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Autore: heliodor    07/10/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La caduta di Orfar

 
Un uomo stava morendo sulla pubblica piazza, giudicato da una legge straniera. Aschan aveva preteso che la popolazione assistesse all'esecuzione.
Il boia aveva trascinato il condannato, un ragazzo poco più giovane di Vyncent che una volta era stato uno stregone del circolo di Orfar, mostrandolo al pubblico radunato nella piazza come se fosse un animale da vendere.
Invece verrà scannato, si disse Vyncent.
Dall'alto della torre in cui era rinchiuso, dietro l'unica feritoia che fungeva da finestra sul mondo, poteva assistere a quello spettacolo pietoso.
Dopo quasi dieci minuti nei quali il condannato si rifiutò di morire, distolse lo sguardo disgustato. Aschan doveva aver ordinato al boia di prendersela con calma e di prolungare il supplizio.
Guardò la porta della cella. Era di solido acciaio, rinforzato da pesanti borchie. Le mura di pietra a cui era incardinata erano altrettanto solide e spesse.
Impossibile abbatterle con una palla di fuoco. Forse con tre o quattro ci sarebbe riuscito, se fosse sopravvissuto a un'esplosione così ravvicinata, ma già dopo il primo colpo avrebbe attirato l'attenzione di tutte le guardie e degli stregoni presenti nel castello.
Solo due lune prima aveva camminato per i corridoi di quel castello pianificando il conflitto con Bryce e gli altri. Si era allenato con Bardhian nei sotterranei e avevano pranzato nelle sale male illuminate sopportando la presenza di Skeli e del suo taciturno figlio.
Kymenos, pensò Vyncent. Chissà che fine ha fatto. Conoscendo Aschan, non se la stava passando granché bene.
L'unico figlio di Skeli era parte del bottino che il comandante dell'orda aveva preteso per non radere al suolo la città e lasciare che la regina e la sua corte potessero lasciare Orfar sulle loro gambe.
Erano stati giorni convulsi.
Prima la partenza da Niddur. Vyncent era stato rinchiuso per giorni in un carro prigione largo due metri e lungo quattro. C'era appena lo spazio per distendersi su un giaciglio improvvisato. Le pareti di legno erano rinforzate con sbarre di metallo trasversali e la porta rinforzata da borchie. Dall'unica finestrella che affacciava sull'esterno poteva vedere le guardie darsi il cambio e tenere d'occhio il carro giorno e notte.
Aveva provato a restare sveglio fino a tardi nella speranza di notare un cedimento tra i suoi carcerieri, ma il cambio era sempre puntuale e nessuno di essi si era distratto.
Aschan doveva essere un buon comandante, se riusciva a ottenere una tale efficienza dai suoi sottoposti.
Bryce, semmai dovessi incontrarla, pensava in quei giorni, non sottovalutare questa donna. Non fare il mio stesso errore.
Aveva riflettuto a lungo sul suo duello, il tempo non gli mancava. Si era chiesto perché avesse usato proprio i dardi magici.
Quella era la magia usata dai principianti. Nessuna strega o stregone con una certa esperienza poteva sperare di superare un avversario di pari livello con un incantesimo così semplice.
Aschan doveva averlo scelto perché era semplice e consumava poche energie, il che voleva dire che controllare i dardi ne consumava molte più che una semplice evocazione.
Usando i dardi avrebbe anche indotto l'avversario ad abbassare la guardia, consentendole di guadagnare un certo vantaggio.
Alla fine si era convinto di aver sottovalutato Aschan e il suo strano potere.
Se la incontrassi di nuovo, pensava, agirei in modo diverso. Ma come?
Controllando i dardi poteva aggirare le difese dell'avversario, trovare un punto scoperto nello scudo e colpirlo.
Un dardo da solo non bastava a uccidere una persona e in battaglia aveva visto più di una persona sopravvivere anche a sei o sette colpi.
Ma un dardo piazzato in un punto vitale era un colpo quasi sempre mortale. I più bravi nel lanciarli ne facevano una specie di arte, ma erano pur sempre limitati dalla scarsa potenza dell'incantesimo.
Un semplice scudo bastava a deviare la maggior parte dei colpi.
Aschan era brava a sfruttare quel potere bizzarro. Doveva essersi allenata molto, forse da tutta la vita.
Era un avversario temibile e aveva iniziato a sperare che Bryce non la incontrasse mai.
Lui invece aveva fatto due incontri poco piacevoli da quando era tornato a Orfar e in nessuno dei due casi si era tratto di nemici, ma di alleati.
Il viaggio verso la capitale della federazione era stato tranquillo e l'assedio era stato posto attorno alla città in pochi giorni grazie all'efficienza dell'orda.
Vyncent non aveva visto molto dal carro in cui si trovava, ma dalla città erano arrivati molti messaggeri che avevano parlato con Aschan.
Qualche giorno dopo, le porte si erano aperte e da esse erano usciti dei cavalieri che scortavano un enorme carro trainato da cavalli.
Aveva già visto quella mostruosità. Era il carro che la regina Skeli usava per spostarsi, un orrore su otto ruote che somigliava a un carrozzone di saltimbanchi.
Il carro procedette sicuro tra due ali di cavalieri e stregoni con i mantelli di Orfar che lo scortavano.
Tra di essi ebbe una fugace visione del principe Ronnet che, scuro in viso, stringeva le redini e teneva gli occhi bassi.
Sollevò a testa solo una volta e rivolse il suo sguardo verso la sua prigione. Vyncent ebbe la sensazione che lo avesse visto, anche se sapeva bene che era impossibile. La finestrella dalla quale lo stava osservando era troppo stretta per consentirgli di riconoscerlo.
O forse sapeva che lì dentro c'era lui. Aschan doveva aver detto qualcosa al riguardo del prigioniero rinchiuso nel carro prigione.
Ronnet aveva proseguito per la sua strada e non era tornato indietro. Qualche ora dopo, il carro prigione si era mosso verso l'entrata della città, ora aperta.
Vyncent era stato trasferito nella torre del castello, in una delle celle più spaziose, ma pur sempre una cella.
Da lì aveva visto il via vai di cavalieri e stregoni dell'orda che avevano dato la caccia ai pochi rimasti fedeli alla corona.
Abbandonati dalla loro regina, non erano durati a lungo. Solo tre giorni di scontri in città, cui erano seguiti otto giorni di processi sommari ed esecuzioni sulla pubblica piazza.
Quella era solo l'ultima della serie. Vyncent aveva contato sessantatre uccisioni in quei giorni, ma negli ultimi due erano state solo sei.
Orfar era sotto il controllo dell'orda.
Skeli, che tu sia maledetta, pensò per l'ennesima volta.
Se la regina fosse stata meno vigliacca ed egoista, la città avrebbe retto per qualche giorno in più, forse un'intera luna.
Non aveva visto i fumi degli incendi, quindi le scorte di cibo non erano state date alle fiamme. Almeno il popolo non avrebbe patito la fame con l'inverno alle porte, ma con l'esercito dell'orda da nutrire, le cose non sarebbero state facili.
Molti, i più deboli, sarebbero morti prima che l'inverno finisse. Con l'inizio della primavera, a causa dei campi vuoti e devastati, non ci sarebbe stato nessun raccolto a rifornire i magazzini.
Altri morti, pensò cupo. La guerra è davvero una follia.
In quei momenti di sconforto ripensava ai bei momenti passati a Valonde, con Joyce e Bryce ad allietare le sue giornate.
Joyce.
Il pensiero di saperla prigioniera o morta lo tormentava sia di giorno che di notte. Era l'ultimo pensiero quando il sonno prevaleva ed era il primo quando riemergeva dagli incubi.
Bryce ha ragione, pensò. L'ho abbandonata. Ho giurato di proteggerla e prendermene cura e l'ho abbandonata al suo destino. Se avessi un briciolo di coraggio, sarei già partito alla sua ricerca, viva o morta che fosse.
Invece era rimasto dov'era perché aveva fatto una promessa. Era un impegno gravoso che minacciava di schiacciarlo, ma ormai aveva dato la sua parola.
Nei giorni dopo l'attacco si era domandato che cosa dovesse fare. Restare a Valonde a aiutare re Andew con i suoi piani di guerra? Partire con Bryce e gli altri alla ricerca di Joyce?
Era stata lady Gladia, la donna di Taloras che gli aveva assegnato quella missione, a convincerlo a fare la cosa giusta.
Gladia.
Anche lei era solo un ricordo del passato. Aveva promesso a Bardhian di dirgli tutto quello che sapeva, ma dubitava di poter mantenere quella promessa.
Almeno lui doveva essere vivo. Non l'aveva visto uscire dalla città con il fratello né, come aveva temuto, era stato tra i condannati a morte uccisi sul patibolo.
Se era ancora in città, doveva essersi nascosto bene. Oppure era andato via prima dell'arrivo di Aschan.
Dei, pensò. Proteggetelo voi.
La serratura della porta scattò, aprendosi verso l'esterno. Sulla soglia apparve l'uomo curvo che serviva Aschan come un cane devoto. Dietro di lui intravide soldati e mantelli grigi pronti a intervenire.
"Aschan vuole vederti, principe senza corona" disse l'uomo curvo.
"Che vuole ancora da me?" chiese Vyncent. Erano giorni che non vedeva Aschan.
"Niente domande. Vieni e basta" rispose l'altro con tono seccato. "Credi di poter scegliere?"
Vyncent sospirò. "E sia. Portami dalla tua padrona, servo."
L'uomo curvo arrossì. "Come osi parlarmi in questo modo? Lo sai almeno chi sono io?"
"Sei il servo devoto di Aschan, no?" Provocarlo poteva non essere una buona idea, ma era l'unica strada che non aveva ancora esplorato. Da qualche parte doveva pur iniziare.
"Io sono Marlan Golo, del circolo di Orlon."
"È la prima volta che lo sento."
L'uomo curvo divenne paonazzo. "Non puoi non averlo sentito nominare. Il mio circolo è famoso. I nostri evocatori sono i migliori."
"I migliori evocatori sono di Valonde, lo sanno tutti" mentì.
"No, no e poi no" gridò Marlan. "È inaccettabile che tu non sappia una cosa del genere. È proprio vero che voi del grande continente siete dei barbari."
Vyncent scosse le spalle. "Sei comunque il servo di Aschan."
"Io ci sputo sopra a quella lì" sbottò Marlan. Subito dopo si guardò le spalle. "Visto che cosa mi fai dire? Stupido che non sei altro. Ora alzati e andiamo."
Vyncent ghignò. "Nemmeno tu apprezzi molto la comandante" disse a bassa voce mentre percorrevano la scala a chiocciola.
Marlan gli diede un pugno nelle costole. "Zitto o ti butto giù e dirò che sei scivolato."
Vyncent soffocò un grido di dolore. "Deve essere dura per uno che viene da un circolo famoso dover ubbidire a quella lì."
"Non ci senti?" fece Marlan stizzito. "Chiudi quella bocca o te ne farò pentire."
"Ma se non ti piace, perché esegui i suoi ordini?"
Marlan grugnì. "Proprio non sai stare zitto, vero?" Poi, con un sussurro, aggiunse: "Aschan è solo una stupida e arrogante. Non è nemmeno nobile. La sua unica fortuna è stata farsi notare da lord Malag."
"E l'arcistregone sa che ha intenzione di tradirlo?"
"Sì. Quella maledetta glielo ha detto più volte, a quanto ho sentito."
Questa era una informazione interessante. "E lui come ha reagito?"
"Le ha dato il comando della sua armata. A quella sfrontata" rispose Marlan indignato.
"Scommetto che l'avrebbe dato a te se non ci fosse stata lei."
"Puoi dirlo, principe senza corona" disse l'uomo ghignando. "Sto aspettando il giorno in cui commetterà un errore. Quando accadrà, io sarò pronto ad approfittarne."
"Potrei riferirle quello che mi hai detto" lo minacciò Vyncent.
"Fallo pure. Otterrai solo di farti decapitare sulla pubblica piazza. Pensi forse che quella stupida di Aschan creda a un prigioniero ansioso di tornare libero o al suo più fedele servitore?"
Vyncent ghignò. "Lo vedi che avevo ragione? Tu sei il suo servo, dopotutto."
Il pugno di Marlan affondò nelle sue costole.
Si fermarono dinanzi a una porta di legno.
"Aspettate qui" disse Marlan alle guardie. "E non perdetelo di vista per nessuna ragione."
L'uomo spalancò la porta. Oltre la soglia c'era la sala dove avevano tenuto le riunioni di guerra prima della partenza.
Al centro esatto vi erano due figure femminili. Una era quella di Aschan. L'altra aveva un lungo vestito rosso e un mantello grigio ricamato in oro. Lunghi capelli bianchi come la neve le scendevano fin oltre le spalle.
"Maledetta" urlò Vyncent scagliandosi verso di lei.

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