Quarto capitolo
Riluttante, si separò da Scully per
capire cosa l’avesse colpito e si ritrovò di fronte l’insignificante volto di
Ronald Fresty.
“Mi
perdoni!”, disse quest’ultimo con voce rammaricata, “Sono inciampato e le sono venuto
addosso. Mi dispiace!”.
Mulder
tornò padrone di sé stesso e sfoggiò un sorriso cordiale.
“Non
si preoccupi! Si è fatto male?”, chiese, assumendo un tono preoccupato.
“Oh,
no, no! Lei ha attutito il colpo!” e Ronald Fresty se
ne uscì con una risata allegra e accattivante.
Mulder
rise con lui, mentre Scully seguiva la scena con un sorriso stampato in faccia.
“Che
succede?”, la bellissima moglie di Ronald fece la sua comparsa al fianco del
marito, poggiandogli una mano su una spalla e guardando tutti con un’aria
perplessa.
Sanno recitare, non c’e che dire! Pensò Scully tra sé e sé.
“Niente
cara”, rispose Fresty, guardando Mulder
sorridendo,”Sono scivolato, non so neanche io bene come, e sono finito addosso
a questo signore. L’ho pure interrotto in un momento d’intimità!” rise di
nuovo. “Per farmi perdonare… posso offrirvi da bere?”.
Mulder aveva già visto che i loro bicchieri erano
spariti dal tavolo, probabilmente li avevano tolti loro due, mentre ballavano,
ma fece finta di non essersene accorto.
“Grazie,
ma abbiamo già i nostri…” e si voltò verso il tavolino, dove, però, non c’era
nessun bicchiere.
“Accidenti!”
esclamò allora Mulder, fingendosi stupito, “I camerieri in questo posto sono
veramente solerti!”.
Ronald
Fresty rise di nuovo, e si offrì di andare a prendere
da bere per tutti e quattro.
Mulder,
questa volta, non rifiutò.
Mentre
Ronald si allontanava verso il bancone del bar, Annebeth
si scusò con loro.
“Portate
pazienza! Lui è fatto così! Quando si mette in testa una cosa insiste, insiste,
fino a quando non convince anche gli altri!”.
“Non
si preoccupi”, le rispose Scully con un sorriso, “non è affatto un disturbo. Fa
piacere incontrare persone nuove ogni tanto”.
“Sono
d’accordo!”, disse con enfasi Annebeth, “Vi va se ci
sediamo a quel tavolo là?” e indicò un tavolino con quattro sedie in vimini,
poco lontano, alla loro destra. “Questi tacchi mi stanno uccidendo!”, esclamò
con una smorfia in viso e guardando verso le sue scarpe.
Scully
le rivolse un sorriso comprensivo e si diressero verso il tavolo, proprio
mentre Ronald tornava con quattro cocktail dal colorito verdastro, il bordo dei
bicchieri ornato con foglioline di menta e una fetta di ananas.
Dopo
che tutti ebbero bevuto il primo sorso, anticipato da un brindisi cordiale,
Mulder pensò che era arrivato il momento di farsi dire il loro nome.
“Bè” esordì quindi, in tono allegro, “a questo punto
potremmo anche presentarci! Io mi chiamo Peter, e lei…”, passò un braccio attorno alle spalle di
Scully, “… è mia moglie Janette”, e la avvicinò a sé,
per darle un leggero bacio sulla fronte. Ma poi non la lasciò andare, la tenne
stretta contro il suo petto, a favore della finzione certo, ma soprattutto
perché, seduto davanti a quei due assassini, stava nuovamente percependo quello
stato d’ansia che lo rendeva estremamente protettivo e preoccupato nei
confronti di Scully.
“Molto
piacere!” disse Ronald sorridente, “Invece, io sono Ronald”, e si batté una
mano sul petto per sottolineare la sua frase, “e lei è Annebeth”,
e le poggiò una mano sulla spalla.
Annebeth
piegò leggermente il capo in segno di saluto.
“Siete
di New York?”, chiese poi la sposa assassina, sorseggiando un altro po’ di
bibita.
“No”,
rispose prontamente Scully, scostandosi dal petto di Mulder, ma senza
interrompere il contatto col suo braccio attorno alle spalle, “Siamo di Little Falls, circa a 4 ore di auto da qui”.
Mulder
fece una smorfia.
Scully
lo osservò e si mise a ridere.
“Lui
non è molto felice di essere venuto qui!”, e rise di nuovo.
Mulder
la guardò storto, ma le sorrise in modo complice.
“Come
mai?”, chiese, incuriosito Ronald.
Mulder
fece spallucce. “Diciamo che non amo molto le occasioni mondane, preferisco la
tranquillità di casa nostra”.
“Ma
è per una buona causa!”, obbiettò Scully, una nota divertita nella voce.
“Infatti
sono qui!”, ribatté Mulder, “Anche se..” aggiunse abbassando il tono di voce e
sporgendosi verso i Fresty, come se dovesse confidare
loro qualche importante segreto, “… mi ha puntato una pistola alla tempia!”.
Scully
rise, dandogli un buffetto affettuoso sulla spalla.
Ronald
e Annebeth risero sinceramente.
“Come
avete saputo della festa di beneficenza?”, chiese Annebeth,
arrotolandosi una ciocca di capelli sul dito.
E
da lì il dialogo proseguì per gran parte della nottata, seguendo varie
direzioni negli argomenti di conversazione.
Parlarono
dei loro rispettivi lavori, delle loro passioni, di viaggi, di fatti divertenti
accaduti quand’erano fidanzati e al loro matrimonio, e di politica, anche se
per poco.
Mentre
parlavano Scully ebbe modo di studiare attentamente l’aspetto e l’atteggiamento
dei Fresty.
Ronald
era più basso rispetto a Mulder, probabilmente era pochi centimetri più alto di
lei e indossava un semplice completo grigio, con una camicia azzurra e la
cravatta nera. I capelli brizzolati gli conferivano un’aria saggia e
rassicurante, e mentre parlava, con una voce calda e morbida, dava
l’impressione di essere una persona molto affabile e disponibile.
Annebeth
era alta circa come lui, con i tacchi almeno, ed era veramente bella. Il viso
aveva qualcosa di angelico che ipnotizzava. Quando parlava, con una voce dolce
e leggermente acuta, le labbra si muovevano in modo sensuale e quando sorrideva
le spuntavano due allettanti fossette ai lati della bocca. Indossava un vestito
verde acido, che le segnava le forme e metteva in risalto il biondo caramello
dei suoi capelli, che aveva raccolto in una coda di cavallo, fermata alla base
da un fiocco di un verde più scuro rispetto all’abito.
Pur
essendo innegabilmente bella, il suo atteggiamento non era affatto provocante,
anzi, sembrava non essere affatto interessata a ciò che la gente pensava del
suo aspetto.
Scully
rifletté che, se non avesse saputo chi in realtà erano, avrebbe concesso loro
massima fiducia e non avrebbe avuto problemi ad approcciarsi a loro anche al di
fuori della festa, perché sprizzavano disponibilità e simpatia da tutti i pori.
Mulder,
che mentre parlava, rideva e scherzava con loro, stava studiandoli con la
stessa attenzione della collega, si ritrovò a pensare che, seppure l’aspetto di
Annebeth era decisamente attraente, non si avvicinava
nemmeno alla bellezza e alla classe di Scully. E soffocò un sorriso soddisfatto
quando si rese conto che probabilmente era stato l’uomo più invidiato di tutta
la sala.
Senza
rendersene conto, avevano parlato con i Fresty per
almeno due ore, infatti l’orologio segnava l’una meno qualche minuto.
Scully
rabbrividì leggermente e Mulder si girò a guardarla, accarezzandole il braccio
ritmicamente.
“Hai
la pelle d’oca”, disse con voce leggermente preoccupata, “Hai freddo?”.
“Un
po’”, rispose Scully, non riuscendo a reprimere un altro brivido.
Mulder
si sfilò la giacca e gliela posò sulle spalle.
Lei
gli rivolse un tenero sorriso di ringraziamento, un sorriso che non era rivolto
a “Peter”, ma era rivolto a Mulder.
Ronald
guardò l’orologio.
“Mio
Dio!”, esclamò. “E’ già l’una!”
Tutti
guardarono automaticamente il proprio orologio da polso.
Annebeth
si rivolse a suo marito. “Che ne dici se torniamo a casa?” chiese con voce
stanca, soffocando uno sbadiglio.
Ronald
assentì, poi, mentre tutti si stavano alzando dal tavolo, assunse
un’espressione raggiante, come se avesse appena avuto un’idea geniale.
“Quanto
avete detto che vi fermate a New York?”, chiese, rivolto a Mulder e Scully.
“Ripartiamo
lunedì mattina”, gli rispose Mulder, mentre sistemava meglio la giacca sulle
spalle della sua compagna, per ripararla dal freddo notturno.
“Bè, ma allora?”, propose Ronald, “Perché non ci vediamo
domani sera per un aperitivo!”, il tono di voce elettrizzato.
“Si!”,
esclamò, allora, Annebeth, “E’ una splendida idea!”.
Mulder
e Scully si irrigidirono senza darlo a vedere. Ecco, alla fine c’erano
arrivati. I Fresty avevano lanciato l’amo.
Inizialmente
Mulder esitò, per cortesia, adducendo la scusa che non volevano disturbarli.
“Nessun
disturbo! Ci siamo trasferiti da poco, non conosciamo ancora molte
persone, e ci fa piacere avere un po’ di
compagnia!”.
“Avanti!”,
aggiunse Annebeth, “Non fatevi pregare!”.
Scully
alzò il viso ad osservare Mulder, con un sorriso.
Mulder
le sorrise di rimando. “Bè… se la mettete così…
d’accordo!”.
“Perfetto!”,
concluse Ronald, battendo le mani. “Ci troviamo verso le 7.30 di sera, sulla
54esima strada, c’è un lounge bar che si chiama Millenium, offre
degli ottimi stuzzichini assieme agli aperitivi. Volete che vi disegni una
piantina?”.
Passarono
altri cinque minuti ad accordarsi, dopodiché si salutarono e Mulder e Scully
proseguirono verso l’ascensore.
Quando
furono al piano della loro stanza da letto la voce di Fowley
riecheggiò nelle loro orecchie.
“Mi congratulo con voi agenti”, anche se dal tono si poteva dedurre che fosse
piuttosto irritata, e non contenta per la riuscita dell’imboscata, “Domani, nel corso della giornata, riceverete
il kit con il trasmettitore satellitare ed eventuali nuove direttive. Vi auguro
una buona nottata”, e chiuse la comunicazione con un crepitio, che fece
capire ai due agenti che i loro microfoni erano stati disattivati.
“Mmm” commentò Mulder, “Non mi sembrava precisamente soddisfatta…
anzi… sembrava piuttosto seccata…”.
Scully
era d’accordo con lui, ma non lo disse, anche perché aveva una mezza idea del
motivo per cui Fowley aveva usato un tono così
risentito.
Il
bacio che si erano scambiati poche ore prima poteva essere definito in svariati
modi, ma di sicuro non era stato una finta. Forse Skinner
poteva non essersi accorto che erano stati trasportati in quel bacio, come se
fossero stati veramente due innamorati,
forse non se n’erano accorti neanche gli altri agenti di New York, ma Fowley era una donna, e una donna certe cose le percepisce.
Sicuramente
si era accorta che il loro bacio era stato qualcosa di reale e travolgente, di
profondo, e la cosa l’aveva probabilmente disturbata parecchio.
Scully
si dette della stupida, ma l’idea di averla fatta ingelosire, la rendeva
infantilmente euforica e fiera di sé stessa.
Osservò
Mulder inserire la chiave nella toppa e aprire la porta.
Appena
furono dentro si tolse dalle spalle la giacca dello smoking e la posò
delicatamente, per non sgualcirla, sullo schienale di una poltrona.
“Scully”,
le disse Mulder mentre si levava dall’orecchio il microfono, “Ti dispiace se
uso il bagno per primo?”.
“Fai
pure”, gli rispose, accompagnando le parole con un gesto che indicava la porta
della camera da letto.
Mentre
sentiva l’acqua della doccia al di là della parete, Scully si tolse il vestito
e indossò un comodo pigiama di seta blu e un paio di ciabatte di spugna. Prese
dalla valigia alcuni batuffoli di cotone e del latte detergente e si posizionò
davanti allo specchio dell’armadio per struccarsi.
Quando
Mulder uscì, con addosso una maglietta a maniche corte e i pantaloni della
tuta, la trovò seduta sul bordo del letto, intenta a risistemare il microfono
nella sua scatoletta.
“Tutto
tuo!”, le disse, rivolgendole un sorriso.
“Grazie”,
rispose Scully alzando il capo e riponendo la scatola dentro la valigia.
Prima
che lei sparisse dietro la porta del bagno, le chiese se le andava di fare il
punto della situazione.
“Rimandiamo
a domani, ti spiace? Sono stanca…”.
“Nessun
problema, sono stanco anch’io… Buona notte, Scully”, aggiunse, una mano sulla
maniglia della porta.
“Buona
notte, Mulder”.
Ma
per quanto fossero stanchi, entrambi rimasero svegli a fissare il soffitto per
un bel pezzo.
Il
ricordo di quel bacio tormentava i loro pensieri e non permetteva loro di
rilassarsi.
Scully
si tirò le coperte fino al collo e sospirò, seccata da quel dolce tarlo che non
le dava tregua.
Altre
volte, guardando parlare il suo collega, aveva desiderato baciare quelle labbra
piene e sensuali, ma mai si sarebbe aspettata di provare emozioni così intense.
Appena le loro bocche si erano sfiorate,
qualcosa di primitivo e potente l’aveva travolta, annullando ogni
pensiero coerente e razionale, e trasportandola su dolci onde fatte di
sensazioni e di desideri. Era stato un bacio gentile, eppure profondo. Lui era
stato incredibilmente tenero, ma allo stesso tempo aveva percepito tutta la sua
passione scorrerle nelle vene, nei muscoli, sotto i pori della pelle. Non aveva
mai provato un trasporto così totale verso un uomo, mai.
Accaldata
- non capì bene se per il ricordo di quel bacio, o se per l’irritazione di non
riuscire a prendere sonno - arrotolò il copriletto ai suoi piedi, e si coprì
solo con il lenzuolo. Si girò su un fianco, portandosi le ginocchia fino al
petto, in posizione fetale, e chiuse gli occhi, sperando di riuscire a dormire
un po’.
Mulder
si girò irrequieto su un fianco.
Era
innegabile che avesse desiderato Scully per tutta la sera, e, volendo essere
onesto fino in fondo con sé stesso, non era nemmeno la prima volta. Erano anni
che la sete di lei lo tormentava durante le ore lavorative assieme, e durante
le sue notti solitarie, steso su quel logoro divano. Ma le sensazioni che aveva
provato quella sera, quando aveva toccato quelle morbide e accoglienti labbra,
non le aveva previste. Andavano al di là del desiderio fisico. Era stato
qualcosa di più intimo, quasi spirituale, che li aveva travolti e cullati
mentre le loro bocche si fondevano in quell’intimo gesto. Un pensiero cominciò
a picchiettare fastidiosamente dentro la sua testa, un pensiero così vero, così
sincero e semplice, che lo spaventava a morte. Scosse la testa per scacciarlo,
ma ormai una piccola radice aveva attecchito ed estirparla, d’ora in avanti,
sarebbe risultato estremamente complicato. Si girò sull’altro fianco, provando
a riflettere sul caso.
Dopo
un po’ si ritrovò in un'altra stanza, che riconobbe immediatamente come la sua camera da letto, anche se non si
era guardato attorno.
Dalle
tapparelle abbassate filtrava la luce del tramonto.
Era
steso sul letto, completamente nudo.
Al
suo fianco c’era qualcuno.
Una
donna.
Una
donna nuda che gli premeva le morbide curve contro il fianco, e gli
mordicchiava maliziosamente l’orecchio, mentre con una mano gli arrotolava i
peli del petto.
Dalle
sue labbra uscì un gemito e si girò verso di lei per baciarla.
Non
si stupì vedendo che si trattava di Scully.
Iniziò
a fare l’amore con lei, con lentezza e dolcezza, assaporando ogni centimetro
della sua pelle vellutata, lasciandosi accarezzare eroticamente dalle sue mani
e dalle sue labbra. Era bellissima, sembrava emanare un alone di luce, come
fosse un angelo. E in effetti lo era. Lei era il suo angelo personale.
Nel
momento di massimo piacere, quando i corpi di entrambi si tesero, pronti a
lasciarsi travolgere dalla marea dell’estasi, la scena cambiò.
Si
ritrovò in una stanza buia, illuminata sommariamente da una piccola lampadina
appesa al soffitto. Le pareti erano vecchie, l’intonaco scrostato e nell’aria
aleggiava un potente odore di muffa.
Si
guardò attorno, spaesato, cercando di abituare gli occhi a quell’improvvisa
oscurità.
Nell’angolo
di destra scorse qualcosa, sembrava la sagoma di una persona, ma non riusciva a
capire in che posizione fosse.
Si
avvicinò con cautela, stupendosi, non si sa perché, di riuscire a camminare.
Quando
fu a pochi passi dalla sagoma, vide che si trattava di una donna, seduta su di
una sedia, le braccia legate dietro lo schienale.
La
veste bianca era sporca e strappata. Dall’interno delle cosce, alcuni rivoli di
sangue scendevano a formare una pozza rosso scuro sotto i piedi nudi.
Rabbrividì
d’orrore.
Si
avvicinò ancora di più, notando che la donna aveva un profondo taglio sopra il
seno sinistro. La testa era reclinata all’indietro.
Si
sporse ancora un po’ e quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.
Il
volto di Scully, quasi irriconoscibile, era orrendamente tumefatto e ferito.
Gli
occhi erano sbarrati e vitrei.
Era
morta.
“NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!”.
Mulder
si svegliò ansimante e sudato nella stanza d’hotel. Nelle orecchie aveva ancora
l’eco lontana del suo urlo disperato.
Si
mise a sedere, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore, cercando
di calmarsi, di rallentare i battiti frenetici del cuore.
Girò
la testa verso la finestra, e vide che le prime luci dell’alba cominciavano a
fare capolino attraverso le imposte abbassate.
Prese
alcuni respiri profondi e si impose di tranquillizzarsi.
Era
stato solo un sogno. Un terribile, maledettissimo incubo.
Ma
quella strana ansia che aveva già provato due volte da quando aveva accettato
di prendere parte a quel caso, ritornò prepotente a mozzargli il respiro.
Lentamente,
cercando di non fare rumore, si avviò verso la porta che lo separava da lei.
Sentì
il freddo pavimento sotto i piedi nudi, ma non gli importò. Aveva bisogno di
vederla, di assicurarsi che stesse bene…
Abbassò
lentamente la maniglia e aprì il battente.
La
stanza era illuminata da una lieve penombra, e il corpo di Scully era
rannicchiato sopra il materasso e gli dava le spalle.
Girò
attorno al baldacchino, perché la voleva vedere in viso. L’ansia che lo
attanagliava non se ne stava andando, anzi, si stava stratificando all’interno
della sua coscienza.
Molto
lentamente, salì sul letto, e si sdraiò al fianco della collega, il viso
rivolto verso d lei.
Dormiva
profondamente, una mano sotto il cuscino, l’altra piegata davanti al petto. Il
lenzuolo la copriva solo fino ai fianchi, e le sue spalle si alzavano e
abbassavano al ritmo del suo respiro profondo.
Sembrava
una bambina. Un’innocente creatura che, ancora, non conosceva l’orribile natura
umana, e che ancora era immune dalle sue malvagie azioni.
Mulder
le scostò delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte, dove poi posò un
lieve bacio. Ebbe la tentazione di sfiorarle anche le labbra, ma aveva paura di
svegliarla, e non era sicuro di volerle spiegare perché si trovava lì, e quale
angosciante sensazione gli stava opprimendo il petto.
Scully
si mosse leggermente, ma non si destò. Schiuse solamente un po’ le labbra,
traendo un profondo respiro.
Mulder
rimase immobile a fissarla per un tempo indefinito, la luce dell’alba si faceva
sempre più nitida sulle pareti colo crema della camera, e, all’esterno, i
rumori di una città che si svegliava cominciarono ad arrivare attutiti al suo
orecchio. Piano, piano, il peso sul petto si allentò e Mulder scivolò nel
sonno.
Scully
cominciò a prendere coscienza della realtà lentamente. Stiracchiò piano le
gambe e aprì gli occhi.
Trattenne
a stento un urlo di spavento, quando vide la sagoma addormentata di fronte a lei.
In
pochi istanti il suo cervello registrò il viso di Mulder e Scully si
tranquillizzò, anche se il cuore ancora batteva forte nel petto e non riusciva
a capire perché lui fosse lì.
Aggrottò
le sopracciglia, allungando una mano verso di lui. Appena sfiorò il suo braccio
nudo, si accorse che era freddo. Rimase per un attimo a riflettere se
svegliarlo o meno, poi si allungò verso il fondo del letto, srotolò la coperta
e lo coprì con cautela, per cercare di riscaldarlo.
Rimase
a fissarlo per un po’.
Una
strana sensazione la prese alla bocca dello stomaco, una specie di euforia,
mista ad agitazione. Le parve quasi di essere ritornata un’adolescente insicura
al suo primo appuntamento.
Scosse
la testa, dandosi della stupida, poi scese dal letto e andò in bagno.