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Autore: Light Clary    04/09/2018    1 recensioni
La Ciurma di Cappello di Paglia si ritrova coinvolta nell'ennesima avventura/
Per uscirne vivi anche stavolta, dovranno fare affidamento su tutta la loro determinazione.
Il nemico è un essere capace di espirare tutto ciò che rende una persona quello che è.
Senza i sogni, senza l'amore, senza gli amici e senza i ricordi, nessuno sarà più lo stesso.
Disposti a tutto pur di aiutare la loro nuova amica Narumi a salvare la sua casa/
Finalmente i veri sentimenti di Nami verranno a galla.
E rivelerà a Sanji ciò che lui non si sarebbe mai aspettato di sentirsi dire.
Non da lei.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico Robin, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Un po' tutti, Z | Coppie: Sanji/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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-Due minuti … mi sembra – Clio ormai aveva riacquistato a pieno il tono della voce, seppur con l’andatura sottile a rispondere alle domande che gli faceva il cuoco, ora più in agitato che mai.

-Quindi cammini per due minuti e arrivi a un’altra camera? – le domandò senza guardarla ma continuando a puntare gli occhi sul corridoio buio che avevano appena scoperto.

La ragazzina annuì: - Mamma ci aveva messo delle candele colorate. In questo modo sapevamo dove andare. Ora invece …. è tutto buio.

Sanji si guardò intorno, nella stanza che ormai aveva imparato a conoscere a memoria. Si soffermò sui giocattoli e non passò troppo tempo prima che un’idea malsana gli balenasse in testa.
Afferrò un cavalluccio dal manico di legno e ci avvolse intorno alla testa impolverata dell’animale il lenzuolo del letto ricoperto di chiazze. Dopodiché, frugando nelle tasche dei suoi pantaloni, tirò fuori il suo fedele accendino.

Quando Passus lo aveva tramortito sott’acqua e lo aveva privato delle monete non si era preoccupato di portargli via anche quello. Pregò solo che l’acqua non gli avesse arrecato danni.

Per fortuna non ebbe problemi. Accendendo piccole fiammelle qua e là riuscì a dare fuoco al lenzuolo infagottato e creò una torcia perfetta.

Clio indietreggiò abbagliata dall’intensità della fiamma.

-Dobbiamo andare prima che lui ritorni – le spiegò senza troppi giri di parole – Sapresti guidarmi fino alla camera della tua mamma?

Clio annuì di nuovo, per poi scavalcare l’apertura nell’armadio e infilarsi nella nicchia. Sanji le disse di spostarsi per fare spazio anche a lui e alla loro unica fonte di luce, che, non appena egli si ritrovò all’interno, illuminò un’infinita serie di ragnatele che andava aumentando sempre più in profondità.

-Stammi vicino – si raccomandò Sanji preferendo mettersi davanti e liberare il passaggio con la mano.
Iniziarono a camminare, Clio un po’ più lentamente. Non si era ancora abituata del tutto a stare nuovamente in piedi sulle proprie gambe. Sanji illuminava il passaggio davanti a loro e le chiedeva ogni tanto se stessero proseguendo bene. Sotto i loro piedi intravidero alcune candeline in delle bocce di vetro ormai spente da tempo. Quelle di cui la bambina parlava prima. Esitò un attimo a rimirarle prima di proseguire.

Il sentiero andò via, via a inclinarsi, segno che stavano percorrendo una strada in discesa.
Sanji avanzava con fare tempestivo. Quella forse poteva essere una via di fuga. Un modo per accedere a un altro lato della casa senza che Passus ne venisse a conoscenza. Nessuno a parte i vecchi proprietari conoscevano quel passaggio segreto.

Stavano attraversando i muri oltre i quali forse camminavano chissà quante persone possedute, ma potevano agire
indisturbati. Non aveva ancora un piano preciso, ma sapeva che se si fosse presentata anche la minima occasione di uscire da quella stanza infernale non avrebbe perso tempo.

Spostando l’ennesima ragnatela, rivelò un grosso ragno indisturbato che cercò di darsi alla fuga. Clio sobbalzò e di slancio si ritrovò abbracciata alla vita del ragazzo affondando il viso terrorizzato.

Sanji la sentì tremare: -Ei, ei, tranquilla – la rassicurò – Anche a me non piacciono gli insetti – e neanche a Nami-San, gli disse una voce interiore riportandolo per un attimo a ricordi lontani – ma è andato via ora. Hanno paura del fuoco.

-E’ andato … via? – piagnucolò la ragazzina senza staccarsi da lui.
-Sì. Te lo giuro.

Clio distaccò leggermente il viso e accertandosi che Sanji stesse dicendo il vero si allontanò definitivamente da lui. Ma non riuscì a proseguire.

-Andiamo, non c’è più. Se poi torna lo caccio io, va bene? Ora però vieni!

-Posso tenerti … la mano? – quella richiesta lasciò il cuoco un po’ di stucco. Detto da colei la quale sembrava non riuscire a fidarsi completamente di lui era un po’ strano. Ma pur sempre un passo avanti. Vuol dire che almeno non lo considerava più un nemico.

-Ma certo – accettò prendendo nel palmo la mano piccola dell’altra – Ti proteggo io -  Detto questo ripresero a percorrere il passaggio.

Anche se intravidero altri ragnetti più piccoli sui muro, Clio non si spaventò più.
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Robin correva da una stanza all’altra andando a sbattere il più delle volte dato l’ondeggiamento della nave e il suo fare impetuoso.

Era riuscita a raggiungere il sottocoperta, richiuso poi di scatto alle sue spalle. Sapeva che i suoi compagni avrebbero fatto di tutto per tenere i due amici\nemici lontani da lei il tempo necessario ma non poteva lasciare che ne passasse troppo.
Aveva recuperato l’acqua benedetta da Narumi dalla sacca che Rufy aveva fatto cadere in infermeria e ora si stava recando verso la stiva alla ricerca di una candela. Nello scendere le scale però, fu preda di uno sbalzo improvviso della Sunny che la fece ruzzolare giù e sbucciarsi la gamba destra. Il mare fuori aveva improvvisamente preso ad agitarsi in modo sfavorevole.

Che dipendesse tutto dalla forza demoniaca che emanavano attualmente Chopper e Franky? Magari se fossero riusciti a liberarli anche la tempesta si sarebbe placata.

L’archeologa gemette per il dolore alla gamba ma non fu questo a fermarla. Evocò quante più paia di mani possibili in giro per la stiva e aprendo l’occhio visivo su ogni palmo cercò ovunque alla ricerca delle candele. Ne individuò un paio ancora chiuse in scatola nella zona dove di solito Usopp metteva cose che gli servivano.

Con due mani stracciò via la confezione e con le altre afferrò cinque o sei candele che poi trasportò fino a lei ancora seduta in fondo alle scale.

Quando finalmente poté toccarle con le sue mani reali, iniziò subito a darsi da fare. Aprendo delicatamente il coperchio dell’acqua, intinse nella ciotola la prima candela, prima da un lato poi dall’altro vista la dimensione troppo grossa.

Ora bisognava accendere la miccia. Non sarebbe stato facile visto che era bagnata: procurandosi anche un pacchetto di accendini tenuto lì per necessità, riuscì a dare fuoco alla candela solo dopo aver sprecato tre fiammiferi con tanto di ustione alle dita.

Perfetto, la candela è accesa, pensò. Si portò dunque la mano tramante all’interno della tasca e ne tirò fuori una delle monete forate.
 
Fece un respiro profondo cercando di controllare il fremito delle dita e non compiere sbagli. Posizionò la moneta sopra la fiammella, che diventò subito incandescente. Ciò la costrinse dunque a lasciarla cadere per non ustionarsi le dita. Conveniva dunque bruciarla senza reggerla. Tenendo la moneta sul pavimento avvicinò la candela inclinata e riprese a bruciarla. Questa ovviamente non si sciolse né prese fuoco visto il materiale metallico, ma fece acquisire alla fiammella un tono nerastro.

Robin, con le altre mani, cercò un qualsiasi minuscolo contenitore dove poi avrebbe messo la cera che sarebbe scaturita. Trovò un barattolo di datteri di cui Sanji conservava una buona dose. Le sue molteplici braccia lo aprirono per svuotarne il contenuto e portarlo vuoto alla sua mercé.

Alcune goccioline bollenti iniziarono a colare dallo stecco di cerca. La ragazza si brigò a raccoglierle una dopo l’altra nel barattolo. Quanto doveva farlo riempire? Una dose per due persone, ipotizzò. Ma quanto tempo ci sarebbe voluto? Con una singola candela non sarebbero andati da nessuna parte.

Mentre dunque si accingeva a tenere ferma con un paio di mani la prima, si diede da fare a bagnarne, accenderne e mettere a sciogliere su altre monete anche le successive che trovò nella scatola. Usò tutte quelle che teneva nelle tasche, rimanendo attualmente senza protezione.

Alla fine la coscienza di Rufy fu più forte della sua rabbia e non usò il Gear Second ulteriormente sui suoi due amici posseduti.
Con l’aiuto degli altri era riuscito a relegarli in una parte di nave e li tenevano circondati con le monete tese nella loro direzione in modo che non potessero lasciare quel cerchio protettivo. Ogni volta che Chopper e Franky provavano ad aggredirli venivano nuovamente sbalzati all’indietro, l’uno sull’altro. Non poterono però evitare che si scannassero tra di loro come fanno appunto due animali feroci in una gabbia troppo ridotta.

Il Cyborg teneva la renna per il collo e gli stava facendo ingoiare con la forza la sostanza vischiosa che lo ricopriva. Chopper gemeva e vomitava mentre con le mani artigliate provava a graffiargli la faccia.

-Basta! Basta! Smettetela! – gridava loro il capitano provando ad attirare l’attenzione verso di loro in modo che non si ferissero ulteriormente.

Usopp lanciò loro in faccia un uovo marcio bollente in modo da distrarli per il bruciore e farli allontanare.
Cercavano comunque di non infliggere loro troppo dolore. L’ondeggiamento burrascoso della nave non aiutava. Erano anche nell’ansia che andassero a sbattere contro qualche scoglio.

- Robin! Ti prego sbrigati! – urlò Rufy sperando che l’amica lo sentisse dal piano più basso della nave.

-Non è una cosa facile da fare da sola! – gli disse di rimando Zoro – Dalle i suoi tempi!

-Allora andate ad aiutarla! – ordinò dunque il capitano - Qui me la vedo anche da solo!
-Non dire scemenze, non riusciresti a trattenerli quanto basta!

-Chi te lo dice?

-Fidati di lei, Rufy!  - replicò lo spadaccino stavolta in modo brusco - Robin ce la farà. Io lo so – si stupì di sé stesso perché prima di pronunciare quelle parole non era neanche così sicuro di pensare realmente.
Ma furono di grande effetto. Come un’evocazione o una formula magica. Perché nell’esitare davanti pensieri che non credeva di avere nella mente, sentì una porta spalancarsi alle sue spalle.

-Fatevi da parte! – ordinò la voce profonda dell’archeologa che avanzava ciondolando. Aveva le mani mezze raschiate e ricoperte di cerca e un segno scorticato sul ginocchio.

-Stai bene? – le chiese Zoro avanzando verso di lei.

-State indietro! – ripeté lei noncurante dei propri dolori. Incrociò le braccia al petto e chiuse gli occhi.

Un lieve venticello le elettrizzò i capelli e una decina di mani comparirono qua e là in giro per la nave.

Ma l’attenzione di tutti si spostò verso quelle comparse sopra l’albero maestro che reggevano uno strano contenitore. Proprio sopra le teste dei due compagni indemoniati.

Le mani versarono la cera bianca, che per qualche effetto miracolato del rituale non si solidificava, e questa si rovesciò addosso a loro ricoprendo la nuca e il viso.

Franky e Chopper lanciarono urla disumane che stordirono i loro amici.

Indietreggiarono impressionati davanti i due che si contorcevano ruggendo e strusciandosi sul pavimento. La loro faccia
fumava. Cercavano di pulirla dalla sostanza bianca e bollente arcuando le schiene e facendo scricchiolare, forse non volontariamente, le ossa e i muscoli.

Robin aveva le mani davanti alla bocca per l’orrore. Zoro l’aveva raggiunta continuando a chiederle se stesse bene, ma senza ottenere risposta. Usopp aveva distolto lo sguardo troppo occupato a non cercare di svenire. Brook stava fermo impalato davanti quella scena tremenda e Rufy osservava a pugni stretti e adenti serrati.

Dovettero sopportare quell’agonia per più di dieci secondi ma a loro parve un’eternità.
Poi a un tratto tutto cessò. Le urla, il vento e addirittura le onde ripresero a calmarsi dando alla nave il solito ondeggiamento affusolato.

Le grida dei due mugiwara si erano infatti tramutate in ansimi e gemiti. Ma ciò che usciva dalla loro bocca non erano più versi infernali. Ma le loro vere voci.

-Ahia … ahia che male … che male! – squittiva la vocetta disperata di Chopper che era tornato alle sue piccole dimensioni.
Rufy sobbalzò e senza esitare un secondo di più si chinò verso la piccola renna aiutandola a ripulirsi dalla cera ancora bollente, bruciandosi anche un po’ le dita.

-Chopper, ei Chopper – lo chiamò alzandogli il viso. Aveva strati di pelliccia bruciacchiati e scorticati ma riuscì comunque ad aprire gli occhietti e indirizzarli verso il suo capitano.

-R … Rufy? – lo chiamò ancora un po’ confuso.

Il resto del gruppo si scambiò una serie di sorrisi sollevati .

Robin cadde in ginocchio riprendendo finalmente fiato.

-Sei stata grande – le disse Zoro inginocchiandosi vicino a lei e mettendole una mano sulla spalla.

L’archeologa lo guardo intravedendo un mini sorriso ma sincero che era raro sul quel volto segnato soprattutto dalla vigorosità.

-Grazie – sorrise di rimando poggiando una mano sulla sua.
  
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