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Autore: Vago    14/09/2018    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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Perché nessuno ha fiducia in me?
Anzi, non nessuno.
Sarebbe stata incredibilmente facile la mia esistenza se nessuno avesse avuto fiducia nelle mie capacità.
Più breve, ma almeno facile.
Invece no, Loro hanno visto il mio potenziale e l’hanno sfruttato fino all’osso.
Mio padre mi ha avuto davanti ai suoi maledetti occhi onniveggenti e solo ora si è scomodato dal suo maledetto scranno per mollarmi la sua arma impolverata perché me la riuscissi a cavare da solo.
Epica non ha mai protetto me, io avevo solo la fortuna di essere stato gettato dentro il gruppo di muse importanti e, di conseguenza, c’era qualcuno che combatteva anche per me. Quel maledetto, o quella maledetta, si è scomodata di più per salvare Tragedia di quanto non abbia fatto per me.
Stava per farsi ammazzare, alla fine. Almeno, una volta morta, la mia sopravvivenza non sarebbe stata più un suo problema.
Sono dovuto intervenire io, nel punto forse più basso della mia esistenza, a salvarla.
Quella Musa è eroica solo davanti a un pubblico. Che gran prova di coraggio, invece, morire in un’ultima battaglia, invece di continuare a vivere.
Non avrei nemmeno dovuto liberarla. Non ancora, per lo meno.
Tutto quello che ho guadagnato è stata una rabbia che non provavo da millenni.
Ero riuscito a sigillare il mio passato prima del contratto, dietro una porta della mia mente che doveva rimanere chiusa.

L’elfo si mosse rapido attraverso la sala. Il suo corpo pareva pesare troppo per le sue dimensioni e le suole rigide, ogni volta che toccavano lo strato di macerie, con un tonfo sordo, sollevavano in aria polvere e schegge di pietra.
Due ampie ali piumate si spiegarono alle sue spalle, nascendo là dove la lunga giacca e la sua schiena parevano essere un tutt’uno.
Due propaggini morbide, come tentacoli di un polipo, si avvinghiarono attorno ai toraci dei due uomini, aderendo ai loro corpi.

Voglio solo vedere la fine di questa roba.
E ora più che mai, non ho intenzione di creparci.
L’incazzatura mi ha persino fatto perdere l’interesse in produrre dei corpi che possano sembrare naturali. Tanto, a questo punto, a chi devo celare ancora la mia vera essenza?

Commedia, fermati.

Taci.
Ti preferivo quando eri drogata in quella prigione di diamante. Mi ero addirittura riuscito a convincere che mi ascoltassi quando ti raccontavo le mie disgrazie.
Tu pensa quanto la solitudine mi avesse fatto idealizzare la tua figura.
Comunque, adesso, dopo aver salvato il Creato un paio di volte, ho tutta l’intenzione di salvare anche la mia vita.

Le maestosi ali scure si aprirono, facendo sporgere le loro estremità al di fuori della caverna.
I due occhi verdi incastrati sul viso da elfo vennero per un attimo nascosti dalle palpebre, come se queste volessero godersi la lieve brezza marina che riusciva ad intrufolarsi in quella sala in rovina.
Una possente folata di vento si abbatté sul terreno, sollevando i tre corpi legati e scagliandoli oltre il ciglio di quel dirupo.
Noir non riuscì a trattenere l’urlo di terrore che gli nacque in gola.
Stava precipitando, stava di nuovo precipitando, come quando era bambino. Ma, questa volta, non c’era la dura ma sicura terra ad aspettarlo.
C’era solo il mare sconfinato sotto di lui.
Uno strattone al torace gli tolse il respiro, costringendolo a ripulire la mente dai lugubri presagi che l’avevano affollata.
Ai lati del suo campo visivo piume nere comparivano e scomparivano ritmicamente, trascinandolo lontano dalla superficie scura su cui penzolavano i suoi piedi.
Il trentenne avvertì appena la sua maledizione farsi strada attraverso i pori della porzione sinistra del suo corpo per proteggerlo dalle membra dell’uomo che gli si scontrò poco dopo addosso.
- Dove ci vuoi portare? – riuscì ad urlare il discendente di Reis, sovrastando il rumore del vento che lo investiva.
- Lontano da dove potreste farvi uccidere. – fu la risposta gelida dell’elfo alato. La sua voce tagliente raggiunse le orecchie dei due mortali come se le sue labbra fossero state accanto alle loro orecchie.

Già, lontano.
Ma quanto dovrà essere lontano questo lontano per metterli davvero al sicuro?
Non mi interessa se poi si uccideranno a vicenda o meno, una volta che me ne sarò andato, dopotutto sarebbe una loro scelta.
Sono diventati Buchi della Trama per colpa di noi immortali, non voglio che muoiano anche per colpa dei nostri casini.



L’elfo superò rapidamente il ciglio di ciò che restava della desolata Terra degli eroi, risalendo ancora per nascondersi alla vista di chi fosse stato lì.
I suoi occhi si sforzarono di riconoscere le sagome nella pianura brulla.
Non vedeva Johanne Fenter, ma il suo essere tremava percependo quella spada maledetta vicina.
Un gruppo di creature dalla pelliccia nera parve agitarsi a terra, i loro corti musi si alzavano e abbassavano fiutando con ostinazione l’aria.

Cosa sono quelli? Demo?
Anche se lo fossero, non possono avermi fiutato. Non ho un odore da fiutare e anche se lo avessi, la distanza che ci divide è troppa anche per il loro olfatto.

All’interno di uno dei tentacoli che nascevano dal corpo dell’elfo qualcosa si mosse agitatamente, indurendosi, tornando morbido, espandendosi e contraendosi.
- Noir! Smettila di agitarti! – tornò a sussurrare la voce dell’elfo all’orecchio del discendente di Reis.
- Non ci posso fare nulla! La mia maledizione, lei sente qualcosa! È come quando ti avvicinavi a me prima di… prima di quella cosa che è successa sui monti. –

Maledizione.
Non sono i Demo il mio problema.
Lui sta avvertendo l’essenza di Follia e, adesso, quella roba è presente in solo tre posti.
Il cadavere pietrificato di Follia.
Il suo corpo.
E quella maledetta spada.
Ci deve essere Johanne Fenter, laggiù, da qualche parte. Lei e quell’arma.
Ma ci saranno anche i suoi lacchè?
Sicuramente là, ad aspettarci o a festeggiare per la nostra morte c’è Sarah Dan Rei.
Quel porco di Krave Dunnont si sarà portato dietro la sua selezione di bestiole da guardia.
Chi faceva ancora parte della combriccola?

Maledizione!
Tutte quelle morti mentre non ero presente mi hanno fatto perdere il conto.
C’è il drago, l’attuale re dei draghi. Quello che ha seguito la tradizione di famiglia, facendo ammazzare il suo predecessore. Quello è il cucciolo del Giudice Maggiore, figurati se non è arrivato con lei. La domanda, a questo punto, è: Si sarà portato dietro la scorta reale?

- Attento! –
Piume scure caddero lievemente verso il lontano terreno. Da uno spesso strato di pelle ricoperta da squame azzurre pendevano nell’aria le estremità delle ali scure, un paio di gambe avvolte in eleganti pantaloni e i due tentacoli a cui erano aggrappati due uomini esterrefatti.
Un paio di enormi ali membranose sbatterono ancora una volta per frenare l’avanzata rapida del corpo a cui erano legate.
Il paio di gambe si mosse con frustrazione, cercando di smuovere  la mascella che si era chiusa poco sotto il bacino a cui erano attaccate.
Le fauci serpentine si serrarono con ancor più forza, affondando la chiostra di denti più a fondo nel corpo della preda che avevano catturato.
Tra le nubi chiare d’alta quota si mossero un paio di figure dalla mole imponente, fendendo le correnti con i loro corpi sinuosi.

Dannazione.
Ero talmente concentrato su chi ci può essere ad attendermi a terra che mi sono dimenticato il piccolo particolare che i draghi hanno le ali.
E le sanno usare.
Che situazione fastidiosa.
Mi chiedo se questo sia il palato di un re dei draghi o meno.
Comunque, non è un mistero cosa debba fare ora.
Libero le braccia dai denti che le hanno trapassate, rendo questa bocca un deposito di carne trita con la Spada del Fato e faccio scivolare la materia che adesso è imprigionata fuori da qui, mentre questo grosso rettile sta precipitando.
Poi è solo questione di non spiaccicarsi al suolo.

Le fauci vennero scosse violentemente.
Qualcosa tirò verso l’alto la coppia di tentacoli.




Angolo dell'Autore:

Rieccomi. Onestamente, non avevo dato per scontato l'esserci, questa settimana.
Avrei centinaia di cose da dire, dopotutto sono rimasto indietro.
Cercherò, però, di trattenermi e non generare un nuovo capitolo qui, ai piedi di quello che avete letto.
Per questa volta, parlerò di voi.
Il fatto che non riuscissi a scrivere o pubblicare alcunchè non mi ha impedito di controllare cosa stesse succedendo sulle mie storie e, davvero, sono rimasto sorpreso positivamente da voi.
Questo è il centosettantunesimo capitolo che pubblico in questa trilogia. 171 capitoli pubblicati in quelli che sono quasi tre anni. Sono un'infinità.
Non so quanti di voi mi seguono dall'inizio, molto probabilmente mi avete trovato dopo parecchio tempo dalla pubblicazione del primo capitolo, ma il pensare che, comunque, nel giro di tre giorni cinquanta persone vegano a leggere il nuovo capitolo tutte le settimane mi rende davvero incredulo.
Il sapere, poi, che c'è chi mi accompagna dall'inizio è un regalo enorme.
Siete incredibili, davvero. Specialemente in queste ultime settimane in cui l'incostanza è stata la mia firma.
Non lo ripeterò mai abbastanza. Grazie a tutti voi.
Vago
   
 
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