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Autore: BlueButterfly93    17/11/2018    1 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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RICAPITOLANDO

 

-Debrah raggiunge Castiel a Roma e si scopre che lei è la figlia di Marcel, l'uomo sposato con Teresa, la mamma di Miki. Quindi Miki e Debrah hanno una sorellastra in comune, Flora (figlia di Marcel e Teresa).

 

-Dopo vari ripensamenti Miki decide d'incontrare Teresa, sua mamma, recandosi a casa della donna, per sputarle in faccia una volta per tutte ciò che Miki le ha sempre voluto rimproverare. Ma le cose vanno diversamente. Alla fine Miki viene a sapere che Teresa non è sparita di sua spontanea volontà ma che è stata minacciata da sua zia Kate di starle lontano. Per la maggior parte degli anni, dopo aver saputo della morte di Luis (padre di Miki), Teresa si reca spesso sotto casa di Miki per osservarla, per cercare di parlarle, ma è sempre stata bloccata da qualcuno incaricato da Kate di non farla avvicinare alla ragazza.

 

-A Castiel arriva un messaggio di rimprovero e rabbia -da un numero non presente nella sua rubrica- di aver messo incinta qualcuna. Sarà vero?

 

-Adelaide, la mamma di Castiel, ha un tumore e deve intervenire presto prima che sia troppo tardi. Inizialmente per il timore di come potesse reagire il figlio, chiede a Miki di rivelargli lei quella verità amara, ma poi ci ripensa e decide che parlerà lei stessa al figlio quando rientrerà dal viaggio di Roma. Come la prenderà Castiel?

 

-Miki e Castiel subiscono un ricatto da Debrah per cui: Castiel dovrà tornare insieme a Debrah, Miki dovrà stare lontana da Castiel. Se non rispetteranno i patti Debrah mostrerà dei video compromettenti di Castiel alla polizia. Nè Miki e né Castiel sanno che entrambi sono stati raggirati dalla malvagia Debrah, ognuno prova a stare lontano dall'altro a modo suo, ma non sempre ci riescono. Debrah minaccia Castiel che se non starà lontano da Miki le dirà della copia del diario segreto nascosta nel cassetto della stanza del rosso. Cosa accadrà se Miki lo scoprirà?

 

-Debrah nello stesso ricatto aggiunge anche il desiderio di voler diventare famosa facendo la pubblicità di Rabanne al posto di Miki. Per cui sia a Miki che a Castiel viene obbligato di convincere lo stilista a cambiare i suoi piani. Ci riusciranno?

 

***

 

Note Autrice

 

Ebbene sì, non è un miraggio ma questo è un nuovo capitolo di UBRIACA D'AMORE, TI ODIO!Come avevo promesso sono tornata realmente. Mi piace essere fedele e ciò che prometto, mantengo.

 

E dopo 9 mesi da quando ho annunciato di fermarmi per dar spazio alla revisione della storia, finalmente posso dire di avercela fatta. È stata dura, alcuni capitoli mi hanno fatta penare e vergognare, non pensavo di scrivere così male. (Non che ora scriva bene, ma perlomeno sono migliorata un minimo rispetto a quattro anni fa). Quindi, per chi ha voglia può andare a leggere i capitoli precedenti, finalmente sto iniziando ad essere un po' più fiera del mio lavoro. Vi assicuro che ora è tutt'altra storia. Mi sono trovata costretta a cambiare dialoghi e alcuni aspetti, ovviamente la trama è uguale, non potevo cambiare più di tanto sebbene qualche avvenimento tutt'ora mi stia sulle balls e se tornassi indietro farei andare alcune cose diversamente.

 

Ci tenevo a fare questo spazio autrice prima del capitolo perché ho maggiormente la vostra attenzione.

 

Allora, in questi mesi sono cambiate un po' di cose. Come ho detto più volte sto pubblicando la storia anche su Wattpad e diciamo che lì mi sono resa conto delle realtà leggermente diverse rispetto a EFP. Per questo mi sono ritrovata -ad un certo punto- a dover dividere i capitoli in due parti. I contenuti sono identici a quelli di EFP, ma lì per i modi di lettura e per visione delle cose mi sono ritrovata a dover raddoppiare i capitoli e quindi la storia risulta essere al capitolo 38, mentre qui al 28. Ma non temete sono le stesse e identiche parole di questi capitoli, c'è stato solo un copia e incolla.

 

Per tutti questi motivi da oggi in poi anche i capitoli che pubblicherò qui saranno leggermente più corti, ma pubblicherò ogni 10 giorni. Voglio assolutamente portare a termine questa storia e tenermi stretta quei pochi lettori che mi hanno aspettata per tutto questo tempo.

 

A proposito grazie a tutti voi per la pazienza, grazie per qualche messaggio che in questi mesi mi avete mandato per incoraggiarmi. Siete speciali <3

 

Detto ciò vi lascio finalmente al capitolo. Spero vi piaccia..

 

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo mio ritorno, se siete felici, se è stato con il botto o se al contrario non volevate più avere mie notizie xD

 

Buona lettura

 

Blue <3

 

 

*****


Capitolo 28

Il giardino in terrazza

 

 

 

🎶 Ed Sheeran - kiss me 🎶 (consiglio l'ascolto durante il Miki's Pov)

 

***




TERESA

Avevo commesso molti errori nei miei trentacinque anni di vita. Troppi peccati. Poche opere buone e giuste. Forse un giorno sarei stata punita per quello, forse sarei finita all'inferno, forse no, eppure avrei cambiato pochissimi aspetti della mia esistenza. 

Avrei continuato a ringraziare per sempre Dio per avermi donato la possibilità di avere due figlie.

Già... Le mie due figlie; due delle cose migliori che potessi fare nella vita. Avevo messo al mondo due creature meravigliose. L'unico aspetto che avrei con tutta me stessa desiderato cambiare di quei due momenti della mia vita, era l'allontanamento di una di loro. 

Avevo abbandonato Miki, la mia prima figlia, quella piccola e sfortunata bambina dal volto tanto simile al mio ne aveva subite tante d'ingiustizie per colpa mia. Se solo l'avessi portata con me, se solo avessi avuto il coraggio di lasciare suo padre a marcire da solo, senza nessuno, lei sarebbe cresciuta diversamente. Sarebbe cresciuta nell'affetto, nell'amore di una famiglia normale. E invece no. Da stupida illusa ed egoista avevo creduto che -una volta rimasto solo- Luis si sarebbe rimboccato le maniche, avrebbe smesso di assumere droghe; credevo che l'amore per sua figlia avrebbe superato tutto e invece no. Lui si era permesso persino di segnarla, di picchiarla. Maledetto lui e maledetta me che ignara di tutto mi ero impegnata a costruirne un'altra di famiglia lasciando alla deriva la prima. Quello sbaglio sarebbe rimasto per sempre l'unico peso sulla mia coscienza. Miki non meritava di soffrire. Ed avrei dovuto lottare maggiormente quando sua zia non mi permise di rientrare nella sua vita. Invece bloccata dalla paura di esser punita per il mio passato sporco dopo un anno di appostamenti sotto casa della mia bimba, dopo due anni di preghiere telefoniche alla sua tutrice legale, avevo demorso. Non la cercai più. Che enorme sbaglio, fu quello. 

L'esperienza mi aveva insegnato a vivere senza essere divorata dai lupi. 

Ero cresciuta troppo in fretta, da perfetta ingenua avevo creduto nell'amore di un uomo che non ci aveva pensato due volte a vendere il mio corpo, lui... che avrebbe dovuto proteggerci come se fossimo le perle più preziose esistenti al mondo, ma che alla fine si era rivelato essere il peggiore; lui... il lupo cattivo. Si era permesso persino di marchiare il nostro frutto migliore, il frutto del nostro amore. Aveva provocato cicatrici alla mia piccola Micaela, non potevo fare a meno di rimuginarci su dopo esserne venuta a conoscenza. Non l'avrei mai potuto perdonare, neanche qualora fosse vivo, neanche se fosse morto. Da stupida ingenua qual ero ancora dopo esser diventata la prostituta dei ricchi, avevo creduto che andandomene, lasciando a lui la nostra unica figlia e fonte di gioia, lui avrebbe tirato fuori gli attributi e invece... non si era dimostrato nient'altro che un verme. Credevo l'avesse accudita, protetta dal mondo, cresciuta con l'educazione che insieme non eravamo stati capaci di darle. Speravo che finalmente avrebbe smesso di essere dipendente dall'alcol e dalla droga, da quella robaccia che l'aveva rovinato. Sì perché lui non era un mostro prima di quel momento. Aveva iniziato ad abusare di quelle sostanze all'improvviso, era incominciato tutto per gioco, tutto da dei semplici spinelli, da qualche bottiglia di vodka. Le sere, dopo aver messo a letto Micaela, ci divertivamo insieme a bere e fumare, ma era tutto leggero, fatto per divertimento, per rilassarci. Invece lui non si era saputo fermare. 

Aveva perso il lavoro, aveva terminato i soldi che i suoi genitori morti avevano lasciato per lui, per noi; ed invece di reagire, di lottare accettando un qualsiasi altro lavoro, aveva ben pensato di spendere gli ultimi suoi risparmi in altra droga, quella più pesante, quella che uccideva per davvero. 

Da lì il buio. 

Un suo amico politico che veniva a trovarci sporadicamente, iniziò a presentarsi in casa nostra ogni notte, si drogava insieme a Luis e bevevano, bevevano talmente tanto da imperlare tutto il salotto dell'odore forte di alcol. Io stavo sempre in disparte, ad un certo punto iniziai persino a temere che mio marito potesse farmi del male, non era più in sé. I suoi occhi erano cambiati, i suoi comportamenti nei nostri confronti anche. Non mi coccolava più, non dormiva con me, non facevamo più l'amore. Io l'aspettavo nel nostro letto, attendevo con pazienza che mandasse via quel suo amico, ma accadeva solo all'alba. 

Micaela all'epoca aveva solo quattro anni.

Una sera commisi l'errore di restare nel salotto insieme a loro, volevo cercare in qualche modo di svegliare Luis da quel suo stato d'incoscienza solo con la mia presenza, ma non accadde. Anzi... fu lui a farmi entrare nel suo nuovo mondo fatto di perdizione. Partì tutto dai complimenti ricevuti dal suo amico sul mio corpo, dal posare le sue mani viscide sulle mie gambe, dalle parole tranquillizzanti di Luis, dalla proposta d'includere anche il suo amico nel nostro amplesso sessuale. Io mi rifiutai quella maledetta sera e forse mi drogò perché il mattino dopo mi ritrovai sul letto, nella stanza degli ospiti, completamente nuda tra le braccia di un altro che non fosse il mio compagno. Tra le braccia di un vecchio riccone depravato, tra le braccia di qualcuno in cui lo stesso Luis mi aveva spinta. Provai ribrezzo per me stessa, per l'uomo che credevo mi amasse con tutto se stesso.

E fu quando quel presunto amico di famiglia lasciò quella stanza che il mio cuore cadde a pezzi -sulla pavimentazione di quella casa improvvisamente fredda- fece rumore ma nessuno se ne accorse. L'uomo dalla corporatura robusta e dai capelli bianchi sganciò una banconota da 100 a Luis, sull'uscio della porta, per la mia prestazione sessuale. Un amplesso di cui io non ricordavo nulla. 

Perché il mio primo e grande amore mi aveva drogata e venduta per soldi. Perché io restai ferma, inerme senza muovere un dito. Lasciai solo il permesso a delle lacrime di solcare il mio volto stanco, incredulo e deluso. 

Perché quella mattina segnò la fine e l'inizio di tutto. L'inizio del mio lavoro, la fine del mio sogno, della mia illusione di avere una famiglia felice.  

«Abbiamo bisogno di soldi, da oggi verranno a trovarci persone di spessore, gente che conta, tu farai tutto ciò che loro ti chiederanno e alla fine mi pagheranno. Tutto resterà tra le mura di questa casa, nessuno dovrà sapere chi verrà qui e che lavoro farai. Sarà un segreto. E tu farai tutto questo per noi, vero?! Perché tu non vuoi che io muoia, giusto?! Se mi vuoi qui con te, se vuoi che io sopravviva... devi farlo. Ho bisogno delle mie medicine!» mi disse semplicemente per introdurmi a quel nuovo stile di vita che mi avrebbe marchiata in eterno. E lui per medicine intendeva la droga, era diventato un tossicodipendente, ma all'epoca ero troppo ottusa per capirlo. 

Ero ancora troppo ingenua, piccola, troppo stupida e innamorata per accorgermi che quelle sue parole non erano nient'altro che una manipolazione psicologica, parole dette appositamente per indurmi a diventare una prostituta. Quale compagno e padre sano di mente avrebbe fatto una cosa di quelle?

Fu quello uno degli sbagli peggiori della mia vita. Accettare, sottostare ai comandi di un uomo accecato dal bisogno di drogarsi e bere, di un uomo viziato dai suoi genitori benestanti, un uomo che aveva sempre avuto tutto e che non aveva alcuna aspirazione nella vita, alcuna voglia di lavorare. E così aveva ben pensato di far fare a me il lavoro sporco. 

Per quale motivo avevo assecondato la sua folle richiesta? Per amore, o stupidità? Fragilità, o paura della solitudine? Timore di esser sbattuta fuori casa? Probabilmente per un mix tra tutti quei fattori. 

Eppure non ero riuscito a salvarlo... Era quello un altro aspetto che rimproverai a me stessa. Non avevo neanche tentato di salvare la nostra famiglia, avevo semplicemente acconsentito a tutte le sue richieste dando il via, in quel modo, alla rovina di Luis e al crollo del nostro amore. 

Quello, insieme ad altri fattori mi avevano spinta a consigliare Micaela, mia figlia, di non lasciarsi sfuggire Castiel. Lo conobbi quel poco che bastava per inquadrarlo. Era un tipo scontroso, fanatico, a tratti scostumato eppure avevo avuto l'impressione che ci tenesse a Miki più di quanto volesse ammettere. Fare la prostituta, gli anni di esperienza in quel lavoro mi avevano insegnato a conoscere gli uomini in tutte le loro sfaccettature. Conoscevo i loro desideri, le loro paure, le loro fragilità, i loro punti di forza e con il tempo avevo imparato a leggere nei loro occhi e nei loro gesti ogni loro aspetto. Ero diventata furba, e usavo la mia astuzia come forma di difesa. Quel lavoro mi aveva cambiata totalmente. Anche con Castiel avevo agito così come tendevo a fare con i miei clienti per conoscerli. 

-


Una sera prima

La sera prima della visita di Miki a casa mia, fissai un appuntamento per chiacchierare con il ragazzo dai capelli rossi. Volevo capire le sue intenzioni, ricevere conferme dai suoi occhi se le mie percezioni sul loro tipo di rapporto fossero esatte o meno. Sapevo di non avere alcun diritto d'intromettermi nella vita di mia figlia, soprattutto dal momento in cui l'avevo abbandonata, ma avevo tutte le intenzioni di riaverla nella mia quotidianità e avrei cominciato con il conoscere una delle persone che più gli stava a cuore. Una mamma sapeva distinguere i sentimenti di sua figlia, conosceva le sue paure, prevedeva le sue mosse anche solo da piccoli gesti, e anch'io non ero da meno con la mia primogenita. L'avevo seguita in tutti quegli anni, l'avevo vista crescere da lontano senza combattere per riaverla ma la conoscevo ugualmente, e quel dato di fatto non sarebbe potuto mutare, bastava quello per scaldarmi il muscolo cardiaco di speranza.

Debrah, sin da quando era rientrata in Francia aveva tentato di riconquistare Castiel, ma a quanto pareva qualcun'altra aveva preso il suo posto, qualcun'altra aveva riparato il cuore distrutto del tenebroso Castiel. Grazie a Flora dopo aver scoperto che la ragazza tanto temuta e odiata da Debrah fosse Miki, mi ero volutamente fatta raccontare tutti i retroscena su quel triangolo amoroso. Debrah si confidava con Flora, erano migliori amiche e sorelle allo stesso tempo; Debrah a causa della sua personalità per certi versi malvagia, non aveva amici e l'unico modo che aveva per sfogarsi, per confidarsi era farlo con sua sorella minore. Perché la mia piccola Flora, nonostante la sua tenera età, era molto più matura degli altri bambini di nove anni. Era una buona ascoltatrice e le storie d'amore intrecciate erano la sua passione. 

Così dopo aver raccolto abbastanza informazioni non persi tempo, recupererai il numero del rosso dal telefono di Flora, preso a sua volta da Debrah, e gli diedi appuntamento dopo cena in un parco.  

«Cosa cazzo vuoi da me?» fu quello il saluto di Castiel, appena mi raggiunse nel parco poco distante dall'hotel dove alloggiava insieme a Miki.

«Ti sembrano questi i modi per rivolgersi ad una signora?» lo stuzzicai. Non mi avevano infastidita le sue parole, grazie ai racconti di Flora ero già preparata al suo carattere scontroso. 

«Non vedo nessuna Signora qui..» quello sì che fu un insulto, ma lasciai correre. Alzai gli occhi al cielo per qualche secondo e poi feci segno a Castiel di accomodarsi accanto a me, sulla panchina dove ero seduta. 

Lui da testardo e perfetto uomo Alpha mi raggiunse, si posizionò difronte a me, ma senza sedersi sulla panchina, restò in piedi. 

Fissando con sguardo intimidatorio la mia figura attese con impazienza di sapere per quale motivo lo avessi voluto incontrare ed io lo accontentai subito «Che genere di rapporto c'è tra te e mia figlia?»

Corrugò la fronte per quella mia domanda, pensava fossero altre le mie richieste, ma avevo già incaricato qualcun altro di convincere Miki a parlarmi, qualcuna che lei quasi odiava.

«Non vedo perché dovrebbe interessarti..» alzò le spalle con nonchalance e poi infilò le mani nella tasca anteriore dei suoi jeans, prese una sigaretta dal suo pacchetto, l'accese e incominciò a fumare senza degnarmi di una risposta. Mi era sembrato di capire che quello era il suo modo di rispondere a qualsiasi domanda. Replicava sempre in maniera vaga, non lasciando mai intendere il suo punto di vista, innervosendo il suo interlocutore. Ma non demorsi, non ero il tipo. 

«Allora Castiel, mettiamo in chiaro una cosa» mi alzai dalla panchina per guardarlo meglio negli occhi «fin quando non mi darai delle risposte sincere non te ne andrai da questo posto, o se lo farai sappi che ti intaserò il cellulare di messaggi e chiamate fino all'esasperazione. Non sarebbe più semplice rispondere senza perdere tempo? Così tu tornerai alle tue cose ed io alle mie!» terminai con un sorrisetto già vittorioso in partenza. 

«Siamo amici» rispose semplicemente sbuffando. 

«Oh... e da quando gli amici si scambiano baci appassionati e si guardano come se si volessero spogliare?!» l'accusai. Flora era a conoscenza di tutto ciò che la stessa Debrah sapeva e di conseguenza anch'io. 

«Visto che sai già tutto, allora evitiamo il siparietto. Dimmi ciò che devi e facciamola finita», aveva intuito come fossi venuta a conoscenza di quegli accaduti. Intelligente, il ragazzo.

«Quali sono le tue intenzioni con lei? Ha già sofferto tanto, non ha bisogno di un ragazzo come te che le dia il KO finale, lei...» 

«Tu» prese la parola interrompendomi puntandomi l'indice contro, espellendo l'ultima boccata di fumo e gettando la sigaretta sulle piccole pietre di quel parco.  «Sei l'ultima persona che può parlare delle sue sofferenze. E poi, anche se fosse.. è lei a dover decidere sulla propria vita, non puoi farlo al posto suo».

«Ci sono cose che tu non sai...» lasciai la frase in sospeso, non avevo intenzione di raccontare proprio a lui i dettagli della mia vita sofferta «Io non ho nessuna intenzione di decidere al posto suo. Questa tra me e te è solo una chiacchierata che ho sentito il bisogno di fare per metterti in guardia. Ho visto come vi guardate, come lei prende la forza da te. Lo ha fatto anche qualche giorno fa appena mi ha vista uscire dalla porta di quel ristorante, ha guardato te, solo te. Come se tu in qualche modo la potessi salvare, come se guardando te sarebbe stata in grado di non cadere.. Quindi ti chiedo di essere sincero con lei, non mentirle, non ferirla, non illuderla. Non lo merita!» parlai con sincerità e serietà.

«Farle del male non è mai stato nei miei piani. Anzi... sto cercando di allontanarla in tutti i modi da me. Io non sono il ragazzo giusto..» un velo di tristezza gli dipinse gli occhi grigi. Proprio ciò che avrei voluto vedere. Ormai mi era tutto chiaro.

«Lascia decidere a lei chi sia il ragazzo giusto, non puoi farlo al posto suo» quasi ripetei lo stesso concetto che lui stesso cercava d'inculcarmi all'inizio del nostro discorso. 

«Ci sono cose che tu non sai...» spostò lo sguardo altrove «le relazioni non fanno al caso mio, mi è già bastato il disastro combinato con la mia prima ed unica storia. Io... non avrei più niente da dare a Miki, sono vuoto. Lei non mi merita, cazzo!» amareggiato ed irritato, il suo apparì quasi come un dialogo con la sua coscienza. Lo sguardo divenne assente, quasi come se io non esistessi. Non mi avrebbe mai parlato così sinceramente, altrimenti. «Si è persino dichiarata, mi ha sputato in faccia quelle parole così vere e sentite, è stata così sincera, disarmante da portarmi quasi ad odiarla. Le piacciono addirittura i miei difetti, mi accetta per quello che sono nonostante il mio carattere di merda. E la odio perché avrei tanto voluto ricambiare ciò che prova, ma non posso... Non mi è permesso. Perché la sfiga mi perseguita, dannazione!» diede un calcio a dei sassi per la frustrazione. Non sapevo fosse in grado di parlare così tanto. Quelle poche volte in cui avevo avuto modo di sentirlo dialogare aveva quasi sempre risposto con frasi brevi, anche l'inizio della nostra conversazione era stata dettata dalla brevità e invece ad un certo punto era scattata qualcosa in lui da spingerlo a sproloquiare, e lo apprezzai. Perlomeno grazie alla sua sincerità avevo iniziato ad aggiungere qualche tassello in più in quella storia contorta.

«Volere è potere» replicai semplicemente racchiudendo tutto il mio punto di vista. 

Quando udì la mia voce quasi si spaventò; come volevasi dimostrare Castiel aveva perso la cognizione del tempo dimenticandosi della mia presenza, era stato così schietto solo perché era scattato qualcosa nella sua mente da fargli dimenticare momentaneamente del mondo circostante.

«Stai dimostrando di essere di un'incoerenza assurda. Fino ad un secondo fa volevi a tutti i costi tenermi lontano da tua figlia, ora vuoi addirittura infondermi coraggio per dichiararmi a lei.. Si può sapere da che parte stai?!» cercò di non mostrarsi destabilizzato per esser stato ascoltato da qualcuno durante il suo dialogo interiore.

«Voglio solo che mia figlia sia felice; se tu mettessi da parte le tue paure, i tuoi problemi forse potresti essere quello giusto».

«Suona strano detto da una mamma che non ha fatto altro che scappare dalla propria figlia uccidendola senza pensare minimamente al suo bene e alla sua felicità», incassai il colpo in silenzio. 

«Proprio per questo voglio cercare in tutti i modi di non far sbagliare lei, te.. L'esperienza, gli errori mi hanno insegnato a non farne altri, mi hanno portata a divenire ciò che sono adesso. Voglio recuperare il tempo perso, voglio finalmente avere il coraggio di chiedere il perdono di mia figlia. Ormai posso, lei deve sapere la verità. Ora è abbastanza grande da sapere distinguerla» decisi di essere anch'io sincera proprio come lui lo era stato con me pochi istanti prima, anche se involontariamente.

E lui con discrezione non mi chiese il motivo di quella frase, restò semplicemente in un mutismo di cui pochi ne erano capaci. Iniziava già a starmi simpatico, il ragazzo. 

Forse Miki aveva trovato la persona che più di tutti avrebbe potuto riempire il suo cuore di sentimenti; forse Castiel aveva trovato la persona giusta per ricominciare a vivere, perché... "Ci vuole coraggio ad innamorarsi, ma ci vuole ancora più coraggio per tornare indietro e riparare quello che si è rotto".

 



MIKI

La sera stessa dell'incontro con Teresa non cenai, non avevo fame. La simpatia che Stefania nutriva nei miei confronti mi aiutò a convincerla a lasciarmi riposare in stanza dopo essermi inventata un malore. Castiel non era rientrato, aveva cenato a casa Duval. Debrah, da degna cocca della preside, aveva ottenuto il permesso di lasciare libero Castiel. La stessa direttrice aveva telefonato alla signorina Lamberto per comunicarglielo; e quindi io mi ritrovavo sola soletta. Ne avevo bisogno, dopotutto. 

Com'era strana la vita, un attimo prima si poteva essere convinti di essere a conoscenza di tutto sul proprio passato ma poi bastava uno sciocco dialogo con qualcuno per ribaltare le cose. Zia Kate era diventata l'antagonista, mentre Teresa l'eroina che aveva pagato per qualche errore ma che nello stesso tempo era stata sincera; ed io da grande stupida ingenua credevo che i ruoli fossero invertiti fino a quel pomeriggio. Non avevo mai dubitato un secondo sulla mia tutrice legale, lei era la mia unica famiglia rimasta. In tutti quegli anni avevo continuato ad essere convinta che mia madre mi avesse dimenticata, che non mi avesse più cercata, e invece...

Nella mia testa erano tanti i pensieri che trafficavano, ad un certo punto mi sentii addirittura soffocare per la confusione. Necessitavo di aria.

Attesi la visita di Stefania -dopo cena- e, dopo essersi accertata che avessi assunto una pillola di antidolorifico per il mal di testa, mi lasciò nuovamente da sola. Cercai nella valigia un cardigan lungo, aspettai il trascorrere di qualche minuto e poi in punta di piedi lasciai la stanza per dirigermi all'ultimo piano dell'hotel. 

Sia Castiel che la signorina Lamberto -qualche giorno prima- mi avevano incuriosita discutendo sul terrazzo dell'albergo vietato ai clienti. Volevo vedere coi miei occhi cosa ci fosse di così pericoloso lassù. Salii qualche rampa di scale e poi eccomi giunta davanti al famoso portone invalicabile. Era bianco, di ferro molto grosso. Sperai dentro di me che non fosse chiuso a chiave e quando abbassai la maniglia le mie preghiere vennero accolte. La serratura era già stata forzata da qualcun altro. Per un attimo fui tentata dalla paura, ma poi la curiosità prevalse così varcai quella porta senza attendere ancora. 

Appena mi abituai al buio della notte fui accolta da un enorme prato di erba sintetica grande quanto tutto il terrazzo, al centro di questo due chaise longue di ferro arrugginite. Ai lati del prato vi erano dei vasi vuoti di fiori e pieni solo di terra, a testimonianza che quel posto non fosse più curato come magari lo era stato tempo prima. Il terrazzo finiva con delle balaustre non troppo alte; non davano l'idea di essere sicure. Forse quella terrazza era stata chiusa per il pericolo di caduta. 

Mi avvicinai al centro del prato, rapita da quel giardino così vicino al cielo. Sebbene fosse consumato dal tempo e dalla mancanza di cure, non avevo mai visto un posto del genere. E mi piacque incredibilmente. La luna piena illuminava tutto lo spazio, Roma insieme ai suoi monumenti faceva da cornice rendendo quella terrazza ancor più suggestiva. 

Chiusi gli occhi facendomi accarezzare dal venticello fresco tipico di Gennaio e finalmente trovai la pace. Liberai la mente; non esisteva più nessuna mamma sconsiderata come Teresa, nessuna zia Kate bugiarda, nessuna Debrah diabolica affamata di successo, nessun ragazzo contorto incapace di accettare i miei sentimenti...

Per la prima volta dopo mesi, o forse addirittura anni, respirai libera senza alcuna angoscia. Faceva bene quella quiete. 

Ma non durò molto. 

All'improvviso un respiro caldo accanto all'orecchio e un profumo con qualche accenno di menta mi avvolsero completamente facendomi salire il cuore in gola. La pelle del collo si accapponò, segno dell'effetto che solo lui era sempre stato in grado di provocarmi. 

«Come hai fatto a trovarmi?» mi sussurrò con il suo solito tono di voce sensuale.

E non ebbi bisogno di voltarmi, il mio corpo lo aveva già riconosciuto dal respiro, il mio olfatto aveva già avvertito il mio cuore.. ma quello batteva ugualmente per conto suo. Aumentò i suoi battiti come sempre accadeva quando lui era nelle vicinanze, e fui sicura che anche lui se ne accorse del tradimento del mio cuore. Era ingiusto. Non avrei dovuto reagire in quel modo, non dopo tutto ciò che era accaduto, non dopo essermi imposta di allontanarmi da lui, non dopo che stare lontani era necessario per evitare guai. 

Maledetto, maledetto ragazzo dai capelli rossi. E maledetto cuore, sempre pronto ad allearsi come mio avversario. 

«Stavamo giocando a nascondino senza che io lo sapessi?» risposi sfacciatamente mentre ripresi a guardare Roma dall'alto.

E lui ghignò. Dovevo stargli simpatica un minimo. 

«Mi spieghi come facciamo a finire per trovarci sempre, io e te?» si posizionò davanti al mio volto, coprendo la visuale dei monumenti che dall'alto riuscivo a vedere e mi fece quella domanda guardandomi dritta negli occhi.

"Mi spieghi come fai ad uccidermi e salvarmi contemporaneamente sempre, con ogni tuo sguardo?"

«Destino?!» replicai incerta. Quando lui mi guardava divenivo interdetta; incapace d'intendere e volere pendevo dalle sue labbra, vivevo grazie alla sua vicinanza, vedevo grazie ai suoi occhi.

Disapprovò con una smorfia buffa quella mia risposta mentre si mosse per sdraiarsi sul prato finto di quel che una volta era un giardino. Evidentemente non credeva nel destino, ma evitò di sprecare parole filosofiche a riguardo. Posizionò il braccio destro sotto la testa, poi con l'altra mano -nelle tasche anteriori dei suoi jeans immancabilmente neri- andò alla ricerca del suo accendino e prendendo una sigaretta dal suo pacco di Marlboro, dopo essersela accesa, fumò. Guardai stregata ogni suo movimento, era sensuale persino nei gesti quotidiani mentre io ero sempre più cotta di lui. Non doveva andare in quel modo, cavolo!

«Per quanto ancora hai intenzione di fissarmi mangiandomi con gli occhi?» sollevò un angolo della bocca per prendersi gioco di me ed io da stupida qual ero arrossii.

«Non permetterti ad usare quest'arma contro di me ora che sai tutto», allusi al fatto che avessi ammesso di provare interesse verso di lui.

«Altrimenti cosa mi fai?» mi sfidò «E poi perché non dovrei? è carino il modo in cui arrossisci quando ti metto in imbarazzo o quando ti faccio incazzare» alzò nuovamente un angolo di bocca formando quel sorriso che avrei tanto voluto mordere. 

Quindi si era sempre accorto del mio continuo arrossire in sua presenza? A quel punto capii di essere sempre apparsa come una bambina ingenua ai suoi occhi, mentre io ero convinta di sembrare una donna vissuta. Stava facendo cadere ogni mia maschera. Maledizione!

A quel punto non seppi cosa rispondere, così mi limitai a stare in silenzio spostando lo sguardo per tutto il giardino. Era imbarazzante stare in sua compagnia dopo aver rivelato la verità. Lui ormai sapeva quasi tutto sul mio passato, sapeva persino del mio interesse verso di lui che andava aldilà dell'amicizia. Che vergogna!

Ma non ebbi il tempo di rimuginarci ancora perché all'improvviso mi sentii trascinare dai piedi e senza capire come, caddi col sedere sull'erba sintetica. Sapevo già chi fosse il colpevole. Ma quando mi voltai verso di lui intenzionata a rimproverarlo, le parole mi morirono in bocca a causa della nostra vicinanza. 

Per quale motivo stava alternando lo sguardo dai miei occhi alla bocca? Non voleva mica baciarmi, vero? Noi non potevamo, io non potevo permetterlo. Castiel rischiava il carcere e il ricatto di Debrah era stato chiaro. Dovevo allontanarmi, dovevo mettercela tutta per non cedere, dovevo...

Ma lui si avvicinò maggiormente al mio corpo, al mio volto ed io non collegai più la mente ai gesti. 

Ci pensò lui, però ad evitare che accadesse l'irreparabile. 

«Quindi ti piaccio, è così?!» bisbigliò lascivo continuando a guardare la mia bocca invece che i miei occhi. Io restai immobile, ammaliata da ogni linea marcata del suo viso.

A quel punto fu inevitabile non percepire le farfalle nello stomaco, quell'ansia piacevole che solo il suo contatto era capace di trasmettermi. 

«Lo sai... Devi per forza mettermi di nuovo in ridicolo?» cercai di mostrarmi infastidita, ma altro non ero che imbarazzata. 

«No, è solo che mi piace quando lo dici» 

"Come, cosa? Lo hai detto sul serio? Cazzo io ti stupro!" "Coscienza calma, non è il momento di pensare a questi gesti così estremi", incredibile ma vero ero io a dover quietare la parte di me che apparentemente doveva essere la più riflessiva, ma che finiva per essere quella che più mi suggeriva di combinare pasticci. 

«Sì ma non ha senso se l'interesse non è corrisposto», cercai di restare seria nonostante il piccolo e breve scambio di battute con la mia cara amica coscienza. 

«Non ho mai detto questo.»

"Castiel però tu non aiuti a restare seri, eh... Io ce la sto mettendo tutta a non sclerare, a non saltarti addosso, e tu proprio questa sera, proprio mentre sei a pochi millimetri dalla mia bocca, mi dici questo?! Cazzo. Chiamate un'ambulanza, vi prego!"

«Lo hai fatto intuire con i gesti. Non sempre c'è bisogno di parlare per far capire le proprie intenzioni», mi sorpresi di me stessa e dal mio modo di risultare posata nonostante dentro di me stessi per esplodere.

«E allora devi aver capito anche quali sono le mie intenzioni in questo momento..» abbassò il volto lentamente in direzione della mia bocca e decretando l'arresto cardiaco del mio cuore.

"Sono morta? Questo è il paradiso, l'inferno? Qualsiasi cosa sia non svegliatemi.."

«Cas-Castiel, n-no. N-noi non...» incespicai nelle mie stesse parole mentre ero alla ricerca della ragione. Avevo fatto un patto con Debrah, la sua presunta fidanzata, ma lui se ne stava lì come un demone tentatore pronto a farmi peccare. Come sarei potuta uscire da quella situazione?

E quando oltrepassò la mia bocca per posare la sua sul collo, sancì il mio esaurimento. Avvertii tanti brividi cospargermi il corpo dalle gambe fino alla spina dorsale, a finire alla testa. Un brivido di eccitazione peggiorò la mia condizione quando lambì il lobo dell'orecchio con la sua lingua e finì con un piccolo morso. A breve avrei avuto bisogno di un'estintore, stavo per andare a fuoco in tutti i sensi. Maledetto seduttore!

«Hai pensato alla penitenza per la scommessa persa?» mi chiese dopo qualche istante fingendosi innocente, come se non fosse accaduto niente, come se non mi avesse appena stravolto la vita per la millesima volta.

«Ci sto ancora riflettendo..» ed io lo assecondai. Non avrei di certo voluto fare la pesante, non avrei voluto sfociare in una discussione. Quella sera mi sarei presa ciò che sarebbe venuto, nonostante il pericolo di essere scoperta dalla sua ragazza. Non avevo le forze necessarie per allontanarmi dall'inferno di Castiel, non ne avevo la minima intenzione.

«Spero mi sorprenderai», concluse quel breve discorso voltandosi e stendendosi a pancia in su.

Poi con un braccio mi spinse ad avvicinarmi a lui e a posare la testa sul suo petto. Cosa gli era preso? Non era mai stato capace di quei gesti quasi romantici, noi non avevamo mai oltrepassato quella linea sottile. Nonostante fossero tanti gli interrogativi che la mia mente prese a chiedersi, cercai di non ascoltarla per una sera. Avevo bisogno di ascoltare il cuore una volta tanto, e quella notte batté forte, talmente potente da sentirlo uscire fuori dalla gabbia toracica. 

In quella posizione, oltre al mio, potei udire anche il suo di cuore. Anche il suo parve battere velocemente, quasi in sincrono con il mio. Ma preferii restare coi piedi ancorati sull'erba di quel vecchio terrazzo, non permisi alla mia fantasia di volare in posti sconosciuti; perché tanto sapevo che quelli erano solo attimi, l'indomani non ne avremmo parlato, per lui sarebbe stato cosa di poco conto. E nonostante sapessi già il risultato, volli godermi quegli istanti in sua compagnia che sarebbero rimasti per sempre nel petto, custoditi gelosamente come tra i ricordi più preziosi della mia adolescenza.

«Perché continuiamo ad imporci di stare lontani ma alla fine finiamo per stare sempre più vicini?» quella domanda mi uscì come un sussurro con la speranza che finalmente sarei riuscita a capire anche il suo punto di vista. 

Le mie intenzioni, i miei sentimenti ormai erano chiari anche ai muri, ma i suoi? Cos'ero io per lui? Non ero vendetta, ormai quello era sicuro. Non ero né una semplice amica né amica di letto perché altrimenti avrebbe già ottenuto il suo scopo. Ma allora perché continuava ad avere comportamenti contrastanti, mi allontanava, poi mi cercava, poi m'illudeva e distruggeva e un attimo dopo mi faceva volare? 

«Non lo so, ma almeno per questa sera svuota la mente. Non chiedermi nessuna delle domande che sicuramente in questo momento staranno vorticando nella tua testa. Goditi il momento, Miki. Non chiedermi risposte che io non posso darti...»

E allora per una sera osservai i suoi consigli dati quasi con la disperazione di non poter dare risposte, ed in effetti neanch'io volevo fasciarmi la testa come facevo ventiquattro ore su ventiquattro. Svuotai la mente decidendo di godermi quei brevi istanti di pace insieme a lui.

Presi a guardare il cielo. Quella sera -nonostante fossimo in pieno inverno- ci copriva un manto di stelle. Quanto erano belle, quanto era bello lui, quanto eravamo belli noi.. stavamo bene con poco, senza bisogno di estrosità. Era forse quella la vera pace, la vera felicità? Erano sensazioni mai provate prima d'allora.

Non mi coccolò, quello sarebbe stato troppo per lui, ma sarebbe stato troppo anche per noi. Non potevamo valicare un limite, d'altronde noi non eravamo niente. Eravamo destinati ad essere il niente. Lasciò semplicemente la mano affianco ai miei fianchi, sfiorandoli per sbaglio o forse di proposito.. quello non lo avrei mai saputo.

Inaspettatamente una canzone occupò la mia mente, forse perché richiamava in qualche modo le sensazioni di quel momento. Volevo a tutti i costi farla ascoltare anche a lui ed escogitai un sistema per mascherare le mie motivazioni, e lo trovai senza neanche rifletterci troppo.

«Ho pensato ad una penitenza per te, per aver perso la scommessa» sorrisi.

«Uh, bene bene. E qua-» non lo feci finire di parlare

«Adesso. Ma non pensare che con questo finirai. Ho ancora tante cose in mente per te» risi pregustandomi la vittoria di far fare a Castiel qualcosa che lui odia. 

«Tu ami e veneri solo la musica rock mentre l'altra musica ti fa a dir poco schifo, giusto?» cominciai.

«Esatto. Ascoltando altra musica le mie orecchie finirebbero per sanguinare»

«Benissimo. Adesso per penitenza ascolterai un brano pop che a me piace da impazzire e lo ascolterai tutto, senza interruzione e senza fare storie» mi sollevai dal suo petto a malincuore, mettendomi seduta. Poi presi lo smartphone e le cuffie dalla tasca del mio cardigan e avvicinai il tutto davanti al volto di Castiel che mi guardò inorridito.

«Sei crudele. Non puoi farmi questo, ti prego!» unì le mani a mo' di preghiera mentre si sedette anche lui, mettendosi difronte a me. «Cos'è? Roba tipo i One Direction di sto' cazzo o un altro insulto alla musica?» fece una smorfia.

«No, è Ed Sheeran!» affermai con un sorriso a trentadue denti. Dalla soddisfazione di quello che stavo andando a fare per poco non saltai.

Nei mesi passati in banco insieme, spesso avevamo parlato dei nostri gusti musicali e quando parlavo della mia musica preferita rabbrividiva per l'orrore ogni volta. Quella, secondo il suo cervello bacato non era musica. La vera ed unica musica degna di essere definita tale era la musica rock. Io, al contrario suo, amavo ogni tipo di suono.

«Di male in peggio..» commentò. 

Evitai di rispondergli male, srotolai le cuffie annodate, le inserii nel cellulare e dopo aver cercato e selezionato il brano oggetto del mio interesse, porsi il lato sinistro della cuffia a Castiel mentre quello destro lo tenni io. Entrambi lo inserimmo nell'orecchio nello stesso istante ed io premetti play facendo partire il brano "kiss me" di Ed Sheeran. 

Fu incredibile il batticuore di quei minuti, persino le mani presero a sudare. Conoscendo già il significato della canzone ed avendola in qualche modo ricollegata a quella sera, mi agitò. Ma tanto lui non se ne sarebbe accorto, vero? Non avrebbe associato quelle parole a me, a noi, non avrebbe potuto, no? Quasi mi pentii di aver avuto l'idea di fargliela ascoltare per quanto mi sentii repentinamente vulnerabile. 

La voce di uno dei miei cantanti preferiti partì ed io involontariamente presi a canticchiare. Castiel in un primo momento fece delle smorfie abbastanza disgustate, ma quando mi sentì cantare rilassò il volto iniziando a fissarmi attentamente. 

« Settle down with me 

Cover me up 
Cuddle me in 
Lie down with me 
Hold me in your arms 


Your heart's against my chest 
Lips pressed to my neck

I've fallen for your eyes 

But they don't know me yet » sull'ultima frase canticchiata osservai incantata i suoi occhi, e lui se ne accorse. 

"Coprimi, coccolami, stenditi insieme a me, stringimi tra le tue braccia. Il tuo cuore è contro il mio petto, le labbra premute sul mio collo. Mi sono innamorata dei tuoi occhi, ma loro ancora non mi conoscono".

« Kiss me like you wanna be loved 
Wanna be loved 
Wanna be loved 


This feels like I've fallen in love 
Fallen in love 
»

"Baciami come se volessi essere amato; Sembra che io mi sia innamorata".

I minuti della canzone continuarono a scorrere, mentre io e lui non smettevamo un attimo di guardarci. E lo vidi, lo vidi quando il ritornello cantava "kiss me" guardarmi le labbra. Lo percepii sulla mia pelle, nel mio cuore che lui avesse capito il motivo della scelta di quel brano.

E quando il ritornello si ripeté per la seconda volta, tradussi ad alta voce una frase, quella frase in italiano. Sapevo di star giocando scorrettamente, ma lo volevo di nuovo; volevo dannatamente quelle labbra sottili sulle mie senza pensare alle conseguenze.

«Baciami...»

"Come se volessi essere amato da me.." aggiunsi nella mia mente.

E lui non se lo fece ripetere due volte. Comprendendo i miei desideri, si sporse verso di me e finalmente mi baciò. Le cuffie caddero a causa dei nostri movimenti, ma in quel momento poco c'importava del mondo esterno.

Mi baciò sul serio, come se mi amasse, come se volesse essere amato, come se tra noi ci fosse realmente quel qualcosa in più. Sapevo fosse tutta un'illusione, per quei minuti volli illudermi di un noi che non sarebbe mai esistito ma che se fosse esistito avrebbe provocato scintille e fuochi d'artificio. 

Quando approfondì il bacio, fece pressione con le mani per stendermi sull'erba del terrazzo, lui finì sopra di me. Allargai inconsciamente le gambe per permettersi di sistemarsi meglio, e fece pressione con il bacino per farmi percepire quanto stesse apprezzando quel momento anche con un'altra parte del corpo, la più prepotente. 

Fu un bacio umido, passionale, caldo ed invitante, per nulla tenero. Sembrava quasi che mi volesse divorare, farmi sentire di più. Darmi risposte che a voce non era in grado di dare. Fu un bacio dato per bisogno di sfamare la nostra voglia di appartenerci. Non era mai accaduto così rudemente, e mi travolse completamente. Per la prima volta percepii un formicolio provenire dal basso ventre e diffondersi per tutto il corpo, mentre Castiel prese ad oscillare il bacino su e giù per aumentare il piacere di entrambi. 

Eravamo completamente fuori di testa. Eravamo chiusi nella nostra bolla, in un piccolo spazio in cui non poteva entrare nessun altro se non noi. Per quei minuti non esisté nessun altro, mi dedicò tutto sé stesso e se solo avessi voluto, avrei potuto ottenere di più.

Ma non ero pronta, non potevo cedere totalmente. Non potevo concedermi completamente a lui sapendo che appartenesse ad un'altra. E poi avevo a cuore il suo futuro, non avrei dovuto neanche baciarlo o stare a quella vicinanza. Proprio per quel motivo lo bloccai quando percorse il mio corpo sfiorandolo con le dita di una mano, scendendo fino ad accarezzare il mio basso ventre. Quei movimenti accesero un campanello d'allarme, mi risvegliarono da quello stato di trance.

«Dovremmo rientrare, si è fatto tardi..» tirai fuori quella scusa banale con tutte le mie forze, e lui non se lo fece ripetere due volte.

Scoppiò la bolla in cui ci eravamo rinchiusi.

Si alzò bruscamente dal mio corpo, odiava più di tutto essere rifiutato. Lo feriva nell'orgoglio, ormai avevo imparato a conoscerlo nel mio piccolo. 

E senza degnarmi più neanche di uno sguardo, abbandonò quel terrazzo magico sbattendo la porta, lasciando il freddo sulla pelle e nel cuore. 

Ma era giusto così. Doveva essere per forza così.

Eravamo destinati a brevi attimi di felicità condivisa, io e lui. 

 

Il vento soffiava forte ma non potevamo esserci l'uno per l'altra. 

Creati per tenere il corpo dell'altro al caldo, ma destinati ad avere perennemente freddo.

  
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