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Autore: heliodor    04/12/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Talita

 
Joyce sostò sotto la statua di Bellir. Il monumento si ergeva sopra tutti gli altri edifici, imponente come al solito.
L'artista l'aveva raffigurato in una posa solenne, mentre brandiva la spada verso le montagne che circondavano la città.
Era orientata secondo le strade che in quel punto si incrociavano, formando una piazza circolare larga due o trecento passi.
Ai lati della piazza sorgevano delle cappelle simili a dei gazebo. Ognuna di esse era sostenuta da quattro o sei colonne sormontate da una cupola.
Le cappelle erano decorate sia all'esterno che all'interno con colori vivaci. Ne contò una ventina prima di perdere interesse.
Si era fermata lì per riposare e riprendere fiato. Da ore camminava per la città vagando da un punto all'altro senza meta.
Trovare la persona indicatale da lady Gladia era più difficile di quanto avesse pensato. Le era rimasto un solo luogo dove andare a vedere.
L'accademia di Berger sorgeva in fondo a un lungo viale alberato. Era un edificio imponente, molto più di quello di Luska. Aveva almeno due o tre livelli in più. La torre che vi sorgeva su di un lato era più alta e il portone d'ingresso luccicava per via delle cromature dorate di cu era stato ricoperto.
Joyce si avvicinò quasi con soggezione all'edificio, come se temesse di disturbare lo studio degli eruditi.
Due guerrieri in armatura sorvegliavano l'entrata. Non la degnarono di attenzione finché non si diresse con decisione verso il portone.
"Ferma" disse una delle guardie.
Dai fregi che portavano Joyce riconobbe che erano lame askadiane. Quello poteva essere un vantaggio. O forse no.
"Salve" disse salutandoli con un sorriso amichevole. "Devo chiedere delle informazioni."
"L'accademia è chiusa agli estranei" disse la guardia. "Che informazioni stai cercando?"
"Riguardano un'erudita di nome Talita."
"Mai sentita prima. Sei sicura che appartenga all'accademia di Berger? Forse ti sei sbagliata."
"Potrei chiedere a un erudito? Posso anche aspettarlo qui."
La guardia sembrò soppesare le sue parole. "Aspetta qui. E tu non perderla d'occhio" disse all'altra guardia.
Joyce attese cercando di non mostrare la sua impazienza. "Sai" disse alla guardia, un ragazzone che sembrava aver compiuto da poco venti o ventidue anni. "Io conosco alcune lame askadiane. Posso dire che siamo amici, in un certo senso."
L'altro le rivolse un'occhiata annoiata.
"Una si chiama Nelothien. La conosci per caso? L'altro invece si chiama Gutti."
"Conoscevo una Nelothien" disse la guardia.
"Allora deve essere lei. Sai che si trova a Luska?"
"Noi lame andiamo dove ci viene chiesto di andare" rispose con espressione seria.
"Sei tu che cerchi Talita?" le domandò un ometto calvo e curvo che indossava una lunga tunica marrone.
"Sei un erudito?" gli chiese Joyce.
Al fianco dell'uomo era tornata anche la guardia di prima.
"Mi chiamo Anzin" rispose l'uomo. "Tu chi sei?"
"Mi chiamo Sibyl e vengo per conto di lady Gladia di Taloras."
"Mai sentita prima d'ora" rispose Anzin.
"Ma sai dov'è l'erudita Talita?"
Anzin annuì grave. "Lo so, ma non c'è bisogno che la chiami con quel titolo. Talita non fa più parte dell'accademia di Berger e non è più un'erudita."
Joyce cercò di nascondere il suo stupore. "Vuoi dire che è morta?"
"No" rispose lui brusco. "Sto dicendo che è stata cacciata via."
"Davvero? Credevo che..."
"Quello che tu credi non mi importa. Se cercavi Talita qui, hai perso solo il tuo tempo." Fece per voltarsi.
"Aspetta" disse Joyce.
"Cosa vuoi ancora? Mi stai distogliendo dai miei studi."
"Puoi dirmi dove si trova Talita?"
Anzin sbuffò. "Per quello che ne so, credo abiti nel quartiere fluviale, ma non so dirti la strada precisa. Dovrai chiedere in giro."
"Ti ringrazio" disse Joyce con un leggero inchino.
Anzin si voltò e andò via.
Joyce ringraziò con un inchino le due guardie askadiane e si allontanò.
Il quartiere fluviale, come diceva il nome, sorgeva a ridosso del fiume che divideva in due la città.
Non era ampio e maestoso come i fiume di Valonde, ma per attraversarlo era comunque necessario usare i ponti che collegavano le due sponde.
Ci mise un paio d'ore per trovare la casa di Talita. Era poco lontana dal fiume, in un edificio a tre piani che sorgeva addossato ad altri palazzi.
Nei vicoli stretti e bui i bambini giocavano a rincorrersi o a lanciarsi una palla che facevano prima rimbalzare sul terreno.
C'era un gioco simile a Valonde che veniva praticato da squadre composte da sei o dieci giocatori.
Anche i suoi fratelli ogni tanto si divertivano a organizzare qualche partita. Joyce avrebbe voluto partecipare, ma le veniva impedito perché era troppo violento.
Spesso i suoi fratelli tornavano a casa con lividi e sbucciature di cui si dovevano occupare i guaritori.
Immersa in quei pensieri arrivò davanti al portone del palazzo.
Vide una donna affacciata a una finestra che sembrava sorvegliare i bambini che giocavano per strada.
"Mi scusi" disse Joyce per attirare la sua attenzione.
"Che vuoi?"
"È qui che abita Talita?"
La donna annuì. "Prendi le scale. È al secondo piano."
"Grazie."
Joyce salì le scale due per volta e si fermò davanti all'unica porta sul pianerottolo. Prima di bussare esitò per qualche istante, poi diede due colpi decisi alla porta.
Dopo qualche istante si aprì uno spiraglio. Oltre di esso vide due occhi neri e profondi che la osservavano con sospetto. "Che vuoi?"
"È qui che abita Talita?"
"Perché lo chiedi?"
"Mi chiamo Sibyl" disse scegliendo le parole con cura. "E devo parlarle."
"Di cosa?"
"Preferirei non parlarne qui fuori."
"Riguarda le armi di Bellir per caso?"
"Sì" esclamò Joyce.
"Ti manda Adler? Ora usa le ragazzine per avere le informazioni?"
"Adler?"
"Quell'idiota" disse la ragazza. "Cerca sempre di fregarci. Ma come al solito non ci riesce."
"Ti sbagli" disse Joyce. "Non conosco questo Adler. Io vengo per conto di lady Gladia di Taloras."
Lei la guardò con sospetto. "Lady Gladia, dici? Aspetta qui."
Le sbatté la porta in faccia.
Joyce udì rumore di passi e poi quello di voci che sussurravano.
La porta si aprì di nuovo. "Entra, svelta."
Joyce non se lo fece ripetere una seconda volta.
La ragazza chiuse la porta alle sue spalle e fece scattare una mezza dozzina di serrature e chiavistelli.
Joyce si guardò attorno. Le pareti incrostate di umidità erano coperte da file e file di scaffali piegati dai libri. Pile di volumi erano ammonticchiate negli angoli della casa. Alcuni facevano da gambe per un sedia e un mucchio era stato gettato alla rinfusa ai piedi di un giaciglio.
Anche lungo i corridoi stretti doveva camminare sfiorando le copertine consumate di libri dall'aria antica.
Provò a leggere alcuni titoli, ma i caratteri non le dicevano niente.
Sono scritti in codice? Si chiese. Come il compendio di Lacey?
La ragazza aveva lunghi capelli neri e una figura slanciata. Indossava una tunica scura legata in vita da una cintura rossa. Ai piedi calzava dei sandali aperti.
"Vieni" le disse con modi sbrigativi.
Joyce la seguì in una delle stanze adiacenti.
Qui, davanti ai soliti mucchi di libri e agli scaffali, sprofondata in una sedia di legno, sedeva una donna dal viso coperto di rughe. I capelli bianchi erano legati in una lunga treccia che le divideva in due la schiena. Indossava la stessa tunica nera della ragazza.
"Lei è Talita" disse la ragazza. "Mia nonna."
Joyce si avvicinò all'anziana. "È un piacere incontrarvi."
"Aspetta a dirlo" disse Talita con voce gracchiante. "Hai detto che ti manda lady Gladia?"
Joyce annuì. "Mi ha detto di venire da te."
"Perché?"
"Per via delle mitiche armi di Bellir."
Talita reclinò la testa all'indietro e rise. In verità la sua risata sembrava più l'abbaiare di un cane, ma Joyce tenne per se quel pensiero.
L'anziana rise fino a versare lacrime che si asciugò col dorso della mano. "Sei uno spasso ragazza."
"Mi chiamo Sibyl" disse con tono irritato.
Talita fece un gesto vago con la mano. "Sai quanto me ne importa. Quindi ti ha mandata Gladia, giusto? Immagino che sia proprio disperata per mandarti qui a chiedermi delle armi di Bellir."
Era la stessa conclusione a cui era giunta Joyce, ma non glielo disse. "Tu sai dove sono?"
"Prima rispondi a qualche domanda" disse Talita.
"D'accordo" disse Joyce tesa.
"Che ne sai delle armi di Bellir?"
"Quello che sanno tutti. Che erano magiche e che le usò per uccidere Malag cento anni fa."
"Andiamo con ordine" disse Talita. "Che ne sai tu delle armi magiche?"
Joyce si strinse nelle spalle. "Niente."
"Ne hai mai vista una?"
"No."
"Hai mai sentito di qualcuno che ne abia vista una?"
"No" rispose Joyce incerta.
È un esame? Si chiese.
"Hai mai letto qualcosa sulle armi magiche?"
"No."
"Hai mai parlato con qualcuno che abbia letto un libro sulle armi magiche?" la incalzò Talita.
"No" disse Joyce infastidita.
La donna sorrise. "La verità è che tu non sia niente delle armi magiche. Ma non ti crucciare, non sei la sola. In verità nessuno ne sa niente perché probabilmente non sono mai esistite."
"Ma Bellir..."
"Lascia stare Bellir" disse Talita con tono seccato. "Parliamo di armi magiche."
"Una volta ho visto la spada di una lama askadiana."
Talita rise. "Quella è un'arma incantata. C'è una bella differenza tra un'arma incantata e un'arma magica."
Joyce non capiva.
"Tamaris" chiamò l'anziana con tono perentorio.
"Sì, nonna?"
"Prendi il libro di Efril. Nella sala da pranzo, secondo scaffale in alto a destra."
Tamaris sparì per alcuni minuti e quando tornò aveva tra le mani un volume dall'aria antica e imponente.
Lo appoggiò sull'unico tavolo nella stanza.
Talita si alzò dalla sedia con aria sofferente e si avvicinò al tavolo. "Vieni" disse a Joyce. "Ti insegnerò qualcosa sulle armi magiche."
Joyce la seguì fino al tavolo.
Talita sollevò la copertina con mani tremanti e iniziò a sfogliare le pagine ingiallite.
Ogni due o tre pagine scritte con una calligrafia minuta ma regolare c'erano delle illustrazioni a colori.
"L'elmo di Dwari" disse Talita indicando la figura. "Dicono che chi lo indossasse potesse vedere più lontano e nell'oscurità."
La figura successiva era quella di uno scudo rotondo dipinto di rosso. Al centro esatto vi era un triangolo nero.
"Lo scudo del principe Exard" disse Talita. "Si racconta che riuscisse a fiaccare la forza di tutti quelli che lo colpivano."
Talita girò le pagine fino a soffermarsi su una spada dall'impugnatura che ricordava il corpo di un serpente. "La servitrice dell'oscurità" disse l'anziana. "Chi veniva ferito da questa spada diventava cieco per tre giorni e tre notti."
"Gli stivali di Pearly permettevano di correre per decine di miglia senza mai stancarsi."
"Con i guanti di Mionil potevi derubare chiunque senza che se ne accorgesse."
"L'armatura di Lizab ti rendeva leggero come una piuma."
"La tiara di Gavius permetteva di respirare sott'acqua."
Talita sfogliò rapida le pagine fino a raggiungere la fine, poi chiuse il libro. "In breve questo è tutto quello che sappiamo delle armi magiche. Leggende, storie, dicerie."
"Ma le armi di Bellir..."
Talita scosse la testa. "Non sono mai esistite."
"Nemmeno Bellir è mai esistito?" chiese Joyce.
"No" disse Talita con aria grave. "Lui è esistito davvero."
"E ha sconfitto Malag?"
"Anche questo è vero" rispose l'anziana. Tornò a sedersi sulla sedia. "Ho passato metà della mia vita a cercare le prove della grande menzogna."
"La grande menzogna?" chiese Joyce.
Talita annuì. "La bugia che ci è stata raccontata su Bellir. Credevo davvero che non fosse mai esistito. Quando scoprii che le sue armi erano una leggenda, credevo di esserci riuscita. Ma poi accadde una cosa..."
Joyce attese che proseguisse.
Talita sospirò affranta. "Mentre sistemavo degli antichi volumi, trovai il diario di una mia antenata. Talisandre. Anche lei era un'erudita. Una delle poche in quei tempi. Leggendo quello che aveva scritto, scoprii che aveva riportato una cronaca precisa di quello che era accaduto ai tempi dell'impresa di Bellir, durante gli ultimi giorni della prima guerra contro Malag.
"E cosa successe?" chiese Joyce.
Talita socchiuse gli occhi. "Ascolta e lo saprai."

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