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Autore: heliodor    18/11/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Tempi duri

 
Joyce rabbrividì e si strinse nel mantello. Una folata di vento le scompigliò i capelli, sferzandole il viso.
Dopo essersi lasciata alle spalle la rigogliosa pianura occidentale del continente ed essere penetrata per decine di miglia a nord della penisola della Falce, non aveva incontrato altro che desolazione.
Poco prima di lasciare Gadero lady Gladia l'aveva avvertita.
"La penisola della Falce è un luogo desolato, come tutto il nord del continente. Berger sorge sulla mezzaluna formata dalla penisola, in un ampio golfo che si allunga verso il Mare Occidentale."
"Non mi converrebbe prendere una nave?" aveva chiesto Joyce.
Lady Gladia aveva scosso la testa. "Le acque della Falce sono infestate dai pirati. Hanno le loro basi nelle piccole isole che si trovano in mezzo al mare. La flotta di Malinor si limita a tenerle lontane dalle loro coste, ma quella di Berger è pressoché inutile."
"E il commercio come procede?"
"Quasi tutto via terra ormai" disse l'inquisitrice.
"Allora andrò verso Malinor e da lì proseguirò a nord per Berger" aveva suggerito Joyce. A parte la via marittima, era la strada più breve.
Lady Gladia aveva scosso di nuovo la testa.
E adesso cosa c'è che non va? Si era chiesta Joyce.
"Ti sconsiglio la via costiera. Lasciati i confini di Malinor, è pieno di pericoli. I pirati si sono trasformati in predoni e assaltano i villaggi costieri della Falce. Solo così riescono a sopravvivere."
"Ma è terribile" aveva esclamato.
"Sono tempi duri" aveva risposto lei. "Ti rimane solo la via interna e non sarà affatto facile."
Joyce aveva atteso che proseguisse.
"Devi puntare verso Malinor e poi aggirare le montagne. Prendi la via che segue il fiume Rosso e poi devia verso nord non appena trovi la strada."
"E se andassi verso Orfar?"
"Lì stanno combattendo" aveva detto lady Gladia.
Lì c'e Bryce, aveva pensato Joyce.
Ormai la notizia della sua diserzione era confermata. Non solo lei, ma anche Vyncent, Elvana e Bardhian erano andati via da Valonde per proseguire la guerra da soli.
Joyce non aveva avuto il coraggio di fare delle domande per non insospettire l'inquisitrice, ma moriva dalla voglia di sapere che cosa stava accadendo a Orfar.
"L'esercito di Malag è a oriente dei confini della federazione" aveva spiegato lady Gladia. "Stanno cercando un modo per aggirare le difese, ma non ci riusciranno."
"Ci sarà una battaglia?" aveva chiesto Joyce non riuscendo più a resistere.
"Sì" aveva detto lady Gladia.
"Chi vincerà? L'alleanza?"
"L'alleanza c'entra poco con tutto questo. E non so dirti chi vincerà. Probabilmente perderanno tutti."
Joyce si era accigliata.
"Orfar è troppo debole per respingere l'attacco" aveva spiegato l'inquisitrice. "Ma l'orda di Malag rischia di subire numerose perdite nel tentativo di passare. Se ciò accadesse, l'unico a guadagnarci sarebbe re Alion."
Il re di Malinor, pensò Joyce.
Lo aveva sentito nominare spesso nei giorni che si era concessa per guarire dalla ferita infertale da Eryen
Alla fine il guaritore aveva dichiarato che stava bene e che poteva camminare.
Tolta la benda, il primo pensiero di Joyce era stato quello di osservare la gamba in uno specchio per assicurarsi che non ci fosse una cicatrice.
Si vedeva solo una sottile striscia rossastra che le tagliava in due il polpaccio.
"Sei giovane e sparirà col tempo" le aveva assicurato il guaritore.
Joyce aveva sospirato rassegnata.
Un'altra ferita da mostrare con orgoglio, si era detta.
A quel punto niente la tratteneva a Gadero e poteva partire. Lady Gladia le aveva offerto un cavallo e lei aveva accettato.
Prima di andarsene Eryen era passata a trovarla. Sembrava di buon umore e questo aveva sorpreso Joyce.
"Puoi avere ingannato mia zia" le aveva detto. "Ma non me. Io so di cosa sei capace. E ora sai di cosa sono capace io" aveva aggiunto con tono minaccioso.
"Lo sapevo già di cosa eri capace" aveva risposto Joyce.
"La prossima volta che ci incontreremo, ti ucciderò" aveva risposto Eryen prima di andarsene.
Non sembrava una minaccia, quanto una promessa.
Dopo lo scontro avuto con la strega, Joyce aveva capito di non essere al suo livello. Si era salvata solo per un caso fortuito. Se non ci fosse stata lady Gladia, Eryen l'avrebbe finita in quel vicolo.
Era stata fortunata a guadagnarsi la fiducia dell'inquisitrice e sentiva il dovere di ripagarla in qualche modo.
Sarebbe andata a Berger e avrebbe scoperto se la storia delle armi leggendarie di Bellir era vera o falsa.
Lady Gladia le aveva dato un paio di nomi dai quali iniziare a indagare. Joyce li aveva imparati a memoria insieme alle descrizioni che la donna le aveva dato.
Quel giorno stesso aveva lasciato Gadero e si era diretta verso le colline. Lì aveva scoperto che la sua vecchia cavalcatura aveva rosicchiato la corda ed era fuggita.
Poco male, si disse.
Recuperò la sua borsa da sotto il masso dove l'aveva nascosta. Era piena di terriccio e qualche verme, ma era tutto al suo posto.
La ripulì con cura prima di metterla a tracolla e rimontò in sella.
Seguendo le indicazioni di lady Gladia era passata attorno a Orfar evitando la guerra e gli eserciti che si stavano muovendo.
Solo in una occasione aveva incrociato una colonna di soldati che andava verso oriente. C'erano anche degli stregoni che li guidavano, ma nessuno di loro l'aveva fermata o importunata.
Joyce ne aveva approfittato per fare qualche domanda. "Dove andate?" aveva chiesto a uno dei soldati.
"Orfar, ragazzina" aveva risposto. "E tu dove vai?"
"Berger" aveva risposto.
"È un postaccio. Copriti bene."
"Non avete paura della guerra?" aveva chiesto Joyce a un altro soldato più giovane.
Questi aveva sorriso. "La fame è peggio della guerra. A Orfar dicono che ci sia cibo per tutti in abbondanza."
"E la strega dorata."
A quel nome tutti si erano infervorati.
"Dicono che sia bellissima."
"E che ucciderà Malag."
"Io ho sentito dire che ha sfidato a duello la strega bianca e l'ha uccisa."
La strega bianca era Nimlothien. E non era morta. Joyce l'aveva intravista di sfuggita quando era arrivata a Gadero.
Vorrei tanto venire da te Bryce, pensò Joyce.
Ma aveva promesso a Gladia di andare a Berger e voleva trovare le armi di Bellir, anche se c'era una sola speranza di riuscirci.
Se esistevano davvero, era suo dovere recuperarle e portarle a chi le avrebbe usate per distruggere l'arcistregone per la seconda volta.
Salutò i soldati e riprese il viaggio verso la penisola della Falce.
Poco prima di arrivarci si imbatté in una locanda. Era più un insieme di baracche unite da un edificio più grande a due piani, il primo dei quali era di mattoni.
Il sole era ancora alto, ma dopo venti giorni di notti passate all'addiaccio e cene a base di carne essiccata e pane raffermo, aveva voglia di dormire in un letto vero e mangiare qualcosa di caldo.
Aveva ancora le monete datele da Marq, anche se erano molte di meno rispetto a prima.
Basteranno per una stanza e una cena, si disse.
Affidò il cavallo a una ragazzina dall'aria annoiata e i capelli chiari e arruffati. Le allungò una moneta d'argento che lei prese senza protestare.
"Dagli la biada migliore" si raccomandò prima di avviarsi alla locanda.
La sala principale era vuota fatta eccezione per un paio di avventori seduti in un angolo che mangiavano in silenzio.
Al centro ardeva un focolare che spandeva un piacevole caldo. C'erano delle sedie ma nessuno si stava scaldando vicino alle fiamme.
Prima ancora che potesse muovere un passo, una donna le si avvicinò. "Ti serve qualcosa?"
Joyce annuì. "Una stanza e vorrei cenare. Se possibile anche un bagno caldo."
"Il bagno te lo puoi scordare" disse la donna. "Ma per la stanza e la cena nessun problema, se ti accontenti di pane fresco e formaggio. È tutto quello che abbiamo."
"Andrà bene. Avete anche della frutta?"
"Le noci non mancano."
Joyce le adorava. A Valonde non erano molto note, ma sul continente vecchio non mancavano mai in tavola.
"Scegli un tavolo e ti servo subito."
"Grazie."
La donna si allontanò con passo veloce.
Rimasta sola, Joyce scelse un tavolo piccolo in uno degli angoli e vi si sedette. Era piacevole potersi riposare dopo tutti quei giorni di viaggio.
La donna tornò con due piatti pieni di formaggio dalla tipica forma a ruota. Mise tutto davanti a Joyce, quindi portò una caraffa d'acqua e un piatto pieno di noci insieme a una piccola tenaglia di ferro.
Joyce esaminò l'oggetto incuriosita.
"Serve per aprire le noci" disse la donna. "Ne prese una e la posizionò tra le ganasce della tenaglia, quindi facendo leva con le mani ruppe il guscio del frutto. "Capito?"
Joyce annuì con educazione, anche se era certa che ci sarebbe arrivata da sola.
Mangiò con gusto il pane e le noci mentre il formaggio era troppo morbido, solo un po' più consistente della crema.
"Lo devi spalmare sul pane" disse un nuovo avventore che era appena entrato ed era andato a sedersi in un tavolo accanto al suo.
Joyce notò che era un uomo di mezza età, capelli lunghi corvini pettinati all'indietro e un mezzo sorriso stampato sul viso.
Usò il coltello per spalmare il formaggio sul pane e diede un morso. L'uomo aveva ragione, così era molto meglio.
"Buono, eh?" fece il tizio soddisfatto.
"Io mi chiamo Sibyl" disse con educazione dopo aver finito la fetta di pane.
"Io sono Mish" disse l'uomo. "Vai verso Orfar?"
"Azgamoor" rispose Joyce. Non si fidava abbastanza da dirgli dove era diretta.
Mish annuì. "È lontana da qui. Sei sicura di essere sulla strada giusta?"
Ecco, lo sapevo che mi avrebbe subito scoperta, si disse Joyce.
"In verità non lo so nemmeno io" disse fingendosi ingenua. "Penso che chiederò in giro prima di proseguire."
Mish sorrise. "Faresti bene."
"Cosa ci vai a fare a Orfar?" chiese per cambiare discorso
L'uomo si strinse nelle spalle. "C'è un sacco di gente che va lì."
"Ho sentito che c'è la guerra."
"La guerra è dappertutto. Ormai non si parla d'altro. La follia dell'uomo" aggiunse con aria triste.
"Non ti piace la guerra?"
"A chi piace?"
"Allora perché vai a Orfar?"
Mish si chinò di lato e le mostrò una lira. Lo strumento aveva un'aria vissuta, ma sembrava ben messo.
"Sei un artista?" chiese Joyce. Ogni tanto a Valonde arrivavano artisti girovaghi che intrattenevano le giornate dei cittadini suonando e cantando nelle feste e nei ricevimenti.
"Amo definirmi un cantastorie" disse Mish con modestia. "Forse non il migliore, per qualcuno il meno dotato tra quelli che potresti trovare a buon prezzo, ma di sicuro il più sincero e ispirato."
Joyce non riuscì a trattenere un sorriso. "E che cosa ci vai a fare a Orfar?"
"I soldati hanno bisogno di distrarsi e di pensare ad altro" disse Mish. "Cosa c'è di meglio che essere allietati dalle dolci note della Serenata del Principe Jirodin o dalle pene d'amore della principessa Sharre prima di lanciarsi contro il nemico?"
"Non hai paura che il nemico possa lanciarsi contro di te?"
"Non viaggio mai senza compagnia." Mish estrasse un pugnale che portava nella cintura.
Joyce dubitava che un pugnale potesse proteggerlo da un dardo magico, ma non glielo fece notare.
Doveva saperlo anche lui.
Quell'arma non era per uno stregone, ma per qualche brigante che poteva incontrare lungo la strada.
"E poi mi servono storie nuove con le quali allietare i miei clienti" disse Mish sospirando. "Ho già in mente una ballata sulla strega dorata e il principe senza corona."
Joyce sapeva che la strega dorata era Bryce, ma il principe senza corona chi era? Sembrava che i due fossero inseparabili.
Che fosse un suo fidanzato?
Quella cosa la divertiva e la turbava allo stesso tempo e preferiva non pensarci.
"Te la racconto io una bella storia" disse la locandiera portandogli una caraffa d'acqua.
Mish le sorrise. "Larysa. Sei sempre splendida."
"E tu sei il solito bugiardo" rispose la donna arrossendo.
"Di che storia parli?" chiese Mish.
"Della maga e della sua casa maledetta" rispose Larysa.
Joyce cercò di non mostrare la sua sorpresa.
Mish invece rise. "Ma è una storia vecchissima."
"Ha sempre successo" disse Larysa andandosene.
Joyce attese qualche secondo, poi si rivolse a Mish. "Di che storia parla?"
"È abbastanza famosa da queste parti" disse il cantastorie. "Narra di una maga che sarebbe vissuta in una casa nelle vicinanze circa cento anni fa."
"Cos'ha di tanto speciale?"
"Niente, a parte il fatto che la maga viveva con un compagno. Una coppia di maghi, capisci? È un fatto raro."
"Per caso uno dei due si chiamava Arran?"
Mish scrollò le spalle. "I nomi non li ricorda più nessuno. Gli inquisitori si assicurano di cancellarli da ogni registro quando scoprono un mago. Come se non fossero mai esistiti."
"Dove si trova questa casa?"
"A nord di qui. Sei curiosa di vederla?"
"No" si affrettò a risponde. "Chiedevo solo  per sapere."
"Non è davvero maledetta" disse Mish. "È solo una leggenda."
Joyce annuì distratta. La sua mente stava già viaggiando verso nord, sulla strada che portava a quella casa.

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