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Autore: heliodor    04/09/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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L'inquisitore

 
"Calma, calma" disse Hondiss. "Non vogliamo ucciderti e non vogliamo arrivare a questo punto se non sarà strettamente necessario."
Joyce rimase all'erta.
"Ma dobbiamo assicurarci che Lacey e Sibyl tornino nel limbo dove li abbiamo confinati un secolo fa. Fatto questo ti lasceremo andare per la tua strada."
"Così li ucciderete di nuovo" protestò Joyce.
"E allora? Hanno scelto di seguire la via sbagliata e ne hanno pagato le conseguenze. È quello che succede a tutti quelli che studiano la magia proibita. Tu piuttosto, perché sei tanto interessata a loro?"
Joyce annaspò, la mente in subbuglio. "Soldi" disse all'improvviso.
Hondiss si accigliò. "Sei stata pagata da qualcuno?"
"No, ma se riuscissi a trovare il compendio di Sibyl, potrei venderlo e ricavarne molti soldi."
Hondiss rise. "Nessuno lo comprerebbe. Penserebbero tutti che sia un falso e se disgraziatamente dovessero credere che sia vero, non esiterebbero a denunciarti al primo inquisitore."
La mente di Joyce lavorò in fretta. "Hai ragione. Sto lavorando per qualcuno."
"Chi?"
"Non posso dirtelo."
Hondiss scrollò le spalle. "Non ha importanza ormai. Tra poco cancelleremo questo errore per sempre."
"Io continuerò a cercare."
"Fallo pure."
"E non appena fuori di qui, potrei raccontare quello che mi hai detto."
"E con questo? Nessuno ti crederà. E se lo farà andrà a denunciarti. Io negherò ogni cosa e con me le lame askadiane. Sai, fanno voto di tacere su tutto ciò che sentono e vedono."
Joyce guardò il viso di Nelothien ricevendone in cambio un'occhiata severa.
"Tra poco Vayl sarà di ritorno" disse Hondiss. "Gli ho ordinato di andare alla locanda e di cercare nella tua stanza. Scommetto che ti sei portata dietro tutto quello che hai scoperto fino a ora. Avevi una borsa a tracolla la prima volta che ti ho vista e ora non ce l'hai più."
"L'ho lasciata in un posto sicuro" mentì.
"Dove?"
"Fuori città."
Hondiss rise. "Stai mentendo. Ti ho fatta seguire e dopo il nostro incontro sei tornata alla locanda. Avevi ancora la borsa quando sei entrata nella tua stanza e quando ne sei uscita non ce l'avevi più."
Stupida, si disse. Ora troverà il compendio e allora sì che saranno guai grossi. Era in trappola e non poteva uscirne.
"Dopo che avremo recuperato tutto" proseguì Hondiss. "Ti lasceremo andare."
Invece mi denuncerai all'inquisitore, pensò Joyce. Appena capirai che cosa mi sono portata dietro non ci penserai due volte. Far catturare una maga servirà a lavare via l'onta dall'accademia per sempre.
"Senti" disse cercando una via d'uscita. "C'è ancora una cosa che voglio chiederti."
"Sentiamo" disse Hondiss divertito.
"Hai detto che Sibyl e Lacey scapparono a nord di Berger."
"Vero."
"Dove, di preciso?"
"Andarono in un piccolo borgo. Da quello che sappiamo, era vicino alla famiglia di lei."
"Era ricca?"
"Aveva delle terre. È tutto quello che sappiamo."
È abbastanza, si disse Joyce.
"Un'altra cosa" disse dopo qualche istante di silenzio.
Hondiss sospirò. "Sto iniziando a stancarmi."
"Vayl non è ancora tornato" disse Joyce. Era passata più di un'ora da quando era andato via. "Ci vogliono meno di dieci minuti per andare e venire dalla locanda e la mia stanza non è enorme. Ha avuto tutto il tempo di prendere le mie cose e portarle qui."
"Vero" disse Hondiss accigliato.
"E allora che fine ha fatto?" chiese Joyce. Era un tentativo misero, ma era tutto ciò che le veniva in mente in quel momento. Se Hondiss avesse mandato uno dei due askadiani a cercare il ragazzo, forse sarebbe riuscita ad avere la meglio sull'altro. Era poco più di una speranza, ma era tutto quello che le serviva. "Forse gli è successo qualcosa."
Gutti si fece avanti. "Vado a cercarlo?"
"No" disse Hondiss perplesso. "Non muovetevi da qui, tutti e due. È stato un bel tentativo" disse rivolto a Joyce. "Ma hai fallito."
Almeno ci ho provato, disse Joyce. Si aspettava di veder arrivare Vayl con il compendio da un momento all'altro.
Invece passò un'altra ora senza che accadesse niente. Ormai era buio e Hondiss sembrava nervoso.
"Ma quanto ci mette?" chiese ad alta voce.
"Dovresti proprio mandare qualcuno a vedere come sta" disse Joyce.
"Silenzio" fece Hondiss.
Dall'esterno giunse il rumore attutito di passi che si avvicinavano.
"Eccolo" disse avvicinandosi alla porta.
Joyce sentì il cuore martellarle nel petto. Il momento stava per giungere. Mandò a memoria le formule magiche. Non voleva farsi catturare viva.
La porta si spalancò all'improvviso.
Hondiss balzò all'indietro alla vista del mantelli color porpora che apparvero sulla soglia.
Joyce ne contò almeno otto. Alla loro testa c'era un uomo dal viso allungato, i capelli neri e lunghi e barba tagliata anch'essa a punta. Aveva una strana espressione negli occhi.
Dietro i mantelli color porpora venivano una mezza dozzina di anziani vestiti con le tuniche azzurro scuro del tutto simili a quella indossata da Hondiss.
"Che succede qui?" chiese l'uomo col pizzetto a punta. "Hondiss, mi devi delle spiegazioni."
"Inquisitore Lewil" disse Hondiss deglutendo a vuoto. "A cosa debbo il piacere della tua visita?"
Al fianco di Lewil apparve Vayl. Aveva a tracolla la sua borsa.
"È lei?" chiese l'inquisitore.
Il ragazzo indicò Joyce.
"Prendetela" disse Lewil.
Due stregoni si staccarono dal resto del gruppo e avanzarono verso di lei.
"Stavo giusto venendo ad avvertirvi" disse Hondiss.
"Prendete anche lui" ordinò l'inquisitore.
Una strega e uno stregone avanzarono verso l'erudito.
"Ma che significa tutto questo?" chiese Hondiss indietreggiando.
Joyce rimase immobile fino all'ultimo istante cercando di non far trasparire alcuna espressione sul suo viso.
"Hondiss che significa?" chiese uno degli anziani in tunica azzurra. "Esigo delle spiegazioni."
"Non so cosa stia succedendo" disse Hondiss.
"Ve lo spiego io." Lewil andò al tavolo e prese il disegno che Joyce aveva trovato nel compendio. "Guardate."
"È il simbolo della maga" disse uno degli anziani. "Hondiss, come hai potuto? Dovevi avvertirci."
"L'avrei distrutto" disse Hondiss.
Lewil scosse la testa. "È incredibile come cadiate sempre negli stessi errori voi eruditi. Confermate i miei timori."
"C'è sicuramente una spiegazione" disse uno degli eruditi anziani. "Hondiss ha agito da solo, senza il benestare dell'accademia."
"Ormai non ha più importanza" disse Lewil. "Se non fosse stato per questo ragazzo, che io ho infiltrato tra di voi per sorvegliare l'attività sospetta di Hondiss, non avrei mai scoperto che qui si praticava la magia proibita."
"È falso" gridò Hondiss. "Non ho mai fatto una cosa del genere."
"Silenzio" disse Lewil. "In virtù del potere concessomi dal senato cittadino, devo arrestarvi e portarvi nelle segrete del circolo. Lì verrete giudicati e sarà deciso il vostro destino."
"È stata lei" disse Hondiss indicando Joyce. "È lei che è venuta da me con quel disegno. Io non c'entro niente."
Lewil si piazzò di fronte a Joyce. "Che hai da dire tu?"
"È vero" disse.
"Confessando non lo salverai, ma potresti aiutare te stessa" disse l'inquisitore. "In ogni caso, abbiamo i nostri metodi per estorcere la verità a quelli come voi."
Se volevano estorcerle la verità voleva dire che non avevano ancora scoperto cosa aveva nella sua borsa.
Ho ancora una speranza.
"Voglio confessare" disse Joyce, la mente che lavorava a pieno ritmo.
"Con calma, quando saremo nelle segrete del circolo" disse Lewil.
"Ma io voglio farlo adesso" disse Joyce.
Lewil sorrise. "Sei pentita di ciò che hai fatto?"
"Sono pentita di non aver fatto abbastanza."
"Che sfacciata" disse Lewil. "Prendetela e mettetela in catene. Voglio che tutti gli abitanti di Luska vedano come trattiamo quelli che si interessano di magia proibita."
I due stregoni si piazzarono ai suoi fianchi.
Joyce decise che quello era il momento giusto. Mormorò la formula magica dell'oscurità e il buio calò nella stanza.
Fu un attimo, ma le bastò. Si gettò in avanti e colpì Lewil allo stomaco con una testata, sbilanciandolo.
L'inquisitore finì gambe all'aria e lei gli passò sopra, rotolò e si rialzò.
"Attenti" gridò qualcuno.
Udì il rumore di dardi che veniva scagliati sopra la sua testa e si tenne accucciata. Nel frattempo mormorò la formula della pelle di quercia.
"Non usate i dardi" gridò Lewil. "È ancora qui. La sento."
Joyce si gettò in avanti nel punto in cui si trovava Vayl un attimo prima. Colpì qualcosa e vi si aggrappò, sperando di aver preso la persona giusta.
Braccia si opposero alla sua presa ma lei mormorò la formula della forza straordinaria e mentre con la mano libera lo teneva fermo, con l'altra cercò la borsa a tracolla.
La trovò nell'attimo in cui Vayl esplodeva due dardi contro il suo addome. Il contraccolpo la fece volare via senza la borsa.
"È qui" gridò il ragazzo. "L'ho colpita."
Joyce si rialzò dolorante allo stomaco dove lui l'aveva colpita. La pelle di quercia l'aveva protetta ma non come lo scudo magico.
Per un attimo pensò di tornare all'assalto, ma aveva fallito e doveva ritirarsi per il momento era da sola contro tutti e non poteva fare molto altro.
Strisciò verso l'uscita cercando di approfittare della confusione.
Altri dardi esplosero sopra la sua testa infrangendosi contro il muro. Chiuse gli occhi quando venne investita dalla pioggia di detriti.
Quanto tempo è passato, pensò? Non più di un minuto, ho ancora tempo.
Rotolò fuori dalla stanza, nel corridoio ancora avvolto nel buio.
"Non è più qui" gridò qualcuno.
"Nel corridoio" gridò qualcun altro.
Joyce si rialzò a fatica e corse nell'oscurità senza badare dove andasse a sbattere. Non si fermò fin quando l'oscurità cedette il posto alla penombra rischiarata dalla luce delle stelle. Si trovava in una sorta di colonnato che confinava con un cortile.
Si gettò tra gli alberi che formavano un piccolo bosco proprio al centro dell'accademia. Nella penombra intravide delle aiole e dei gazebo decorati con fiori dall'aria deliziosa.
Se almeno ci fosse il tempo di fermarsi e godersi il chiaro di luna, pensò.
Passi alle sue spalle. Passi pesanti e numerosi.
"Non lasciatela scappare."
"Da quella parte."
Joyce si gettò tra gli alberi e mormorò la formula dell'invisibilità. Cercando di non fare rumore si accucciò dietro a una pianta e rimase immobile.
"Attenti" disse una voce. "Potrebbe essere invisibile."
"Kloin, usa la visione speciale" disse Lewil.
"Sì eccellenza" rispose qualcuno.
Joyce immaginò occhi luminosi che scandagliavano il buio alla sua ricerca. Il cortile era piccolo e non ci avrebbero messo molto a trovarla.
Sentì dei passi pesanti nell'erba avvicinarsi.
"Dietro quel gazebo, Kloin. Guarda lì."
I passi si allontanarono.
"Niente."
Joyce ne approfittò per spostarsi dietro una pianta vicina.
"Ho sentito qualcosa. Da quella parte."
Cercò di dominare il panico che la stava per assalire.
Così mi troveranno, si disse. Devo trovare il modo per uscire.
Guardò in alto, verso le cime degli alberi. Oltre di esse c'era la cupola che sormontava l'accademia e oltre ancora la città e la salvezza. Se fosse riuscita a raggiungerla avrebbe fatto perdere le sue tracce. Ma per uscire di lì doveva passare attraverso la rete che l'inquisitore e suoi stavano per chiudere attorno a lei.
A meno che non avesse volato, ma per farlo doveva esporsi.
In volo non aveva alcuna possibilità di cambiare direzione come facevano gli uccelli ed evitare i colpi dei nemici. Inoltre se era concentrata sulla levitazione non poteva usare lo scudo per difendersi e avrebbe annullato la pelle di quercia.
Non riusciva a fare due incantesimi insieme.
Calmati, si disse. Pensa.
Cercò di vedere con la mente cosa doveva fare. Doveva levitare e darsi una spinta notevole per volare fino alla cupola. Da lì avrebbe usato un altro incantesimo di levitazione per calarsi dall'altra parte.
Il problema è arrivarci, pensò. Mi serve più spinta, ma le mie gambe non possono darmene di più. Ma le braccia sì.
I passi erano più vicini.
"Prendetela" gridò Lewil. "Non importa se viva o morta. Pendetela e basta."
Mormorò la formula per la forza straordinaria e afferrò con entrambe le mani il tronco dell'albero. Quindi mormorò la formula della levitazione. Nello stesso momento sentì la forza defluire dalle braccia.
Senza attendere oltre si diede una spinta poderosa facendo leva sulle braccia e si staccò dal suolo.
Volò verso le cime degli alberi e le superò in un istante.
Sotto di lei sentì gridare.
"Lì sopra."
"In alto."
"Colpitela."
Evocò lo scudo magico annullando la levitazione.
Era tutto quello che poteva fare. Se la velocità che aveva raggiunto era sufficiente sarebbe arrivata alla cupola. Altrimenti sarebbe ridiscesa verso il basso e a quel punto...
Nello stesso istante i dardi lanciati dal basso la raggiunsero infrangendosi sullo scudo. Strinse i denti e concentrò tutte le sue energie su quella barriera che la separava da morte certa, dimenticandosi della cupola che si stava avvicinando a velocità folle.
Qualcosa esplose proprio davanti a lei e il contraccolpo fu tale da sbalzarla di lato. Per un attimo temette di mancare la cupola nonostante i suoi sforzi ma poi si accorse che l'aveva quasi raggiunta.
I suoi nemici avevano smesso di bersagliarla perché doveva essere troppo lontana, ma sapeva che quella tregua era solo temporanea. Poteva immaginarli mentre correvano nella sua direzione e si preparavano a riprendere il tiro al bersaglio.
L''impatto con la cupola fu duro ma meno doloroso di quanto pensasse. Prima dell'impatto annullò lo scudo ed evocò la pelle di quercia.
Colpì la cupola con forza tale da staccarne alcune tegole che si frantumarono in mille pezzi che volarono in tutte le direzioni. Mentre cercava un appiglio ne divelse un'altra decina.
Alla fine riuscì ad afferrarsi a un appiglio solido, fermandosi qualche metro prima di precipitare verso l'interno del cortile.
Si concesse solo qualche istante per riprendere le forze. Era esausta, forse ferita e con poche energie residue, ma doveva togliersi di lì prima che gli stregoni di Lewil la raggiungessero.
Senza stare a pensarci sopra mormorò la formula della levitazione e dandosi lo slancio con le gambe si gettò oltre la cupola, volando sopra le case di Luska.

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