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Autore: Ray Wings    03/12/2018    3 recensioni
Erano ormai passati vent'anni, un tempo più che sufficiente per voltare pagina, costruirsi una nuova vita, dimenticare tutto... eppure quando Nina ricevette quella lettera dalla Yuuei, quella bizzarra richiesta per un corso supplementare proprio durante le sue due settimane di vacanza, le sembrò che tutto quel tempo venisse spazzato via.
Sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto affrontare: un mare di ricordi, la malinconia di una donna ormai adulta che si rimetteva a sfogliare quell'album di fotografie, belle e brutte. La vecchia scuola, i vecchi amici, il negozio dove comprava i Taiyaki... ma soprattutto sapeva che avrebbe rivisto lui. Era passato così tanto tempo... ce l'avrebbe fatta! Si sarebbero reincontrati, dopo vent'anni, e niente le avrebbe impedito di sorridere ancora, dimostrando così che quella ragazza che aveva deciso di scappare da Tokyo in lacrime tempo addietro, ormai non esisteva più.
Ci sarebbe riuscita... sarebbe bastato affrontare tutto col sorriso.
Certo, non si sarebbe invece mai aspettata che la chiamata della Yuuei avesse molto più significato di quanto quella ridicola scusa del corso supplementare ai nuovi alunni volesse far credere.
Era la burattinaia, era giusto che assistesse alla fine del suo stesso spettacolo.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Ochako Uraraka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"My love”, Sia






Fuori pioveva e c'era un gran temporale. Il rumore dei tuoni, soffusi e soffocati da un cielo gonfio di umidità, erano come un eco che non smetteva di biasimarlo, furibondo. Ci aveva provato, ci aveva provato davvero con tutte le sue forze, eppure continuava a non essere abbastanza.
«All Might, c'è mai stato qualcuno che non sei riuscito a salvare?»
La voce di Midoriya, in quell'innocente domanda vecchia ormai di giorni, gli faceva così male, ora. Si passò una mano sul petto ancora nudo, se non per le bende che Recovery Girl gli aveva piazzato a chiudere graffi e ferite. Faceva così dannatamente male che non riusciva neanche a dormirci la notte ed erano ormai due notti, senza considerare la prima passato semi-svenuto per l'intervento di Recovery Girl, che non chiudeva occhio. L'indomani ci sarebbe stato il festival sportivo e fuori diluviava ormai da quella notte, senza accennare a voler smettere. Un evento tanto importante non sarebbe stato rimandato per un po' di pioggia, ma non avrebbe giovato ai suoi ragazzi che già non se la passavano nel migliore dei modi. Si era informato, anche se non era uscito neanche una volta da quella stanza d'ospedale, aveva chiesto di loro a chiunque andasse a trovarlo. Stavano bene, il peggio era passato anche se non avrebbero dimenticato tanto facilmente, solo Bakugou ancora non si decideva a spiccicare parola e non faceva che prendersela con tutto ciò che aveva davanti.
Si allungò sul comodino e prese un flaconcino di pillole. Lo aprì, se ne versò un paio sulla mano destra e le avvicinò alla bocca pronto a ingoiarle, ma gli saltarono dalla mano quando udì la voce di Recovery Girl brontolare: «Piantala con quella roba, Toshinori!»
Quando era entrata?
«Te le ho date solo per casi di emergenza e le stai praticamente finendo: hai intenzione di ucciderti?»
«Non riesco a chiudere occhio» confessò lui, abbassando lo sguardo colpevole.
«Le pillole non ti hanno aiutato ieri, non ti aiuteranno nemmeno oggi. Dalle a me, te le confisco» disse lei, allungando una mano e prendendo il flacone. Si mise a sedere su uno sgabello di fianco al letto, saltandoci sopra come una bambina per la sua minuscola altezza, ma manteneva comunque la professionalità e la serietà che solo il miglior medico di Tokyo poteva avere.
«Come ti senti?» chiese e lui annuì debolmente, rispondendo: «Va meglio. Credo che oggi potrò rimettermi in piedi e uscire dall'ospedale».
«Non intendevo quello» disse Recovery Girl e non ci fu bisogno di aggiungere altro: c'era solo un'altra cosa che gli faceva male a tal punto da preoccuparla tanto da sentir il bisogno di chiederglielo. Il motivo per cui non riusciva a dormire, quella sua tremenda paura di sognarla e svegliarsi sempre più svuotato. La paura di sognare Machiko.
«Toshinori» sospirò Recovery Girl, dopo un lungo silenzio dell'uomo che bastò a rispondere alla sua domanda: non stava affatto bene. «È sveglia da ieri pomeriggio e tu non sei andato a trovarla neanche una volta. Non fa che chiedere di te».
Un miracolo, era successo il miracolo quando uno degli infermieri, il più tenace, era riuscito a farla respirare di nuovo. Sentire quelle parole, «È viva!», era stato come se lui stesso avesse ripreso a respirare e fosse tornato in vita. Era stata portata d'urgenza al pronto soccorso, curata e messa sotto ossigeno, bloccata a letto per tutta la durata di quei tre giorni e solo il pomeriggio precedente aveva finalmente riaperto gli occhi. Era stato Midoriya  a correre da lui per dargli la grande notizia, con le lacrime agli occhi per la gioia, sentendo tutto il senso di colpa volatilizzarsi e liberarlo dalle tenaglie che lo soffocavano. Non era riuscito a trovare pace neanche per un istante, credendosi colpevole di quanto accaduto: in fondo era stato lui che si era fatto catturare con quella tale stupidità da Shigaraki, ed era stato per lui che aveva lottato tanto quasi da morire. Era corso da All Might, sapendo che sicuramente anche lui si sentiva allo stesso modo e aveva sperato così di liberarlo, come era successo a lui. Ma Toshinori non aveva risposto, aveva buttato giù qualche altra pillola e si era steso cercando un sonno che ancora gli negava la sua compagnia. Non poteva andare da lei, non poteva più avvicinarsi in nessun modo. Non dopo quello che aveva visto, non dopo quello che le aveva fatto. Il piccolo Midoriya aveva avuto solo la colpa di essere ancora un inesperto ragazzino, non aveva valore, ma lui... lui l'aveva uccisa. Si era fatto proteggere, si era ancora una volta raggomitolato sotto un ponte e aveva lasciato a lei tutto il lavoro sporco: porgergli la mano, risollevarlo, proteggerlo e spingere All Might avanti, verso il cielo dove avrebbe brillato. Era stato per lui che lei si era lanciata in quella battaglia, in quel cortile, era stato per lui che aveva portato il suo corpo a un livello tale di stremo da non riuscire a sostenerlo. In un momento come quello, a due passi dalla morte, non aveva fatto altro che pensare al modo migliore per proteggerlo, mettendolo in salvo dalle telecamere, lasciando che la sua stella non morisse lì, in quel luogo, mantenendo ancora eterno un brillante e glorioso All Might, e aveva combattuto la sua battaglia. Una battaglia che non era alla sua altezza, ma che aveva vinto a discapito di se stessa, solo per lui. Solo per l'amore che continuava a provare per quell'uomo bugiardo, egoista e vigliacco.
Non poteva andare da lei, non avrebbe avuto il coraggio di guardarla in volto sapendo di essere stato il suo carnefice. Eppure l'amava così tanto, lo sentiva, gli bruciava dentro quel sentimento, lo logorava e lo consumava.
«Io ho scommesso sulla persona giusta» quanto si era sbagliata, perché non capiva l'errore che aveva commesso? Perché continuava a credere in lui, dopo tutto il male che le aveva fatto, dopo tutti quei fallimenti?
Si portò una mano al volto, si nascose gli occhi pieni di vergogna e stringendo, tremando, ammise: «Sono la disgrazia peggiore che sia potuto capitarle».
«Sì, lo sei» disse Recovery Girl e questo lo fece saltare, ferito tanto da fissarla a bocca aperta.
«Di che ti stupisci? È la verità. Sei il fidanzato peggiore del mondo: non le concedi nemmeno un abbraccio ora che è appena uscita dalla morte. La stai di nuovo lasciando sola nel suo terribile mondo, preso dal tuo egoismo».
«Non è così...» balbettò lui, rendendosi conto solo in quel momento di come stesse ancora sbagliando.
«Mi stai quindi dicendo che non è la tua paura e la tua vergogna a impedirti di andare a trovarla? Sei la prima cosa che ha nominato non appena ha aperto gli occhi, ha bisogno di vederti, e tu continui a negarglielo, continui a ferirla, solo per la tua vergogna. Non riesci ad andare oltre a te stesso nemmeno in un momento come questo».
Toshinori strinse il lenzuolo tra le dita, man mano che la consapevolezza prendeva il possesso della sua mente.
«Continuo a sbagliare ogni cosa» mormorò, addolorato. Recovery Girl aveva maledettamente ragione: nemmeno in un momento come quello era riuscito a smettere di pensare a se stesso e aveva ignorato le richieste di Machiko.«Perché? Eppure non desidero altro che...»
«È qui che sbagli» lo interruppe Recovery Girl. «Devi smettere di pensare a ciò che desideri tu e cominciare a ragionare di più su quello che desidera lei».
«Ciò che desidera lei?» mormorò Toshinori, cominciando a capire.
«Esatto» disse Recovery Girl, saltando giù dalla sedia. «E in questo momento desidera vederti. Scegli tu se vuoi continuare a fare il bastardo o ti deciderai a metterti un paio di pantaloni e andare nella sua stanza».
Si avvicinò alla porta e l'aprì, intenzionata a uscire e andarsene, ma Toshinori riuscì a bloccarla, chiedendole in un usuale moto di coraggio: «Non le farà male... vedermi così?».
Era come un bambino, non aveva la più pallida idea di come si stesse al mondo, avendo vissuto per tutta la vita solo ed esclusivamente al servizio di All Might. Quell'ingenuità faceva quasi tenerezza, ma era bello vedere che aveva comunque desiderio di imparare, rendersi un uomo migliore.
«Credi possa farle più male che il sapere che l'uomo per il quale si è sacrificata non è neanche interessato a sapere come stia?»
«Questo non è vero!» sobbalzò lui, in preda al panico di essere frainteso.
«E allora vai e diglielo. Startene qui non l'aiuterà a capirlo, ma non farà che alimentare quel suo atroce dubbio» una nuova scintilla negli occhi dell'uomo le suggerì che era riuscita a convincerlo. Stava lottando contro le proprie paure, contro quel fantasma che era diventato, solo per fare la cosa giusta e finalmente dare a Machiko ciò di cui aveva bisogno, anche a discapito di se stesso. Perché se fino a quel momento le aveva nascosto la verità, era stato solo per puro egoismo mascherato a perbenismo. Aveva avuto paura di perderla, che lei l'avesse trovato ripugnante, che avesse smesso di amarlo e aveva continuato a nascondere la verità, convincendosi che lo faceva solo per lei, per evitarle di soffrire. Una bugia raccontata a se stesso per sollevarsi dal peso di quell'ingiustizia.
«Sono stata da lei poco fa, è sveglia se ti interessa. Il suo manager è lì, quell'uomo la ama forse più di te, è volato qui il giorno stesso che ha saputo di lei e non lascia la sua stanza neanche per dormire».
Il volto corrucciato di Toshinori divenne ancora più rigido, schiacciato da quel nuovo tormentoso e invadente sentimento: la gelosia. Come si azzardava quell'uomo ad essere più attaccato alla sua Machiko di lui? Si tolse le lenzuola di dosso e saltò giù dal letto, coprendosi con una vestaglia, infilandosi un paio di pantaloni e le ciabatte e camminò a passo pesante fuori dalla stanza.
«Oh beh... alla fine bastava poco per convincerti. Mi chiedo perché non abbia giocato subito la carta del rivale in amore» commentò Recovery Girl guardandolo mentre camminava a pugni stretti verso la stanza della donna. Si fermò di fronte a quella porta, il pugno alzato ad altezza del viso, pronto a bussare, ma non riuscì a compiere quel gesto definitivo. Decine di scenari gli si piazzavano di fronte, e in ciascuno di essi finiva con l'essere mandato via per sempre dal suo volto raccapricciato. Si guardò il petto: forse sarebbe stato meglio entrare presentandosi nella sua forma muscolosa e parlarle prima, portandola gradualmente a quella verità. Se fosse entrato lì dentro in quel modo avrebbe solo potuto shockarla ancora di più. Sì, era la cosa migliore, arrivare lentamente a dirle la verità e non piazzargliela di fronte come se niente fosse. Magari, se entrava così, avrebbe anche potuto non riconoscerlo e sarebbe stato ancora più difficile spiegarle tutto. Fece un lungo sospiro, si guardò assicurandosi di essere solo e infine si gonfiò nella forma che Machiko conosceva e di cui si era innamorata.
«Codardo!» la voce improvvisa di Recovery Girl alle sue spalle lo fece spaventare tanto che sputando sangue non riuscì a mantenere la sua forma e tornò ad essere lo scheletrico e mingherlino raccapricciante Toshinori. Era teso come una corda di violino, bastava davvero così poco per farlo scattare. Recovery Girl lo superò rapidamente e fece per lui ciò che era giusto e che non riusciva proprio a fare: bussare a quella dannata porta.
«In bocca al lupo» disse poi, andandosene.
«Traditrice!» gli urlò contro Toshinori, in preda a una crisi di panico. La porta si aprì e quel clang sembrò quasi che provenisse dalla sua gola, chiusa, serrata in una morsa che il cuore stringeva sempre più. Si voltò a guardare l'interno della stanza, ma lo sguardo venne bloccato da qualcos'altro: davanti a lui c'era un uomo dalla folta capigliatura castana, elegante ed affascinante, con quel pizzico di sex appeal che caratterizzava gli uomini americani di un certo livello. Camicia sbottonata sul collo e fuori dai pantaloni, aspetto curato, muscoloso, occhi verdi e una mano infilata in una tasca in una posa sicura e virile. Toshinori lo guardò sbattendo qualche secondo gli occhi, confuso quanto agitato: chi era quel bell'uomo che si trovava nella stessa stanza della sua Machiko? Ancora quel fastidioso sentimento di gelosia che gli prendeva a pugni lo stomaco, sentimento che divenne insopportabile nella sua oppressione nell'istante in cui sentì la voce di Machiko, provenire da dentro la stanza, chiedere: «Drew, chi è?»
"Questo è Drew?" pensò impallidendo di fronte all'evidenza che per vent'anni era stato colui che le era stato a fianco più di chiunque altro. Colui che aveva preso il suo posto, a fianco della sua Machiko. E lui...
Aveva già perso, non poteva competere con un uomo tanto affascinante, non in quelle miseri condizioni da scheletro umano.
«Uno scocciatore» rispose lui, sbattendogli la porta in faccia.
"Scocciatore?" pensò al limite della tolleranza. Quell'uomo non solo gli aveva portato via Machiko, non solo se la teneva stretta, non solo restava con lei perfino mentre dormiva, a guardarla, non solo aveva preso il suo posto, non solo competeva con lui in bellezza e fascino... ma si azzardava perfino a sbattergli la porta in faccia definendolo scocciatore. Lui! All Might!
«Oh, dai! Magari era un fan che voleva salutarmi, sei crudele» sentì dire da Machiko all'interno della stanza, ma la ignorò, ormai in preda alla collera. Si gonfiò di nuovo nella sua muscolosa forma, carico di una forza che neanche gli attacchi alle spalle di Recovery Girl avrebbero potuto eliminare, e sfondò la porta entrando con prepotenza, annunciandosi con un minaccioso: «Ci sono qua io!!!»
Forse aveva desiderato intimorirlo con la sua trionfante e pericolosa entrata, ma ormai era troppo tardi per rendersi conto di quanto fosse stato ridicolo ed avventato nel distruggere perfino la porta. Machiko seduta sul proprio letto e Drew accanto a lei, sulla sedia, lo fissarono interdetti senza spiccicare parola.
«Chiedo scusa, chiamo io qualcuno per aggiustarla» mormorò All Might, alzando le mani mortificato.
«Imbecille» commentò Machiko, amareggiata da quella reazione così poco adulta e da imbranato qual era sempre stato.
«All Might» mormorò Drew, alzandosi in piedi. Una nuova luce nei suoi occhi, la furia nel viso, i pugni serrati mentre si avvicinava a lui, ringhiando: «Finalmente ti fai vivo, pezzo di merda!»
"Pezzo di merda?" pensò Toshinori, sconvolto dal sentirsi chiamare in quel modo. Non era abituato ad essere maltrattato, non da chiunque non fosse Machiko o qualche cattivo ovviamente, era sconvolgente.
«Sarei dovuto venire prima, lo so» cercò di abbozzare lui delle scuse, sorvolando sull'insulto.
«Venire prima? Stai scherzando, spero?» disse Drew, piazzandosi esattamente tra lui e Machiko. Un gesto che racchiudeva il significato di quelle parole, prima che lui potesse spiegarlo a voce: «Sono io che volevo incontrarti per avvisarti che se provi anche solo una volta ad avvicinarti a Nina più di quanto io ritenga tollerabile ti faccio a pezzi, eroe fasullo ciuccia soldi!»
«Drew» provò a chiamarlo Nina, alzando le sopracciglia rassegnata.
«Guardala! Guarda come si è ridotta a causa tua... e tu non sei neanche stato in grado di proteggerla! L'eroe migliore del mondo un paio di palle!» continuò a gridare l'uomo, sempre più furibondo. Per quanto l'idea che qualcuno lo minacciasse di star lontano dalla sua Machiko lo facesse incazzare come poche volte, Toshinori non riuscì comunque a proferire parola. Come poteva dargli torto? Era stata tutta colpa sua, lo sapeva. Drew, per quanto lo detestasse e non sopportasse quel suo modo di parlargli, aveva maledettamente ragione.
«Hai la più pallida idea di quale sia il suo valore? Di quanto Nina sia importante e preziosa? Non certo paragonabile a te, ciarlatano!»
«No, è vero» mormorò Toshinori, abbassando lo sguardo addolorato. Machiko non era assolutamente paragonabile a lui, su questo non c'era da discutersi. Lei era migliore su tutti i fronti.
«Drew!» la voce imperativa di Machiko lo convinse a terminare la sua scarica di colpe e si voltò a guardarla, lasciandosi convincere dal suo sguardo a lasciare in pace Toshinori. Un'ombra si impossessò di lei, man mano che i secondi le diedero tempo di tornare a pensare.
«Per favore» chiese, stringendo lievemente le lenzuola tra le dita, quelle delicate e raffinate dita che ora erano completamente avvolte da delle bende. «Puoi lasciarmi sola con lui per qualche minuto?»
Drew fulminò All Might, al suo fianco, lasciando uscire solo dal suo sguardo tutti gli insulti che non potè riportargli ad alta voce. Infine si fece da parte, passò oltre All Might e uscì dalla stanza a passi pesanti, per niente convinto, ma comunque deciso ad accontentarla. Calpestò la porta ancora a terra e non appena ci scese questa prese a galleggiare a mezz'aria qualche istante, prima di lanciarsi verso lo stipite e richiudersi con un tonfo.
«Telecinesi» spiegò Machiko, dando una spiegazione a quella porta che sembrava aver preso vita e averli chiusi dentro con una tale ira. Toshinori la fissò sconvolto e lievemente spaventato, soprattutto per l'aggressività con cui aveva compiuto quel gesto.
«È arrabbiato, ma di solito non si comporta in questo modo. È una brava persona, terrà la porta al suo posto fintanto che non avremmo finito di parlare così da lasciarci la nostra privacy».
"È pure una brava persona, maledizione!" pensò Toshinori, mordendosi il lembo della vestaglia dal nervoso e lasciandosi ancora travolgere da quell'accecante gelosia.
«Toshinori» il tono ora addolorato e di nuovo serio di Machiko lo fece ritornare coi piedi per terra, ricordandogli il motivo per cui era lì dentro. Dovevano parlare, dovevano assolutamente parlare e lui non  ne sarebbe uscito fintanto che non le avesse rivelato quell'ultimo segreto di cui tanto si vergognava. L'avrebbe fatto per lei, anche a discapito del suo amore, di vederla voltargli le spalle. Si avvicinò a lei e nel completo silenzio si sedette sullo sgabello al suo fianco, dove fino a poco prima era seduto Drew. Machiko non smise di fissare le proprie mani fasciate, rosate per qualche goccia di sangue persa ancora, intenzionata a non lasciar andare il lenzuolo neanche un po'. Il turbamento che stava vivendo era percepibile sulla propria pelle e stringeva il cuore.
«Steve...» balbettò, lievemente rossa in volto, imbarazzata forse per quanto avrebbe confessato. «Come sta quello Steve?»
Si sorprese di una domanda del genere, in un momento come quello. Aveva creduto che avesse voluto parlare di loro, di lui, invece tirava in ballo Steve Fox lo psicopatico e la cosa sembrava starle particolarmente a cuore, anche se non si sentiva proprio a suo agio con quel sentimento.
Toshinori annuì, prima di rivelarle: «L'hanno portato ieri al penitenziario dopo che hanno appurato la sua buona salute. Solo un paio di fratture, guarirà col tempo». Lei annuì, mostrandosi più sollevata.
«Machiko...» iniziò lui, cogliendo l'occasione per porle una domanda che non aveva fatto che bombardargli nella testa: «Sapevi di avere lo One For All?»
Machiko si stupì della domanda e il viso corrucciato lasciò spazio  a uno sorpreso. Si guardò una delle due mani fasciate, studiandola come se avesse la risposta al suo interno.
«Quello era One For All?» chiese, stupita.
«Quindi non lo sapevi» osservò Toshinori. «Ma scusa... allora cosa credevi che fosse quell'incredibile forza che hai sprigionato contro Nomu? Non riusciva neanche più a spezzare i tuo fili!»
«Ho creduto fosse opera di Midoriya» confessò.
«Midoriya?» chiese stralunato lui.
«Sì... vedi, quando uso i miei fili su Bakugou riesco a sentire il dolore delle sue esplosioni. L'energia che scarica e che si ripercuote sui suoi muscoli percorrono a ritroso i miei fili e arrivano fino a me, recandomi lo stesso dolore. Io ho tenuto il braccio di Midoriya durante il suo Smash, l'ho arpionato per fargli credere che lo stessi aiutando, e ho pensato che semplicemente parte di quell'energia avesse fatto come le esplosioni di Bakugou e fosse arrivata a me, e che io poi l'avessi usata e scaricata successivamente».
«Mh...» rifletté lui, prima di chiedere: «Credi possa essere possibile? Ma quando usavi i tuoi fili su di me, con One For All, non è mai successo niente del genere».
«Sì, forse hai ragione... in fondo, quando mamma mi ha concepita aveva già ereditato One For All. Magari me l'ha passato geneticamente, ma comunque rimane una parte così misera di me che sono riuscita a liberarlo solo una volta in tutta la vita e quell'unica volta mi ha quasi uccisa. E, se devo essere sincera, non credo che riuscirò mai più a farlo. Probabilmente l'insieme dei sentimenti provati e quel luogo così macabro hanno fatto da catalizzatore. Semplicemente... vive in me, ma non mi appartiene».
«Machiko, a proposito di questo...» tentò lui di intervenire, trovando l'argomento propizio. Le avrebbe parlato, le avrebbe rivelato ogni cosa.
«Aspetta!» lo interruppe lei, agitata e tornando ad arrossire. «Prima di ogni cosa, ti prego... Ho bisogno di chiederti una cosa».
Tornò a stringere il lenzuolo con entrambe le mani, a stringersi in se stessa. Si corrucciò e il rossore dell'imbarazzo tornò a comparire sul suo volto: cosa c'era che la turbava tanto e la faceva vergognare a tal punto? Cosa aveva la precedenza su quel discorso che sapeva perfettamente anche lei che era giunto il momento di fare?
«Steve...» balbettò e infine si fece coraggio per proseguire: «Steve ha detto che io gli ho salvato la vita, quando era un bambino, ma che poi mi sono fatta da parte per permettere a te di prenderti tutta la gloria. È stato da lì che ha cominciato a odiare te e amare me a tal punto da diventarne un'ossessione. È arrivato a questo per colpa di quel giorno e di tutte le volte che tu hai brillato al posto mio. Insomma... io voglio solo dire che...» strinse ancor più le lenzuola, mentre le sopracciglia si inarcavano sempre più in un'espressione addolorata e spaventata: «Tu credi che sia stata colpa mia?» riuscì finalmente ad ammettere.
«Cosa?» chiese lui, incredulo.
«Sì, insomma...» e si portò timidamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, a dimostrare tutto il disagio e la vergogna di quella domanda. «Ciò che voglio dire è che io non sono brava in questo, non sono sempre stata in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato, al contrario tuo. Sei più bravo di me a capire gli errori e quali devono essere i comportamenti corretti da tenere, me li hai insegnati tu. È per questo che lo chiedo a te, perché io non riesco a capirlo ma ho così paura di sbagliare. Credi che abbia sbagliato qualcosa? Che Steve sia diventato così per colpa mia? Dove... dov'è il mio errore, Toshinori? Ti prego, correggimi» confessò, raggomitolandosi e nascondendo infine il volto nelle lenzuola, premute contro il viso. Si era sempre appoggiata a lui, per un'intera vita, per riuscire a comprendere giusto e sbagliato. Era stato lui a insegnarle la giustizia e l'onestà e ora che si era trovata di fronte a un grosso errore di cui si sentiva strettamente legata, si era rivolta all'unica persona che sapeva avrebbe potuto aiutarla a trovare le risposte, come aveva sempre fatto. Ma ciò che gli fece più male era vedere come ancora una volta Machiko rivelasse quel lato fragile di sé, il suo folle amore per quelle marionette di cui si serviva solo per non sentirsi sola e disperata. Steve era un burattino rotto che aveva ritrovato dopo tanti anni, senza neanche ricordarsi di averlo avuto tra le mani in passato, e vederlo in quelle condizioni a causa sua le aveva lacerato l'anima.
«Machiko, Steve era semplicemente malato. Tu non c'entri, non è stata colpa tua».
«Sei sicuro? Non credi abbia commesso qualche errore?» chiese lei, speranzosa più di quanto si sarebbe aspettato. Quanto doveva farle male quella faccenda per aver bisogno di una rassicurazione a tal punto?
«Sì, certo» disse lui, intenerito e desideroso di darle ciò di cui aveva bisogno.
«Katsuki...» disse, tornando a fissare le lenzuola sotto di sé. «Bakugou è arrabbiato con me. Non potrò mantenere la promessa fatta, non potrò dargli la possibilità di battermi. Sono stata addormentata per due giorni interi, dopodomani partirò e non ho le forze di usare ancora il mio Quirk, non finché non mi riprenderò del tutto. Avevo promesso di allenarlo, di renderlo il numero uno. Mi hanno detto che in questi giorni è intrattabile e si irrita terribilmente quando parlano di me. È furibondo, mi odia sicuramente. Mi sta sfuggendo dalle mani, ne sto perdendo il controllo» disse velandosi di un leggero panico, che nascose nelle proprie mani, coprendosi il volto. «Se non posso controllarlo, come posso assicurarmi che il suo cuore batta nel verso giusto? Se mi sfugge in questo modo, come posso sapere... come posso sapere che non diventerà come Steve, a causa mia?»
Era così fragile che perfino un piccolo dubbio come quello le aveva instillato dentro una tale paura da portarla quasi al panico. Forse complice anche i farmaci che la rendevano particolarmente suscettibile, ma Toshinori sapeva che quella era solo la liberazione della sua vera sè. Quella fragile, timorosa, che aveva sempre bisogno di essere abbracciata per non cadere in pezzi. La Machiko che stringeva al petto le proprie bambole per proteggersi dal buio. Era così piccola, in confronto a quell'enorme spietato mondo. Come potevano crederla crudele? Come potevano pensare che fosse capace di essere il mostro che tutti temevano? Come potevano non vedere che era solo una stupida maschera, la sua?
«Steve ha cercato di ucciderti, il giovane Bakugou ti ha invece salvato la vita. Non basta questo a capire che quei due sono completamente diversi? Sei abbastanza attenta e affezionata alle tue marionette, dovresti coglierne le sfumature con facilità».
«Che significa?» chiese lei, confusa. «Mi ha salvata?»
«Più volte durante la battaglia, lo sai bene, ma forse quello che non sai è che mentre eri incosciente, dopo che i medici hanno tentato di rianimarti, quando ormai era passato troppo tempo, hanno iniziato a crederti perduta. Ti stavano lasciando andare, si erano arresi».
«E Bakugou... mi ha salvata?» chiese lei, meravigliata e incredula. Toshinori arrossì lievemente e ridacchiando spiegò: «Sì, beh, più o meno... ha preso uno dei dottori per il colletto e l'ha minacciato di ucciderlo se non ti avesse fatto respirare di nuovo. Ha urlato tutta una serie di cose sul fatto che dovesse essere lui quello che doveva batterti, che non capivano niente, che non eri morta e loro erano degli incompetenti e l'ha quasi tramortito il poverino. Sono dovuti intervenire Kirishima e Eraser per fermarlo e portarlo via, era completamente fuori di testa. Ma comunque l'importante è che uno degli infermieri è rimasto toccato dalla cosa e ha tentato ancora, fino a quando non è avvenuto il miracolo e sei tornata tra noi».
«Ha davvero detto quelle cose?» chiese lei, rasserenandosi.
«Non voglio mentirti, penso anch'io che la situazione dell'allenamento e della vostra piccola sfida lasciata in sospeso l'abbia riempito di frustrazione, probabilmente è arrabbiato, ma gli passerà. È solo rimasto scosso da quanto successo. Non sarà un piccolo incidente come questo a renderlo come Steve, stai muovendo i tuoi fili correttamente con lui, ne sono certo».
«Grazie» sorrise, più serena nel viso. «Mi sento molto meglio, ora».
Era bastato così poco, erano bastate solo le sue parole. Né quelle di Drew, né quelle di Recovery Girl o di nessun altro... aveva solo avuto bisogno di lui.
«Macchan» mormorò, colmo di un senso di colpa e un dolore che poche volte aveva provato. Era quello il momento, era lì che doveva farlo, per lei e per quell'amore che continuava a rivolgergli, un amore tanto folle da farlo quasi sentire in colpa.
«Devo dirti una cosa» ammise, abbassando lo sguardo.
«Non era un sogno, vero?» chiese lei, tornando a rabbuiarsi. «Quell'uomo... in quella polvere... non ho immaginato tutto, è questo che vuoi dirmi? Eri veramente tu, Toshi-chan?» la voce che le morì in gola, a segnalare il bisogno che aveva di piangere contro cui stava lottando.
Qualche istante di silenzio a rincorrere selvaggiamente quel coraggio di cui aveva follemente bisogno e infine, con una forza tale che mai aveva avuto prima, confessò: «Sì. Ero io».
Machiko fece un lungo sospiro per cercare di calmarsi, scossa e forse in procinto di scoppiare a piangere.
«È colpa della tua ferita?» chiese ancora, socchiudendo gli occhi, concentrandosi a restare calma.
E lui ebbe solo la forza di annuire.
«Quindi è questo che intendevate tu e Nezu quando mi avete detto che ti sei indebolito. Perdi le forze a tal punto... ogni quanto ti succede?»
E questo fece ancora più male, aggiungendo legna al fuoco che già lo divorava dall'interno. Deglutì, schiuse le labbra per parlare, non ci riuscì. Fece qualche sospiro e infine ammise: «Sempre».
«Che significa sempre?» chiese lei, non capendo.
«Ormai... io sono quell'uomo, Macchan. Questa è una forma che riesco a mantenere solo per qualche ora al giorno. Mi...» balbettò, non riuscendo a incontrare il suo sguardo sconvolto e pallido. «Mi dispiace tanto».
«Quindi...» mormorò Machiko con un filo di voce. «Anche adesso tu...»
«Non volevo ingannarti» confessò lui, addolorato.
«Perché, Toshi-chan?» e una lacrima le sfuggì dagli occhi, mentre la voce la tradiva lasciando uscire il suo dolore. «Perché continui a lasciarmi indietro?»
Toshinori alzò gli occhi su di lei, colto da un profondo panico: non la stava lasciando indietro, non di nuovo! Non aveva mai voluto farlo, aveva frainteso. La gola gli si chiuse nell'istante in cui la vide: un'espressione tanto addolorata non era sicuro di averla mai vista prima. Le sopracciglia corrucciate, gli occhi spalancati, le labbre dischiuse e le lacrime che uscivano copiose, libere, senza che lei provasse a fermarle, forse senza neanche percepirle sulla pelle completamente sperduta in quel mondo di dolore.
«Io... avevo solo così tanta paura» confessò, lasciandosi cadere in avanti. Le poggiò la fronte su una spalla, cercando un infantile contatto, il bisogno di un abbraccio.
«Con me puoi farlo, Toshi-chan, lo sai» sussurrò, addolorata. «Con me puoi smettere di sorridere».
Sorridere in quel modo era qualcosa che si era obbligato a fare per il resto della vita. In qualsiasi momento, di fronte a qualsiasi situazione, lui doveva sempre sorridere. Era la promessa che aveva fatto a se stesso e al mondo intero, ma col tempo, quel sorriso che era nato come una maschera per proteggere chi aveva attorno, si era fusa in lui, diventa lui stesso quella maschera. Aveva dimenticato come si faceva, a non sorridere più. Aveva dimenticato come si faceva ad essere se stessi, con le vere emozioni, stretto in un abbraccio sicuro in cui poterlo fare. Magari anche piangere... come si faceva?
La mano di Machiko si posò dietro la sua nuca, accarezzandolo e spingendoselo al petto. Gli cinse il collo con l'altro braccio, avvolgendolo, proteggendolo, e in quel bozzolo sicuro lui finalmente lasciò il fiato. Il vapore uscì dalla sua pelle, mentre lentamente i muscoli si rilassavano, diminuivano la loro disumana grandezza portandolo a quella condizione scheletrica di cui tanto si era vergognato. Non alzò il volto, restando schiacciato contro il petto di Machiko, sentendosi sicuro lì.
E sentendosi sciocco... si ricordò ogni cosa. Si ricordò come si sorrideva davvero, come si amava davvero, come si aveva paura davvero, come si faceva ad essere se stessi, come si faceva ad essere umano... si ricordò come si piangeva. Strinse le dita sulla sua vestaglia, attanagliandosi ad essa, aggrappandocisi disperatamente e lasciò libero tutto ciò che per anni si era tenuto dentro: tutte le paure, tutti i dispiaceri, tutto ciò che quel finto sorriso aveva nascosto per anni uscì come un fiume a cui era stata appena distrutta la diga che lo contrastava. Scuotendo le spalle, lamentandosi come un bambino, schiacciò il volto contro quel petto caldo e accogliente, inzuppandolo di lacrime. Machiko fece scivolare di più le proprie mani lungo le sue spalle, avvolgendolo fino a stritolarlo, chiudendolo in un bozzolo che sarebbe stato il suo rifugio per tutto il tempo di cui sentiva averne bisogno. Poggiò la propria guancia su quei capelli diradati, immergendocisi, e venne travolta dal loro profumo. Era il profumo di Toshinori, sempre lo stesso, non importava che sembianze avesse preso, non importava la forma che il suo corpo aveva deciso di prendere, quel profumo non apparteneva a nessun'altro se non all'uomo di cui era ed era sempre stata follemente innamorata.
«Machiko» mormorò lui, tremante tra le sue braccia, ancora scosso dai singhiozzi. «Resta per sempre con me».
Una richiesta, una promessa che era rimasta sospesa per vent'anni, chiusa in una tasca della giacca rovinata dalle macerie di un terribile incidente. Il momento del dolce...
«Sposami».


Now I am strong, you gave me all
You gave all you had
And now I am home
My love, leave yourself behind
Beat inside me, I'll be with you


NDA.
Brevi NDA solo per scusarmi per la lunga attesa e ringraziarvi di nuovo tutt*! xD Mi scuso anche se non ho risposto alle recensioni (anche quelle brevi arrivate per messaggio), vi ho letto e ho apprezzato come sempre <3 grazie grazie grazie!
A (spero) presto!


Ray


   
 
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