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Autore: heliodor    06/09/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Un rifugio sicuro

 
Atterrò in un vicolo buio e si accasciò al suolo, incurante della sporcizia e dell'umidità. Restò boccheggiante per qualche minuto, incapace di rialzarsi e di muovere un solo muscolo.
Non era solo esausta. Altre volte aveva terminato le energie, ma in quel momento si sentiva vulnerabile e indifesa.
Era sola in una città straniera.
Senza soldi né conoscenze.
E aveva perso il compendio, che adesso era in mano a Lewil.
L'inquisitore non ci avrebbe messo molto a capire che cosa aveva per le mani.
Aveva ancora così tanti incantesimi da imparare e le dispiaceva perderlo. Aveva imparato molto, ma sapeva dentro di sé che voleva impararne ancora.
Non riusciva a sopportare il pensiero di doversene separare, ormai era una parte di sé. Quando era stata portata via da Valonde aveva ripensato molte volte al compendio, ma alla fine se n'era fatta una ragione.
Quando Robern glielo aveva restituito la speranza in lei era rifiorita insieme al desiderio di imparare nuovi incantesimi da affiancare a quelli che conosceva già.
E adesso era tutto perduto.
Aveva deluso Robern.
Sentiva che tutti i suoi sforzi, le sofferenze che aveva patito e i rischi corsi erano stati inutili. Poteva solo tornare cercare di tornare a casa e riprendere la sua vita, che non sarebbe mai stata quella di prima.
Le sarebbe per sempre rimasto il rimpianto per quello che avrebbe potuto fare e che non era riuscita a fare per la sua stupidaggine.
È tutta colpa mia, si disse. E io devo rimediare. Mi riprenderò il compendio. È mio. Appartiene a me. Me lo sono meritato.
Nel momento stesso in cui formulava quel pensiero si accorse di quanto fosse ingenuo e stupido, più simile al capriccio di una ragazzina che a un vero e proprio desiderio.
Ma io sono una ragazzina stupida e capricciosa, si disse. E ho le labbra storte e le orecchie troppo grandi. E allora? Mi riprenderò il compendio. Ho affrontato un titano e un luogotenente di Malag, posso fare anche questo. Sì, posso riuscirci e lo farò.
Ma per prima cosa doveva sparire da lì.
Ma dove posso andare? Si chiese.
La locanda era fuori questione. Era il primo posto dove l'avrebbero cercata e il locandiere avrebbe di sicuro fatto la spia per non avere guai con l'inquisitore. Per lo stesso motivo non poteva recuperare il suo cavallo e barattarlo al mercato per qualche moneta.
Non aveva soldi, perciò qualsiasi altra locanda era esclusa.
Mi serve un piano, si disse. Un buon piano. Un ottimo piano.
Poi le venne in mente una cosa. Si mise la mano nelle pieghe del vestito e trovò il sacchetto di monete.
C'è ancora, si disse.
Le duecento monete che doveva consegnare a Hondiss e lui non aveva preso. Cosa poteva fare con quelle?
Intanto, trovare una locanda.
No, si disse. Di sicuro avranno avvertito tutti i locandieri che una straniera era ricercata. Poteva annullare la trasfigurazione e diventare Joyce, ma non sarebbe bastato. Era pur sempre una straniera e le sarebbero piombati addosso e stavolta senza avvertirla.
Doveva trovare un altro posto dove passare la notte.
Le venne in mente uno solo.
 
Si fermò di fronte alla porta e bussò due volte. Fece una pausa e bussò di nuovo.
La porta si aprì, rivelando il viso della ragazzina.
"Tu non sei..."
Joyce non le diede il tempo di dire altro. Spinse la porta verso l'interno e le mise la mano sulla bocca, bloccandola con l'altro.
"Non voglio farti del male" disse sottovoce. "Mi serve un posto sicuro dove passare la notte. Se prometti di non urlare tolgo la mano."
La ragazzina mormorò qualcosa.
Joyce tolse la mano.
"Sono dieci monete. Quindici se vuoi anche mangiare."
"Bene."
La ragazzina le portò una ciotola piena di brodaglia fumante e una forma di pane. Joyce vi si gettò sopra e la divorò in pochi minuti. Mangiò anche il pane e solo dopo si rese conto che lei la stava osservando.
"Hai fame?" le chiese.
La ragazzina scrollò le spalle. "Ho già mangiato."
"Come ti chiami?"
"Fredi."
"È un bel nome. Dico sul serio."
Lei scrollò le spalle.
"Vivi da sola qui?"
La casa era deserta e vuota, fatta eccezione per un paio di letti piccoli e uno grande. C'erano anche un armadio, un tavolo con due sedie e una baule. Vuoto.
"Di solito sì."
"Vayl è tuo fratello maggiore?"
"No" rispose lei. "Lui ogni tanto mi aiuta. Mi fa guadagnare qualche soldo per comprare da mangiare."
"Non li hai i genitori?"
"Se vuoi saperlo mi devi dare altre cinque monete."
Joyce prese le monete e gliele lanciò.
"No" rispose lei e corse via.
Temette che andasse ad avvertire qualcuno e si alzò di scatto, seguendola nella stanza adiacente.
Vide Fredi nascondere le monete sotto un asse del pavimento "Non guardare" disse la ragazzina. "È il posto segreto dove tengo i soldi e le mie cose preziose."
"Sei molto più astuta di me" disse Joyce ripensando al suo nascondiglio improvvisato per la borsa a tracolla.
Se fosse stata attenta come Fredi ora ce l'avrebbe ancora.
"Senti" disse. "Ho bisogno di riposare per qualche ora."
"Puoi stare qui fino a domani" disse Fredi.
"Non è che appena mi addormento correrai a dire a qualcuno che sono qui?"
"Perché dovrei farlo?" chiese la ragazzina.
Già, perché dovresti? Pensò. Perché sono una maga pericolosa che presto o tardi diventerà arrogante e crudele. E che ora rivuole disperatamente il suo compendio, che la porterà a diventare ciò che teme.
"Prima di andare a dormire voglio chiederti delle cose."
"Mi devi dare cinque monete."
"Te lo ho già date prima" disse Joyce indignata.
"E io ti ho risposto, no? Queste sono domande diverse."
Joyce le diede le cinque monete.
"Cosa vuoi sapere?"
"Te ne darò dieci se sarai sincera."
Fredi si fece attenta.
"Cosa sai di Lewil?"
"È una persona buona" disse Fredi. "Gli piace uccidere la gente in piazza."
"Sul serio?"
Lei annuì. "Lui prende quelli che usano la magia cattiva e li uccide, così noi siamo al sicuro."
"E ne ha uccisi parecchi?"
"Quest'anno due. L'anno scorso cinque. Non so prima perché non li contavo ancora."
In che razza di posto sono capitata? Si chiese Joyce. "Tu conoscevi qualcuno di quelli che ha ucciso?"
Fredi scosse la testa, poi sembrò pensarci su e disse: "La signora Samay. Viveva in fondo a questa strada quando la presero."
"Che aveva fatto? Era una maga?"
"No. Lei guariva le persone da piccoli malanni. Quando stavano male andavano a trovarla e per qualche moneta lei le liberava dai malanni."
"Era una guaritrice?"
"Non lo so."
Suo padre diceva che i guaritori erano dei ciarlatani, che non erano dei veri stregoni. Eppure i guaritori esistevano a Valonde ed erano rispettati. Qualcuno meno degli altri ma nessuno si sognava di uccidere una persona per un motivo così futile.
"Lewil ha molte streghe e stregoni al suo servizio?"
"Non lo so, ma Vayl dice sempre di non fare cose strane e che loro cercano qualche scusa per prendere la gente."
"Anche i ragazzini?"
Fredi scrollò le spalle.
Lewil merita una lezione, si disse Joyce. Devo trovare solo il modo per avvicinarlo, riprendermi il compendio e dargli quello che merita.
In quel momento voleva colpire l'inquisitore e fargli del male. Era un pensiero stupido, considerando il fatto che se ci avesse provato sarebbe morta, ma non riusciva a toglierselo dalla testa.
"Per caso sai come entrare nel circolo di Luska?" chiese Joyce.
"Se sei una strega puoi entrare, no?"
"Mi riferivo a una botola come quella che hai nell'altra stanza."
Fredi scrollò le spalle.
Joyce capì che non avrebbe ottenuto altre informazioni per il momento e si sentiva davvero stanca.
"Io vado a dormire" disse adagiandosi sul letto. "Se dovesse arrivare qualcuno, devi avvertirmi, capito?"
Fredi annuì.
Joyce chiuse gli occhi e si addormentò nello stesso istante. Dormì senza sognare e quando si svegliò si sentiva meglio, anche se infreddolita e ancora un po' stanca.
Per prima cosa cercò le monete che aveva messo sotto il cuscino. Il sacchetto era ancora al suo posto ed era pieno.
Quasi pieno.
Si mise a sedere sul letto e gettò un'occhiata fuori dalla finestra. Il buio aveva lasciato il posto all'alba.
"Fredi?" chiamò.
La ragazzina arrivò qualche istante dopo. Indossava gli stessi vestiti del giorno prima, una camicetta lacera e una gonna sbrindellata. Non portava scarpe o calze per proteggersi dal freddo.
Joyce prese dieci monete dal sacchetto e gliele porse. "Vai al mercato e compra dei vestiti per te e per me. E delle scarpe della tua misura."
Fredi prese i soldi.
Joyce le diede altre cinque monete. "E compra qualcosa da mangiare. Carne, frutta e del pane. Quello che piace a te. Hai capito?"
La ragazzina andò via e non tornò prima di un paio d'ore. Mise tutto sul tavolo in modo che Joyce potesse esaminare con cura quello che aveva comprato.
"Sai cucinare la carne?" le chiese. Aveva notato che la casa aveva un focolare.
"Sì" disse Fredi.
"Fai una bella zuppa e aggiungici le verdure. Oggi mangeremo come principesse. Prima però..."
Prese i vestiti e li esaminò. C'erano una lunga tunica verde e una gonna blu della sua taglia. Era un accostamento di colori che la faceva rabbrividire ma almeno sarebbe passata inosservata. Non poteva andarsene in giro con i suoi vestiti.
Fredi aveva scelto per se una camicetta a righe rosse e blu e una gonna rossa. I colori erano sgargianti come la moda di Luska doveva imporre, quindi non avrebbero dato nell'occhio come a Valonde.
"Indossali" disse alla ragazzina porgendole i vestiti.
Lei ubbidì e tornò poco dopo.
"Così è già meglio" disse Joyce. "Ora le scarpe."
Erano un po' larghe per il piedino di Fredi, ma almeno erano comode e calde,
"Tranquilla, il tuo piede ci crescerà dentro" le disse Joyce.
"Devo tenere questa roba?" chiese Fredi.
"Certo che sì. È un regalo."
Lei scrollò le spalle e andò via.
Joyce pensò a un piano. Per il momento lì era al sicuro, ma non poteva restarci per sempre. Doveva trovare un altro posto in cui nascondersi. Quello che doveva fare era semplice. Per prima cosa, avrebbe indossato gli abiti nuovi e fatto sparire quelli vecchi. Quindi avrebbe annullato la trasfigurazione diventando Joyce. Era un rischio ma lì non temeva di essere riconosciuta come principessa di Valonde. Infine doveva trovare il modo di entrare nel circolo di Luska, prendere il compendio e andarsene senza essere né vista né riconosciuta.
E tutto questo mentre Lewil e i suoi la stavano cercando.
Posso farcela, si disse. Una cosa per volta.
Fredi preparò da mangiare come le aveva detto di fare e pranzarono sull'unico tavolo.
"Devo chiederti un altro piccolo favore" disse Joyce alla ragazzina. "Devi andare in città e scoprire quello che sta facendo il circolo di Luska." Era certa che Lewil stesse organizzando qualcosa e voleva scoprirlo.
"Cinque monete" disse la ragazzina.
"Ti ho comprato del cibo vero e abiti nuovi" disse Joyce. "È questo il modo di ringraziarmi?"
Fredi scrollò le spalle.
Joyce le diede tre monete. "Avrai il resto quando tornerai. E se te lo chiedono, non dire a nessuno che sei qui, intesi?"
Fredi annuì e andò via.
Joyce attese per due lunghe ore che tornasse. Stava iniziando a temere che si fosse fermata da qualche parte per denunciarla all'inquisitore, quando la ragazzina rientrò a casa.
"Allora?" le chiese Joyce.
Fredi restò in silenzio.
"Ho capito." Le diede due monete.
"In città dicono che l'inquisitore sta preparando uno spettacolo per stanotte."
"Spettacolo?"
Fredi annuì. "Prima però ci sarà il processo."
"Contro chi?" chiese Joyce, anche se immaginava la risposta.
"Hondiss e gli altri eruditi.
Vuole andare fino in fondo, si disse Joyce. Bene, posso approfittare del processo per entrare nel circolo e prendere quello che mi appartiene. Devo solo attendere il momento giusto.
Qualcuno bussò alla porta due volte, fece una pausa e poi bussò di nuovo.
Era il segnale che Vayl aveva usato.
Fredi si diresse alla porta, ma Joyce la bloccò. Voleva dirle di non aprire, ma se lo avesse fatto poi Vayl si sarebbe insospettito. In quel momento le venne un'idea migliore.
Lasciò andare Fredi che andò alla porta e l'aprì.
"Come mai ci hai messo tanto?" chiese una voce maschile dall'altra parte.
Fredi si fece da parte e lo lasciò entrare.
Appena Vayl ebbe superato la soglia, Joyce evocò un dardo magico e glielo puntò contro il viso.
"Da questa distanza non ti mancherò" disse minacciosa. "Chiudi la porta" fece rivolta a Fredi.
La ragazzina si affrettò a serrare la porta.
"Così è qui che ti nascondi?" chiese Vayl fissandola con odio. "Non dovevi coinvolgere Fredi. È solo una bambina."
"E tu non dovevi tradirci" rispose Joyce.
"Io non..."
"Zitto" gli intimò Joyce. "Chi sa che sei qui?"
"Tutti" disse Vayl.
"Non è vero. Nessuno sa di questo luogo, vero? Altrimenti non usereste un codice e così tanta prudenza."
Vayl si morse il labbro. "Che cosa vuoi da noi?"
"Aiuto in cambio di denaro" disse Joyce.
"No" fece Vayl. "L'inquisitore ci farà uccidere se ti diamo una mano."
"Vi ucciderò io se vi rifiuterete" disse Joyce cercando di sembrare minacciosa.
"Siamo solo dei bambini" disse Vayl allargando le braccia. "Non ti possiamo aiutare."
"Sì invece" fece Joyce rilassandosi un poco. "Conoscete la città meglio di me e vi muovete con disinvoltura. È proprio quello di cui ho bisogno."
"Se ti aiuto te ne andrai via?" chiese il ragazzo.
"Te lo giuro." Indicò la sedia. "Mettiti lì e parliamo, così ti spiego di cosa ho bisogno."
Vayl ubbidì e andò a sedersi. "Non dovevi coinvolgere Fredi. Lei è piccola e non comprende certe cose."
"L'hai già detto e ti ho spiegato perché."
"Ma non è giusto" fece Vayl. "Le fai correre un rischio enorme. Se l'hai mandata in giro qualcuno può averla notata e se scoprono che sei stata qui se la prenderanno con lei."
"Non succederà se farai quello che ti dico" lo assicurò Joyce. Cominciava a sentirsi in colpa per quello che stava facendo a quei due bambini, ma che alternative aveva?
Crudele e arrogante, disse una voce nella sua mente.
No, esclamò dentro di se. Farò in modo che non venga fatto alcun male a Vayl e Fredi. Specialmente a Fredi. Ma ora mi servono. Sono la mia unica speranza di recuperare il compendio.
"La mia borsa" disse Joyce. "Quella che hai trovato nella mia stanza."
"Non so di cosa parli" disse Vayl.
"Non mentire. Ce l'avevi a tracolla l'atra sera. A chi l'hai data?"
"All'inquisitore."
Come temevo, pensò Joyce.
"La rivoglio."
"Chiedila a lui" rispose Vayl con insolenza.
Joyce trasse un profondo sospiro di rassegnazione. "Faresti bene a collaborare."
Vayl annuì. "L'ha portata al circolo. Non so altro."
"Devi riprenderla."
"Io?"
Joyce annuì.
"Non posso entrare nel circolo da solo. Solo streghe e stregoni di Luska possono farlo. E le stanze di Lewil sono in un piano dove non posso andare."
"Ma tu sei stato lì, vero?"
"Sì, ma sempre in compagnia di qualche strega o stregone" disse il ragazzo. "Mai senza una scorta."
"Come faccio a entrare?"
"Dall'ingresso" rispose Vayl.
"Senza che mi vedano. C'è un'entrata segreta come per l'accademia?"
"Se esiste io non la conosco."
Mi sta mentendo o dice la verità? Si chiese Joyce.
Il suono delle campane risuonò dall'esterno. Per un attimo temette che stessero per venire a prenderli, ma poi si rilassò.
"Che cosa sono?" chiese a Vayl.
"Chiamano a raccolta i cittadini" disse il ragazzo.
"Per quale motivo?"
"Il processo."

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