Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: BlueButterfly93    01/12/2018    1 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 30

Ho solo bisogno di te






🎶Evanescence - Bring Me To Life (consiglio l'ascolto durante il Miki's pov)🎶 

 

***


CASTIEL


«Ho un cancro al fegato» mia madre sganciò quella bomba con voce rotta, mentre io mi pietrificai sul posto. 

Cosa stava dicendo? Era un fottuto scherzo? Doveva esserlo. Per forza.

«Che diavolo st-» tartagliai. Non mi uscivano le parole. Ero scioccato.

«Tra due giorni subirò un intervento delicato in cui mi asporteranno la massa tumorale e parte del fegato..» aggiunse Adelaide tenendo il volto basso e singhiozzando tra una parola e l'altra. Le pesava rivelarmi quella verità, si percepiva.

Ma cosa voleva dire? Quanti rischi correva? Maledizione! La vista si offuscò per la sorpresa di quella notizia, il cervello stava per esplodere. 

Perché mi aveva tenuto all'oscuro da tutto? Non avevo neanche il tempo di assorbire l'impatto con il fatto che subito sarebbe stata sottoposta a quella dannata operazione. Cazzo!

Avrei voluto urlare, ma non avevo voce. Avrei voluto strapparmi tutti i capelli dalla testa, ma non avevo la forza. 

Tante angosce, tanti assilli si sovrastarono tra loro, apparirono quasi sconnessi come se stessi perdendo il senno.. o forse era già accaduto senza che lo presentissi. 

Per tutto quel tempo avevo fatto credere a me e agli altri di essere forte. Non era vero. 

Ed eccolo di nuovo lì, in agguato nel mio stomaco e nella mia testa, quel sentimento che si faceva beffa di me: 
la paura

La paura di perdere mia madre; 

la paura di non farcela a perdonare;

la paura di non essere in grado di starle vicino;

la paura di non essere capace di supportarla. 

La paura di restare solo. 

Perché Dio doveva farmi questi torti? Perché per punire me finiva per far soffrire le persone che mi stavano intorno? Fastidioso! Facevo bene a detestarlo. 

Ma quel pomeriggio lo odiai più di ogni altro giorno. Quale Dio permetterebbe ad una giovane donna di ricevere tutto quel male, tutto quel dolore? Non era già bastata la condanna di amare un uomo meschino come Isaac? 

"Prendi me e risparmia lei", iniziai a recitare tra me e me come un mantra.

«In base alle varie visite di controllo che ho dovuto fare, il tumore risulta essere localizzato. Non ha intaccato altri organi. Ma per eliminare definitivamente le cellule potrebbe esserci bisogno della chemioterapia e...»

«Basta, ti prego basta!» mi tappai le orecchie scuotendo la testa con ira. Non riuscivo ad ascoltare una sillaba di più. 

Ad ogni parola sembrava che mi stesse ficcando tanti coltelli nel petto. Non avevo più alcuna intenzione di conoscere quante possibilità ci fossero affinché sopravvivesse e quante invece no. Altrimenti avrei recepito ancora più male quella notizia. 

«Cass, è giusto che tu sappia quante probabilità ho p-» mi si avvicinò dopo aver smesso di piangere, ma io l'allontanai. 

Avevo bisogno di riflettere, di stare da solo, distante da lei. 

«Avresti potuto attendere più giorni per darmi questa bella notizia, sai.. Magari sotto i ferri. Sarebbe stato ancor più d'effetto» schernii la situazione. 

Ma lei non si arrese.  «Non volevo rovinare la tua vacanza a Roma e poi.. Non sapevo come dirtelo. So quanto è difficile per te gestire le cattive notizie.» Poggiò entrambe le mani sui miei avambracci ma io le scacciai senza però metterci potenza. Nonostante i miei modi bruschi non sarei mai stato capace di provocarle del male fisico.

«Con il divorzio da Isaac hai trovato la scusante che sarebbe spettato a lui comunicarmelo, ora questo. Ogni scusa è buona per mentirmi. Sai quanto odio le menzogne, ma non fai altro che dirmene da quando sono piccolo» in un primo momento alzai il tono di voce, ma poi viste le sue condizioni cercai di moderarmi. 

«Lo so hai ragione, lo so... Perdonami m-ma io sono distrutta, capiscimi ti prego» mi supplicò e finì per abbracciarmi. Non lo faceva mai, sapeva quanto odiassi le smancerie.

Eppure in quel momento non ebbi il coraggio di scacciarla. Cercai di mantenere la calma, di non farla sentire ulteriormente in colpa. Dopotutto Adelaide era soltanto una delle migliaia di vittime di quel bastardo. Negli ultimi anni il cancro si stava diffondendo, quasi come un'epidemia, in molti ne erano diagnosticati; in molti non avevano avuto scampo.

Al sol pensiero un nodo nello stomaco mi bloccò il respiro. E se anche mia madre sarebbe divenuta l'ennesima vittima di quello sterminio provocato dal male del secolo?

Davanti a quel pensiero ricambiai l'abbraccio datomi da Adelaide, ma con più forza. La strinsi come se fosse di estrema importanza farlo, come se... se non lo avessi fatto sarebbe potuta scappare via da me. Come se potesse scivolarmi tra le dita da un momento all'altro.

In quell'abbraccio le trasmisi tutto ciò che a parole non ero mai stato bravo a dire. Le volevo bene, nonostante i suoi innumerevoli sbagli, sebbene fossi troppo orgoglioso per dirlo a voce. 

Visto che la superavo di circa dieci centimetri in altezza poggiai il mento sul suo capo e presi ad accarezzarle i capelli color mogano. Rilassò i muscoli, lo percepii e quando lo fece mi venne spontaneo socchiudere gli occhi ed emettere un lungo sospiro. 

Nella mia testa e nel mio cuore si alternarono vari sentimenti contrastanti. Rabbia per le bugie che ancora una volta aveva reputato giusto raccontarmi, amarezza per la vita bastarda che non smetteva un attimo di mettermi sotto esame, ansia per quella situazione assurda, amore per la donna che mi aveva donato la vita. L'unica forma d'amore che ero pronto ad accettare e a credere sussistesse.

Avevo due giorni di tempo per riflettere, e cercare di accettare quella nuova sfida, per smaltire la delusione di esser stato ingannato. Due giorni erano pochi per un tipo orgoglioso come me, ma non potevo abbandonare mia madre in un freddo letto di ospedale, non ero menefreghista fino a quel punto. 

Lei aveva solo me. La storia con quel ragazzetto da quattro soldi Bruno si era conclusa ancor prima di nascere, il matrimonio e i rapporti con Isaac erano ancor più critici; Quindi.. Come potevo rinfacciarle i suoi sbagli in un momento come quello? Sarei stato un mostro se lo avessi fatto.

«Mamma» dopo mesi, forse addirittura anni, la chiamai nuovamente come doveva essere chiamata, l'allontanai dal mio petto poggiando le mani sulle sue spalle e le parlai a parole povere di ciò che mi sentivo di ribadire dopo la sua confessione. «Adesso ho bisogno di stare un po' da solo. Non pensare che sia per le tue bugie, è solo che ho bisogno di accettare queste novità e devo farlo in solitudine. Certo, sono anche furioso perché non smetti mai di mentirmi, ma non è il momento adatto per discuterne. Sappi però che non sei da sola. Io sono con te. Supereremo tutto insieme» non ero bravo ad esprimermi, non lo ero mai stato e lei lo sapeva. Tuttavia per lei feci uno sforzo enorme.

Nonostante non avessi fatto un discorso degno di poeta lei si commosse e mi strinse in un abbraccio di pochi secondi. Poi si staccò, asciugò le poche lacrime presenti sul suo volto, sotto gli occhi arrossati e mi fece segno di andare, che avrebbe compreso il mio bisogno di riflettere. 

Senza farmi pregare salii nella mia camera trasportando la valigia ancora da disfare. Con poco garbo la lanciai da qualche parte sul parquet e mi coricai stremato sul letto. 

Mi mancava Demon, mi mancava terribilmente. In casi di forte stress come quello, passavo ore e ore ad accarezzarlo, solo con lui riuscivo ad accettare qualsiasi realtà e ad andare avanti.

Come sarei sopravvissuto a quella notizia senza di lui, non lo sapevo.

Demon era rinchiuso in una clinica per animali dal giorno prima della mia partenza per Roma. Era stato sottoposto a delle terapie specifiche e costose. Forse, grazie al mio ingaggio per quella pubblicità famosa sarei riuscito a pagargli tutte le cure complete, forse sarebbe guarito. 

Avevo ricevuto una chiamata dalla segretaria della clinica che mi aveva avvertito che l'indomani sarei potuto andare finalmente a vedere come stesse Demon, e per discutere con il dottore che lo avrebbe operato. 

Un pandemonio dietro l'altro in poche parole. La mia vita era un eterno subbuglio.

Provai ad inserire le cuffie nel mio iPod per cercare di calmarmi ascoltando i miei brani preferiti. Passai circa un'ora in quella posizione mentre i Pearl Jam, Pink Floyd, Muse, Foo Fighters, Guns N' Roses, Linkin Park si alternavano nelle mie orecchie. Ma non ci fu verso di liberare la mente, di stare meglio, di riflettere, di accettare la verità dei fatti. 

Lanciai dei fogli pentagrammati -che solitamente usavo per comporre musica- contro il muro per la rabbia, per l'ingiustizia di avere troppe cose da risolvere e di non sentirmi capace di farlo. 

Poi bastò un attimo. 

Una canzone. 

"Bring me to life" degli Evanescence per precisione.

Le prime strofe.

La mente mi condusse a lei e soltanto a lei. 

Era lei, forse, l'unica soluzione?

Solo lei avrebbe potuto abbattere quel muro per davvero?

Effettivamente da qualche mese solo lei aveva avuto la capacità di salvarmi senza chiedere, di riportarmi in vita, di capirmi con uno sguardo e nello stesso tempo di farmi imbestialire. Solo lei mi aveva risvegliato dall'apatia, dal distacco delle emozioni. 

E sapevo quanto fosse sbagliato, sapevo quanto fossi contraddittorio con me stesso ed anche con lei.. Sapevo di aver detto che una volta tornato a Parigi avrei dovuto allontanarla definitivamente.

Ma doveva assolutamente ascoltare quella canzone, solo in quel modo avrebbe compreso appieno le mie sensazioni, i miei bisogni. 

Solo guardandola, respirandola, assaporandola sarei potuto risorgere.

Ascolta Bring me to life degli Evanescence

le scrissi senza aggiungere altro. Il resto lo avrebbe capito da sé. 




 

MIKI
 

Il ritorno in quella che avrei dovuto definire casa, a Parigi fu catastrofico. Non solo zia Kate non si era degnata di farsi trovare, aveva addirittura ben deciso di andare in vacanza con la sua fiamma -passeggera, sperai- comunicandomelo con un post-it più grande del solito attaccato al frigorifero. 


Isaac mi ha fatto una sorpresa. Mi ha vista giù di tono in questi giorni e ha deciso di regalarmi un viaggio di una settimana in Croazia. Al mio ritorno risolveremo ogni cosa, stando un po' lontane avremo entrambe modo di riflettere. 

A presto!


Non sapevo se ridere o piangere per la loro immaturità. Adelaide avrebbe subito un intervento delicato al fegato due giorni dopo e i due adolescenti con il fuoco tra le gambe avevano l'urgenza di fare un viaggio. In Croazia, poi. A loro la vacanza sarebbe servita solo in un ospizio, da nessun'altra parte.

Prima di partire per Roma, prima di scoprire la verità su zia Kate, ero venuta a conoscenza che sia lei che Isaac sapevano della malattia di Adelaide, del giorno fissato per l'operazione.. insomma ogni cosa. Un uomo stato sposato per tanti anni con una persona, avrebbe dovuto nutrire maggior rispetto per quella che fino ad un anno prima definiva l'unico grande amore della sua vita. Ma come potevo qualificare "uomo" un soggetto del genere? In quel momento avrei tanto voluto sputacchiare sul suo naso lungo e sui suoi capelli tinti. 

Per non parlare di zia Kate. Da donna avrebbe dovuto tenere viva un minimo di solidarietà femminile per una moglie tradita e abbandonata. Invece no. La povera Kate era tremendamente in pena per problemi che lei stessa aveva creato anni prima tanto da dover urgentemente partire per staccare la spina. "Altro che staccare... Gliel'attaccherei io la spina su per il sedere, magari una scossa elettrica dove non batte il sole sveglierebbe il suo cervello", fu delicata la mia coscienza in quell'ambito. Ma aveva ragione. Perché se anni prima non mi avesse mentito quel trambusto non sarebbe mai e poi mai accaduto.. ed io probabilmente avrei ancora avuto una madre.  

Percepii la rabbia incrementare -insieme ad un istinto omicida- dalla punta dei piedi fino alle unghie delle mani. 

Poi nella mia visuale entrò una loro piccola foto agganciata con una calamita sul frigo, quando l'avesse aggiunta non ne avevo idea. Comunque non potendo avere tra le mani nessuno dei due finti adolescenti, staccai con ira l'immagine in questione e la ridussi a brandelli senza preoccuparmi di raccogliere i pezzi sparsi per tutto il pavimento della cucina. Anzi, per accentuare il mio odio per entrambi pestai i piedi prima sul punto in cui si trovava il volto di Isaac e poi su quello di zia Kate. Sembravo matta, ma perlomeno placai un minimo i miei nervi. 

Poi con un sorrisetto soddisfatto salii in camera, conservai nell'armadio gli abiti non utilizzati contenuti nelle tante valigie che avevo trasportato fino a Roma e misi a lavare quelli usati. Una donnina di casa perfetta, insomma. 

Quando terminai di mettere in ordine mi destò l'attenzione la vibrazione del cellulare che segnava l'arrivo di un messaggio. Lessi il mittente e per poco non ebbi un mancamento.

Castiel. Quel Castiel. Poco prima in aereo mi punzecchiava dicendomi quanto fosse impaziente di tornare a Parigi per non dover vedere la mia faccia ventiquattro ore su ventiquattro, e invece dopo solo qualche ora di lontananza già mi scriveva. Esultai saltando sul posto un breve istante per quella piccola vincita, ma prima di cantare definitivamente vittoria preferii leggere il testo. Magari voleva semplicemente mandarmi a quel paese una volta per tutte..


Ascolta Bring me to life degli Evanescence


Ma che? Tutto mi sarei aspettata tranne che quel genere di messaggio. A primo acchito quel titolo ebbi l'impressione di non conoscerlo, ovvio la band sì ma non ascoltavo spesso loro brani. 

"Riportami in vita", era la traduzione. Che fosse un messaggio in codice come il mio con il brano fattogli ascoltare sulla terrazza di quell'hotel a Roma? Era diventato una sorta di rito, per noi, comunicare con le parole di una canzone invece di farlo con le parole?

Una morsa allo stomaco di nostalgia per quell'intenso momento trascorso sul terrazzo a Roma mi distrasse per un attimo, ma poi la curiosità di ascoltare le parole di quel brano vinse su tutto. Castiel non era un tipo romantico, espansivo, proprio per quel motivo ogni gesto compiuto da lui valeva quanto mille dichiarazioni. 

Accesi il computer portatile, andai su YouTube alla ricerca della canzone in questione e quando la trovai alzai il volume delle casse per non perdermi neanche una parola. 

Era una canzone rock, ovviamente. Appena iniziarono le prime note la riconobbi. Era famosissima e bellissima quella canzone.

Come fai a vedere dentro i miei occhi come se fossero porte aperte?
arrivando nelle profondità del mio corpo,
dove sto diventando ghiacciato. 
Senza un'anima,
il mio spirito sta dormendo in qualche luogo freddo,
fino a che non la ritroverai e la riporterai a casa.

Avevo capito bene? Dovevo realmente leggere tra le righe? Cosa diavolo voleva trasmettermi? Era stato uno scherzo? Troppi quesiti frullarono nella testa tanto da farla girare. 

Stavo per impazzire, era ufficiale. 

Restai al centro della stanza, immobile, con lo sguardo fisso allo schermo del PC mentre le parole della cantante mi entravano dentro e le immagini scorrevano. Ero frastornata dalla potenza di quel testo, di quei suoni.

Poi... All'improvviso un rumore più forte proveniente dalla finestra attirò la mia attenzione allarmandomi. Era ormai buio fuori e l'essere completamente sola in una villa così grande non mi permetteva di essere chissà quanto tranquilla.

Oltre il vetro sbucò una chioma rossa ed un viso dalla fisionomia identica a quella di Castiel; era giunta forse la fine del mondo o stavo sognando...

Sbatté energicamente i pugni contro il vetro per farsi aprire ed io lo accontentai da automa, senza ancora comprendere se quella fosse realtà o finzione. 

Dopo aver spalancato la finestra il soggetto somigliante incredibilmente al rosso entrò con nonchalance nella camera, invadendo il mio spazio personale. 

«Ce ne hai messo di tempo a sentirmi..» borbottò e poi si tolse di dosso la polvere.

Dalla voce inconfondibile e dal suo modo di muoversi capii di non star sognando. Castiel era realmente nella mia camera ed era entrato in una maniera fuori dal normale. 

«C-Castiel? Cosa ci fai qui? Come hai fatto a salire? Non potevi usare la porta come le persone normali? Dio, mi hai fatto morire!» mi poggiai la mano sul cuore che galoppava ancora sia per lo spavento e sia per la sua apparizione improvvisa. Non era mai stato nella mia stanza, come poteva aver indovinato la posizione esatta della finestra?

«Io non sono un comune mortale. L'entrate banali lasciale usare ai normali», a quel punto non seppi cosa rispondere. Era incorreggibile. «L'ex amicizia con il figlio dei Daniels ha dato finalmente i suoi frutti» ghignò, poi, sollevando un angolo di bocca e mettendo entrambe le mani in tasca. Quel sorriso uccideva tutte, me compresa. «Tengono una scala nel capanno degli attrezzi. La usavo quando il delegato veniva segregato in biblioteca, lunga storia» proseguì spiegando alla precisione come si era arrampicato fin lì.

Io ero allibita per quella sua irruzione inaspettata e nel frattempo sparai la prima cosa che mi passò per la testa, senza farci realmente caso. «Oh sì, mi ha raccontato tutto.»

«Ah giusto dimenticavo quanto tu e Daniels foste amici intimi» marcò l'ultima parola. 

«Mai quanto te con la Daniels» incrociai le braccia al petto alludendo alla sua amicizia di letto con Ambra.

«Noto con piacere che hai ascoltato il mio consiglio.» cambiò discorso indicando il computer che suonava ancora quel brano. Era destabilizzante, il ragazzo.

«Sì, molto bella. La conoscevo già»

«Ovvio che è bella. Io ascolto musica vera, non quel pop commerciale scadente!»

«Ci risiamo» mi schiaffeggiai la fronte, riprendendomi momentaneamente dalla sua presenza.

«Se hai gusti di merda in fatto di musica non è colpa mia» fece spallucce. 

«Non ti darò corda in questo monologo. Dimmi piuttosto perché hai voluto farmela ascoltare..»

«Per fare un favore alle tue orecchie. Non ne potevano più di sanguinare» alluse nuovamente.

«Castiel!» lo rimproverai alzando gli occhi al cielo.

«Ok, ok la smetto» sospirò «L'ho fatto per lo stesso tuo motivo», per la stessa motivazione utilizzata da me a Roma nel fargli ascoltare il brano di Ed Sheeran, intendeva. Ma non poteva essere così.

«La tua era una penitenza, hai perso la scommessa se ricordi e...» farfugliai.

«Intendo per il vero tuo stesso motivo» specificò sorridendo e guardandomi come se la sapesse lunga. 

Che? Aveva sin da subito capito tutto? Ma cos'era un agente segreto? Era astuto, scopriva ogni cosa maledizione!

«Oh!» riuscii solamente a rispondere in un primo momento, arrossendo. Poi mi presi di coraggio, non aveva senso martirizzarmi con mille dubbi. «Da cosa dovrei salvarti? Ma soprattutto.. vuoi davvero essere salvato, da me?» fui schietta. D'altronde odiava gli giri di parole, giusto? Bene, e allora era giunto il momento che anche lui mostrasse le sue carte.

Allungò la linea sottile della sua bocca formando un mezzo sorriso, prese a guardarmi in un modo strano che non compresi ed avanzò a passo lento verso di me. Indietreggiai d'istinto fino ad arrivare a sbattere contro il muro. Lui mi raggiunse, si avvicinò abbassando il capo e restando a pochi centimetri di distanza dal mio viso.

M'intrappolò poggiando entrambe le mani sul muro. «Mi piace la schiettezza che stai mostrando nell'ultimo periodo» mentre sussurrava percepii il fiato caldo sulle mie guance e su quei punti rabbrividii. 

Non gli risposi, mi limitai ad alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi; in quegli occhi grigi che avrei tanto voluto mi guardassero con affetto. Quello che vidi però fu tristezza, tormento, smarrimento. Cosa gli era accaduto in quelle poche ore di lontananza da me?

Scostò lo sguardo e abbassò il volto sul mio collo dove prese a baciarmi fino ad arrivare all'orecchio «Conosci i messaggi nascosti dietro ai baci?» mi chiese con voce sensuale mentre io restai attaccata saldamente al muro per timore di cadere a causa delle emozioni che si alternavano nello stomaco e nel cuore. «Desiderio» aggiunse dopo un altro piccolo schiocco di labbra sul mio povero collo divenuto schiavo di quella bocca.

Quindi, se avevo interpretato correttamente le sue parole e i suoi gesti, Castiel continuava a baciarmi il collo perché desiderava me... ME in quel senso. Cazzo! 

Mentre proseguiva a lambirmi il collo e l'orecchio di piccoli baci e morsi, spostò la mano destra sulla zip della felpa che indossavo. Ma appena tentò di aprirla, lo bloccai «I-io n-non.. uhm...» balbettai nervosa posando la mano sul suo polso.

«Shhh, ho solo bisogno di sentire la tua pelle contro la mia» suonò quasi dolce, come se mi stesse chiedendo di fidarmi di lui, come se quel contatto ne valesse della sua sopravvivenza, come se quello fosse il messaggio in codice contenuto nella canzone che aveva voluto farmi ascoltare. 

Sollevò il capo leggermente per potermi guardare negli occhi «Ho solo bisogno di sapere come ci si sente ad averti addosso» e lo vidi. Lo vidi quel cambiamento nel grigio del mare in tempesta dei suoi occhi. Si avvicinò per respirare l'odore che emetteva la mia pelle. «Odori di buono, di pulito, di vaniglia» e chiuse gli occhi.

Dopo essersi esposto così tanto avrebbe potuto fare di me ciò che voleva. Non avrei rifiutato. Ero in balia dei suoi gesti, delle sue mani; totalmente ammaliata dalla sua voce... da lui. 

Si chinò sulla mia bocca e la sfiorò con la sua «Ho solo bisogno di te..» respirò sulle mie labbra ed io completamente soggiogata chiusi gli occhi facendomi trasportare da qualunque cosa sarebbe avvenuta. 

«Wake me up inside. Save me from the nothing I've become» ripeté la strofa della canzone terminata da qualche minuto. Non lo avevo mai sentito parlare in inglese, dannazione quanto era sexy!

Non lo avrei mai reputato capace di quei gesti, di tutte quelle parole che una dietro l'altra mi stava sussurrando. Dentro di me pregai che non si rimangiasse ogni cosa, che non ritornasse indietro dopo quel grande passo verso di me. Era quello l'enorme timore che mi perseguitava ogni volta, ma cercai di non pensarci per non rovinare quegli istanti unici.

Senza aggiungere altro mi cinse i fianchi con le sue mani grandi e mi sollevò. D'istinto allacciai le gambe di lato al suo corpo e le braccia intorno alle sue spalle. Eravamo naso contro naso, alla stessa altezza, occhi contro occhi, bocca contro bocca. 

Inevitabilmente finimmo per baciarci. Ma quella volta fu diverso. In realtà ogni nostro bacio si distingueva dal precedente. Quella volta però fu un bacio bisognoso, voluto e cercato da entrambi nello stesso istante; quasi come se fossimo collegati e riuscissimo a leggerci nel pensiero. Infilò le dita sotto la felpa e mi accarezzò fino a sfiorare il reggiseno. 

Indietreggiò sino al letto dove mi fece cadere senza staccare la bocca dalla mia, lui mi seguì finendo sopra di me. 

S'inginocchiò finendo di sganciare la zip della mia felpa. Sollevai il busto per levarla definitivamente provando però un imbarazzo assurdo. A Roma aveva intravisto molto di più, vero, ma fu un attimo e in quell'attimo non ebbe il tempo di guardarmi approfonditamente mentre quella sera nella mia camera, nel mio letto, i suoi occhi bruciavano incredibilmente sulla parte di pelle esposta. 

Non sapevo ancora fin dove si sarebbe spinto il suo bisogno di me, ma volli fidarmi di lui. Permettendo di sfiorarmi gli affidai la mia ingenuità, la mia purezza; sperai la custodisse al massimo. 

Mi sfiorò con la punta delle dita il torace come se fossi frangibile, talmente fragile da potermi rompere. Nello stesso istante fissò con gli occhi i movimenti della sua mano che saliva e scendeva dal mio collo fino a sotto l'ombelico. Una dolce tortura di cui non facevo capace Castiel Black. 

In quell'ambito l'avevo sempre immaginato passionale, brusco, infuocato ma mai... dolce, apprensivo. Dov'era finito il rosso rubacuori bad boy? Nonostante fu strano ricevere quel tipo di premure da lui, fu tremendamente piacevole. Mi sentii privilegiata, come se nessuna oltre me fosse mai stata degnata di un suo trattamento del genere; auspicai di aver ragione. 

Si accorse persino della piccola cicatrice indelebile che spuntava dal reggiseno. Non chiese spiegazioni, né come me la fossi procurata.. forse visto il sua infallibile intuito addirittura lo immaginava già. Si limitò, invece, a corrugare la fronte e ad abbassarsi fin lì per dare un piccolo bacio su quella ferita che per me altro non era se non il segno del tempo
Fu quello il gesto che decretò la mia sconfitta. Ormai ero andata. Kaputt. Mi ero innamorata di lui. Di lui che senza chiedere niente, senza fare rumore aveva compreso ogni cosa. 
Si era fatto peso del mio dolore nonostante avesse sostenuto più volte di essere troppo rotto per farlo. 
Ed era vero, io non sapevo cosa fosse quel sentimento o se esistesse realmente, ma allora cosa poteva essere se non amore, la felicità interiore provata solo quando lui era con me? Cos'era se non amore il definire lui come il mio posto, la mia casa? Cosa poteva essere se non amore la necessità di volerlo aiutare in ogni occasione? Cos'era se non amore l'accettare che lui stesse con un'altra solo per salvarlo? Mi bastava anche solo un po' del suo cuore, del suo tempo per sopravvivere.

"Castiel, qui oggi, ti sto donando il mio cuore; non calpestarlo ti prego. Ha bisogno di essere riparato e solo tu ne sei capace, non romperlo!" avrei voluto urlare, scongiurarlo, ma ovviamente non lo feci per non espormi più di quando avessi già fatto.

Dopo un breve momento di trance passò a spogliarsi della sua -immancabile- giacca di pelle e poi della t-shirt. Fu il mio turno di sbavare sui suoi addominali allenati e lisci, a quel punto fu più forte di me la smania di toccarlo e lo feci. Accarezzai tutto il suo busto percependo per tutto il tempo un fuoco accendersi sul mio basso ventre. Non ero ancora abituata a quelle sensazioni così struggenti. 

Mentre ancora sfioravo la sua pelle calda lui si spostò di poco per levarmi i leggings. Fermai ogni mio movimento, irrigidendomi e trattenendo il fiato ma permettendogli comunque di eliminare il penultimo strato di vestiti. Poi passò ai suoi jeans. 

Entrambi restammo in intimo. Per la situazione completamente nuova per me, arrossii e avrei tanto voluto nascondermi sotto il letto a causa della vergogna. 

Fu la primissima volta che lo ammiravo con solo i boxer addosso, rendeva ancora meglio svestito. Le gambe lunghe e muscolose testimoniavano il suo continuo esercizio atletico insieme alle spalle possenti e al torace degno di un Dio greco. Cercai di non guardare la protuberanza tra le gambe perché altrimenti avrei avuto bisogno di un'ambulanza, così dopo un breve scanner lungo il suo corpo mi limitai a fissarlo in volto. Ma lui dovette accorgersi della fonte dei miei pensieri visto il ghignò e l'espressione maliziosa che emise. 

Ero frastornata dalla potenza di quei sentimenti e di quelle sensazioni provate inaspettatamente.

Cosa dovevo fare a quel punto? Ero sdraiata sul letto della mia stanza a Parigi e avevo difronte un bel fustacchione di cui probabilmente ero addirittura innamorata. Maledizione, avrei dovuto leggere quelle guide sulle prime volte presenti nei giornalini per teenager, le saltavo sempre concentrandomi invece sugli articoli dei miei artisti preferiti. 

"Okay, niente panico Miki. Inspira. Espira. Inspira. Espira. Brava, così!" pensò di dettarmi qualche regola la mia amica coscienza prima di finire per avere un attacco di panico. 

Castiel dovette comprendere il mio impaccio così prese lui stesso in mano la situazione, ma sorprendendomi. Chinò la testa sul mio stomaco e proprio al centro posò le labbra sottili per baciare quello strato di pelle, poi voltò il capo per poggiarsi e si stese sopra di me. Allargai le gambe per permettergli di stare maggiormente comodo e soprattutto per non morire schiacciata dal suo peso.

«Ma che-» mi venne spontaneo borbottare.

«Te l'ho detto Ariel, volevo solo sentire la tua pelle a contatto con la mia» mi ripeté chiudendo gli occhi e rilassando il volto. 

Di nuovo. Aveva ripetuto quella frase di nuovo. Il cuore mi scalpitò dall'emozione, sperai non lo sentisse.

Rilasciai il fiato che non sapevo neanche di star trattenendo e provai a rilassarmi insieme a lui. Non era facile. La sua testa era sulla mia pancia, le braccia intorno al mio busto, le gambe sul materasso che rasentavano le mie. Una posizione comoda ma del tutto nuova per un'inesperta come me, del tutto difficile per l'emozioni che mi causava.

Castiel Black era sdraiato su di me, eravamo quasi nudi, ma non aveva intenzione di andare oltre. Voleva essere salvato da me -da qualsiasi tormento avesse in quell'istante- solo rilassandosi a contatto con la mia pelle. Stentavo a crederci.

«Che bastardo Santa Claus versione Giotto!» borbottò facendo tremare la parte di pelle del mio stomaco sulla quale era poggiato di guancia.

«Possibile che per ogni persona tu abbia dei soprannomi?» mi uscì spontaneo un risolino sapendo già dove volesse andare a parare. 

Il dipinto che Castiel mi aveva regalato a Roma conteneva non solo la mia figura ma anche il rosso, e lui ovviamente non ne era a conoscenza perché non mi aveva chiesto di mostrarglielo una volta concluso. Lo avevo incorniciato e appeso poco prima che facesse irruzione nella mia stanza e il caso volle che fosse proprio difronte alla sua visuale, quindi lo vide. 

«Gli avevo esplicitamente ordinato di non essere incluso nel dipinto. Dovrei denunciare quel brutto vecchiaccio», brontolò ancora senza però essere realmente infastidito.

«Devo salvarti con il nome Mr. Brontolo in rubrica. Dimentico sempre di cambiarlo» risi di lui per la sua tendenza innata a lamentarsi di ogni aspetto, cosa o persona. 

«Permettiti ed io ti salvo sotto il nome di Ragazzina» replicò pensando di ricattarmi. 

Ma ciò che lui non sapeva era che ormai mi ero affezionata anche a quel nomignolo spesso e volentieri usato per chiamarmi. Lo usava solo con me, per me e quello bastava per farmelo amare. Feci spallucce terminando lì il discorso.

Trascorse qualche minuto in completo silenzio ed io già iniziai ad abituarmi a quel contatto piacevole, così mi permisi di toccare i suoi capelli rossi e vedendo che non mi bloccò continuai ad accarezzarli. 

Non pensai più ad alcun problema, né ad alcun ricatto. Ogni cosa rimase fuori. 

Passammo mezz'ora senza muoverci, in silenzio, all'ascolto dei nostri respiri che vicini si fondevano senza alcuna fatica, con la sensazione della nostra pelle calda ed esposta l'una sull'altro.

«Mia madre tra due giorni dovrà subire un'operazione. Ha il cancro al fegato!» e la nostra bolla, come accadeva ogni volta, scoppiò in un attimo. 

Bloccai la mano intenta ancora a carezzare la sua chioma, trattenni il respiro, m'irrigidii e strinsi gli occhi. Il momento era giunto ancor prima del previsto. Per non aggiungere altre torture mentali avevo evitato di fare previsioni su come l'avrebbe presa una volta venuto a sapere della menzogna. Ma immaginavo, immaginavo che tutto sarebbe mutato, che non mi avrebbe più vista come un tempo.

Adelaide ovviamente era stata costretta a comunicarglielo subito dopo il ritorno da Roma, i tempi stringevano. Ed evidentemente aveva omesso la parte della sua insicurezza e paura di rivelarlo al figlio, la parte in cui poi ero subentrata io. E avrei dovuto capirlo sin da quando aveva fatto incursione nella mia stanza che c'era qualcosa che non andava, era proprio quella la causa del suo tormento intravisto nei suoi occhi inizialmente.

«Perché non dici niente?» si sollevò improvvisamente dal mio corpo lasciandomi nel freddo, freddo che sicuramente non avrebbe più colmato una volta saputa la verità. 

Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, di vedere quel repentino cambiamento di colore, di emozioni che sarebbe avvenuto a breve. 

«Tu lo sapevi...» 

E arrivò. Arrivò quella coltellata dritta al cuore. Il tono di voce deluso. Il letto abbassarsi per poi sollevarsi a causa del suo spostamento. La sua rabbia, la sua delusione. Ma soprattutto la perdita di fiducia nei miei confronti. 

Perché Castiel era anche quello. Dopo le delusioni in amicizia, in amore, in famiglia, in ogni ambito era divenuto poco incline a dare fiducia alle persone. Io soltanto da poco tempo ero riuscita ad abbattere la sua diffidenza, ma eccola lì la sfortuna bastarda che continuava a perseguitarmi. 

«Posso spiegarti tutto..» mi alzai anch'io dal letto senza badare troppo al fatto che fossi in intimo ed esposta.

«Tu» m'indicò «Tu. Stammi lontano. Sei la peggior bugiarda. Sei anche peggio di mia madre. Dio!» si portò le mani ai capelli tirandoli per la frustrazione. 

«Ma vuoi capirlo che una notizia del genere toccava a lei dirtela? Cazzo Castiel per una volta evita di fare l'ottuso», urlai rabbiosa per il suo solito vizio di partire in quinta senza permettere possibilità di spiegazioni. 

«Ah sarei io l'ottuso? E tu invece?» sorrise derisorio «quale parte di: odio chi mente, non ti era chiara? Te l'ho ripetuto mille volte, cazzo, da quando ci conosciamo».

«Era disperata. Era sola. Tua madre mi ha chiamata pensando che io fossi la persona adatta per rivelarti della malattia, perché tu non la parlavi. In realtà in quel periodo anche noi ci eravamo allontanati.. è stato dopo Natale» sapevo di starmi spiegando male, ma ero completamente in panico e qualsiasi parola uscita andava bene pur di cercare di riparare l'irreparabile.

«Il fatto che io sia stato testa di cazzo in quel periodo ha giustificato te a mentirmi quindi, è questo che vuoi dire?» mi spronò incrociando le braccia al petto.

Per un attimo mi persi ad ammirare i muscoli dei bicipiti che flettevano, poi scossi la testa e cercai di tornare ad essere concentrata. Lui in boxer, alzato e incazzato era una combinazione mortale per me, piccola ragazzina indifesa e sola. 

«Non intendevo questo... Solo-» ma non mi permise di concludere.

«No senti, lascia perdere. Ho già sentito abbastanza» alzò nuovamente la voce poi parlò mentre si rivestiva. «Ho sbagliato io a venire qui. Siete tutte uguali. Mia madre, Debrah, tu. Non c'è nessuna differenza. Siete perfette fin quando vi conviene, poi alla prima occasione diventate delle bugiarde di merda!» concluse quel discorso rassegnato ma tremendamente irato.

Si passò le mani tra i capelli dopo aver indossato anche la giacca di pelle, segno di quanto fosse nervoso. Mentre io stavo immobile e rigida come un palo, con le braccia incrociate al petto, infreddolita sia dentro che fuori. Sarei tanto voluta ritornare indietro di qualche minuto nella nostra pace.

«Non ti permetto di paragonarmi a nessuna. Ti chiedo scusa se mentendo ho potuto mancarti di rispetto, ma l'ho fatto per una buona causa. E poi a dirla tutta non dovresti neanche stare qui a piangerti addosso sulle menzogne che gli altri ti raccontano, visto che c'è qualcosa di più grosso in ballo: la vita di Adelaide. Stiamo parlando di una malattia grave, Castiel sveglia! Sta' vicino a tua madre, non abbandonarla. Non lo merita» reagii, sperando di aiutarlo un minimo.

«Grazie per avermi aperto gli occhi. Senza di te non avrei mai capito che mia madre rischia di morire, sai?» si prese gioco di me. «Ora non ho di certo voglia di stare qui ad ascoltare consigli scadenti, quindi vado. Ho già perso troppo tempo dietro alla bambina del cazzo che sei, non sei neanche stata in grado di farmi svuotare le palle..» doveva ferirmi per forza, altrimenti non sarebbe stato soddisfatto «E sai cosa? Cancella tutto di me. Il mio numero, la mia faccia. Finisce tutto qui, non mi servi a niente!»

«M-ma... Ma come ti permetti?! Stupido, stronzo, cogli-» ero incredula, esasperata, per come quella serata da sogno si era appena trasformata in un incubo. 

«Vaffanculo Miki!»

E se ne andò senza neanche farmi concludere i miei insulti. Se ne andò per davvero scendendo le scale velocemente e poi sbattendo la porta d'entrata.

Quel cuore che soltanto un'ora prima gli avevo affidato tacitamente, si sgretolò tra le mie mani.

Non ero stata capace di salvarlo come mi aveva chiesto tramite quel brano, non ero riuscita a riportarlo in vita. 

Avevo fallito. 







 

 

🌈N.A.🌈

BOOOOOOM. La bomba Castiel come immaginavamo è scoppiata. 

Si fiderà di nuovo di Miki? Capirà di aver sbagliato? Perchè ha reagito così male davanti alla verità di Miki più di quando Adelaide gli ha raccontato tutto?

Nonostante questo piccolo particolare sulla sua tendenza di essere una testa calda, è stato o no carino con l'esporsi così tanto verso Miki? Si era aggiunto realmente un altro tassello al loro rapporto, ha ammesso di aver bisogno di lei😍. Vedremo come andrà a finire.

Finalmente si è saputo qualcosa di Demon. Ancora è vivo e vegeto, ma dovrà sottoporsi anche lui ad un'operazione. 🐶

Vogliamo parlare poi dell'ammissione di Miki che ha fatto tra sé e sé? Si sarà davvero innamorata di Castiel, è realmente già amore o è solo un falso allarme dettato dal momento in cui lei finalmente ha visto il rosso diverso nei suoi confronti?

Isaac e Kate credo si siano commentati da soli. E pensate... Il personaggio di Isaac è ispirato ad una persona realmente esistente, quindi molto incoraggiante direi.

Debrah è sparita nel nulla? O si sta preparando al suo gran ritorno? Tenetevi forte!

Credo che con i punti di riflessione io abbia finito per oggi. 

Buon 1 Dicembre,

All the love💖

Blue🦋


P.S. @Lady_Of_Miraculous (utente e lettrice di Wattpad) ha scritto una OS ispirandosi al rapporto tra Castiel e Miki, descritto dal punto di vista di Miki. Mi ha fatto emozionare parecchio. E' troppo bello sapere che c'è qualcuno che addirittura scrive qualcosa ispirandosi a dei personaggi creati da me.

Dateci un'occhiata, non ve ne pentirete. Tra l'altro si collega perfettamente con i pensieri di Miki di questo capitolo e soprattutto con la fine. Quindi se avete un altro po' di tempo e vi fa piacere dedicarlo ai Mikistiel (sì proprio così, anche loro come ogni coppia che si rispetti hanno la loro ship da oggi), il link è questo:


https://www.wattpad.com/660534447-resta-con-me-miki-x-castiel-non-lasciarmi-più


(Se non riuscite a cliccare direttamente da qui, copiate e incollate l'url, oppure troverete la storia nella mia biblioteca di Wattpad, nella lista "Dolce Flirt" s'intitola RESTA CON ME.. Dovreste riuscire a leggerla anche non essendo registrati a Wattpad. Fatemi sapere cosa ne pensate!)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: BlueButterfly93