Volevo ringraziare per le belle recensioni
che mi avete scritto, comprese le altre mie fan fiction!
Spero di non deludere mano a mano che
questo case file proseguirà!
Ringraziandovi fin da ora, vi auguro una
buona lettura! ;-)
Terzo capitolo
Waldorf Astoria Hotel,
Ore 6.11 p.m.
Quando rientrarono
in hotel, il cielo si era fatto buio e le stelle brillavano intensamente in
quella nottata limpida. La luna era uno spicchio che emanava i suoi deboli raggi
su di una New York in attesa di vivere il sabato sera.
Fuori dell’albergo avevano notato alcuni furgoni della società di catering, e
nella hall un certo trambusto di camerieri e facchini che andavano e venivano.
La preparazione per il finto party di beneficenza doveva essere in pieno
svolgimento.
Appena rientrati in camera, Mulder dette un’occhiata al divano-letto e poi fece
una risatina.
“Che cosa c’è?” gli chiese Scully incuriosita, mentre appoggiava la borsa su
una poltrona.
“Niente. E’ che stavo riflettendo su di una cosa… Giù alla reception non sanno
che siamo agenti sotto copertura, giusto? Pensano che siamo veramente una
coppia sposata…” lasciò in sospeso la frase, passandosi una mano sul mento, e
accarezzandolo distrattamente.
“Si…” rispose Scully con cautela, non sapendo dove il collega volesse andare a
parare.
“Secondo te, che cosa penseranno domani mattina, quando verranno a rassettare
la stanza e vedranno che ho usato il divano?”, e sorrise maliziosamente, il
viso rivolto verso di lei.
Scully si mise a ridere. “Immagino penseranno che abbiamo litigato”, concluse
con un ampio sorriso
“Precisamente…” disse Mulder con un ghigno.
“Molto probabilmente…”,aggiunse, mentre lei stava per andare nell’altra stanza,
“… durante la festa, un’affascinante signora, deve avermi fatto gli occhi
dolci. Per cortesia, le ho rivolto un cenno di saluto e uno smagliante sorriso…
e tu mi hai fatto una scenata di gelosia che si è protratta fino a notte fonda.
Si… deve essere andata così…” aggiunse con tono di voce più basso, come se
parlasse solo a sé stesso.
Scully gli lanciò un’occhiata, nello sguardo un’espressione di sfida.
“Quasi certamente, invece, sono stata io
che ho accettato un bicchiere di vino, da un galante e distinto signore, che,
con cavalleresca cortesia, si è avvicinato a me e mi ha sfiorato la mano con le
labbra, dicendomi che ero la creatura più affascinante presente nella sala. Se
mio marito” e sottolineò con la voce le parole mio marito, “mi facesse più spesso complimenti, l’avrei snobbato,
ma siccome è arido di gentilezze…” e lasciò la frase teatralmente in sospeso.
Mulder sorrise, mentre si sedeva sul divano per slacciarsi le scarpe.
“Me ne ricorderò…” disse in un sussurrò, senza farsi sentire da Scully.
Due ore dopo
Scully si passò l’ultimo strato di rossetto, poi serrò per qualche
istante le labbra, per renderlo uniforme.
Osservò il risultato finale allo specchio, esprimendo la sua
soddisfazione con un secco gesto d’assenso del capo.
Si diresse verso la stanza da letto, si infilò un paio di sandali argentati,
con il tacco alto, tempestati di lucenti gemme rosse a forma di roselline, e si
osservò davanti allo specchio dell’armadio.
I capelli le ricadevano in morbide ciocche ondulate che le conferivano un’aria
elegante e sbarazzina allo stesso tempo, i grandi occhi blu erano truccati
finemente e le labbra risultavano ancora più piene grazie alla sfumatura creata
dal brillante colore del rossetto.
Indossava un vestito in raso rosso fuoco, lungo fino alle caviglie, con un
profondo spacco lungo la gamba destra. L’abito era annodato in soffici asole
sopra le spalle e la scollatura ricadeva morbida sul petto, mettendo in
evidenza il suo seducente decolté in modo provocante , ma non volgare. La
liscia stoffa seguiva la linea morbida del ventre, mettendo in risalto il seno
generoso.
Fece un mezzo giro su sé stessa, per osservarsi anche dietro, scoprendo una
profonda scollatura, che le arrivava fin quasi alla curva del fondoschiena, e
che le evidenziava la perlacea e liscia pelle della schiena, punteggiata qua e
là da intriganti nei e pallide lentiggini.
Soddisfatta del suo aspetto, sorrise allo specchio, poi prese da una scatolina
un paio d’orecchini a forma di rose rosse, abbinati al motivo dei sandali, e li
puntò al lobo delle orecchie. Sorridendo al ricordo del pomeriggio di tre
giorni prima, indossò la sua fede nuziale.
Poi prese dalla borsetta un’altra scatoletta. Quando la aprì, un minuscolo
oggetto metallico le si offrì alla vista. Lo prese con cautela e se lo
posizionò attentamente dentro l’orecchio, in modo che fosse invisibile ad occhi
esterni. Per il momento, non dava segni di essere in funzione. Guardò
l’orologio al polso e vide che era ancora troppo presto. Skinner
aveva detto loro che i microfoni sarebbero entrati in funzione verso le 9.00 di
sera, quando tutti gli infiltrati si fossero trovati alla festa.
Stava per prendere lo scialle color argento dal fondo del letto, quando Mulder
bussò.
“Sei pronta?” le chiese, la voce smorzata dal legno della porta chiusa.
“Si” rispose lei a voce alta, “entra pure!”.
Mulder aprì la porta, buttando l’occhio dalla parte opposta a quella in cui si
trovava Scully.
“Hai finito il resta…” si interruppe non appena il suo sguardo si spostò su di
lei.
Non poté impedirsi di schiudere leggermente le labbra in un’espressione di puro
stupore. Gli occhi erano fissi su di lei; non potevano credere di aver lavorato
fianco a fianco con lei per sei anni e non aver mai potuto ammirarla in quel
modo.
Scully represse un sorriso lusingato e si drappeggiò lo scialle sulle spalle.
“Qualcosa non va?” gli chiese, in un tono falsamente allarmato.
Mulder scosse la testa, deglutendo.
“No… mi stavo solo chiedendo se mi vuoi morto…” lasciò un attimo la frase in
sospeso, facendo scorrere gli occhi lungo tutta la lunghezza del corpo di
Scully, “Ho rischiato un infarto quando ti ho vista…”.
Scully gli passò accanto per uscire dalla camera. “Devo prenderlo come un
complimento?”, chiese perplessa.
Mulder la seguì, indugiando, senza essere visto, sui sinuosi movimenti del
fondoschiena e sulla provocante scollatura del vestito.
“Sei bellissima…” le disse, inaspettatamente, con voce stranamente seria.
Scully si fermò al centro del salottino, e si girò verso di lui, un leggero
rossore le aveva imporporato le guance.
Si aspettava una
delle sue solite battute, che nascondevano velati complimenti, non
un’affermazione così diretta e, dedusse, guardandolo in viso, così sincera.
“Grazie” gli rispose, ancora un po’ spiazzata.
Lasciarono la stanza senza dire nient’altro, si incamminarono lungo il
corridoio e salirono sull’ascensore.
Scully lo guardò.
Anche lui faceva la
sua figura, fasciato da uno smoking nero, molto elegante, che si adattava
perfettamente alla sua figura alta e scolpita. La camicia candida era chiusa
sul collo da un papillon di raso nero, abbinato ai risvolti lucenti della
giacca. La stoffa in panno della giacca e del pantalone era perfettamente
stirata e liscia e gli conferiva un’aria estremamente affascinante.
Mulder abbassò la testa per osservarla e le sorrise.
“Allora? Pronta per entrare in scena?” le chiese offrendole la mano, mentre
l’ascensore si fermava sei piani più sotto.
“Pronta!” assentì con un’espressione determinata, poggiando le dita sulla mano
di Mulder, che le strinse leggermente, intrecciandole alle sue.
Le
porte dell’ascensore si aprirono e il brusio indistinto di voci provenienti da
un punto indeterminato in fondo al corridoio, arrivò alle loro orecchie.
Un
cartellone, poggiato su di un piedistallo in legno, indicava, con una grossa
freccia, che la festa di beneficienza si svolgeva in fondo al corridoio,
girando a destra.
Mulder
e Scully, mano nella mano, si diressero verso un’enorme porta, davanti alla
quale c’erano due uomini - probabilmente dipendenti dell’hotel - vestiti
elegantemente, che aprivano l’entrata agli ospiti che arrivavano.
Prima
di Mulder e Scully, entrarono due signori, dall’aria particolarmente annoiata,
che parlottavano tra loro a voce molto bassa, ma, dalle loro espressioni, si
capiva perfettamente che avrebbero voluto essere da tutt’altra parte.
Quando
i due agenti si avvicinarono agli uscieri, questi sorrisero cordialmente e li
fecero accomodare augurando loro una lieta serata.
Scully
fece loro un cenno di ringraziamento, impreziosito da un radioso sorriso e si
fece condurre da Mulder dentro la sala.
L’ambiente
era decisamente spazioso. In un angolo, alla loro destra, c’era un grande
bancone dove alcuni barman stavano miscelando colorati cocktail dall’aria
invitante. Poco spostata sulla sinistra, rispetto al bar, c’era un’enorme
tavola su cui erano disposti svariati piatti dall’aspetto delizioso. Non appena
qualche prelibatezza terminava, arrivava subito un cameriere a rifornire il
buffet, con il medesimo piatto, o con specialità differenti. Sulla parete in fondo, invece, c’era un
grande palco, dove una soul band stava eseguendo alcuni brani che Scully non
riconobbe.
La
stanza era calda, tanto che lei si tolse lo scialle dalle spalle e lo piegò
dentro la borsetta.
Mulder
si guardò intorno, leggermente a disagio –non era abituato a partecipare a
feste così sontuose- e notò che la sala era già abbastanza piena, per essere
appena le 8.35, ma era sicuro che, nel giro di mezzora, si sarebbe riempita
completamente.
Adocchiò
con desiderio la balconata che si apriva alla loro sinistra, sperando di
poterci passare la maggior parte della serata.
Circondò
con un braccio la schiena di Scully, percependo il suo calore attraverso la
stoffa della giacca, e la avvicinò leggermente a sé, abbassando il capo per
sussurrarle all’orecchio.
“Mi
domando come avrà fatto Skinner a riuscire a
convincere tanta gente a venire fin qui…”.
Scully
scosse leggermente il capo, come a dire che non ne aveva idea, e che la cosa,
al momento, non le importava molto.
Avanzarono
di qualche passo verso il centro della sala, urtando un’anziana signora che
stava amabilmente conversando con un giovanotto dall’aria annoiata.
“Bè” disse dopo un po’ Mulder, togliendole il braccio da
dietro la schiena, “Fin che aspettiamo, io direi di mangiare qualcosa”. Scully
acconsentì, anche perché i piatti avevano un aspetto veramente invitante, e il
suo stomaco la ringraziò quando assaggiò un vol-au-vent ai gamberetti
decisamente squisito.
Verso
le 9.00 i loro microfoni cominciarono a gracchiare, ma, per un po’ di tempo,
non ricevettero nessuna notizia interessante, erano solo comunicazioni di
prova. Un paio di volte fu detto a Mulder e Scully di spostarsi, insieme o
separatamente, in diversi punti della sala.
Nel
frattempo, come previsto, la stanza si riempì di gente elegantemente vestita
che conversava, ballava, ma soprattutto, si abbuffava.
Ci
fu un momento in cui Mulder pensò che i due assassini non sarebbero caduti
nella trappola della festa, e che tutto quello spiegamento di forze si sarebbe
rivelato inutile.
Ma,
verso le 10.00 meno un quarto, arrivò la prima notizia interessante: i coniugi Fresty erano stati ripresi mentre entravano al party.
Scully
sorrise leggermente, sentendo in sottofondo i festeggiamenti degli agenti di
New York che si complimentavano per la riuscita dell’idea della festa.
Seguì
un’altra ora in cui nessuna delle coppie infiltrate riuscì ad avere contatti
diretti con i Fresty, o meglio, la coppia formata
dagli agenti Thompson e Hirsh, ebbe un’occasione, ma
i Fresty non rimasero molto colpiti da loro e si
intrattennero giusto il tempo di non apparire scortesi.
Scully,
che cominciava ad essere piuttosto stanca di quell’andirivieni di gente, di
quelle false speranze alimentate dalle voci metalliche che le arrivavano nelle
orecchie e di quella tensione che cresceva di minuto in minuto, visto che
l’operazione sembrava arenata in un punto morto, si allontanò verso la
balconata, mettendosi lo scialle sulle spalle - anche se una serie di stufette
posizionate strategicamente rendevano la temperatura mite anche all’esterno -
per prendere un po’ d’aria, mentre Mulder andava a prendere due cocktail, tanto
per passare il tempo.
Si
appoggiò con le braccia alla balaustra di ferro battuto e osservò una New York
ancora perfettamente sveglia e attiva sotto di sé.
“Le
posso offrire da bere?”, chiese una voce di uomo, leggermente rauca, alle sue
spalle.
Scully
si voltò, trovandosi di fronte l’ennesimo scocciatore della serata.
“No,
grazie”, rispose cortese, ma con una punta d’irritazione nel tono, “Ci ha già
pensato mio marito”.
L’uomo
le rivolse un sorriso rammaricato e si allontanò.
Scully
si girò nuovamente verso il parapetto, sbuffando leggermente tra sé e sé. Era
tutta la sera che uomini, più o meno giovani, le lanciavano occhiate
lussuriose, o le offrivano da bere indifferenti del fatto che avesse un
accompagnatore.
C’era
da dire, che Mulder la tirava fuori d’imbarazzo in maniera impeccabile,
mettendo bene in chiaro, senza essere scortese o offensivo, ma con una certa
determinazione, che lei era sua, e
che non gradiva che le venissero rivolti certi complimenti per nulla
disinteressati.
L’aria
fresca che le soffiava sul viso era un rigenerante piuttosto gradito.
All’interno della sala l’atmosfera era diventata irrespirabile, c’erano
veramente troppe persone. Forse, nell’impeto della loro idea, McErny e Finnigan aveva esagerato
con la pubblicità.
Sentì
un fruscio alle sue spalle, poi vide un bicchiere pieno di un liquido
arancione, con un ombrellino colorato come ornamento, comparire davanti ai suoi
occhi.
“Madame!”,
le disse Mulder, mentre lei si girava verso di lui, prendendo il bicchiere che
le offriva.
“Grazie”,
disse Scully, prima di sfilare il cappellino e di prendere una sorsata di quel
cocktail analcolico alla frutta. Mulder
aveva la stessa bevanda, ma non la sorseggiava. Guardava fisso l’uomo che prima
aveva tentato di adescare Scully.
Mulder
lo indicò con un gesto del viso. “Quel tipo ti guarda e poi sussurra qualcosa
ai suoi compagni, ridacchiando…”, lo disse con una nota infastidita nella voce.
Scully
annuì, distrattamente. “Si… è venuto a offrirmi da bere… probabilmente starà
prendendo in giro mio marito con quel
branco di idioti… aspetta!”, lo bloccò con una mano sul braccio, perché si era
mosso nella loro direzione con un cipiglio che non prometteva nulla di buono.
“Lascia
perdere, non ne vale la pena”, cercò di
tranquillizzarlo Scully.
Mulder
non parve molto convinto, ma le dette ascolto e li lasciò alle loro irritanti
risatine.
“Però…”,
aggiunse dopo un po’, guardandola con uno sguardo intenso, negli occhi una
scintilla maliziosa, “…non posso dare ai tuoi spasimanti di stasera tutti i
torti. Sei la donna più bella in sala. E sono serissimo”, aggiunse, vedendo che
lei sollevava leggermente gli angoli della bocca, in un’espressione scettica.
Si
guardarono negli occhi per qualche istante.
Scully
era troppo lusingata e felice del bel complimento che le aveva rivolto per la
seconda volta durante la serata, per riuscire ad articolare qualche frase che
non risultasse banale o petulante.
Mulder,
dal canto suo, era completamente ammaliato da lei. Non era una novità che la
sua collega fosse una bella donna, ma vederla, quella sera, così elegante, così
sensuale, così sé stessa, come forse non si era mai permessa di essere, l’aveva
spiazzato. E l’averla sotto gli occhi, abbracciarla e toccarla, erano diventate
delle necessità fisiche così potenti, che ad un certo punto aveva avuto la
perversa idea di portarla via da quella farsa, di trascinarla in camera e fare
l’amore con lei fino a quando il fiato glielo avesse permesso.
Fortunatamente,
o sfortunatamente, a seconda del punto di vista dal quale si guardava, c’era
sempre la voce di Skinner, o di Fowley,
o di qualche altro agente, ad urlargli nelle orecchie che erano lì per cercare
di assicurare alla giustizia due pazzi psicopatici.
Mentre
erano immersi in uno dei loro tipici silenzi, con i quali comunicavano meglio
che con le parole, la musica cessò e il leader del gruppo annunciò l’arrivo di
una canzone lenta per permettere alle coppie di ballare guancia a guancia.
Mulder
alzò un sopracciglio, sfilò dalle mani di Scully il cocktail e lo posò, assieme
al suo, su di un tavolino poco lontano, poi tornò da lei, con le braccia tese.
“Permetti?”,
le chiese galante.
Lei
fece una risatina imbarazzata, scuotendo leggermente la testa. Posò una mano
sulle sue forti spalle, e l’altra tra le dita calde di Mulder. Lui le mise un
braccio attorno ai fianchi e la avvicinò di più a sé.
Cominciò
a dondolare sul posto, facendola ruotare lentamente, e guardandola negli occhi.
I
loro movimenti erano lenti e insicuri, ma a loro non importava, erano troppo
immersi nell’inaspettato benessere, derivante da quel ballo così impacciato,
per curarsi della forma estetica dei loro ondeggiamenti.
“Bravissimi!”. La voce di Skinner li fece quasi sobbalzare.
“Qualsiasi cosa stiate facendo, continuate!
Anzi, intensificate i gesti d’affetto! I Fresty sono
poco lontano da voi e vi stanno fissando con attenzione!”.
Mulder
strinse più forte Scully, facendo aderire completamente il suo esile corpo
contro il suo. Abbassò la testa, in modo da trovarsi guancia a guancia con lei.
Chiuse
gli occhi, gustandosi l’inebriante profumo di lei, e la morbidezza delle sue
curve premute contro il petto.
Non
lo fece perché glielo aveva detto Skinner. L’avrebbe
fatto in ogni caso. Non si perse nemmeno a chiedersi il perché dei suoi
desideri, si lasciò solo andare alle sensazioni che gli dava il poter stringere
Scully tra le braccia.
Lei,
sentendo il calore della sua guancia sulla pelle, si strinse più forte alle sue
spalle e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare tra le sue braccia forti e
rassicuranti, dimenticando perché erano lì, e perché dovevano fare in modo di
attirare due perfetti sconosciuti nella loro rete.
“Perfetto! Si stanno avvicinando a voi!”,
gracchiò di nuovo la voce di Skinner nelle loro
orecchie.
Mulder
ebbe l’impulso di togliersi il microfono e gettarlo in strada, ma la parte
razionale di lui, fortunatamente, ebbe il sopravvento.
Si
staccò lentamente da lei, girando la testa per guardarla negli occhi.
Scully
lo fissò di rimando, senza staccare le braccia dal suo corpo. I suoi occhi blu
erano brillanti, vivi… splendidi, e Mulder vi annegò, mentre la musica
terminava e le coppie intorno a loro si staccavano per applaudire la band.
Con
la coda dell’occhio, Scully vide i Fresty a pochi
passi da loro, che li osservavano con curiosità, come un predatore osserva con
perizia e pazienza la sua preda.
“Li avete visti?”, risuonò per l’ennesima
volta la voce di Skinner, “Fate in modo di attirarli da voi, che so… baciatevi!”.
Mulder
e Scully furono bravi a non sobbalzare sentendo l’ultima parola pronunciata dal
vicedirettore.
E
non perché reputassero l’ordine eccessivo, o perché non se lo aspettavano,ma
perché era esattamente quello che stava passando imperioso nei loro pensieri,
anche se non lo avrebbero ma ammesso, nemmeno sotto tortura.
Il
loro visi erano ancora molto vicini, perciò a Mulder bastò muovere leggermente
la testa verso di lei, per arrivare a sfiorare le sue labbra.
L’idea,
da parte di entrambi, era quella di darsi un bacio leggero e veloce, ma
qualcosa cambiò nel momento in cui le loro bocche si incontrarono.
Una
scintilla di fuoco esplose nei loro petti e le braccia strinsero con più forza
il corpo dell’altro. Le labbra iniziarono a muoversi, quasi senza volontà, le
une sulle altre, in un gioco appassionato che le travolse in un vortice di
desiderio. Fu inevitabile che le loro lingue cominciassero a duellare, ad
accarezzare, ad esplorare.
Scully
avvertì il sapore del cocktail sulla lingua di Mulder, insieme ad un altro sapore
più intenso, mascolino e inebriante che le faceva girare la testa.
I
microfoni nelle loro orecchie emisero un fastidioso ronzio che li riportò
bruscamente alla realtà.
Dandole
un ultimo, leggero, bacio a fior di labbra, Mulder si staccò da lei.
La
guardò con occhi pieni di pensieri inespressi. Aveva le guance arrossate, e le
labbra erano schiuse, congelate in quell’ultimo, tenero contatto. I grandi
occhi blu erano brillanti e confusi, e Mulder pensò che non avrebbe mai più
visto niente di più bello in tutta la sua vita.
In
quel momento così particolare, si sentì urtare violentemente la spalla da
qualcosa.
Riluttante,
si separò da Scully per capire cosa l’avesse colpito e si ritrovò di fronte
l’insignificante volto di Ronald Fresty.