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Autore: heliodor    22/11/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Tu sei Malag!

 
Raggiunse il luogo indicatole dal cantastorie dopo mezza giornata di marcia. Non era lontano dalla locanda, ma dovette fare molti giri per trovare la strada giusta. Più di una volta temette di essersi persa, ma poi trovò i segnali descritti da Mish e capì di aver trovato il posto.
C'erano sia il promontorio che la valletta circondata da colline che ospitava un bosco rigoglioso, una vera rarità in quelle terre così brulle e desolate.
E c'era la casa.
Vedendola per la prima volta ne rimase delusa.
Aveva un aspetto antico e dimesso e non sembrava in buone condizioni, ma non era quello il problema. Era piccola e raccolta in un fazzoletto di terra. Lo spazio all'interno doveva essere sufficiente al massimo per un paio di persone che si accontentavano di poche pretese.
Era buffo pensare che quella era la dimora di una maga.
Nei romanzi era sempre una magione maledetta, o un castello, una fortezza e qualche volta una torre sorvegliata da creature mostruose.
Lì davanti ai suoi occhi si ergeva una casetta a due piani, di cui solo il primo aveva mura di pietra. Il secondo sembrava un'aggiunta fatta a posteriori.
Niente a che vedere con un imponente maniero. E non c'erano nemmeno le terribile creature a vegliare sull'abitazione abbandonata, a parte forse qualche coniglio selvatico che sembrava aggirarsi nell'erba alta che costeggiava il sentiero.
Attorno alla casa c'era quello che restava di un recinto che una volta doveva aver protetto un orticello.
Le finestre erano chiuse e sbarrate da assi di legno, così come la porta principale. Non si vedevano segni di vita di alcun genere ed era probabile che nessuno fosse passato di lì da anni.
A credere alle parole di Mish, la casa era abbandonata da almeno un secolo.
"Quelli che la abitavano se ne andarono in tutta fretta" aveva detto il cantastorie.
"Fuggirono?"
"Se sei una maga e un inquisitore ti da la caccia, fuggire è la scelta più saggia."
Joyce provò a immaginare che cosa aveva provato quella maga. Sapere di non avere scampo e di dover vivere nascondendosi per sempre doveva essere angosciante.
Lei stessa provava quelle cose ogni volta che usava la magia.
E se mi scoprissero? E se capissero chi sono veramente? Pensava spesso Joyce.
Erano domande che si poneva fin da quando aveva evocato il primo globo luminoso nella sua stanza, a Valonde.
Saltò giù dalla sella e legò il cavallo al recinto sgangherato. "Non scappare anche tu" disse all'animale accarezzandogli la testa.
Andò verso la porta e la esaminò. Le assi erano vecchie e coperte di polvere. Ne saggiò la resistenza cercando di smuoverle senza successo.
Mormorò la formula per la forza straordinaria e quando ci riprovò le assi vennero via come se fossero leggere. Dovette moderare la propria forza per non svellere la porta dal telaio. Era così fragile che sarebbe bastato poco per distruggerla.
Buttò via le assi e aprì la porta.
All'interno era buio come si era attesa.
Un'ottima occasione per provare qualche nuovo incantesimo, si disse.
Nel viaggio da Gadero verso la penisola della Falce ne aveva imparati due. Uno in particolare lo desiderava da parecchio tempo.
Quando era riuscita a tradurre la formula magica, dentro di sé aveva esultato di gioia.
Ora poteva mettere alla prova la sua efficacia. Si concentrò riportando alla mente le parole esatte che aveva estratto dal lungo testo del compendio.
"Sharga Vare" mormorò.
La stanza sembrò prendere vita. Dal buio emersero forme e figure che non poteva vedere. Tutto ciò che emetteva calore, anche se in minima parte, era ben visibile. Vide minuscole particelle agitarsi nell'aria.
Insetti? Si chiese.
Non era ancora brava a usare la vista speciale, ma avrebbe imparato. Non vedeva l'ora di metterla alla prova contro qualche stregone che si nascondeva nell'ombra o si rendeva invisibile.
Stava cominciando a capire come funzionava.
I suoi occhi non potevano vedere bene gli oggetti inanimati a meno che non emettessero calore. Le creature viventi invece erano ben visibili.
Vedere il calore sembrava una cosa eccezionale, ma Joyce sapeva che non era così. Una volta suo fratello Roge aveva scaldato su di una fiamma la punta della sua daga, fino a farla arroventare.
Il metallo si era illuminato per il calore assorbito dalla fiamma, restando in quello stato per alcuni minuti.
In seguito Roge era stato punito per aver rovinato quella preziosa spada, ma Joyce non aveva dimenticato quell'episodio.
La vista speciale funzionava nello stesso modo, solo che le permetteva di vedere tutti gli oggetti e gli esseri che emettevano calore, anche in minima parte.
Sapere quella cosa le aveva fatto venire in mente dei modi per ingannare la vista speciale. Se percepiva il calore, allora doveva abbassare la sua temperatura per risultare invisibile anche a quell'incantesimo.
Non aveva trovato un modo per riuscirci, ma era sicura che nel compendio ci fosse anche quello. Doveva solo tradurre il capitolo giusto.
L'altro incantesimo che aveva imparato non era meno interessante e le aveva provocato una dolorosa fitta all'addome per la nostalgia quando aveva scoperto in cosa consisteva.
Era successo due giorni prima di arrivare alla locanda, quando aveva ultimato la traduzione del nuovo capitolo.
"Bha'ghari" aveva mormorato.
Tra le sue mani era apparso un filamento di energia. Non somigliava né al dardo magico ne al raggio anche se sembrava fatta della stessa energia.
Dopo diverse prove aveva imparato a srotolare quel singolo filamento di energia trasformandolo in una corda spessa quanto un paio di dita.
Impugnando uno dei capi l'aveva usata come una frusta per colpire un albero e poi una pietra. L'energia emessa dalla corda aveva provocato una larga ferita sulla corteccia mentre la pietra aveva resistito all'assalto, che si era risolto in un semplice sfrigolio.
La corda magica spariva da sola dopo qualche minuto e doveva evocarla di nuovo se ne voleva usare un'altra. Era seccante non poter prolungare gli incantesimi, ma fino a quel momento c'era riuscita solo con la trasfigurazione.
Concentrandosi a fondo poteva restare trasfigurata per molte ore e persino quando dormiva, ma si sentiva spossata a usare lo stesso incantesimo per così tanto tempo.
Gli stregoni e le streghe si riposavano per recuperare le forze. Doveva imparare a farlo anche lei.
Trasse un profondo sospiro e avanzò nella stanza a tentoni. Non riuscendo a vedere i mobili, non voleva rischiare di inciampare e cadere. Sarebbe stato imbarazzante farsi male in quel luogo isolato.
Si aggirò per la stanza senza una meta precisa. C'era odore di chiuso e di muffa che aleggiava attorno a lei. Quelli che dovevano essere stati i mobili erano ridotti a cumuli di legno marcito e camminando schiacciò i cocci che una volta erano piatti e bicchieri.
Anche se si muoveva con cautela si stava stancando di usare la vista speciale. Era difficile orientarsi vedendo solo sprazzi di luce qui e lì. Non era affatto facile e ora riusciva a capire gli stregoni che usavano così poco spesso quell'abilità.
Inoltre si stava stancando troppo e non voleva perdere le energie in modo così stupido.
Annullò la vista speciale, tornando a quella consueta, quindi evocò il globo luminoso per rischiarare la stanza.
"Sapevo che saresti venuta qui" disse una voce alla sua sinistra.
Joyce si voltò di scatto, un dardo magico già pronto.
Una figura ammantata da un lungo mantello azzurro sostava in un angolo della stanza, davanti a ciò che restava del focolare.
"Ti stavo aspettando" disse Robern.
Joyce puntò il dardo verso di lui e lo lasciò partire.
Robern si mosse un istante prima di essere colpito dal proiettile magico, fece una mezza rotazione su se stesso mentre il mantello sembrava avvolgersi alla sua figura.
Joyce lo seguì con lo sguardo e nel frattempo si mosse per la stanza. Lanciò altri due dardi verso di lui, ma Robern li evitò.
Lei allora passò al raggio magico col quale tagliò in due ciò che restava di un tavolo prima di puntarlo verso il bersaglio.
Robern sembrò danzare sulle punte e un attimo prima che il raggio magico lo colpisse evocò lo scudo magico, assorbendolo.
Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, Joyce che inviava scariche continue di energia contro Robern e lui che si limitava ad assorbire i colpi.
"Che ti prende? Sei arrabbiata?"
"Tu dici?" disse Joyce evocando la corda magica. La lanciò verso Robern per afferrargli il braccio che usava per manovrare lo scudo, ma questi fece un balzo indietro ed evitò l'attacco.
"È successo qualcosa che non so?" chiese l'uomo muovendosi con cautela.
Joyce ansimava, ma sapeva di avere ancora la forza di scagliare qualche attacco. Robern si era limitato a controllarla fino a quel momento e si aspettava una sua reazione da un momento all'altro.
"Dimmi chi sei veramente" gridò nel tentativo di guadagnare un po' di tempo per recuperare le forze.
"Te l'ho già detto. Sono un amico."
"Non ti comporti come tale."
"A volte gli amici fanno cose strane."
"Tu non sei mio amico." Joyce evocò una dozzina di dardi magici e li lanciò verso il bersaglio in rapida successione.
Robern li deviò tutti muovendo appena lo scudo da una parte all'altra per coprire ogni spiraglio. Nemmeno un dardo riuscì a passare le sue difese, ma anche lui sembrava stanco o preoccupato.
Che stesse per cedere? Si chiese Joyce. Forse il mio attacco ha una speranza di riuscire, dopotutto.
"Smettila" gridò Robern. "O ci faremo male tutti e due."
Era la prima volta che lo sentiva urlare.
Devo averlo colto di sorpresa, pensò Joyce esaltata da quella sensazione.
L'idea di averlo messo in difficoltà la rendeva soddisfatta.
"Se vuoi che la smetta, dimmi la verità" disse Joyce sospendendo il tiro dei dardi.
"Ti ho detto quello che potevo" disse Robern.
"Quindi ammetti di avermi mentito?"
"No" rispose lui. "C'è differenza tra il tacere una verità e dire una menzogna."
"Io non vedo alcuna differenza."
"Ti sbagli. Se non ti ho detto tutto è perché volevo proteggerti."
"Da cosa?"
"Dalla verità."
Joyce ringhiò. "Dimmi subito tutto."
Robern sembrò rilassarsi. "Che cosa vuoi sapere?"
"Tutto. Chi sei veramente?"
Robern abbassò lo scudo.
Sorpresa, Joyce evocò un dardo magico e glielo puntò contro. "Da questa distanza non mancherò il bersaglio."
"Fai pure" disse Robern allargando le braccia. "Tu chi credi che io sia?"
Joyce aveva riflettuto su quella cosa durante il viaggio da Gadero verso la penisola della Falce e adesso era sul punto di verificare se la sua teoria era giusta.
"Tu" disse serrando i denti. "Sei Malag."

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