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Autore: Luxanne A Blackheart    30/08/2018    2 recensioni
"Amali con tutta te stessa e lasciati consumare, io l'ho fatto."
La Francia.
Patria dei più grandi filosofi e scrittori.
Parigi.
La città più bella del mondo, la più grande, la più popolata.
Amaryllis, scrittrice per diletto dalla personalità eccentrica e principessa di Danimarca per volere di Dio, figlia Di Zafiraa. Aveva lascitato la sua terra natia per recarsi in Francia per conoscere il suo futuro marito, Jean Paul de Conde.
Jean Paul, principe sesto in linea di successione al trono francese, musicista per vocazione dagli occhi azzurri e cuore di ghiaccio.
Albert de Camus, amico di infanzia del principe, nasconde un segreto scomodo.
Tre anime affini si incontreranno nella bella e sporca Parigi in quest'ultimo capitolo della saga di "Neve e Fuoco".
Nelle vene di Amaryllis scorre sangue di fuoco, passione e neve.
Il vaso di pandora verrà finalmente scoperchiato e tutti i segreti di generazioni passate con esso. L'eco di Costantinopoli risiede nei loro cuori così come nelle loro azioni.
Siete pronti a vestirvi come le belle dame e i gentiluomini francesi per immergervi in questa tragica e meravigliosa ultima avventura e farvi consumare da Amaryllis, Jean Paul e Albert?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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I
 
 
Francia, Parigi, 1596.
 
 
 
La tenuta nella quale l’avrebbero ospitata, si trovava qualche chilometro fuori Parigi. Il suo futuro marito, sesto in linea di successione, era un uomo che disponeva di grandi ricchezze, tutte ereditate. Un vero gentiluomo francese che andava a caccia, partecipava a balli e si interessava poco della vita politica, poiché nobile.
 
Amaryllis sospirò, annoiata. Il viaggio era stato incredibilmente lungo e stancante; non aveva fatto altro che pensare a come sarebbe stato il loro primo incontro. Sua madre, che l’aveva accompagnata e che ora le sedeva accanto, aveva sentito dire che egli fosse un uomo affascinante e dalle buone maniere.  Certo, non doveva farsi troppe illusioni, l’avrebbe dovuto sposare per forza, qualsiasi sarebbe stato il suo temperamento.
 
La carrozza sobbalzava ad un ritmo nauseante; la principessa non aveva avuto modo di vedere la città che si era dovuta intrufolare subito in una carrozza.
 
Aveva diciotto anni adesso, erano passati due anni dall’ultima volta in cui sua madre le aveva parlato del principe Jean Paul, sesto in line di successione e suo futuro marito. Continuava a ripeterselo nella mente e a bassa voce quando era sicura che nessuno potesse sentirla, per cercare di rendere la cosa più credibile o per farla perdere di significato.
 
Erano passati due anni dal momento in cui la sua vita era stata stravolta da una notizia di tale portata, dalla morte di suo padre Jens e dal momento in cui suo fratello Poul, che effettivamente aveva sangue reale, ma non danese, aveva preso il suo posto.
 
Guardò sua madre Zafiraa torturarsi le mani, nervosa. Aveva cominciato a manifestare del rancore nei suoi confronti e se prima erano legatissime, adesso a stento si parlavano. Amaryllis era cosciente che la colpa di tutto non era sua, ma non le importava. Poteva ribellarsi, come aveva fatto in passato e non sottostare a stupide leggi retrograde. Se si fosse trovato Poul al suo posto, avrebbe agito diversamente? Sicuramente. Poul era il figlio di Mustafà, il suo grande amore e suo padre Jens un povero allocco che aveva fatto di lei una regina.

—Madre, quanto vi soffermerete? — Le domandò, smorzando il silenzio. Ella la guardò, trattenendo a stento le lacrime. Aveva avuto una crisi nervosa, dopo la morte di suo padre Jens, aveva pianto per settimane intere e ormai non era più in sé, anche per il modo freddo in cui lei la trattava.
 
—Pensavo una settimana, il tempo giusto per vedere se riesci ad ambientarti. —
 
—Io penso che due giorni possano bastare. Non vorrete lasciare Poul tutto solo e circondato da avvenenti pretendenti, vero? —
 
—Io sono venuta per stare con te. —
 
—A me non interessa la vostra compagnia, madre. Dovreste averlo capito, oramai. —
 
La carrozza si fermò e le due reali scesero, aiutate dai servitori.
 
La tenuta era enorme; un grande giardino verde e con alberi di ogni genere la circondava. Era il classico vecchio castello francese, tutto grigio, in pietra e la cui misura imponente aveva l’obbligo di incutere timore e ammirazione nell’osservatore. Tutto era stato curato nei minimi dettagli, dal più insignificante filo d’erba allo stemma della famiglia impresso sui muri e sulle bandiere.
 
La servitù, ovvero i valletti e le domestiche principali, la governante e il maggiordomo di palazzo, erano sistemati nel lato destro dell’entrata, messi in ordine di importanza, così come il principe Jean Paul, suo padre Louis e sua madre Amelie. Era d’usanza attendere un ospite tanto importante come ella fuori dalla dimora, se ne possedeva una di egual importanza.
 
—Sua Maestà Zafiraa di Danimarca e Sua Altezza Serenissima Amaryllis di Danimarca! — Disse a gran voce uno dei valletti, annunciandole alla famiglia.
 
—Oh ma chérie, che piacere avere l’onore di incontrarvi finalmente. La vostra bellezza e quella di vostra madre precedono la deliziosa personalità che avete. — Fu il padrone di casa, Louis, ad accoglierle. Un uomo al quale piaceva vestirsi all’ultima moda e che non aveva paura di nascondere il suo denaro, davanti a nessuno. La moglie era una donna grassoccia, ma dai comportamenti altezzosi e dei cappelli alquanto bizzarri; dall’accento Amaryllis capì che fosse inglese. Entrambi erano pallidi, dai visi eleganti (anche se non bellissimi), capelli scuri e occhi chiari. Erano i prototipi dei perfetti nobili francesi.
 
Sua madre e la balia le avevano spiegato che Jean Paul non fosse il figlio legittimo di Louis e Amelie, benché questi erano conti e non re e regina. Il principe che lei avrebbe dovuto sposare era il figlio illegittimo del re francese con una ballerina, che aveva riconosciuto, ma affidato alle cure dei conti lontano dagli occhi indiscreti della grande società francese. Jean Paul era il bastardo della famiglia reale francese; infatti ogni reggenza che si rispetti ne deve avere uno. Loro avevano Poul e i francesi Jean Paul.
 
—Oh, Sua Grazia, non siate così plateale, ci farete arrossire. — Sua madre Zafiraa, sulla cui testa brillava una corona accecante, si fece baciare il palmo della mano e successivamente fece un inchino alla padrona di casa. Sebbene si fosse abituata a tutte quelle usanze, sua madre provava dell’imbarazzo ogni volta. Non era il suo posto quello. — Vorrei avere l’onore di presentarvi mia figlia, la principessa Amaryllis. —
 
La stazza considerevole del conte oscurava quella del figlio, quindi la ragazza non aveva ancora avuto modo di osservarlo attentamente. Solo quando si inchinò per salutarla a modo, poté finalmente osservare il tanto declamato principe Jean Paul, sesto in linea di successione al trono, nonché suo marito e padre dei suoi eventuali figli.
 
Due occhi di ghiaccio la trafissero, capelli scuri come la pece e di un riccio ribelle, lineamenti duri ma al tempo stesso eleganti, un accenno di barba e labbra sottili; il tutto piantato su un corpo abbastanza allenato e alto. Doveva avere poco più della sua età, non superava i venticinque anni.
 
Be’, le sue aspettative erano chiaramente state superate. Era davvero un bel ragazzo, ma di certo il suo più che gradevole aspetto non sarebbe bastato a farle cambiare idea.
 
—Benvenuta in Francia, princesse Amaryllis. — Disse il diretto interessato, con voce grave e sensuale. Amaryllis sorrise, piantando uno dei suoi sorrisi più abbaglianti e con una eleganza che non le apparteneva, ma che aveva saputo simulare alla perfezione, gli concedette il favore di stringerle la mano nella sua e piantarvi sopra un bacio.
 
Odiava alla follia tutto quello. Non era il suo posto, odiava quel luogo e quella lingua. Odiava sua madre e voleva solamente tornare in Danimarca da suo fratello, l’unico che l’aveva apprezzata per quello che era.
 
—Vi ringrazio, principe Jean Paul. — Amaryllis si inchinò e salutò anche la madre adottiva del principe.
 
La sua dama di compagnia, francese anch’ella assunta per insegnarle a parlare francese correttamente, le aveva acconciato i capelli in modo semplice ed elegante. Alla luce del sole sembravano più rossi di quanto in realtà fossero. Infatti gli occhi del principe erano concentrati su quelli.
 
Amaryllis sorrise, erano sempre stati il suo simbolo e la sua forza.
 
—Ad ogni modo, vorrei presentarvi nostro nipote il marchese Albert de Camus, la contessa Ágnès Bàthory, venuta dall’Ungheria per apprendere il francese, così come questo gentiluomo russo Dimitri Ivanov. —
—Vostre grazie. — Dissero in coro le due donne danesi, inchinandosi davanti agli sconosciuti. Erano tutti e tre giovani. Il conte de Camus era un bel ragazzo, dai folti capelli biondi, gli occhi azzurri e un sorriso reso dolce dalla fossetta che gli si creava al lato della bocca. Sembrava essere molto timido, considerato che non riusciva a guardarla per più di qualche secondo negli occhi.
 
La contessa Bàthory era di una bellezza particolare. Aveva lunghi capelli neri, trattenuti in una acconciatura complessa, pelle pallida e senza imperfezioni e due occhi scuri come la notte. Sembrava una sorta di bambola di porcellana e Amaryllis suo malgrado, si ritrovò ad essere gelosa della sua bellezza particolare.
 
Il gentiluomo russo, il signor Ivanov, aveva una bellezza glaciale. Pelle bianchissima, occhi di cristallo e capelli di un biondo cenere particolare. Tra tutti loro sembrava quello più espansivo, considerato che si era posto in maniera amichevole.
 
—Sua Altezza Serenissima e Sua Maestà è davvero un piacere incontrarvi! Finalmente qualcuno delle mie parti di mondo, che può effettivamente comprendere il vero freddo! – Sua madre rise, lasciandosi adulare. –Questi francesi non ne sanno proprio nulla, non è vero Jean Paul? –
 
—Siete voi quello strano, Dimitri! —
 
Amaryllis notò che tutti avessero una certa confidenza.
 
—Vogliamo entrare adesso? Le maestà vorranno sicuramente riposare a causa del lungo viaggio. Vi faremo chiamare per l’ora di pranzo e poi i due futuri sposi avranno modo di conversare da soli! – Disse il conte grassoccio, offrendo il braccio a sua madre, che lei afferrò volentieri. Da quando era morto suo padre, Zafiraa indossava solamente abiti scuri.
 
—Sua Altezza, prego. — Dimitri le offrì il braccio che Amaryllis accettò volentieri. Il principe Jean Paul si era dileguato con Albert e la contessa.
 
Si prospettava una bellissima permanenza.
 
 
Tutti noi nascondiamo segreti e indossiamo maschere a seconda delle situazioni. Non si può essere completamente sinceri al cento percento con le persone che si amano, poiché si ha paura dei giudizi e di rivelare qualcosa che potrebbe portare a restare da soli. Inevitabilmente agiamo per piacere alla gente, per avere più conoscenze possibili, essere amati e felici.
 
Tutti noi celiamo qualcosa nel nostro animo, che cerca di uscire alla prima occasione, come una sorta di demone. Il nostro animo è racchiuso in un vaso di pandora, il quale contiene tutti i nostri mostri interiori.
 
Nessuno è come appare.
 
Amaryllis ormai ci si era abituata. Nascondeva il suo vero essere a tutti, persino a Poul, per paura di venire giudicata. Probabilmente neanche sua madre Zafiraa che nonostante tutti i loro dissapori, la conosceva benissimo, sapeva cosa si celava nel suo animo. Il suo mostro, il suo demone, il suo vero Io.
 
Osservava i giovani gentiluomini che la circondavano e sapeva che in ognuno dei loro sguardi c’era qualcosa che nessuno sapeva.
 
Amaryllis non amava particolarmente la conversazione, soprattutto quando si era a tavola con persone che ancora non conosceva, come in quel caso.
 
La tavolata era piena, talmente tanto che sicuramente nessuno avrebbe finito tutte le portate, nemmeno il grasso conte. I cosiddetti consuoceri erano seduti vicini e conversavano, mentre il principe e la principessa erano stati sistemati uno di fronte all’altra, per guardarsi meglio probabilmente; accanto il primo c’erano Albert e Dimitri, mentre al fianco di Amaryllis la contessa Ágnès.
 
Tutti parlavano di politica e stupidaggini varie. Amaryllis, invece, taceva ed osservava i presenti per studiarli meglio e farsi un’idea. Una semplice occhiata può rilevare la personalità apparente di una persona.
 
Il marchese Albert aveva un dolce sorriso e probabilmente tra tutti era la parte più razionale e calma del gruppetto. Ma c’era qualcosa nel suo sguardo, di indecifrabile, ma era sempre lì. Era come se nascondesse qualcosa.
 
Dimitri Ivanov, invece, era talmente bello che si rimaneva distratti dal suo aspetto fisico. Probabilmente lo usava come suo punto di forza, per distrarre la gente dal suo vero essere e depistarla.
 
La contessa Ágnès era molto snob e seria. Non si scomponeva mai, aveva quell’aria da intoccabile e virtuosa donna straniera che nessuno poteva intaccare. Tutto balle, Amaryllis lo sapeva. E il modo in cui guardava Dimitri Ivanov la diceva lunga sul suo essere virtuosa.
 
E infine, c’era il principe Jean Paul. Lui sembrava essere il classico deficiente, tutto concentrato su sé stesso, sulla sua eredità e sull’essere un nobile. Aveva sentito alcune voci in Danimarca sul suo conto, dopo essersi informata.
 
La gente diceva fosse un ubriacone e andasse spesso a donne assieme alla sua combriccola ristretta.
 
Ma infondo, cosa ci si poteva aspettare da un principe del suo calibro, da un reale, da un uomo annoiato? Loro non dovevano essere virtuosi e aspettare il matrimonio per riuscire a godere di qualche libertà.
 
—Principessa, non so se avete avuto modo di scorgere i giardini di mia madre, con tutti i fiori stupendi provenienti da tutte le parti del mondo… Se ne avete voglia, potremmo incamminarci dopo pranzo per facilitare la digestione, che cosa ne pensate? — Il principe le rivolse la parola. Sussultò, udendo la sua voce grave, poiché persa nel flusso di pensieri.
 
—Sì, mi farebbe piacere, principe. — Amaryllis forzò un sorriso e successivamente ritornarono ad ignorarsi.
 
 
 
La presunta richiesta fatta dal principe era stata ovviamente architettata dai loro genitori, in modo tale che i due avessero modo di restare da soli, anche se sempre sotto gli occhi vigenti del marchese Albert, della contessa Ágnès e di Dimitri.
 
I cinque giovani passeggiavano per i grandi e curati giardini della contessa Amelie, ricchi di fiori, colorati e profumati. Amaryllis e Jean Paul camminavano uno accanto all’altra, lei aggrappata al suo braccio.
 
Il corteggiamento era ufficialmente cominciato.
 
—Che cosa ne pensate, Sua Altezza, della natura e dei fiori in generale? Suppongo che ad una signorina del vostro calibro interessino. — Amaryllis si fermò ad osservare il suo interlocutore. Soffocò tutti gli insulti che avrebbe voluto scaraventargli addosso per un commento tanto idiota e forzò un sorriso.
 
L’unica cosa buona che aveva fatto sua madre in tutti quegli anni era crescere lei e suo fratello senza pregiudizi e infondendole anche un po' di eccessivo femminismo. Per i suoi valori, una donna era capace di fare qualsiasi cosa, amare o odiare i fiori, sapere combattere con la spada, saper cucire, badare ai figli oppure saper dirigere una nazione, indipendentemente dal suo genere. Quindi, sentirsi dire che lei, in quanto principessa, quindi donna e perciò sesso debole, doveva per forza apprezzare i fiori, le diede moltissimo fastidio, per usare dolci termini.
 
Ma, a differenza di com’era sua madre da giovane, non poteva estrarre la spada e tagliare tutti i bei ricci del principe. Lei aveva altri doveri e alla violenza preferiva la parola, benché fosse una testa calda.
 
In Amaryllis vivevano due donne differenti, sempre in contrasto e che cercavano di emergere in qualsiasi situazione: la principessa educata e sottomessa e la femminista dai grandi ideali.
 
—Vi stupirà sentirlo dire, ma non mi entusiasmano, mio principe. Mi avete chiesto cosa ne penso della natura? Ve la butto sul filosofico, essendo in un paese di filosofi, e vi dico che la natura la reputo maligna e cattiva. E per quanta riguarda i fiori in sé, li preferisco come decorazione… sulle tombe. — Lo guardò con sguardo ironico. Sottomessa poteva anche esserlo, ma fino ad un certo punto. Il principe la fissava come un sorrisetto ironico ad incorniciarli i lineamenti. Era rimasto soddisfatto dalla risposta, anche se stupito. — E voi, cosa preferite della caccia? L’uccidere o la vittoria? —
 
—Io non sarò un filosofo come voi, benché sia nato e cresciuto in Francia, ma posso dirvi che al brutale omicidio di povere bestie, preferisco quello simulato dalle care note musicali.  — Gli occhi chiari del principe scintillarono sotto il sole cocente di quell’estate. — Non siete l’unica a nascondere segreti interessanti, mia signora. —
 
—Be’, che cosa posso dirvi? Siamo esseri fatti di bugie, misteri e dolore, mio caro principe. —
   
 
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