatto, ecco perché non capisco come mai sia riaffiorato proprio oggi. Quel fulmine deve avere fatto qualcosa nella mia testa.-
La rossa inclinò la testa e mosse leggermente le orecchie triangolari mentre intravedeva una possibilità di sopravvivenza ed era più che decisa a coglierla al volo.
-Quindi cosa vuoi esattamente da me?-
-Voglio che tu mi colpisca nuovamente ma con una scarica più forte così da capire se ho ragione o meno.-
La gatta mosse la cosa nervosamente. -Non ho mai incontrato un umano che mi chiede spontaneamente di fulminarlo. Devi essere molto sciocco per chiedermi di farlo... Oppure sei semplicemente pazzo.-
Zoro le premette la punta della spada sul collo candido, non con l'intenzione di ferirla ma solo di spaventarla.
-Questi non sono affari tuoi. Fai come ti dico e sarai libera di andartene.-
-Rinunceresti ad uccidermi per riavere i tuoi ricordi?- disse lei esprimendo a voce alta la domanda che fluttuava nella coscienza di Zoro ma che lui stava disperatamente cercando di ignorare.
-Ti sto offrendo la possibilità di scappare, quindi perché non fai come ti dico? Male che vada il fulmine mi ucciderà e ti libereresti comunque di me.- le fece notare lui.
Nami socchiuse gli occhi pensierosa e si chiese se non fosse tutto un trucco. Era stata presa in giro già parecchie volte nella sua vita e non aveva nessuna intenzione di cascarci ancora. La cosa che più la infastidiva era il non riuscire a capire le reali intenzioni del cacciatore. Solitamente le bastavano poche occhiate per capire bene cosa passasse nella testa degli uomini e come sfruttare il suo fascino per farli capitolare, ma l'uomo che le stava di fronte era diverso da chiunque avesse incontrato prima di allora.
Non era interessato a lei o al suo corpo come normalmente accadeva, e le stava addirittura proponendo un patto che andava a totale vantaggio della gatta.
Sembrava un uomo d'onore ma ancora non sapeva se poteva fidarsi o meno.
-Dammi la tua parola spadaccino che non stai tentando di fregarmi.- disse lei fissando dritta nei suoi occhi. Quei due pozzi scuri in cui si sarebbe anche potuta perdere se avesse voluto non ebbero nessun sussulto e parevano sinceri.
Con la punta della spada si punse il dito e lo appoggiò sopra una delle dite del demone, dopo averle fatto la stessa piccola ferita, e fece mescolare il loro sangue.
-Hai la mia parola che non ti farò del male.- disse e la ragazza restò stupita. Il gesto rassicurò la ragazza anche se un poco la spaventò visto che il giuramento di sangue era qualcosa di sacro ed indissolubile.
-Beh, non mi pare di avere molta scelta allora. Se qualcosa dovesse andare storto sappi che io non mi prenderò alcuna responsabilità, cacciatore.- disse lei non volendo mostrare di essere rimasta in qualche modo colpita dal giovane, sia per la sua determinazione che per quella forza che era impossibile da non notare.
-Tu pensa a fare quello che devi e basta. E comunque mi chiamo Zoro, non cacciatore.- disse lui mentre le toglieva il collare che inibiva i suoi poteri.
-E io sono Nami, non demone.- disse lei agitando la sua coda mutilata con un sorriso.
Zoro si stese sul letto cercando di non farsi troppe domande riguardo quel che stava facendo e al fatto che sarebbe potuto andare tutto storto. Avrebbe avuto troppi rimorsi se non ci avesse provato e se per riottenere i suoi ricordi doveva rischiare la sua vita scendendo a patti con un demone, beh era più che lieto di farlo.
Nami richiamò Zeus e si preparò a scagliare un fulmine ancora più devastante di quello che aveva utilizzato prima. -Cerca di non crepare.- sussurrò anche se la sua voce venne coperta dal fragore del tuono a cui seguì un immenso fulmine che illuminò la stanza come se fosse giorno.
Subito si diffuse un certo odore di carne bruciata e di fumo.


Zoro guardava ammirato suo padre mentre si allenava e si chiese se un da grande anche lui sarebbe diventato un uomo forte e coraggioso come lui. Ciò che lo stupiva era la calma che circondava l'uomo. Qualsiasi cosa succedesse lui non perdeva mai le staffe e sembrava possedere una pazienza infinita nonostante tutto quello che il bambino combinava.
Un colpo di spada di legno sulla testa lo riscosse dai suoi pensieri.
-Ti sei distratto... e hai perso di nuovo.- lo schernì sua sorella con una espressione di superiorità sul suo viso magro. Zoro ringhiò e si maledisse per essersi fatto fregare per l'ennesima volta.


Kuina piangeva nonostante le gote le bruciassero per la vergogna di farsi vedere in quella situazione proprio da suo fratello.
-Cosa vuol dire che non diventerai una spadaccina come papà? Cosa diavolo stai dicendo? Tu sei molto più forte di me e di tutti i suoi allievi, perché vuoi mollare?- le aveva chiesto lui furioso per la codardia dimostrata da sua sorella.
-Tu non puoi capire cosa significa essere una donna. La mia forza non sarà niente, e quando crescerò tu o chiunque altro mi batterete facilmente.- disse lei anche se scossa dai singhiozzi.
-Bugiarda! Basterà che continui ad allenarti come fai sempre, no?-
-Sei proprio uno stupido Zoro! Non capisci che non servirà a nulla? Diventerò debole e nessuno vorrà combattere con me.- disse.
-Allora mi allenerò come un matto e gestirò io la palestra al posto di nostro padre.- disse il bambino con fare sicuro.- Sì, diventerò più forte e tu allenerai e gareggerai con me, te lo prometto-
Kuina passò il dorso della mano sul viso per cancellare quelle lacrime di cui tanto si vergognava. -Sei proprio uno sciocco.- disse però con il sorriso sulle labbra e senza più lacrime ad offuscare i suoi occhi.
Anche Zoro sorrise e suggellarono la promessa con una solida stretta di mano.


Koshiro passò una mano sulla zazzera verde e disordinata di suo figlio e lo guardò con orgoglio. - Molto bene Zoro, ormai riesci a tenere testa ai ragazzi più grandi e perfino agli adulti. Ti stai allenando duramente vedo.- disse con un sorriso sincero.
-Tsk, perché sei tanto sorpreso padre?- disse lui con un filo d'erba tra le labbra e facendosi cullare dalla brezza fresca che rendeva piacevole quel pomeriggio d'estate.
-Non sono affatto sorpreso, al contrario sapevo che avresti ottenuto grandi risultati. Sembra che tu e tua sorella non litighiate neanche più come prima.- disse osservandolo con curiosità.
-Sarà una tua impressione.- disse lui misterioso anche se dal suo sguardo Koshiro capì che ci aveva visto giusto. Probabilmente era successo qualcosa tra i suoi figli, qualcosa di cui non gli avevano parlato ma che li aveva avvicinati un poco e non poté che sorridere felice.


-Buon compleanno Zoro!- disse Koshiro entrando nella camera del bambino trovandolo ancora sotto le coperte. Il verde stiracchiò le membra e sbadigliò sonoramente prima di venire soffocato dall'abbraccio paterno.
-Grazie papà ma così mi fai male.-
-Oh, scusami tanto figliolo.- ridacchiò l'uomo liberandolo da quella stretta. -Ecco, questa è per te.- disse mettendo tra le mani del giovane una lunga spada leggermente ricurva con il fodero bianco e l'impugnatura ugualmente bianca e con un motivo geometrico nero.
-Ma questa è la Wado Ichimonji!- disse il bambino sorpreso.
-Esatto figliolo. Sei abbastanza grande ormai per la tua prima spada e so che ne desideravi ardentemente una.-
-Sei sicuro di volerla dare proprio a me?-
-Non potrebbe essere in mani migliori.- disse l'uomo e Zoro sorrise felice. Si alzò rapido dal letto per andare subito in palestra a provare la sua nuova arma.


Nami si mordicchiò le unghie con fare nervoso. Il cacciatore era privo di sensi ormai da più di un'ora e iniziava a credere che qualcosa fosse andato storto. Vedeva il petto muscoloso alzarsi ed abbassarsi ritmicamente e lei gli aveva perfino curato con un incantesimo le bruciature dovute al suo fulmine quindi sicuramente non era in pericolo di vita, però non poteva fare a meno si sentirsi un po' spaventata per la sua sorte.
Si chiese a quali allenamenti massacranti si sottoponesse il giovane per essere sopravvissuto a ben due fulmini nell'arco della stessa giornata. Osservò il suo corpo dalla pelle dorata, i muscoli guizzanti, le cicatrici che solcavano il petto e le gambe e le mani grandi e forti.
Si ritrovò senza accorgersene a fissare il giovane con vivo interesse e con un certo desiderio che si stava impossessando delle sue parti basse.
Calmati Nami, non puoi sbavare sul tuo nemico, si disse accorgendosi di sentirsi avvampare solo alla vista di quel corpo atletico. Sapere che era vivo la rassicura anche se non sapeva il perché. Era un cacciatore di demoni che se ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe uccisa senza rimorsi quindi perché si stava preoccupando così tanto?
Si avvicinò al letto e si chinò sul giovane per sfiorare i contorni del suo viso con la punta delle sue unghie lunghe e gli diede un bacio a fior di labbra, approfittando del fatto che fosse privo di sensi.
-Andiamo Zeus, qua abbiamo terminato ormai.- disse preparandosi ad abbandonare quella locanda fatiscente.


Quando Zoro si svegliò capì che il demone era andato via, lasciandolo solo nella stanza vuota e in balia dei suoi pensieri. Ricordava tutto perfettamente ormai  anche se non sapeva cosa pensare. I suoi pensieri gli avevano lasciato una strana inquietudine addosso.
Da una parte sentiva di essere finalmente completo ora che la sua mente era integra e non avere più il chiodo fisso della sua amnesia lo faceva sentire decisamente meglio. Ma sapere di avere avuto una famiglia a cui era profondamente legato che era stata spazzata via da un demone lo rendeva cieco di rabbia nonostante fossero trascorsi quasi dieci lunghi anni.
Si alzò a fatica dal letto, sentendosi spossato e stordito come se avesse dormito per giorni e giorni. Sul comodino vide un bicchiere di liquore ed biglietto che lo incuriosì.
Ho qualcosa che ti appartiene. Se ti interessa riaverlo vieni a prendermi vi era scritto con la grafia minuta e tondeggiante del demone-gatto.
Il verde si accorse che nel suo orecchio destro i suoi orecchini d'oro non tintinnavano più. Un ghigno feroce gli deformò i lineamenti del volto.
A quanto pareva prima di tenere fede alla promessa fatta a Kuina di gestire la palestra di famiglia, ammesso che esistesse ancora, aveva un'ultima caccia da concludere.
Bevve il liquore ed uscì da quella stanza sentendosi finalmente bene e tutto grazie ad un demone che voleva giocare con lui. Ma l'avrebbe trovata e gliel'avrebbe fatta pagare per quel furto.
Ma soprattutto l'avrebbe ringraziata per quello che aveva fatto per lui. 
   
 
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