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Autore: heliodor    09/12/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Niente di buono

 
"E Arnagus e i suoi seguaci?" chiese Joyce mentre sedevano sui gradini di una scalinata ricavata da una grossa pietra appoggiata alla parete. Come molte altre nella sala non sembrava portare a nessun luogo in particolare.
Frant si aggirava per le celle scavate nella roccia che circondavano il perimetro della sala.
"Non allontanarti troppo" gli aveva raccomandato Tamarys.
"Do' solo un'occhiata in giro" l'aveva rassicurata lui.
Tra i due sembrava lei quella più anziana e matura, non lo stregone.
"A dispetto della sua età" aveva detto Tamarys. "Frant è molto ingenuo. Praticamente è cresciuto per metà della sua vita tra i libri e per l'altra metà tra streghe e stregoni del suo circolo."
"Non ha avuto un addestramento?"
"Sì, ma non è mai stato molto abile e penso che la stregoneria non gli piaccia nemmeno. La sua vera passione è lo studio." Scosse la testa. "È un peccato che non abbia potuto continuare gli studi. Se fosse stato possibile farlo entrare all'accademia, sarebbe diventato un grande erudito."
"È una legge ingiusta" disse Joyce.
Tamarys sorrise. "Cerca di tenere la bocca chiusa quando torneremo a Berger. I trenta tiranni sono solo l'ombra di quello che erano trecento anni fa, ma in città hanno molti sostenitori. Se qualcuno riferisse loro quello che pensi sulle leggi, potrebbero decidere di farti qualche domanda."
"Perché i cittadini di Berger accettano di essere governati dai tiranni?" Era una cosa a cui aveva pensato spesso durante quel viaggio. La tirannia era sconosciuta a Valonde.
"Quello di tiranno è solo un titolo" disse Tamarys. "In realtà i trenta vengono eletti tra le famiglie più ricche e potenti della città. Sono più una sorta di senatori."
Il senato esisteva anche a Valonde. Veniva eletto dai cittadini che avevano almeno quaranta anni e chiunque poteva ambire a tale carica, anche se l'assemblea era composta in larga parte da nobili e ricchi. Ogni tanto però qualcuno del popolo veniva eletto e nessuno aveva da ridire su quello. Era un'antica consuetudine che i rappresentanti del popolo potessero entrare nelle assemblee che governavano il regno.
"In verità non è così antica come legge" le aveva spiegato una volta suo padre. "Venne istituita da re Terey duecento anni fa per evitare una rivolta popolare. A quel tempo il senato era molto corrotto e il popolo chiedeva più controllo, così Terey decise di accontentarli e rese la partecipazione aperta a tutti."
"Adler è uno di loro. Un tiranno, intendo" disse Joyce.
Tamarys sbuffò. "Non mi parlare di quell'uomo. Preferisco dimenticare la sua esistenza."
"Scusa" fece Joyce imbarazzata.
L'espressione della ragazza si addolcì. "Scusami tu, a volte nemmeno mi accorgo di essere scortese. Ha ragione la nonna quando dice che avrei dovuto passare più tempo per strada che nelle biblioteche. Cosa vuoi sapere di Adler?"
"È un tiranno?"
"Uno dei più potenti. Diciamo che in questo momento è lui a governare la città, ma le cose potrebbero cambiare in futuro."
"Come?"
"La guerra si avvicina. Eserciti provenienti da tutto il continente e perfino dai regni oltre il mare marciano per le nostre terre. Prima o poi uno di loro ci chiederà di schierarci."
"Con chi vi schiererete? Spero non per Malag." Se Berger fosse passata dalla parte dell'arcistregone, avrebbe potuto colpire alle spalle l'armata dell'alleanza.
"Non importa da che parte staremo. Berger non ha la forza né la capacità di cambiare le sorti di questo conflitto."
Joyce si accigliò.
"Il fatto è che siamo troppo deboli" proseguì Tamarys. "Quando l'impero dei trenta tiranni crollò, i vincitori si spartirono le terre rimaste e fecero in modo che Berger non potesse più riprendersi da quella sconfitta. Da allora persino il circolo della stregoneria si è molto indebolito."
"Anche se pochi potrebbero comunque dare una mano" disse Joyce senza volersi dare per vinta. "I trenta tiranni dovrebbero pensarci bene su quale alleato scegliere."
"Io credo che ci abbiano riflettuto bene" disse la ragazza. "Adler va in giro dicendo che Berger dovrebbe schierarsi con l'alleanza, ma quelli che la pensano come lui sono in pochi."
Joyce si sentì fremere. "Vuoi dire che pensano di passare dalla parte di Malag?"
"No, anche quelli sono in minoranza. Quella che per ora prevale è la fazione neutrale. Nessuno di loro vuole la guerra e non scenderanno in campo se non sarà strettamente necessario. Non siamo a Malinor, dopotutto."
Joyce aveva sentito parlare dell'armata che re Alion stava ammassando ai confini. Le voci che giravano parlavano di mezzo milione di soldati pronti a marciare contro l'orda di Malag. Quelle notizie la rinfrancavano.
"Ho sentito dire che l'armata di Malinor sconfiggerà quella di Malag" disse Joyce.
Tamarys annuì grave. "È probabile, anche se non lo darei per scontato. La storia è piena di armate invincibili che sono state sconfitte da eserciti molto più deboli."
"Ma stavolta non accadrà, ne sono certa."
"In ogni caso, io non condivido il tuo ottimismo" disse la ragazza alzandosi.
"Perché?" fece Joyce sorpresa.
"Una volta sconfitto Malag re Alion potrebbe non fermarsi all'orda."
"E quali altri nemici potrebbe affrontare?"
Tamarys scrollò le spalle. "Nazedir è vulnerabile. Il nord è sempre stato un territorio inviolabile e c'è sempre l'esercito dell'alleanza."
Joyce sentì un brivido. "Tu credi che re Alion farebbe una cosa del genere?"
"I Malinor sono pazzi, non lo sapevi?"
Joyce ne conosceva solo uno, Bardhian, e non sembrava pazzo. Arrogante e un po' supponente, ma non pazzo.
Frant tornò in quel momento col fiatone e il viso arrossato. "Credo di aver trovato qualcosa di interessante."
Lo seguirono in una cella laterale. Questa si allungava di molto, diventando un corridoio scavato nella roccia largo una trentina di metri.
Quello che notò subito Joyce fu l'enorme numero di armi, pezzi d'armatura e altri oggetti sparpagliati in giro.
Alcuni erano così malmessi da essere irriconoscibili, altri erano stati divorati dalla ruggine, ma alcuni sembravano in buono stato.
Alle pareti erano stati fissati in una lunga fila un centinaio di scudi. Su di essi campeggiavano simboli geometrici come quelli di oggetti e animali. Contò una ventina di triangoli, dieci clessidre, trentotto cavalli, una dozzina di spade e di lance e così via.
Tamarys si guardava attorno impressionata.
"Cosa credi che sia?" le domandò Frant.
"È la sala dei trofei. Oppure un magazzino."
"Io dico che era una sala dei trofei. Quella di Malag" disse Frant eccitato.
"Non credo" disse Tamarys avvicinandosi a una delle armature.
Lo stregone la guardò deluso. "Come mai?"
"Il tempo che ha agito su questi oggetti" spiegò lei. "Devono essere qui da molto, probabilmente da prima che Malag scegliesse questo luogo come suo rifugio."
"Quindi questa è..."
"La sala dei trofei della maga Imurra" disse lei accarezzando la lama di una spada consumata dalla ruggine.
Joyce si avvicinò a ciò che restava di un'ascia. Il tempo aveva divorato il legno dell'impugnatura, lasciando solo un mozzicone annerito. Doveva essere stata imponente all'epoca. Provò a sollevarla, ma non ci riuscì.
Forse con la forza straordinaria potrei farcela, pensò. Ma un umano normale non avrebbe mai potuto brandire quell'arma.
E ce n'erano altre.
Spade dall'elsa così spessa da risultare impossibili da afferrare anche con entrambe le mani e un arco gigantesco le cui frecce somigliavano a giavellotti. Su tutte campeggiava uno scudo rotondo così ampio che Joyce avrebbe potuto stendersi al suo interno come su di un letto.
"Queste non sono vere armi" disse tornando da Tamarys.
La ragazza stava esaminando l'arco. "Di sicuro funzionavano. Vedi questi segni? Sono stati lasciati dall'usura. Qualcuno impugnava questo arco."
"È impossibile" esclamò Frant. "Quanto dovrebbe essere alta e forte una persona per tendere questo arco?"
"Almeno tre volte una persona comune" disse Tamarys.
Frant fissò la punta di una delle frecce. "Non esistono persone così alte."
"Non esistono più" disse Tamarys passando oltre.
Joyce le andò dietro. "Una volta esistevano?"
Tamarys grugnì qualcosa. "È una leggenda ancor più antica dei maghi supremi."
Joyce attese paziente che proseguisse.
"Prima che i maghi apparissero, esistevano i giganti. Prove non ce ne sono, ma ogni tanto un contadino trova qualche osso dalla strana forma e dalla lunghezza inusitata e contribuisce alla diffusione della leggenda."
"I giganti" disse Frant pensoso. "Tu pensi che Imurra li abbia conosciuti?"
"Non di persona, questo è certo" disse Tamarys. "Non sono mai esistiti, così come sono pura fantasia i nani e gli elfi."
Però credi nei demoni, si disse Joyce.
"Guarda qui" disse Frant indicando una spada dalla lama dorata e l'impugnatura cesellata. Il pomolo raffigurava la testa di una creatura dalle fauci spalancate e irte di denti aguzzi.
Lo stregone la brandì come avrebbe fatto un guerriero. "È splendida. Forse era questa l'arma usata da Bellir nello scontro con Malag."
"Ne dubito" disse Tamarys. "E ti consiglio di lasciarla qui. Non è saggio rubare ai demoni e ai maghi supremi."
"Anche Imurra le aveva rubate a qualcuno" disse Frant.
"Giusto. E guarda che fine ha fatto."
"La porterò con me lo stesso" disse lo stregone.
"Come vuoi" fece Tamarys. "Che ne direste di tornare a Berger? È chiaro che qui non troveremo niente di interessante. Se anche ci fosse stata qualche prova, il tempo deve aver cancellato tutto."
"Se ce ne andiamo" disse Joyce delusa. "Non sapremo come ha fatto Bellir a sconfiggere Malag."
"A questo punto credo che non lo scopriremo mai. È passato troppo tempo e quelli che potevano saperlo sono tutti morti." Tamarys fece una pausa. "L'unico che potrebbe svelare il mistero è Malag in persona, ma non credo sia disposto a dircelo."
Frant avvolse la spada nel suo mantello come se fosse l'oggetto più prezioso del mondo.
La risalita verso la superficie fu veloce. Trovarono i cavalli dove li avevano lasciati e tornarono a Berger.
Appena entrati in città si separarono.
"Vieni con me" le disse Tamarys.
Joyce la seguì fino a casa.
Trovarono Talita seduta sulla sua sedia, lo sguardo corrucciato. "Dove siete state? Ero in pensiero."
Prima di tornare a casa Tamarys aveva detto a Joyce di non dirle niente della loro visita al rifugio di Malag.
"Ho portato Sibyl a fare un giro in città" disse Tamarys.
"Stai mentendo" l'accusò Talita. "Preparami un infuso."
Joyce seguì la ragazza. "Speravo davvero che avremmo trovato qualcosa. Qualsiasi cosa."
"A volte è meglio non trovare niente che una cosa qualsiasi" rispose la ragazza. "Cosa ti aspettavi che ci fosse, lì sotto? Il diario di Malag con la sua storia? Un'incisione che ti dicesse come ha fatto Bellir a batterlo? Non sempre la soluzione è così semplice."
Joyce però non riusciva a darsi pace. Era delusa e sentiva di aver fatto un viaggio a vuoto. Poi le venne in mente che c'era una domanda che desiderava fare a Tamarys.
"Una volta, rovistando tra delle vecchie pergamene" disse la sera stessa. "Mi sono imbattuta in un testo in antico valondiano."
"È abbastanza comune. Che diceva?"
"Non sono stata capace di tradurlo."
"L'hai qui con te?"
Joyce aveva ricopiato parte del testo trovato sul compendio su di un foglio. "No, ma ne feci una copia."
"Fai vedere." Tamarys allungò la mano e diede un'occhiata al foglio. "Interessante."
"Sai cosa c'è scritto?"
"È una lingua ancora più antica del valondiano. Sei sicura di avere ricopiato bene questi caratteri?"
"Sì" disse Joyce.
"Penso di poterlo tradurre."
"Bene" disse Joyce. Fece per andarsene.
"Dove credi di andare?"
"Devo tornare alla locanda."
"Lascia perdere quel postaccio" disse Tamarys. "Stanotte puoi restare qui."
"Non vorrei disturbarvi."
"C'è posto a sufficienza" disse la ragazza. "Ora scusami, ma devo tradurre questa."
Si chiuse nello studio e Joyce non la rivide fino al mattino seguente, quando si rividero per una veloce colazione.
Rimase in attesa che lei dicesse qualcosa, ma Tamarys era silenziosa.
"Sei riuscita a tradurre quel testo?" chiese Joyce vinta dalla curiosità.
La ragazza annuì distratta. "Sì, certo, non era difficile. Chi l'ha scritto conosceva a malapena le regole grammaticali di quella lingua. Dove hai detto di averlo trovato?"
"In un vecchio testo di poesie" disse Joyce. Si era inventata una storia credibile, o almeno lo sperava, sulla sua provenienza. "Di un certo Hopott."
"Mai sentito nominare."
"Allora, che dice?"
Tamarys si schiarì la gola. "Non diventare il mago cattivo."
"Solo questo?" chiese Joyce delusa.
"Era tutto."
"Ma che significa?"
"Dimmelo tu. Forse era il frammento di una poesia più lunga."
"No, io non credo che..."
Qualcuno bussò alla porta.
"Chi può essere? Non aspetto visite" disse Tamarys alzandosi.
"Aprite" esclamò una voce imperiosa. "In nome dei Trenta vi ordino di aprire."
Tamarys ubbidì. Sull'ingresso apparve la figura imponente di un uomo in armatura, affiancato da altri due soldati armati di lancia. "È questa l'abitazione dell'erudita Talita?" chiese l'uomo.
"Chi la cerca?"
"I Trenta" disse il soldato entrando.
"Non vi ho dato il permesso di..." disse Tamarys. Una lancia punta all'addome la face azzittire.
"Dov'è l'erudita Talita?" chiese l'uomo.
L'anziana era apparsa sulla soglia della sua stanza. "Chi mi cerca?"
"Siete stata convocata dai Trenta" disse l'uomo sventolando una pergamena.
Tamarys gliela strappò di mano e la lesse. "È autentica. C'è anche il timbro ufficiale" disse all'anziana.
Talita sospirò. "Concedetemi qualche minuto per prepararmi" disse rientrando nella sua stanza.
"Non più di cinque" disse l'uomo. Guardò prima Tamarys e poi Joyce. "Venite anche voi due" disse prima di marciare verso l'ingresso.
"Che succede?" chiese Joyce.
"Niente di buono" rispose Tamarys.

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