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Autore: XtinaA    20/12/2018    2 recensioni
Nami aprì istintivamente gli occhi quando la stanza fu nuovamente inondata dalla luce al neon. Sbatté le palpebre varie volte non riconoscendo il posto né lo strano uomo che stava ritto davanti al suo lettino come fosse una sentinella.
Era impegnato a guardare la sua immagine allo specchio e la rossa non sapeva cosa diavolo stesse succedendo. Aveva ricordi confusi e frammentari che non le dicevano nulla.
L'ultima cosa che ricordava chiaramente era qualcosa che doveva essere successa almeno dieci anni prima, quando era ancora una bambina, e si trovava nel suo posto segreto insieme a Bibi.
L'immagine della sua amica la risvegliò definitivamente da quel torpore in cui sembrava essere caduta e si chiese se anche lei fosse lì e come stesse.
[...]Con il mazzo di chiavi che aveva rubato, mano a mano che avanzavano lungo il corridoio, aprì le altre stanze in cui si trovavano altre giovani donne come loro.
Robin le osservò attentamente ma dai loro sguardi spenti e liquidi capì che erano ancora sotto l'effetto del condizionamento mentale attuato dai loro nemici. Se volevano liberarle e ottenere i loro ricordi dovevano liberare colei che usavano per far funzionare la maledetta macchina.
[...]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Boa Hancock, Nami, Nefertari Bibi, Nico Robin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Like a Doll Note autrice:
Eccomi qua dopo una vita in cui praticamente non ho pubblicato nulla :P Vogliate perdonarmi ma tra impegni ed un brutto periodo con il blocco dello scrittore sono proprio in una brutta fase infatti non so quando riprenderò ad aggiornare con regolarità ahimè
Scrivere queste os infatti è stato davvero tipo un un parto e ho dovuto farlo in più tappe per vari motivi e, forse un po' per questo e per il periodo no, non sono totalmente soddisfatta anzi non lo sono per niente ma ho deciso di buttarmi ugualmente e pubblicarla.
E' la prima volta che tratto di questa coppia ma ammetto che è stato divertente, un po' perché comunque la coppia mi ispira, e volevo sapere se Nami la preferite nelle coppie het o se anche in questa coppia non vi dispiace ;) sono curiosa visto che so che all'estero piace molto mi sono sempre chiesta cosa ne pensa invece il fandom italiano!
La storia è un po' lunga e ringrazio chi arriverà fino alla fine e avrà la bontà di lasciarmi un commento anche se il risultato finale non è un granché anche perché mi sono allontana di molto dall'idea che avevo inizialmente e ne è venuto fuori qualcosa di davvero molto strano!!! Comunque a voi l'ardua sentenza mie care lettrici!
A presto e, se non dovessi pubblicare più nulla, ne approfitto per farvi gli auguri di buon Natale e di felice anno nuovo!




                                                    Like a Doll



Dodici anni prima



La bambina dai capelli rossi mangiò a piccoli bocconi il grosso mandarino che teneva tra le piccole mani. Accanto a lei, placidamente sdraiata sull'erba, stava la sua amica e vicina di casa dai capelli del colore del cielo, raccolti in una coda di cavallo che l'altra le tirava sempre con forza quando voleva farle qualche dispetto.
-Perché mangi sempre mandarini? A me fanno venire mal di pancia e non mi piacciono!- disse la più piccola tra le due bambine.
-Questi li coltiva mia madre e sono i mandarini più buoni del paese. Assaggialo, è dolce.- rispose l'altra porgendole metà del frutto. Bibi lo scrutò poco convinta. I mandarini le davano veramente problemi di stomaco ma suo padre le aveva insegnato ad essere sempre gentile ed educata, quindi prese il frutto e ne mise in bocca uno spicchio. Si sorprese della sua polpa morbida e succosa, decisamente Nami aveva ragione!
-Davvero li coltiva lei? Sono buonissimi!-
-Te lo avevo detto io. Sì, li coltiva lei! La prossima volta che fa la crostata con la sua marmellata al mandarino devi venire a casa a mangiarla!- disse la rossa con un sorriso felice.
Il giardino in cui stavano giocando si trovava leggermente fuori dal paese ed era il loro posto segreto per giocare o semplicemente stare sdraiate ad oziare e a chiacchierare. Si conoscevano praticamente da quando erano nate, anche se l'azzurra era più piccola di due anni, e da quando aveva memoria non era trascorso un giorno senza che le due si incontrassero per andare a scuola o a giocare insieme. Erano inseparabili e per questo si consideravano quasi come due sorelle. Nami andava più d'accordo con Bibi che non con sua sorella Nojiko, più grande di due anni e che si considerava troppo matura per stare con sua sorella minore. Ma anche così Nami era felice perché sapeva che, qualunque cosa fosse successa, Bibi ci sarebbe sempre stata.
L'azzurra sorrise felice e colse qualche margherita colorata per intrecciare un bracciale da regalare alla sua amica. Annusò felice il profumo dei fiori quando un'ombra scura calò sopra di lei. Pensò che si trattasse di una nuvola e non si voltò fino a quando non sentì l'urlo di Nami.
Si voltò spaventata e vide l'altra bambina che si dimenava mentre una figura interamente vestita di nero la stava mettendo all'interno di un grande sacco nero. La piccola poteva vedere le gambe e le braccia della rossa che si agitavano dal suo interno e una forte paura si impossessò di lei.
-Chi siete? Cosa volete? Lasciate andare Nami!- disse prendendo una pietra e scagliandola contro la gamba del secondo uomo vestito di nero che si stava avvicinando con fare minaccioso a lei.
-Sta' zitta e non ti verrà fatto alcun male. Urla o prova a scappare e ti uccidiamo, mocciosa!- le disse con una voce cavernosa che Bibi non riconobbe. Tra le grandi mani guantate teneva una fucile puntato proprio su di lei e la bambina non seppe cosa fare.
Non era così coraggiosa da tentare di affrontare i due uomini da sola, anche perché non avrebbe avuto alcuna speranza, e non voleva che facessero del male a Nami per colpa sua, così lasciò cadere la pietra.
Poi vide solo il buio del sacco che calava di lei ed urlò senza però essere udita da nessuno.




Presente, luogo sconosciuto


L'avvenente giovane donna con il caschetto biondo perfettamente acconciato stava seduta al bancone tutta sola con l'aria di chi non volesse essere abbordata quella sera. Era esattamente il tipo di sfida che Niji Vinsmoke amava affrontare. Non c'erano donne capaci di resistere al suo fascino e al suo portafogli sempre pieno, quindi già immaginava di terminare la serata con quella bellezza straniera ad allietarlo nel suo letto.
-Posso offrirle qualcosa signorina o aspetta qualcuno?- fece lui fingendo di averla appena notata.
-Solo se contiene molto alcol. Ho avuto una pessima giornata oggi e ho bisogno di qualcosa di estremamente forte.- disse lei con l'ombra di un sorriso stanco.
-Ma certo. Cameriere, hai sentito la signorina?- disse rivolgendosi con fare arrogante e prepotente al giovane cameriere.
-Puoi chiamarmi Nami. Tu sei...?-
-Niji. Niji Vinsmoke.- disse prendendole la mano per posarvi un rapido bacio.
-Non sarai mica il figlio del famoso imprenditore milionario Judge Vinsmoke?- disse lei mostrandosi sorpresa.
-Esatto, ma non amo farlo sapere in giro, quindi dimentica pure il mio cognome.- disse lui passandosi una mano nella chioma perfettamente ingelatinata.
Il cameriere poggiò davanti a loro due bicchieri colmi di un liquido trasparente che bruciò la gola del giovane quando lo bevve tutto d'un fiato. La ragazza fece altrettanto ma senza battere ciglio, anche se le sue gote iniziarono subito ad imporporarsi nel giro di qualche minuto a causa dell'alcol.
Niji sorrise soddisfatto tra sé e sé, ancora qualche bicchierino e quella ragazza sarebbe stata sua. Del resto lui prendeva sempre quello che voleva anche se per farlo doveva passare sopra qualcuno.
Continuarono a bere e, un paio di ore dopo e molto alcol dopo, i due uscirono dal locale barcollanti e ridevano per chissà quale battuta che aveva fatto il ragazzo.
Le mise la sua giacca sulle spalle per proteggerla dal fresco della serata visto che indossava solo un abito da cocktail dorato con una generosa scollatura che aveva l'aria di non essere particolarmente caldo.
Nel compiere quel gesto le sfiorò le spalle apparentemente con casualità e si compiacque quando la vide rabbrividire a quel contatto studiato.
-Ti chiamo un taxi?- le chiese lui fingendo di non avere alcun secondo fine.
-Oppure potremmo andare a casa tua per concludere in bellezza questa serata.- disse lei maliziosamente e con un sorrisetto furbo che minacciò di far perdere la testa al Vinsmoke.
-Bene allora.- disse prendendo le chiavi della sua Ferrari decapotabile dalle mani del parcheggiatore con un gesto maleducato.
Quando mise in moto si udì un rombo potente che riempì l'aria e partì veloce come il vento. Nami si protese verso di lui per dargli dei piccoli morsi sul collo che gli causarono dei piccoli brividi di piacere.
-Ehi, se continui così non ci arriveremo mai a casa mia.- ridacchiò lui.
-L'idea è quella in realtà. Ferma la macchina.-. disse lei mentre gli infilava le lunghe unghie nel braccio e stringeva con forza.
-Cosa? Ma che diavolo ti prende?-
-Quale parte di "ferma la macchina" non capisci?- domandò lei tirando fuori dalla piccola borsetta un bastone con cui colpì il giovane sulla guancia anche se non troppo forte.
-Ehi ehi, questo gioco inizia a non piacermi. Che diavolo stai facendo?- chiese lui mentre accostava lungo la stradale deserta e poco illuminata.
La ragazza tirò via quella che era una parrucca e liberò la sua vera chioma dello stesso colore delle arance mature.
-Chi diavolo sei tu?- le chiese intuendo di essere stato raggirato da quella strega. Lei continuava a sorridere maliziosamente e a puntargli quello strano bastone contro il viso.
-Te l'ho detto, mi chiamo Nami. Sai, non pensavo sarebbe stato così facile fregarti, sei stato davvero uno sprovveduto a pensare che veramente fossi intenzionata ad andare a letto con te! Sei un presuntuoso arrogante e non mi piacciono gli uomini come te.-
-E tu sei una maledetta pazza!- disse lui allungando la mano nel vano contenitore che stava nello sportello del guidatore per prendere la sua pistola. Ma quel gesto non passò inosservato alla ragazza che, chissà come, fece allungare il bastone e lo colpì al braccio più forte di prima.
Si slacciò la cintura e scese dalla macchina girandogli attorno come un gatto con il topo. Strisciò il bastone lungo la fiancata producendo uno stridio che fece quasi saltare i timpani e i denti del giovane Vinsmoke.
-Non è una faccenda personale tranquillo, ma solo un monito per tuo padre che si è messo contro la persona sbagliata. Lui gli manda i suoi saluti.- disse lei con un sorriso e sopra la sua testa si formò rapidamente una grande nuvola grigiastra e carica di elettricità come Niji non ne aveva mai viste prima.
Era qualcosa di bellissimo e terrificante allo stesso tempo, uno spettacolo che di certo non avrebbe mai voluto vedere così da vicino. La nuvola scaricò tutta la devastante potenza del suo fulmine addosso allo sfortunato ragazzo. Le sue urla furono coperte dal fragore del tuono e del fulmine e nessuno le udì mai.
Nami premette uno dei suoi orecchini a forma di perla, che non era altro che una ricetrasmittente che mandava il segnale in un certo posto nascosto sotto terra, e con un sorriso soddisfatto disse -Missione compiuta. Mandate un'auto a prendermi.-


Quando rientrò alla base come al solito consegnò il suo bastone alla giovane donna dai capelli verdi che le disse di spogliarsi e di accomodarsi sul solito lettino, collegato ad un apparecchio di forma circolare che doveva mettere sulla testa come se fosse una fascia e attendere che il processo a cui la stavano sottoponendo fosse finito.
Nami non provò alcuna vergogna a farsi vedere coperta solo dagli indumenti intimi. Il pudore non era certo il suo punto di forza, e poi nessuno la guardava con malizia o interesse in quel posto. Tutti erano concentrati nella preparazione della macchina che stavano per attivare.
Inoltre anche se qualcuno avesse avuto quel genere di intenzione nei suoi confronti probabilmente lei non se ne sarebbe neppure accorta. Non perché fosse poco accorta o intelligente, ma perché era lentamente diventata un guscio vuoto che loro riempivano di informazioni per le missioni che doveva compiere e che poi svuotavano quando aveva finito.
Era così che andavano le cose da quando, dodici anni prima, l'avevano rapita e fatta diventare quel che era. Le avevano dato in dotazione un'arma con cui poteva controllare ogni elemento atmosferico, le avevano permesso di studiare per dotarsi della conoscenza necessaria durante le missioni ma non le avevano permesso di sviluppare alcuna personalità. Restava ben poco della bambina che era stata e nella sua mente non c'era assolutamente alcun pensiero che non fosse controllato da loro.
Era come una bambola nelle loro mani, una marionetta di cui potevano servirsi a loro piacimento e lei neppure sapeva di esserlo.
La donna dai capelli verdi le mise l'apparecchiatura attorno alla testa e la fece sdraiare. Nami le afferrò un braccio e la guardò con un misto di apprensione e spaesamento.
-Farà male?- le chiese e Monet le sfiorò la chioma rossa con le sue mani gelide.
-No, non ti preoccupare.- le disse, anche se sapeva bene che Nami avrebbe urlato come tutte le altre volte. Lei non poteva ricordarlo ma ogni volta che veniva sottoposta a quel processo faceva quella stessa domanda alla verde e lei le rispondeva in quel modo.
La rossa parve rassicurata da quelle parole e si rilassò un poco mentre Monet e gli altri scienziati attivavano la macchina. Non poteva sapere che, nella stanza a fianco, attaccata alla macchina come lei vi era una giovane ragazza all'incirca della sua età, a cui veniva strappato il suo potere di alterazione della memoria  donato dai suoi stessi carcerieri attraverso un frutto del diavolo sintetico, creato appositamente per lei e per essere sfruttato per fare il lavaggio del cervello alle sue vittime.
Delle scariche elettriche arrivano al cervello di Nami cancellandole il ricordo dell'ultima missione e di tutto quello che era avvenuto nei giorni precedenti. Cacciò un urlo simile a quello di una bestia ferita e sentì il cuore batterle ferocemente nel petto quasi come se stesse per esplodere. Tutto durò qualche istante, poi fu il buio che avvolse la stanza lasciandola completamente priva di ogni fonte di illuminazione.
-Maledizione.- disse Monet, perdendo per un attimo il suo completo aplomb, cercando di orientarsi in quella oscurità perfetta - Di nuovo quella stronza, stavolta giuro che la uccido. Cracker, Oven, andate a mettere in funzione il circuito per le emergenze e a vedere cosa diavolo sta succedendo. Absalom, tieni d'occhio la ragazza, io ho una faccenda di cui occuparmi.- disse prendendo una torcia e uscendo dalla stanza lasciando dietro di sé una scia di gelida neve al suo passaggio.



In un'altra stanza, ben lontana da tutti quei macchinari e quelli scienziati corrotti, Nico Robin camminava nascondendosi tra le ombre senza problemi. Ora che si era finalmente liberata di quella maledette catene che inibivano i suoi poteri era libera di attuare il suo piano. Erano quindici anni che pianificava la sua fuga senza mai riuscirci, finalmente era giunto il momento di portarla a compimento una volta per tutte.
Entrò in una stanza chiusa da un pesante portone blindato, chiuso da tre diversi tipi di serrature e altrettante combinazioni numeriche, ma per lei non era stato un problema farsi dare tutte le informazioni dalla guardia che aveva messo ko qualche minuto prima.
Sapeva che dietro quella stanza si celava l'arma più potente dell'organizzazione che l'aveva rapita. Era una persona che scomodavano solo per le missioni veramente importanti, un po' come facevano con lei, perché era un elemento instabile e il processo di lavaggio del cervello sembrava non essere totalmente efficace su di lei. Ecco perché la tenevano legata con delle manette di agalmatolite, con un casco attorno alla testa che la accecava e le impediva di sentire qualsiasi suono che non fossero le urla di terrore dei filmati di guerra che le mettevano davanti agli occhi 24 ore al giorno senza sosta per far emergere la bestia sanguinaria che era in lei.
Robin entrò nella stanza e la richiuse alle sue spalle prima di accendere una piccola torcia che gettava un fascio di luce davanti a sé, e che illuminò un'alta figura  incatenata al muro e coperta con un lungo vestito dallo spacco generoso e con il disegno di un serpente che si arrotolava sinuosamente lungo i suoi fianchi, per poi terminare con le fauci spalancate sopra il suo seno generoso.
Tenendosi a debita distanza fece sbocciare un suo braccio accanto al muro e disattivò, con una chiave magnetica, il casco e le manette di agalmatolite marina che servivano per inibire i suoi poteri e indebolirla.
Hancock, quello era il nome della donna, si guardò attorno confusa e spaesata come se si stesse svegliando da un lungo sonno e quando vide Robin la guardò con odio profondo.
-Chi sei?- le chiese pronta ad attaccare.
-Il mio nome è Nico Robin, ma non abbiamo tempo per le presentazioni. Il casco è collegato ad un sistema di allarme quindi tra meno di due minuti questa stanza sarà piena di uomini armati fino ai denti che avranno l'ordine di sedarci nuovamente...o peggio.-
-Di quale diavolo di sedazione e uomini armati stai parlando? Ma soprattutto dove siamo?- chiese la mora più alta guardandosi attorno.
-Te l'ho detto, non abbiamo molto tempo. Usciamo di qui e avrai tutte le risposte che desideri.-
-Credi forse che io sia una stupida? Non mi fido di te, quindi sparisci dalla mia vista.- disse guardandola con astio e diffidenza. Prima che Robin potesse rispondere la porta si spalancò ed un nutrito gruppo di soldati che ordinarono loro di mettere le mani in alto e con la faccia al muro.
"Maledizione" pensò Robin. Era arrivati prima di quanto si aspettasse e il suo piano di fuga si stava rilevando un fallimento. Ma non si sarebbe arresa senza lottare.
Hancock unì le mani  a formare un cuore stilizzato e, senza che i soldati ebbero il tempo di battere ciglio, fece partire un raggio che pietrificò tutti i nemici.
Robin incrociò le braccia e fece spuntare dal suolo due enormi mani che colpirono quelle statue mandandole in frantumi. Rivolse un sorriso soddisfatto all'altra donna che però non ricambiò il gesto, ma uscì dalla stanza calciando i poveri malcapitati pietrificati che intralciavano il suo cammino.
-Erano questi gli uomini che tanto temevi? Un gruppo di patetici buoni a nulla che ovviamente non hanno saputo resistere al mio fascino.- disse sfiorandosi i capelli compiaciuta.
Robin pensò che fosse davvero una strana donna ma sicuramente grazie a lei sarebbe riuscita a scappare. Uscì dalla stanza anche lei e le luci si riaccesero nel corridoio illuminandolo come se fosse giorno.
Hancock si coprì gli occhi, ferita da tutta quella luce e abituata com'era a stare perennemente al buio.- Robin le porse una morbida fascia di tessuto che teneva in vita come una cintura affinché l'altra potesse avvolgersela attorno agli occhi almeno fino a quando non si fosse gradualmente abituata alla luce.
-Tienila per qualche minuto.- le consigliò.
-Non credere che questo cambi le cose. Non so nulla di te e non mi fido.-
-Come vuoi tu.- rispose l'altra che, al suo posto, si sarebbe comportata esattamente allo stesso modo.
Con il mazzo di chiavi che aveva rubato, mano a mano che avanzavano lungo il corridoio, aprì le altre stanze in cui si trovavano altre giovani donne come loro.
Robin le osservò attentamente ma dai loro sguardi spenti e liquidi capì che erano ancora sotto l'effetto del condizionamento mentale attuato dai loro nemici. Se volevano liberarle e ottenere i loro ricordi dovevano liberare colei che usavano per far funzionare la maledetta macchina.
Così almeno avrebbero avuto più chances di creare scompiglio e salvarsi.


Nami aprì istintivamente gli occhi quando la stanza fu nuovamente inondata dalla luce al neon. Sbatté le palpebre varie volte non riconoscendo il posto né lo strano uomo che stava ritto davanti al suo lettino come fosse una sentinella.
Era impegnato a guardare la sua immagine allo specchio e la rossa non sapeva cosa diavolo stesse succedendo. Aveva ricordi confusi e frammentari che non le dicevano nulla.
L'ultima cosa che ricordava chiaramente era qualcosa che doveva essere successa almeno dieci anni prima, quando era ancora una bambina, e si trovava nel suo posto segreto insieme a Bibi.
L'immagine della sua amica la risvegliò definitivamente da quel torpore in cui sembrava essere caduta e si chiese se anche lei fosse lì e come stesse.
Cercò di rialzarsi ma, lo strano uomo che nei lineamenti somigliava molto ad un leone, la afferrò per una spalla facendola sdraiare con malagrazia.
-Dove credi di andare, stronza?- disse lui con un ringhio.
-Levami immediatamente le tue luride mani di dosso.- rispose lei disgustata dal tocco, seppur rapido e privo di qualsiasi secondo fine, dell'uomo. Lui parve sorpreso dalle parole della rossa. Non era certo la prima volta che si rivolgeva ad una di quelle donne con freddezza ed epiteti poco amichevoli e mai nessuna di loro prima di allora aveva accennato ad una qualche reazione. Non ebbe il tempo di chiederle nulla che la giovane gli assestò un calcio al petto che gli rese difficoltosa la respirazione e poi vide solo un lampo di capelli color mandarino e di pelle diafana che gli sfrecciavano accanto e lo spingevano addosso ad uno dei grandi macchinari che gli diede una forte scossa.
Nami sorrise soddisfatta mentre recuperava il vestito che indossava prima per indossarlo. Non era il massimo della comodità ma almeno non sarebbe dovuta andare in giro mezza nuda. Accanto all'indumento vi era anche il suo bastone e la rossa ringraziò la sua buona stella che quel giorno pareva farle andare qualcosa per il verso giusto.
Aveva la testa ancora confusa, rivedeva sprazzi di ricordi che non sapeva se fossero reali o meno e che comunque non le dicevano assolutamente nulla, ed era come se appartenessero ad un'altra persona.
Per quanto tempo la sua mente era stata violata ed abusata in quel modo? E soprattutto come diavolo avevano fatto a manipolarla fino ad allora?
Ma non era il momento per cercare le risposte a quelle domande. Doveva assolutamente trovare Bibi e andarsene insieme a lei da quell'inferno in cui erano state rinchiuse troppo a lungo.
Creò un fulmine che distrusse una spessa porta in cui non vi erano altro che enormi macchinar simili a quelli della stanza in cui si trovava precedentemente e fu tentata di distruggerli tutti ma sarebbe stata solo una perdita di tempo e doveva andarsene il più fretta possibile. Stava per abbandonare la stanza quando sentì un debole lamento, come quello di un animale sofferente e quasi in agonia, e si avventurò per cercare di capire cosa fosse.
Vide una giovane ragazza, che avrebbe potuto avere più o meno la sua stessa età, con una fluente chioma castana che le era stata rasata da una parte del capo per permettere a degli elettrodi di aderire alla sua testa.
Aveva gli occhi chiusi e sarebbe potuta sembrare morta se non fosse stato per qualche gemito che ogni tanto usciva dalla sua bocca. Aveva anche una flebo attaccata al braccio scheletrico e vari altri elettrodi che ne monitoravano la frequenza del battito cardiaco, la pressione del sangue e altri valori che non riconosceva.
Gli occhi di Nami si riempirono di lacrime nel vedere quella povera ragazza ridotta in quel modo. Quello che avevano fatto a lei non era niente in confronto a quello che stava subendo quella poveretta. Fu tentata di liberarla da quei maledetti elettrodi ma non era sicura di sapere come fare senza arrecare danno a quella giovane.
Mentre la ispezionava la porta si chiuse con un tonfo che la fece strillare involontariamente. Quando si voltò vide quelle che dovevano essere le guardiane della ragazza, ovvero una bellissima donna mora dalle labbra carnose che indossava un vestito a pois e.. Bibi!
Nami fu felice di vederla e fece per correrle incontro ed abbracciarla ma, mentre si avvicinava a grandi passi, l'azzurra la colpì con un'arma sottile e lunga come un filo alla cui estremità era legata quella che le parve come una piuma di pavone fatta d'acciaio che le ferì ripetutamente le braccia ed il viso.
Il sangue le colò in rivoletti e con esso spariva la gioia per aver ritrovato la sua amica d'infanzia. Perché la stava attaccando? Perché non le correva anche lei incontro per abbracciarla? Cosa diavolo le avevano fatto? Ma la risposta era semplice e non ci fu neanche bisogno di pensarci troppo per capire: era stata sottoposta allo stesso strano lavaggio del cervello che avevano fatto a lei e a chissà a quante altre persone.
La mora tese la pistola e sparò un paio di colpi che Nami riuscì ad evitare per un soffio rotolando di lato. Era numericamente in inferiorità e senza contare che le altre due non sapevano quel che facevano, quindi praticamente era una battaglia persa già in partenza per lei.
-Quei bastardi!- sibilò furiosa per quello che avevano fatto sia a lei che alle altre, ma soprattutto a Bibi. Costringerle a scontrarsi  nonostante fossero sempre state inseparabili e il suo affetto fosse rimasto immutato anche con il lavaggio del cervello era qualcosa di veramente diabolico.
Ma lei non era una stupida. Se fino a quel momento aveva sempre svolto ogni compito che quei porci le avevano affidato significava che le avevano dato un minimo di addestramento e di formazione. Non aveva mai imparato ad usare il bastone prima del maledetto rapimento ma sapeva esattamente come fare per richiamare a sé ogni elemento atmosferico di cui avesse bisogno, quindi poteva farcela. Bastava solo non ferirle mortalmente e soprattutto non farsi uccidere e la cosa non sarebbe stata facile visto che la stanza non offriva molti nascondigli e non poteva scappare finché le due bloccavano l'unica porta della stanza.
-Ok, volete giocare belle? Giochiamo allora.- disse e, modificando le condizioni di umidità della stanza, creò un miraggio che la rese invisibile ai loro occhi.
Se voleva sperare di avere qualche chances aveva bisogno di prendere tempo per studiare una strategia efficace.
Si avvicinò alla castana e cercò di capire come fare per liberarla. Era sicura che se la mantenevano sedata ma in vita doveva per forza essere importante per i suoi rapitori, ma qual era il suo potere? Cosa faceva per loro?
Non lo sapeva e non ebbe il tempo per farsi altre domande che la mora la colpì alla spalla con un poderoso calcio con le sue scarpe con il tacco a spillo che la mandò a sbattere contro la parete.
Come diavolo aveva fatto a vederla se aveva usato il bastone per rendersi invisibile? La spalla le mandò scariche di dolore mentre tentava di rimettersi in piedi. La donna dai capelli scuri  la colpì ancora con un calcio nello stomaco e Nami perse la presa sul suo bastone che rotolò a circa un metro di distanza da lei.
Bibi le si avvicinò minacciosa e le avvolse uno dei suoi fili metallici attorno al collo stringendo con forza. La rossa tentò di divincolarsi e di strattonare il filo, ma non ottenne alcun risultato se non quello di ferirsi le mani.
-Bibi, ti prego! Sono io! Possibile che non ti ricordi di me?- le chiese implorante con l'unico filo di voce che riusciva ad usare. Ma negli occhi scuri dell'altra non vi era traccia di alcun sentimento o segno di averla riconosciuta, non c'era niente di niente.
Gli occhi le si riempirono di lacrime per la frustrazione e la paura di essere veramente uccisa da Bibi. Odiava vederla ridotta in quello stato di succubanza e come se non fosse neppure un essere umano, alla stregua di un robot senza sentimenti che si limitava a svolgere senza fiatare ogni ordine che le veniva dato.
-Maledizione Bibi cerca di lottare! Se mi senti non mollare!- disse la rossa che stava per esaurire la riserva di ossigeno e iniziava ad avere la vista appannata e tremolante.
E proprio quando credette che tutto stesse per finire la pressione sulla sua gola allentò di colpo e poté respirare nuovamente. Tossì violentemente mentre si rimetteva in piedi e recuperava il suo bastone. Si guardò attorno e vide che Bibi e l'altra donna dai capelli neri erano diventate due statue di pietra perfettamente immobili nella loro bellezza quasi come l'opera di uno scultore di altri tempi.
-Stai bene?- le chiese una giovane donna dai lunghi capelli neri che entrò dalla porta spalancata. Nami non ricordava di averla mai vista prima e la guardò con sospetto.
-Si, ma chi sei tu?-
-Mi chiamo Robin e stiamo cercando di liberare le altre ragazze per poter scappare.- le disse la mora.
-Dubito che vorranno venire di loro spontanea iniziativa.-
-E' per questo che abbiamo bisogno di quella ragazza laggiù. E' lei la causa delle nostre amnesie e che sfruttano per poterci fare il lavaggio del cervello ogni volta. Tu come hai fatto a liberarti?-
-Fortuna immagino.- disse Nami con una scrollata di spalle.
-Poche chiacchiere Robin, non abbiamo molto tempo ricordi?- disse la voce di una seconda donna che Nami non aveva visto entrare.
-Si lo so, ma questa ragazza è riuscita a liberarsi dal controllo mentale e può aiutarci.-
-Non abbiamo bisogno di una mocciosa, sbrigati ad occuparti di quella che ci serve. Nel frattempo che io mi libero di queste due.- disse Hancock pronta a sferrare un calcio verso Bibi.
-Ferma!- le ordinò Nami frapponendosi tra la mora e la sua amica. -Non puoi farle del male, lei è mia amica.-
-Una cosa toccante, ma se non lo hai notato la tua "amica" stava per ucciderti e se non fossimo arrivate noi tu saresti solo un cadavere sdraiato sul pavimento, quindi limitati a ringraziarmi e togliti di mezzo ragazzina.-
-Non mi chiamo ragazzina e comunque ti impedisco di toccarla. Se come dite grazie a questa ragazza possiamo invertire il processo abbiamo una possibilità di salvarle.-
-Ma per favore. Credi che a me interessi salvarle? Io voglio liberare le altre solo per usarle come esca mentre io mi metto in salvo, non credere che mi importi niente di te, di lei, di Robin o di chiunque altro ci sia qua dentro.- disse Hancock senza alcuna traccia di pietà negli occhi chiari.
-E a me non frega niente di te o di quello che vuoi fare, ma Bibi non si tocca o te la vedrai con me!-
-Non vorrei disturbarvi ma vi ricordo che non abbiamo tempo per queste cose. Ho liberato la ragazza ma è priva di sensi e non so se è stata drogata o sedata quindi serve a ben poco in queste condizioni.- disse Robin che reggeva la ragazza che aveva fatto spuntare un altro paio di braccia per sorreggere la castana.
-Fantastico.- rispose acida Hancock che vedeva andare a rotoli il suo piano di fuga.
-Che diavolo facciamo allora?- chiese Nami che vide sfumare l'unica opportunità concreta che aveva per salvare Bibi. Se non poteva usare i poteri della ragazza per farla tornare com'era cosa diavolo avrebbe potuto fare?
-Sholololo ve lo dico io cosa potete fare, che ne dite di morire?- disse con voce acuta uno strano essere che si formò al centro della stanza quasi come se fosse stato incorporeo fino ad allora e avesse ascoltato i loro discorsi, aspettando il momento più adatto per fare la sua entrata in scena.
Aveva lunghi capelli neri spettinati, il viso pallido come quello di un cadavere e occhi allungati e gialli come quelli di un felino. Nami sentì un brivido correrle lungo la schiena e scuoterle il corpo tanto era inquietante l'uomo che si ergeva minaccioso davanti a loro.
Al suo fianco vi era Monet, la scienziata che si occupava del loro "trattamento" ogni volta che tornavano da qualche missione. Ma anziché avere delle normali gambe aveva delle possenti zampe da volatile e le braccia erano diventate due grandi ali che la sorreggevano mentre si levava in volo sempre accanto all'uomo.
-Mi duole vedere che tre soggetti efficienti e potenti come voi siano sfuggiti al mio controllo ma a questo punto non mi resta che eliminarvi.- continuò l'uomo.
-E così finalmente mostri la tua brutta faccia Caesar Clown.- gli disse Hancock che, al contrario di Nami, non pareva spaventata dall'uomo ma lo fronteggiava con sicurezza e spavalderia.
-Boa Hancock, proprio tu che eri il mio soggetto perfetto non sai quanto mi dispiaccia privarmi di una come te.-
-A me non dispiacerà affatto eliminarti invece.- disse posizionando le mani a forma di cuore per sparare il suo raggio pietrificante. Ma anziché tramutare lo scienziato in una statua di pietra lo attraversò come se fosse incorporeo.
-Povera sciocca, credi che ti avrei donato quei poteri se non mi fossi preso la briga di renderli innocui contro di me?- rispose l'uomo con un ghigno feroce sul viso anemico.
-Dannato!- ruggì Hancock furiosa prima di toccarsi le labbra e posizionare poi le dita come se fossero una pistola per far partire una raffica di cuori rosa che chiamò Pistol Kiss. Monet si frappose davanti a Caesar Clown e, soffiando con quanto fiato aveva in corpo, congelò tutti i colpi della mora che sgranò gli occhi davanti all'ennesimo attacco andato a vuoto.
-Cosa vi avevo detto? Non potete farmi assolutamente niente, Sholololo.- rise malvagio l'uomo.
-Non esserne così sicuro.- disse Robin che fece spuntare delle braccia sulla schiena della donna dai capelli verdi per intrappolare le sue ali. Monet, non potendo più volare, cadde al suolo anche se senza danni visto che la caduta era avvenuta da circa un metro d'altezza.
Soffiò una folata gelida nella sua direzione ma prima che potesse colpire la mora, Nami creò una parete di vento caldo che si scontrò con la sua generando un strato di cumulonembi che riempì la stanza e minacciavano una vera e propria tempesta.
Robin sorrise verso la rossa, ringraziandola per l'aiuto, e preparandosi ad attaccare nuovamente la sua avversaria. Ma mentre Monet si preparava ad attaccarla una freccia rosa la colpì al cuore facendole emettere un urlo sofferente. Non si accasciò al suolo come aveva creduto Nami ma quando aprì gli occhi la rossa vide che non li aveva più del solito caldo colore dorato bensì rosa acceso come la freccia che l'aveva colpita.
-Non preoccupatevi di lei, l'ho colpita con il mio Slave Arrow ed ora obbedirà a me.- spiegò loro Hancock.
-Grande idea.- disse Nami.
-Per forza, l'ho avuta io.- disse compiaciuta Hancock. -Ora occupiamoci di quel pagliaccio una volta per tutte, sono stufa di questo posto.-
Robin e Nami annuirono d'accordo con lei  anche se non sapevano come fare per liberarsi di quel maledetto scienziato che apparentemente sembrava intoccabile.
-Maledette! Cosa avete fatto alla mia assistente?- disse Caesar Clown per nulla felice di aver perso il so braccio destro.
-Sta' zitto stupido mostro!- replicò furiosa Nami. -Non hai il diritto di parlare proprio tu.-
Lo sparo echeggiò nella stanza prima ancora che l'uomo potesse rispondere e le tre donne videro Monet accasciarsi al suolo con un buco nel petto da cui fuoriuscivano dei rivoletti di sangue.
Nami fissò inorridita gli occhi spalancati della verde e la posa innaturale in cui era caduta. -Perché lo hai fatto?? Sei un folle!-
-Monet era stata compromessa e non era più utile ai miei scopi.- rispose lo scienziato senza perdere il suo ghigno malefico. -E ora veniamo a voi, stupide guastafeste che non siete altro.-
Tese una mano verso di loro, che non si capirono cosa stesse facendo fino a quando non divenne impossibile per loro respirare e si accasciarono al suolo mentre rantolavano alla disperata ricerca di ossigeno.
Robin cercò di colpirlo a distanza ma quello pareva diventare immateriale quando i suoi pugni lo colpivano.
-Non avete ancora capito? Io ho il totale controllo di tutti i gas e tutti i vostri attacchi sono inutili perché io stesso posso diventare di gas mentre vi privo dell'ossigeno e vi guardo morire lentamente per aver osato sfidarmi. Non rovinerete i miei piani proprio ora.- ghignò lui.
Nami allora ebbe un'idea che avrebbe potuto far guadagnare loro del tempo prezioso. -Robin prova a colpirlo nuovamente.- rantolò mentre ormai la sua vista si appannava.
-Ma è tutto inutile.- tossì la mora. -Non funziona.-
-Fidati di me.- disse la rossa. Robin creò una gamba che colpì il moro, anche se questi divenne immateriale come aveva già fatto in precedenza.
Nami, con il suo bastone, creò un forte vento che spazzò lo scienziato nell'impianto di aerazione e l'aria rientrò dolorosamente nei loro polmoni.
-Niente male, devo ammetterlo.- disse Hancock che ti rimise in piedi con un movimento agile e fluido.
-Grazie ma ora non perdiamo tempo o quel bastardo tornerà prima che ce ne accorgiamo.- rispose mentre creava uno strato di ghiaccio davanti alla grata dell'impianto in cui aveva appena spedito Caesar.
-Ragazze!- le chiamò Robin quando si accorse che la bruna stava riprendendo conoscenza. La circondarono con discrezione mentre lei riapriva i suoi occhi castani dalle lunghe ciglia.
Sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco i tre volti che la osservavano con curiosità ed anche un po' di apprensione per le sue condizioni di salute.
-Chi siete?- chiese con voce flebile mentre si massaggiava la fronte e le tempie doloranti.
-Siamo tue amiche e vogliamo solo aiutarti.- disse Nami.
-Come ti senti?- le domandò Robin.
-Starei meglio se avessi con me un paio di aspirine a dir la verità.-
-Riesci a camminare da sola e ad usare i tuoi poteri?-
-Credo di si.- disse lei scuotendo la testa confusa.
-Bene, ascoltami bene perché abbiamo bisogno di te per andare via. Devi far tornare la memoria anche alle altre ragazze prigioniere così ce ne potremo andare tutte insieme. So che ti sei appena ripresa ma devi farlo o non avremo alcuna speranza se non ci aiuti.-
-Ma dove siamo?- chiese la castana che non riconosceva la stanza spoglia in cui si trovava e in cui aveva trascorso più di dieci anni della sua vita.
-A dopo le spiegazioni ragazzina, abbiamo poco tempo e stavolta non possiamo permetterci di farci cogliere alla sprovvista come è successo prima.- disse Hancock mentre annullava gli effetti del suo raggio pietrificante usato su Bibi e sull'altra mora. -Prego, sono tutte tue. Io vi precedo ed inizio ad aprire le celle delle altre. Fate in fretta.- disse e le altre ignorarono il suo tono prepotente solo perché dovevano necessariamente fare squadra se volevano uscirne tutte vive.
La ragazza, che scoprirono chiamarsi Pudding, si avvicinò alle due giovani donne e restituì loro i pochi ricordi che avevano della loro vita precedente alla cattura.
I loro occhi si riempirono di tutte quelle immagini, come se stessero guardando un film, e anche di tutte le emozioni di cui erano state private per anni.
Si tennero la testa, che sembrava quasi per stesse per scoppiare vista la quantità di dati che il loro cervello aveva dovuto metabolizzare ed immagazzinare nel giro di pochi secondi.
-Bibi!- la chiamò Nami preoccupata poggiandole le mani sulle spalle esili dell'azzurra. Bibi sussultò quando riconobbe quella voce e sollevò lo sguardo per ritrovarsi davanti gli occhi grandi e scuri della sua amica perduta.
-Nami?-
-Si, sono io.- le disse sorridendo per la prima volta in maniera sincera e spontanea da quando aveva ripreso coscienza di se stessa. D'istinto poggiò le sue labbra su quelle soffici dell'altra assaporandone la morbidezza ed il sapore come quello di una calda giornata estiva.
Lacrime salate colarono lungo le guance dell'azzurra e con esse la consapevolezza che l'incubo era finalmente finito. Si separano ma le loro mani restarono intrecciate mentre l'altra donna diceva loro di chiamarsi Violet e di essere stata rapita insieme a sua sorella Scarlet e alla di lei figlia Rebecca.
-Non preoccuparti Violet, le troveremo e ce ne andremo tutte di qui.- la rassicurò Robin mentre uscivano dalla stanza.
I corridoi erano pieni delle guardie che erano state tramutate in statue da Hancock e fu quindi facile per loro seguire le tracce della donna mentre si dirigevano verso le celle per scortare Pudding che era ancora debole e provata.
Quando raggiunsero le celle Hancock stava aprendo l'ultima per fare uscire una giovane donna dai capelli rosa e due particolari occhi viola anche se spenti come tutti quelli delle altre.
Pudding fece appello a tutte le sue energie residue per restituire loro i ricordi, che parevano simili a dei rullini di un film o di una macchina fotografica, e dopo qualche secondo di spaesamento si chiesero dove si trovassero e cosa ci facessero in quello strano posto.
-Stupide donne, credete forse di avere qualche speranza di farcela a scappare? Shololo- ridacchiò Caesar Clown sbucando fuori dal condotto nella sua forma gassosa.
Nami strinse più forte la mano di Bibi, aveva un forte timore che quel bastardo le avrebbe separate nuovamente o che, peggio ancora, le avrebbe uccise tutte quante.
-I corridoi saranno presto saturi di un gas velenoso Shololo. Ma voglio essere magnanimo e darvi la possibilità di vivere se tornerete tutte nelle vostre celle.-
-Te lo scordi brutto bastardo.- disse la donna dagli occhi viola. I suoi occhi si illuminarono per qualche istante e, in pochi secondi, il corpo di Caesar mutò fino ad assumere la sua forma da infante. Pudding lo colpì con un calcio mandandolo dritto nelle celle e chiudendola a chiave. Con le sbarre di agalmatolite sarebbe stato impossibile per lui uscire da lì.
-Come facciamo ad andarcene evitando il gas? E' praticamente impossibile.- disse una bionda vestita con un audace vestito corto e di pelle che metteva in mostra le sue curve esplosive.
-Se si tratta di un veleno me ne posso occupare io. Grazie al mio potere posso assimilare qualsiasi tipo di sostanza velenosa senza risentirne, anzi mi renderà più forte.- disse una bellissima donna dai capelli rosa e singolari sopracciglia arricciate.
-Sei sicura? Non ti faranno niente?-
-Assolutamente no.- disse lei con un sorriso mellifluo.
-E va bene, allora Robin devierà il gas verso di te così tu potrai inspirarne una parte e io cercherò di deviarne il più possibile con il vento verso i condotti di aerazione. Così dovremmo farcela.-
-E noi che facciamo?- chiese la rosa dagli occhi viola.
-Stateci dietro e pregate che vada tutto bene.- rispose la rossa un po' preoccupata. Non che non avesse fiducia nel suo stesso piano ma si chiese se ce l'avrebbero fatta veramente ad uscirne illese o se sarebbero morte provandoci.
-Io aiuto Nami.- disse Bibi agitando le sue armi che avrebbero aiutato a dare maggiore intensità al vento generato dalla rossa.
-No Bibi è troppo pericoloso.-
-Non ti lascio sola, non ora che finalmente possiamo andarcene. O insieme o nessuna.- disse risoluta l'azzurra. Nami vide la grande determinazione che illuminava gli occhi dell'altra e capì che non voleva lasciarla sola .
Annuì e le strinse la mano grata per quello che la sua amata voleva fare con lei. Videro la nube tossica venire verso di loro ed ebbero solo un istante per guardarsi negli occhi prima di gettarsi contro quella sostanza mortale con le armi spiegate.





Quando la botola che conduceva all'esterno si aprì Bibi fu ferita dalla luce del sole che la investì in pieno. Salì gli ultimi scalini che le mancavano per raggiungere la tanto agognata libertà con il cuore in gola. Aveva avuto fino all'ultimo momento la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto ed invece ora finalmente poteva godere dei raggi del sole che baciavano la sua pelle chiara e rotolare sull'erba soffice come faceva quando era piccola.
Era come se si fosse appena risvegliata da un incubo, peccato che fosse stata prigioniera di quello stesso incubo per anni bruciandosi la sua infanzia e la sua adolescenza.
Si chiese se suo padre la stesse ancora cercando o se avesse ormai rinunciato. E suo zio Igaram come avrebbe reagito vedendola dopo tutto quel tempo?
Le mancavano tutti terribilmente tanto che se ci pensava le faceva male il petto. Ancora non poteva credere di essere riuscita a scappare lasciandosi tutto alle spalle e di sicuro quello che le era capitato avrebbe segnato tutta la sua vita ma avrebbe cercato di tornare alla normalità per quanto potesse sembrare una cosa impossibile, visto che fino a qualche ora prima neanche ricordava il suo nome.
Ammirò le colline verdeggianti su cui stava camminando e si tolse le scarpe per poter sentire la terra soffice sotto i suoi piedi e l'erba che le solleticava la pelle. Aveva quasi dimenticato quale fosse il colore del cielo, così simile a quello dei suoi capelli, e quanto fosse bello semplicemente starsene seduta a lasciarsi accarezzare dal vento.
Sapeva di non poter poltrire a lungo visto che le autorità, allertate da alcune delle ragazze tramite i sistemi di comunicazione dei loro carcerieri, e sarebbero state sottoposte a lunghi interrogatori. Sarebbero state settimane molto lunghe ed estenuanti che avrebbero messo a dura prova tutte loro ma era disposta a sopportare di tutto purché i colpevoli venissero consegnati alla giustizia e pagassero per tutto quello che avevano fatto loro.
Nessuno poteva restituire loro il tempo perso ma sarebbe stato soddisfacente sapere che Caesar Clown e i suoi collaboratori avrebbero trascorso parecchi anni dietro le sbarre.
Sentì un tocco lieve sulla sua spalla ed anche senza voltarsi capì che si trattava di Nami. -Stai bene?- le chiese la rossa che le circondò la spalle con il braccio.
-Potrebbe andare meglio.-
-Si, ti capisco. L'importante è che sia tutto finito.-disse accarezzandole la chioma azzurra.
-E soprattutto che siamo insieme.- rispose Bibi con un ampio sorriso che lasciava trasparire non solo la tristezza per quello che le aveva subito ma anche un certo sollievo per essere scappata ed anche ammirazione verso la rossa che era stata parte fondamentale del piano di fuga e soprattutto provava... amore.
Non avrebbe mai pensato di poter provare qualcosa di così intenso dopo che le sue emozioni era state sopite per così tanto tempo ma fin da quando era piccola aveva sempre provato più che affetto nei confronti di Nami e neppure il lavaggio del cervello a cui la sottoponevano aveva cancellato quei sentimenti.
Li avevano celati e spediti nei profondi meandri della sua mente violata, ma non li avevano potuti cancellare perché era un sentimento puro ed innocente che aspettava solo di tornare a galla.
-Cosa faremo adesso? Dopo tutto quel tempo trascorso là dentro sarà difficile tornare alle nostre vite di prima. Non so neppure se mio padre è ancora vivo.- disse preoccupata.
-Ci riappropriamo delle nostre vite, puoi starne certa. Ci vorranno anni forse per farlo ma lo faremo.- disse Nami sicura. Anche lei provava timore al pensiero che potesse essere capitato qualcosa di spiacevole a Bellemere e Nojiko durante la sua assenza ma cercarle sarebbe stato il primo passo verso una vita normale.
Insieme a Bibi si sentiva più forte e, come si promettevano spesso da piccola, sarebbero state sempre insieme e stavolta avevano la consapevolezza adulta che sarebbe successo veramente.

   
 
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