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Autore: _laragazzadicarta_    11/11/2018    2 recensioni
Cinque sconosciuti con nulla in comune: un cervello, un atleta, una principessa, una disadattata e un criminale.
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E così io, Bulma Standish, finii nell’aula punitiva il sabato prima di Natale. Quello che mi stava guardando il culo era il signor Vegeta Bender, era un criminale. Aveva trascorso i sabato degli ultimi due anni nell’aula punitiva in completa solitudine e, un paio di volte, era perfino finito in caserma per possesso di sostanze stupefacenti. Si sentiva il capo del gruppo, in realtà era solo un gran cazzone. Quello che sta sottolineando il manuale di fisica è Cabba Johnson: lo studente più promettente dell'istituto, il classico nerd con problemi a relazionarsi con gli altri. Quello seduto nel banco accanto al mio è Goku Clark: il mio punto debole. Capitano della squadra di rugby è una specie di William Shakespeare dello sport, per tutte le altre cose della vita è come se fosse nato ieri. Lì infondo c’è ChiChi Reynolds, probabilmente è pazza, o forse solo una disadattata, ciò che è certo è che fa morire dalle risate.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Goku, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Who you think you are?

Chapter Six: Don't you try to pretend.

La pioggia insistente era cessata all’improvviso, aveva smesso di infrangersi meccanicamente sul vetro tremolante della finestra chiusa e noi sedevamo in silenzio con lo sguardo rivolto alle nostre mani intrecciare sulle gambe. Goku e ChiChi erano tornati in salone da alcuni minuti, si erano accomodati silenziosamente sulle rispettive sedie ma nessuno aveva più avuto il coraggio di dire alcunché. La corvina aveva le gote arrossate per il pianto e suo marito le labbra contratte in una smorfia di stizza; l’uomo aveva voluto ingenuamente credere che con quel perdono struggente le domande nella sua testa si sarebbero magicamente eclissate, ma gli ingranaggi del suo cervello continuavano a girare convulsivamente. Come una macchia d’olio, il dubbio si era insinuato in quegli ingranaggi rendendo i suoi pensieri ancora più numerosi e frenetici.
« Visto che Cabba ha voluto proporci questo gioco, io vorrei proporvene un altro da associare a questo » disse improvvisamente Goku guardandoci a turno per poi soffermarsi con lo sguardo su di me « Bulma, obbligo o verità? »
Sgranai gli occhi ed indietreggiai con la sedia che rumorosamente graffiò il pavimento su cui poggiava, avevo gli occhi di tutti puntati su di me e a quel punto sbottai « Non siamo un po’ troppo grandi per questo gioco? »
« L’età è solo un numero » disse freddamente Vegeta intervenendo per dar man forte all’altro uomo, « Obbligo o verità? » ripetè un istante prima di portarsi un altro bicchiere di vino avidamente alle labbra.
« Verità » dissi prima di deglutire rumorosamente, la mia gola era diventata all’improvviso arida come il deserto. Giocare ad “Obbligo o verità” non mi era mai piaciuto, si smantellavano decine di altarini ed io ero più propensa a nasconderli. Goku lanciò uno sguardo veloce a Vegeta proponendogli di essere il mio aguzzino, di essere lui a propormi la fatidica domanda. Alzai il mento verso il corvino che sorrise maliziosamente, cosa gli stava passando per la testa era certamente un mistero per noi presenti.
« Perché voi donne credete che noi uomini non siamo in gradi di capirvi? Perché vi nascondete dietro quel “tanto non puoi capirmi”? » chiese nascondendo un ghigno amaro dietro il bicchiere cristallino ormai vuoto, c’era qualcosa di audace, seducente, superbo in lui che dopo vent’anni riusciva ancora a mettermi a disagio.
« Gli uomini non ci capiscono, non perché siano stupidi, o perché siano insensibili. Forse anche per quello, ma soprattutto non ci capiscono perché noi non raccontiamo mai nulla, portate come siamo a starcene in silenzio » risposi con voce tremolante, poi spostai lo sguardo verso ChiChi che mi guardava trepidante come se fossi l’unica a poter in qualche modo giustificare il suo comportamento, quel tradimento che solo io avrei potuto capire pienamente, prima di continuare dicendo « Non parliamo mai al nostro fidanzato o marito di come lo sguardo di uno sconosciuto possa metterci a disagio, perché è uno di quelli che ti restano addosso tutto il giorno. Non raccontiamo mai di come delle prestanti avances possano averci colpito in particolar modo, tanto da farci rincretinire totalmente perché, voi uomini, con le vostre mille promesse sapete ammaliarci, ma siamo noi a dover sopportare il peso della colpa » mi concessi un altro attimo di silenzio prima di continuare a parlare e ritornare a guardare Vegeta che mi stava analizzando con i suoi grandi occhi d’ossidiana « Quante volte, di sera, vedete donne camminare da sole? Di ritorno da una festa o dal proprio lavoro? Quasi tutti i giorni e ciò non ci impedisce di continuare ad avere paura. Eppure stiamo in silenzio, perché per noi è normale, è da sempre così, perché per noi è abitudine fare una passeggiata e sentire i fischi di un gruppo di ragazzi se abbiamo una gonna più corta del consueto o un fisico prorompente…o anche solo perché siamo donne; perché siamo abituate ad accelerare il passo quando siamo da sole in una strada buia, in un vicolo lontano dal centro affollato; perché sappiamo già che, se faremo carriera, tutti penseranno che non è merito nostro, ma perché ci siamo inginocchiate davanti alla scrivania di qualcuno »
Un patina umida ricoprì i miei occhi cerulei e, prima che lacrime amare luccicassero nella luce artificiale della stanza, fui costretta a socchiudere le palpebre imbellettate da un ombretto scuro. Le gambe tremavano ancora al ricordo di tutte le discriminazioni che avevo subito nella mia vita solo per essere nata con i cromosomi sessuali sbagliati perché, in questo mondo, una donna non può e non deve mai essere migliore di un uomo, su nessun fronte. Per quanto una donna sia intelligente, attraente, scaltra, acuta, dovrà sempre fare un passo indietro e dar luce ad un uomo meno intelligente, meno attraente, meno scaltro, meno acuto di lei. Il silenzio tornò ad infestare quella stanza: uno spettro si aggirava tra di noi pronto a vederci infrangere tutte le nostre barriere, il nostro buio di bugie. Quando mi costrinsi a riaprire gli occhi, gli sguardi di tutti erano tornati ad vagare sulle posate sporche e sui piatti vuoti, tranne quello di Vegeta che continuava a guardarmi intensamente, avrebbe voluto dire qualcosa per infrangere il muro del silenzio ma non riusciva a formulare alcunché di sensato. Improvvisamente la suoneria del suo cellulare tornò a risuonare nel silenzio e, con un gesto annoiato, dopo aver letto il nome del mittente sul display accettò la chiamata. Si portò l’apparecchio all’orecchio, ma quando si trovò addosso i nostri sguardi trepidanti sbuffando allontanò il cellulare da sé ed impostò il vivavoce.
“ Vegeta ”. La voce proveniente dall’apparecchio ero rotta dal pianto, l’evidente supplica di una donna innamorata a cui Vegeta si limitò a rispondere sbuffando « Ti avevo detto di non chiamarmi più ».
“ Lo so, ma io…ecco…io non posso smettere di pensare a te. Ti amo” continuò la donna, sicuramente aveva la testa tra le mani mentre con voce tremante cercava di impietosire l’uomo irremovibile.
« Dillo a qualcuno a cui possa importare » affermò duramente il corvino « Sapevi dall’inizio le mie condizioni »
“ Hai ragione, sono una stupida ad essermi innamorata di te ” concluse la donna cercando di trattenere i singhiozzi che incontrollati fuoriuscivano dalle sue labbra, Vegeta non rispose, attese che la donna riagganciasse e, quando lei lo fece, scosse la testa con uno sguardo truce. Infondo era tangibile il dispiacere di essere il colpevole di quella sofferenza, ma era incapace di mutare il suo animo duro, insensibile ai più naturali sentimenti umani.
« E quali sarebbero le tue condizioni? » obbiettai io quasi scioccata portandomi le braccia al petto. Vegeta si voltò verso di me e mi guardò torvamente, poi risistemò il suo telefono insieme agli altri.
« Sapeva dall’inizio che era solo una delle tante, che era solo ed esclusivamente sesso » spiegò Vegeta tornando a reggere il mio sguardo.
« Sei uno zuccone » conclusi scuotendo la testa « Come hai potuto pensare che lei riuscisse a dominare i suoi sentimenti? »
Vegeta non rispose si limitò a distogliere lo sguardo da me per rivolgerlo alla finestra chiusa.
« Vegeta » sussurrò Cabba frapponendosi tra di noi « Obbligo o verità? »
« Verità » rispose il corvino portandosi una sigaretta alle labbra, constatai come non si fosse ancora liberato di quel vizio adolescenziale.
« Sei un attraente trentenne, perché non riesci a concedere a te stesso un rapporto stabile con una donna? » chiese Cabba, l’altro uomo rigettò lentamente il fumo dalle sue labbra secche ed intrecciò le dita tra i folti capelli corvini.
« Bella domanda » commentò Vegeta mordendosi l’interno della guancia, poi posò su di me gli occhi color carbone ridotti a due fessure e continuò dicendo « L’unica volta che sono stato propenso ad intraprendere un rapporto serio, lei ha sputato sui miei sentimenti e mi ha scacciato come un bastardo pidocchioso…da quel momento ho promesso a me stesso di non farmi trattare più così da nessuno »
Ero l’unica tra i presenti a sapere con certezza a cosa si stesse riferendo il corvino e perciò, quando gli occhi tetri di Vegeta si soffermarono ad analizzarmi con insistenza, non trovai quello sguardo maligno fuori luogo ma più che lecito. Inaspettatamente il senso di colpa tornò a farsi spazio nel mio petto, un dolore vivo come il primo giorno. Il senso di colpa è un avvoltoio appollaiato sulla spalla che becca e lacera la coscienza mantenendo sempre vivo il ricordo degli errori commessi in passato. Incapace di sostenere oltre quello sguardo, mi alzai rumorosamente e, come scottata da una fiamma ardente, corsi fino al giardino senza voltarmi indietro.

Ho sempre odiato quei momenti di silenzio prima di un’imminente tempesta. Il silenzio assordante che frantuma le orecchie, gli sguardi vuoti che vagavano sulle superfici asettiche che ti circondano. Goku camminava a passi frenetici per la stanza con le dita intrecciate dietro la nuca, ChiChi aveva ricominciato a mangiarsi nervosamente e rumorosamente le unghie, Cabba mi guardava intensamente mordendosi il labbro inferire ed io avevo la testa tra le mani cercando di respingere il silenzio che martellava nelle mie tempie. Ci sentivamo colpevoli, consapevoli di aver mandato al patibolo Vegeta. Nelle nostre orecchie ancora la sua voce rauca che cantava a squarciagola “God save the Pretty Pink Princess/has the blonde hairy chest/They made you a moron/A potential H bomb/God save the Pretty Pink Princess /The perfect rhyme is sex/Don't be told what you want/Don't be told what you need/There's no future/No future/No future for you”¹.
Inaspettatamente la porta d’ingresso dell’aula magna si spalancò e Goku corse a sedersi prima di ricevere un aspro rimprovero, davanti a noi si materializzarono Vegeta, con lo sguardo vacuo, e il preside Freezer che lo teneva per il colletto della camicia con occhi mefistofelici ed iniettati di sangue. Il preside lo spintonò dicendo « Prendi la tua roba, sbrigati » e Vegeta raggiunse il suo posto, sistemò l’unica penna che possedeva, probabilmente comprata molti anni prima, nella tasca del suo cappotto che pendeva dalla sedia su cui si era sistemato quella mattina.
Il corvino aveva percorso, cantando a squarciagola, l’intero perimetro della scuola, sguazzando come una scheggia impazzita da un corridoio all’altro della scuola e, appallottolando diversi manifesti di feste studentesche, aveva raggiunto la palestra per permetterci di raggiungere inosservati l’Aula Magna.
« Quel figlio di puttana » aveva urlato Freezer iniziando a correre per raggiungere Vegeta che aveva iniziato a palleggiare rumorosamente con un pallone da basket, proprio lui che aveva da sempre ripudiato ogni attività sportiva a scuola ritenendola un’attività da mammolette come Goku Clark.
« Che significa? Che ci fai qui? » aveva sbottato Freezer spalancando la porta della palestra, poi aveva urlato irritato « Fuori, questo è troppo. È finita, Bender »
« Cazzo, non vuole sentire le mie ragioni? » aveva cercato di guadagnare tempo Vegeta, ma constatando la totale inutilità delle sue obbiezioni si era limitato a sperare che fossimo già in salvo. « Ho detto fuori » aveva urlato di nuovo il preside, il corvino gli aveva lanciato il pallone che l’uomo aveva prontamente schivato prima di seguire Vegeta fuori dalla palestra fino all’aula preposta per le nostre ore di detenzione.
« Il signorino ha preso da solo l’iniziativa di andare in palestra, mi rincresce comunicarvi che rimarrete senza i suoi servigi per il resto della giornata » spiegò a quel punto Freezer con una certa teatralità, mi voltai a guardare Vegeta incredibilmente dispiaciuta. Si era sacrificato per noi, le conseguenze sarebbero state terribili.
« Che sfortuna » commentò sarcasticamente il corvino annodando alla vita il suo giubbotto di jeans.
« È tutto un gioco per te, vero Bender? » chiese Freezer sospirando pesantemente « Come il falso allarme scattato mercoledì. I falsi allarmi sono divertenti, non è vero? » incalzò l’uomo, poi guardando intensamente Vegeta chiese « E se la tua casa, la tua famiglia…e la tua droga bruciassero insieme a te? »
« Non è possibile, signore » rispose con nonchalance Vegeta « La mia droga sta nelle mutande di Cabba…brucerebbe anche lui »
Goku, con le labbra nascoste dietro i pugni contratti, si lasciò sfuggire una risata; al contrario, Cabba sbiancò davanti a quell'ammissione spontanea.
« Perché ridi, Clark? Credi sia divertente il tuo nuovo amichetto? O anche tu credi che sia una vittima? » chiese l’uomo mentre le sue gote cadaveriche andavano colorandosi di porpora dalla rabbia, dopo un’istante contrasse le sopracciglia e freddamente affermò « Lasciate che sia io a dirvi cosa sia davvero esilarante: Vegeta Bender tra cinque anni, allora sì che vi farà divertire dietro le sbarre di un carcere…perché è lì che merita di stare un delinquente come lui »
Anche le gote di Vegeta si colorarono di porpora dalla rabbia, il volto era distorto, contratto in una smorfia iraconda, le nocche dei pugni bianche, quasi cadaveriche. Avrebbe voluto tirare un gancio a quell’uomo tanto superbo, picchiarlo fino a farlo tacere per sempre, chiudergli quella fogna di bocca a suon di calci, ma non fece nulla. Non rispose, si limitò a guardarlo con gli occhi ridotti a due fessure ombrose.
« Cosa c’è Veggie? Vuoi piangere? » incalzò il preside avvicinandosi al ragazzo e riprendendo il possesso del colletto della sua camicia lo spintonò di nuovo verso l’uscita.
« Hey! Levami queste mani di dosso, mi aspetto più cortesia da te » obbiettò Vegeta divincolandosi da quella feroce stretta, poi si avvicinò a Goku e gli porse i propri occhiali dicendo « Tieni, ti aiuteranno a vedere meglio il corridoio », infine rivolse a me il suo ultimo sguardo in un languido “Ci vediamo presto” sussurrato tra le labbra che solo io fui capace di carpire. Freezer lo scortò fino ad un piccolo sgabuzzino in disuso costellato di vecchi scatoloni polverosi, svogliatamente Vegeta si accovacciò sul pavimento sporco con le ginocchia al petto e la schiena appoggiata al muro. Quell’ambiente lo metteva tremendamente a disagio, gli ricordava il sottoscala di casa sua in cui suo padre era solito rinchiuderlo per puro sadismo.
« Questa è l’ultima volta, Bender. L’ultima volta che mi fai fare brutta figura davanti ai miei studenti. Guadagno trentuno mila dollari l’anno, ho una casa e non ho nessuna intenzione di buttare via tutto per un delinquente come te. Ma un giorno, un giorno, amico, quando non sarai più qui e avrai dimenticato questo posto e loro avranno dimenticato te e sarai costretto a vivere la tua mediocrità, quel giorno io ci sarò. Puoi esserne certo, e ti sfascerò di botte e ti scaricherò in una discarica di rifiuti » disse tutto d’un fiato il signor Freezer. Non stava urlando, il tono era calmo, eppure Vegeta fu costretto a portarsi le mani alle orecchie per autodifesa come faceva da bambino quando suo padre completamente ubriaco gli urlava contro per qualunque sciocchezza.
« Cos’è mi stai minacciando? » sussurrò tremante il ragazzo dopo aver rumorosamente deglutito. I palmi delle mani erano premuti sulle orecchie arrossate per cercare di impedire a quella parola di penetrare alla sua mente. “Mediocrità”, gli stava urlando di essere persona “mediocre”, una persona che guarda senza vedere, sente senza ascoltare, tocca senza sentire, respira senza percepire i profumi, mangia senza gustare, parla senza pensare. Non c’era cosa più miserabile della mediocrità, la mediocrità era la predizione più profonda! Oh, piuttosto avrebbe voluto commettere tutti i crimini più atroci che non questa fatua, sorridente, soddisfatta, felice e contenta demoralizzazione, che era la mediocrità. Respirava a fatica, le narici erano completamente dilatate.
«E anche se fosse?» rispose sorridendo Freezer « Pensi che qualcuno ti crederebbe? Pensi che darebbero più credito alla tua parola che alla mia? Sono un uomo rispetto qui, mi vogliono bene, sono una persona onesta; e tu sei solo un gran sacco di merda…e questo lo sanno tutti »
Si sentiva sempre più debole, ad ogni frase, senza energie nemmeno per urlare o per piangere, nemmeno per provare a difendersi da quelle calunnie gratuite, lo implorava con gli occhi di smettere, con quegli stessi occhi ridotti a due fessure che avrebbero voluto lasciare andare le lacrime che avrebbero percorso il suo viso spigoloso, facendolo arrabbiare sempre di più.
« No, ma che dico? Sei un duro! » si corresse l’uomo avvicinandosi a Vegeta che chiuse gli occhi voltando la testa verso la parete antistante nonostante sentì l’uomo alitare sul suo collo, poi di nuovo Freezer lo istigò « Ti concedo il primo colpo, dai! Fammi vedere quanto sei forte, moccioso ». Vegeta deglutì rumorosamente continuando a tenere gli occhi serrati e le labbra contratte in una smorfia di ribrezzo.
« Dai, colpiscimi! Qui, ragazzo » disse l’uomo mostrando il mento, attendeva con trepidazione che quel ragazzo lo colpisse, che facesse quell’errore madornale che gli sarebbe costato la libertà « Ti prego, colpisci per primo. Solo un colpo mi basta, solamente un colpo…». Anche Freezer aveva chiuso gli occhi in attesa di quel colpo che non arrivò, quando Vegeta riaprì gli occhi il suo sguardo era terrorizzato e le mani manifestavano un tremore incontrollato, ogni centimetro del suo corpo era stato reso sensibile da quelle minacce tanto familiari.
« Sai cosa penso di te? » chiese Freezer lasciandosi scappare un ghigno « Che sei uno stronzo cagasotto »
Era da tutta la vita che sentiva uomini più mediocri di lui accusarlo ingiustamente, qualcosa durante quel dialogo era scattato nella sua mente, anche Freezer se ne accorse e fu costretto ad indietreggiare. Una strana luminescenza illuminò gli occhi bui di Vegeta che impararono a risplendere di luce propria, capì in quell’attimo di profondo sconforto che mai nessuno si sarebbe più permesso di farlo sentire così piccolo, inutile, mediocre. Sarebbe diventato un uomo, non sarebbe più stato un ragazzino impaurito, sarebbe stato un uomo rispettabile e rispettato. Freezer uscì dallo sgabuzzino chiudendo la porta a chiave dietro di sé. Vegeta rimase a guardare la porta serrata davanti a sé con gli occhi rivolti verso il vuoto per qualche istante, poi guardò il condotto di aerazione sopra la sua testa e sorrise.


¹ Piccola rivisitazione di “God Save The Queen” dei Sex Pistols. Non so perché, ma mi è venuta in mente una delle puntate di Dragon Ball Abridged, la 33esima per esattezza, dove nel doppiaggio americano Re Cold dice a Lord Freezer che da piccolo gli piaceva giocare ad essere un “PRETTYPINKPRINCESS”.
   
 
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