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Autore: DAlessiana    08/10/2018    3 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Julia sapeva che era successo qualcosa di grave, altrimenti il marito non sarebbe mai corso via in quel modo senza lasciare alcuna spiegazione. Stava per alzarsi in modo da seguirlo o almeno per chiedere informazione sulle condizioni di Jasper, aveva un brutto presentimento e, di solito, il suo istinto non la deludeva, ma la suoneria del cellulare la costrinse a rimanere seduta e a cercarlo nella borsa. Una volta trovato un sorriso di vittoria si dipinse sul volto durando solo pochi secondi perché subito dopo si affrettò a rispondere.
“Avvocato Julia Anderson, come posso esserle utile?” rispose con un tono professionale e si presentò con le sue credenziali, era un numero sconosciuto e la precauzione non era mai troppa nel suo lavoro.
“Signora Anderson? Perdoni il disturbo, sono Sophia Taylor, la consulente scolastica della scuola di sua nipote Emily.” La voce era incerta e dolce, quasi materna, come se stesse parlando con l’ennesimo studente che aveva paura di mostrare i suoi sentimenti.
“Sì, sono io, mi dica pure. C’è qualche problema con Emily?” sperò fino all’ultimo secondo che la risposta a quella domanda fosse negativa, ma la scuola non chiama mai per complimentarsi dei suoi alunni.
“Be’ niente di grave. Le spiego, quando venne a parlare il dottor Anderson mi disse chiaramente che, ogni qualvolta Emily si sarebbe assentata senza giustificazione, avrei dovuto avvisarlo. Mi dispiace aver chiamato lei, ma ho provato più volte a rintracciare suo marito senza successo.” Non voleva fare quella chiamata, si poteva sentire chiaramente nel tono che aveva usato la signora Taylor.
“Io non ne farei una tragedia, è la prima volta dopo mesi. La ragazza è migliorata molto, il suo rendimento scolastico soprattutto, forse non si sentiva bene e quindi…” cercò di giustificarla quando non sentì risposta da parte di Julia, quasi come se fosse lei la tutrice. Si era affezionata ad Emily, le ricordava molto lei ai tempi del liceo, aveva sofferto tanto quella ragazza si meritava un po’ di pace.
“Me ne occupo io, grazie per avermi avvisato signora Taylor e apprezzo tutto ciò che ha detto su Emily. La ringrazio molto e le auguro una buona giornata.” Dopo l’attimo iniziale di sorpresa Julia aveva riacquistato le facoltà per rispondere e chiudere cordialmente la chiamata. Era furiosa con Emily, dopo tutto quello che stavano passando con Jasper, ci mancava solo lei che saltava la scuola. Mark non poteva pensare ad entrambi e toccava a lei risolvere la questione. Una volta chiarito il tutto, avrebbe informato il marito.

Bella stringeva la mano del suo ragazzo come a volerlo proteggere da tutto il dolore che stava affrontando in pochi giorni, Edward, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla porta chiusa che li separava dalla sala operatoria dove Jasper, il suo fratellino, era entrato ore prima.
“Non è colpa tua…” la giovane Swan pronunciò quella frase con voce docile, non voleva risultare invadente ma, allo stesso tempo, voleva impedire al suo fidanzato di crogiolarsi nei sensi di colpa che di certo lo tormentavano.
“Non dovevo farlo uscire. Avrei dovuto fermarlo in qualche modo e non appoggiarlo” non aveva parlato per ore ed ora che lo aveva fatto il suo tono risultò così disperato e stanco che Bella non seppe cosa fare, non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Continuò a stringergli la mano e ad attendere il momento in cui Edward sarebbe crollato, lei quella volta l’avrebbe sorretto. Il silenzio divenne di nuovo padrone di quella sala d’attesa fino a quando dei passi veloci non fecero voltare i presenti, dopo qualche secondo la figura di Emily fece capolino. Dal suo aspetto era facilmente deducibile che avesse corso a perdi fiato fino a quel momento, i capelli scomposti e il trucco quasi sciolto erano due indizi più che convincenti. Prima che uno dei presenti parlasse fu lei a prendere parola.
“Come stanno Alice e Jasper? Che cosa è successo?” nonostante la rabbia sul suo volto, il tono tradiva un forte senso di preoccupazione. Prima che qualcuno potesse rispondere alle sue domande, la porta della sala operatoria si aprì e Mark fece la sua entrata in scena visibilmente provato.
“Non è stato un intervento semplice, non riuscivamo a capire da dove partisse l’emorragia, ma dopo un po’ siamo riusciti a fermarla. Dal punto di vista medico non c’è alto che possiamo fare, dobbiamo solo aspettare che si svegli.” Aveva parlato con tono professionale, ma leggermente sollevato, era riuscito a salvare Jasper e non era stato facile, nonostante la stanchezza e il gran mal di testa che provava quella era una grande vittoria. Sospiri di sollievo e lacrime di gioia divennero le nuove protagoniste di quel luogo mentre il battito dei presenti tornava regolare. L’abbraccio che vide scambiarsi tra Carlisle ed Edward fu la cosa più bella e sincera degli ultimi giorni. Solo quando notò Julia, appena arrivata, trascinare via dalla sala Emily si rese conto che qualcosa non andava e, dopo essersi scambiato uno sguardo d’intesa con il suo più caro amico, le raggiunse.

Man mano che si avvicinava al terrazzo dove Julia aveva letteralmente trascinato Emily, il dottor Anderson poteva sentire benissimo i toni accessi della discussione tra le due.
“Non hai nessun diritto di rimproverarmi quando la prima a sbagliare sei stata tu! Ho dovuto saperlo dai ragazzi a scuola che Jasper ed Alice avessero rischiato la vita, sono miei amici più di chiunque, diamine!” stava decisamente urlando Emily e un ospedale non era di certo il luogo adatto per gridare in quel modo. Julia stava per replicare proprio nel momento in cui Mark fece il suo ingresso ed Emily, appena vide lo zio sull’uscio della porta, si irrigidì.
“Non mi piace per niente il tono che hai usato per rivolgerti a Julia, signorina. Non so le cause che vi hanno spinto a discutere in questo modo e, per ora, neanche mi interessano. Sono esausto e Jasper è vivo per miracolo, se non vi dispiace vorrei godere di questa tranquillità. Una volta tornati a casa, avrete tutto il tempo di chiarirvi, magari dandomi anche una spiegazione.” Aveva parlato con voce severa e autoritaria, talmente efficacie che nessuna delle due ebbe il coraggio di replicare. Emily fu la prima a scappare via, aveva bisogno di calmarsi prima di far ritorno a casa e Julia, in quel momento, era l’ultima persona con cui avrebbe voluto condividere lo spazio.
L’avvocato guardò il marito e, senza proferire parola, sprofondò tra le sue braccia. Mark aveva ragione, quello era il momento di godersi un po’ di tranquillità, per discutere delle loro azioni c’era tempo.

Jasper sarebbe stato presto bene, era salvo e tutto si sarebbe risolto, eppure Carlisle non era tranquillo, qualcosa ancora lo tormentava. Cercò di scacciare via i brutti pensieri quando vide il maggiore dei suoi figli avvicinarsi.
“Papà, ti dispiace se entro prima io da Jasper?” domandò Edward con voce incerta e impaziente di far visita al fratello che aveva promesso di proteggere a costo della vita. Il medico sorrise, il rapporto fraterno che legava i suoi figli era qualcosa di straordinario e poteva ritenersi davvero fortunato.
“Certo che no, Edward. Vai pure, io comunque devo firmare alcuni moduli” rispose, pur consapevole che non c’era alcuna fretta per la compilazione di quei documenti, ma allontanarsi per riordinare i pensieri gli sembrò l’idea migliore in quel momento. Il giovane Cullen non se lo fece ripetere una seconda volta e percorse velocemente i pochi metri che lo separavano da Jasper. Carlisle, rimasto solo, si lasciò andare a peso morto su una sedia accanto a lui e pianse senza riuscire a controllarsi, aveva bisogno di scaricare tutta l’adrenalina accumulata in quei giorni e le lacrime erano un ottimo sfogo. Era talmente immerso nei singhiozzi che si rese conto della presenza del dottor Anderson solo quando quest’ultimo gli appoggiò una mano sulla schiena. Sollevò la testa e con il dorso delle mani si asciugò le ultime lacrime rimaste.
“Scusami, non so che cosa mi sia preso” si affrettò a dire, con la voce ancora preda dei singhiozzi, fece un respiro profondo per calmarsi.
“Avevi bisogno di sfogarti, tutto qui. Hai quasi perso tuo figlio, piangere è il minimo che potessi fare” replicò Mark, cercando di fargli capire che un uomo, per quanto forte, non può mai essere invincibile. C’era qualcos’altro che turbava l’amico, lui lo avevo capito, ma non si azzardò a porre domande, sarebbe stato Carlisle a rivelarlo se lo avesse voluto.
“È tutta colpa mia. Se fossi stato più presente, se fossi stato a casa sabato lui non sarebbe uscito, non avrebbe rischiato di morire, se…” non aveva la forza di continuare, la disperazione lo stava divorando, era diventato schiavo dei propri sensi di colpa.
“Smettila di dire cazzate. Tu non hai nulla da rimproverarti, Carlisle, hai fatto quello che hai potuto al massimo delle tue capacità. Jasper ha commesso un errore ed ha quasi pagato il prezzo più alto, ma non è successo, questa è la cosa più importante. Tuo figlio si sveglierà a momenti e, quando lo farà, vorrà riabbracciare suo padre ne sono più che sicuro” nonostante il mal di testa atroce e la voglia di riposare fino al mattino dopo, Mark non poteva girarsi dall’altra parte e fare finta di niente, doveva convincere il suo più caro amico che lui, in tutta quella assurda faccenda, non aveva un briciolo della colpa che si ostinava ad addossarsi.
“Forse hai ragione, ma non posso smettere di pensare che se Esme fosse stata qui tutto questo non sarebbe successo, lei avrebbe…” neanche questa volta riuscì a completare la frase e prima che Mark potesse replicare Edward rientrò in sala, dall’espressione addolorata sul suo volto il dottor Anderson capì che aveva ascoltato la conservazione o, almeno, l’ultima parte.
“Lei non avrebbe potuto fare niente di più, papà. Tutta questa storia di Jasper non è colpa tua, ma su una cosa hai ragione: se la mamma fosse qui non ti permetterebbe di crogiolarti nei sensi di colpa, ma ti trascinerebbe da Jasper perché l’unica cosa che conta davvero è che non l’abbiamo perso, papà. Lui se la caverà, starà bene e torneremo a tormentarti per il tuo essere troppo apprensivo molto presto.” Quel discorso avrebbe conquistato il cuore di chiunque e quello di Carlisle non fece eccezione, guardò dritto negli occhi suo figlio prima di sorridere stringendolo in un caldo e commuovente abbraccio, un gesto di cui il dottor Cullen aveva decisamente bisogno. Non c’era più tempo per i rimorsi o i sensi di colpa, ora doveva godere del bene più prezioso per un padre: l’amore dei propri figli.



-Come ho già detto alla fine dello scorso capitolo, so di essere imperdonabile. Non ho più tutto il tempo che avevo prima per questa storia e, quindi, mi trovo costretta a scrivere nei ritagli se non sono troppo stanca. Mi rendo conto di far passare settimane o addirittura mesi prima di aggiornare, ma state più che certi che non abbandonerò mai questa storia. Spero che voi facciate lo stesso. Grazie di esserci <3
  
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