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Autore: Opal636    16/07/2009    1 recensioni
Mulder e Scully vengono convocati dalla Crimini Violenti per essere infiltrati in un caso di efferati omicidi.La ff si colloca alla fine della sesta stagione. Questo è il mio primo case file. Avrò modo di farlo anche in seguito, ma volevo ringraziare per le bellissime recensioni che mi avete scritto! Spero vi piaccia anche questa!
Genere: Drammatico, Thriller, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dana Katherine Scully, Fox William Mulder, Walter S. Skinner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quarto capitolo

 

Riluttante, si separò da Scully per capire cosa l’avesse colpito e si ritrovò di fronte l’insignificante volto di Ronald Fresty.

“Mi perdoni!”, disse quest’ultimo con voce rammaricata, “Sono inciampato e le sono venuto addosso. Mi dispiace!”.

Mulder tornò padrone di sé stesso e sfoggiò un sorriso cordiale.

“Non si preoccupi! Si è fatto male?”, chiese, assumendo un tono preoccupato.

“Oh, no, no! Lei ha attutito il colpo!” e Ronald Fresty se ne uscì con una risata allegra e accattivante.

Mulder rise con lui, mentre Scully seguiva la scena con un sorriso stampato in faccia.

“Che succede?”, la bellissima moglie di Ronald fece la sua comparsa al fianco del marito, poggiandogli una mano su una spalla e guardando tutti con un’aria perplessa.

Sanno recitare, non c’e che dire! Pensò Scully tra sé e sé.

“Niente cara”, rispose Fresty, guardando Mulder sorridendo,”Sono scivolato, non so neanche io bene come, e sono finito addosso a questo signore. L’ho pure interrotto in un momento d’intimità!” rise di nuovo. “Per farmi perdonare… posso offrirvi da bere?”.

Mulder  aveva già visto che i loro bicchieri erano spariti dal tavolo, probabilmente li avevano tolti loro due, mentre ballavano, ma fece finta di non essersene accorto.

“Grazie, ma abbiamo già i nostri…” e si voltò verso il tavolino, dove, però, non c’era nessun bicchiere.

“Accidenti!” esclamò allora Mulder, fingendosi stupito, “I camerieri in questo posto sono veramente solerti!”.

Ronald Fresty rise di nuovo, e si offrì di andare a prendere da bere per tutti e quattro.

Mulder, questa volta, non rifiutò.

Mentre Ronald si allontanava verso il bancone del bar, Annebeth si scusò con loro.

“Portate pazienza! Lui è fatto così! Quando si mette in testa una cosa insiste, insiste, fino a quando non convince anche gli altri!”.

“Non si preoccupi”, le rispose Scully con un sorriso, “non è affatto un disturbo. Fa piacere incontrare persone nuove ogni tanto”.

“Sono d’accordo!”, disse con enfasi Annebeth, “Vi va se ci sediamo a quel tavolo là?” e indicò un tavolino con quattro sedie in vimini, poco lontano, alla loro destra. “Questi tacchi mi stanno uccidendo!”, esclamò con una smorfia in viso e guardando verso le sue scarpe.

Scully le rivolse un sorriso comprensivo e si diressero verso il tavolo, proprio mentre Ronald tornava con quattro cocktail dal colorito verdastro, il bordo dei bicchieri ornato con foglioline di menta e una fetta di ananas.

Dopo che tutti ebbero bevuto il primo sorso, anticipato da un brindisi cordiale, Mulder pensò che era arrivato il momento di farsi dire il loro nome.

” esordì quindi, in tono allegro, “a questo punto potremmo anche presentarci! Io mi chiamo Peter, e lei…”,  passò un braccio attorno alle spalle di Scully, “… è mia moglie Janette”, e la avvicinò a sé, per darle un leggero bacio sulla fronte. Ma poi non la lasciò andare, la tenne stretta contro il suo petto, a favore della finzione certo, ma soprattutto perché, seduto davanti a quei due assassini, stava nuovamente percependo quello stato d’ansia che lo rendeva estremamente protettivo e preoccupato nei confronti di Scully.

“Molto piacere!” disse Ronald sorridente, “Invece, io sono Ronald”, e si batté una mano sul petto per sottolineare la sua frase, “e lei è Annebeth”, e le poggiò una mano sulla spalla.

Annebeth piegò leggermente il capo in segno di saluto.

“Siete di New York?”, chiese poi la sposa assassina, sorseggiando un altro po’ di bibita.

“No”, rispose prontamente Scully, scostandosi dal petto di Mulder, ma senza interrompere il contatto col suo braccio attorno alle spalle, “Siamo di Little Falls, circa a 4 ore di auto da qui”.

Mulder fece una smorfia.

Scully lo osservò e si mise a ridere.

“Lui non è molto felice di essere venuto qui!”, e rise di nuovo.

Mulder la guardò storto, ma le sorrise in modo complice.

“Come mai?”, chiese, incuriosito Ronald.

Mulder fece spallucce. “Diciamo che non amo molto le occasioni mondane, preferisco la tranquillità di casa nostra”.

“Ma è per una buona causa!”, obbiettò Scully, una nota divertita nella voce.

“Infatti sono qui!”, ribatté Mulder, “Anche se..” aggiunse abbassando il tono di voce e sporgendosi verso i Fresty, come se dovesse confidare loro qualche importante segreto, “… mi ha puntato una pistola alla tempia!”.

Scully rise, dandogli un buffetto affettuoso sulla spalla.

Ronald e Annebeth risero sinceramente.

“Come avete saputo della festa di beneficenza?”, chiese Annebeth, arrotolandosi una ciocca di capelli sul dito.

E da lì il dialogo proseguì per gran parte della nottata, seguendo varie direzioni negli argomenti di conversazione.

Parlarono dei loro rispettivi lavori, delle loro passioni, di viaggi, di fatti divertenti accaduti quand’erano fidanzati e al loro matrimonio, e di politica, anche se per poco.

Mentre parlavano Scully ebbe modo di studiare attentamente l’aspetto e l’atteggiamento dei Fresty.

Ronald era più basso rispetto a Mulder, probabilmente era pochi centimetri più alto di lei e indossava un semplice completo grigio, con una camicia azzurra e la cravatta nera. I capelli brizzolati gli conferivano un’aria saggia e rassicurante, e mentre parlava, con una voce calda e morbida, dava l’impressione di essere una persona molto affabile e disponibile.

Annebeth era alta circa come lui, con i tacchi almeno, ed era veramente bella. Il viso aveva qualcosa di angelico che ipnotizzava. Quando parlava, con una voce dolce e leggermente acuta, le labbra si muovevano in modo sensuale e quando sorrideva le spuntavano due allettanti fossette ai lati della bocca. Indossava un vestito verde acido, che le segnava le forme e metteva in risalto il biondo caramello dei suoi capelli, che aveva raccolto in una coda di cavallo, fermata alla base da un fiocco di un verde più scuro rispetto all’abito.

Pur essendo innegabilmente bella, il suo atteggiamento non era affatto provocante, anzi, sembrava non essere affatto interessata a ciò che la gente pensava del suo aspetto.

Scully rifletté che, se non avesse saputo chi in realtà erano, avrebbe concesso loro massima fiducia e non avrebbe avuto problemi ad approcciarsi a loro anche al di fuori della festa, perché sprizzavano disponibilità e simpatia da tutti i pori.

Mulder, che mentre parlava, rideva e scherzava con loro, stava studiandoli con la stessa attenzione della collega, si ritrovò a pensare che, seppure l’aspetto di Annebeth era decisamente attraente, non si avvicinava nemmeno alla bellezza e alla classe di Scully. E soffocò un sorriso soddisfatto quando si rese conto che probabilmente era stato l’uomo più invidiato di tutta la sala.

Senza rendersene conto, avevano parlato con i Fresty per almeno due ore, infatti l’orologio segnava l’una meno qualche minuto.

Scully rabbrividì leggermente e Mulder si girò a guardarla, accarezzandole il braccio ritmicamente.

“Hai la pelle d’oca”, disse con voce leggermente preoccupata, “Hai freddo?”.

“Un po’”, rispose Scully, non riuscendo a reprimere un altro brivido.

Mulder si sfilò la giacca e gliela posò sulle spalle.

Lei gli rivolse un tenero sorriso di ringraziamento, un sorriso che non era rivolto a “Peter”, ma era rivolto a Mulder.

Ronald guardò l’orologio.

“Mio Dio!”, esclamò. “E’ già l’una!”

Tutti guardarono automaticamente il proprio orologio da polso.

Annebeth si rivolse a suo marito. “Che ne dici se torniamo a casa?” chiese con voce stanca, soffocando uno sbadiglio.

Ronald assentì, poi, mentre tutti si stavano alzando dal tavolo, assunse un’espressione raggiante, come se avesse appena avuto un’idea geniale.

“Quanto avete detto che vi fermate a New York?”, chiese, rivolto a Mulder e Scully.

“Ripartiamo lunedì mattina”, gli rispose Mulder, mentre sistemava meglio la giacca sulle spalle della sua compagna, per ripararla dal freddo notturno.

, ma allora?”, propose Ronald, “Perché non ci vediamo domani sera per un aperitivo!”, il tono di voce elettrizzato.

“Si!”, esclamò, allora, Annebeth, “E’ una splendida idea!”.

Mulder e Scully si irrigidirono senza darlo a vedere. Ecco, alla fine c’erano arrivati. I Fresty avevano lanciato l’amo.

Inizialmente Mulder esitò, per cortesia, adducendo la scusa che non volevano disturbarli.

“Nessun disturbo! Ci siamo trasferiti da poco, non conosciamo ancora molte persone,  e ci fa piacere avere un po’ di compagnia!”.

“Avanti!”, aggiunse Annebeth, “Non fatevi pregare!”.

Scully alzò il viso ad osservare Mulder, con un sorriso.

Mulder le sorrise di rimando. “… se la mettete così… d’accordo!”.

“Perfetto!”, concluse Ronald, battendo le mani. “Ci troviamo verso le 7.30 di sera, sulla 54esima strada, c’è un lounge bar che si chiama Millenium, offre degli ottimi stuzzichini assieme agli aperitivi. Volete che vi disegni una piantina?”.

Passarono altri cinque minuti ad accordarsi, dopodiché si salutarono e Mulder e Scully proseguirono verso l’ascensore.

Quando furono al piano della loro stanza da letto la voce di Fowley riecheggiò nelle loro orecchie.

“Mi congratulo con voi agenti”, anche se dal tono si poteva dedurre che fosse piuttosto irritata, e non contenta per la riuscita dell’imboscata, “Domani, nel corso della giornata, riceverete il kit con il trasmettitore satellitare ed eventuali nuove direttive. Vi auguro una buona nottata”, e chiuse la comunicazione con un crepitio, che fece capire ai due agenti che i loro microfoni erano stati disattivati.

Mmm” commentò Mulder, “Non mi sembrava precisamente soddisfatta… anzi… sembrava piuttosto seccata…”.

Scully era d’accordo con lui, ma non lo disse, anche perché aveva una mezza idea del motivo per cui Fowley aveva usato un tono così risentito.

Il bacio che si erano scambiati poche ore prima poteva essere definito in svariati modi, ma di sicuro non era stato una finta. Forse Skinner poteva non essersi accorto che erano stati trasportati in quel bacio, come se fossero stati  veramente due innamorati, forse non se n’erano accorti neanche gli altri agenti di New York, ma Fowley era una donna, e una donna certe cose le percepisce.

Sicuramente si era accorta che il loro bacio era stato qualcosa di reale e travolgente, di profondo, e la cosa l’aveva probabilmente disturbata parecchio.

Scully si dette della stupida, ma l’idea di averla fatta ingelosire, la rendeva infantilmente euforica e fiera di sé stessa.

Osservò Mulder inserire la chiave nella toppa e aprire la porta.

Appena furono dentro si tolse dalle spalle la giacca dello smoking e la posò delicatamente, per non sgualcirla, sullo schienale di una poltrona.

“Scully”, le disse Mulder mentre si levava dall’orecchio il microfono, “Ti dispiace se uso il bagno per primo?”.

“Fai pure”, gli rispose, accompagnando le parole con un gesto che indicava la porta della camera da letto.

Mentre sentiva l’acqua della doccia al di là della parete, Scully si tolse il vestito e indossò un comodo pigiama di seta blu e un paio di ciabatte di spugna. Prese dalla valigia alcuni batuffoli di cotone e del latte detergente e si posizionò davanti allo specchio dell’armadio per struccarsi.

Quando Mulder uscì, con addosso una maglietta a maniche corte e i pantaloni della tuta, la trovò seduta sul bordo del letto, intenta a risistemare il microfono nella sua scatoletta.

“Tutto tuo!”, le disse, rivolgendole un sorriso.

“Grazie”, rispose Scully alzando il capo e riponendo la scatola dentro la valigia.

Prima che lei sparisse dietro la porta del bagno, le chiese se le andava di fare il punto della situazione.

“Rimandiamo a domani, ti spiace? Sono stanca…”.

“Nessun problema, sono stanco anch’io… Buona notte, Scully”, aggiunse, una mano sulla maniglia della porta.

“Buona notte, Mulder”.

Ma per quanto fossero stanchi, entrambi rimasero svegli a fissare il soffitto per un bel pezzo.

Il ricordo di quel bacio tormentava i loro pensieri e non permetteva loro di rilassarsi.

Scully si tirò le coperte fino al collo e sospirò, seccata da quel dolce tarlo che non le dava tregua.

Altre volte, guardando parlare il suo collega, aveva desiderato baciare quelle labbra piene e sensuali, ma mai si sarebbe aspettata di provare emozioni così intense. Appena le loro bocche si erano sfiorate,  qualcosa di primitivo e potente l’aveva travolta, annullando ogni pensiero coerente e razionale, e trasportandola su dolci onde fatte di sensazioni e di desideri. Era stato un bacio gentile, eppure profondo. Lui era stato incredibilmente tenero, ma allo stesso tempo aveva percepito tutta la sua passione scorrerle nelle vene, nei muscoli, sotto i pori della pelle. Non aveva mai provato un trasporto così totale verso un uomo, mai.

Accaldata - non capì bene se per il ricordo di quel bacio, o se per l’irritazione di non riuscire a prendere sonno - arrotolò il copriletto ai suoi piedi, e si coprì solo con il lenzuolo. Si girò su un fianco, portandosi le ginocchia fino al petto, in posizione fetale, e chiuse gli occhi, sperando di riuscire a dormire un po’.

 

Mulder si girò irrequieto su un fianco.

Era innegabile che avesse desiderato Scully per tutta la sera, e, volendo essere onesto fino in fondo con sé stesso, non era nemmeno la prima volta. Erano anni che la sete di lei lo tormentava durante le ore lavorative assieme, e durante le sue notti solitarie, steso su quel logoro divano. Ma le sensazioni che aveva provato quella sera, quando aveva toccato quelle morbide e accoglienti labbra, non le aveva previste. Andavano al di là del desiderio fisico. Era stato qualcosa di più intimo, quasi spirituale, che li aveva travolti e cullati mentre le loro bocche si fondevano in quell’intimo gesto. Un pensiero cominciò a picchiettare fastidiosamente dentro la sua testa, un pensiero così vero, così sincero e semplice, che lo spaventava a morte. Scosse la testa per scacciarlo, ma ormai una piccola radice aveva attecchito ed estirparla, d’ora in avanti, sarebbe risultato estremamente complicato. Si girò sull’altro fianco, provando a riflettere sul caso.

Dopo un po’ si ritrovò in un'altra stanza, che riconobbe immediatamente  come la sua camera da letto, anche se non si era guardato attorno.

Dalle tapparelle abbassate filtrava la luce del tramonto.

Era steso sul letto, completamente nudo.

Al suo fianco c’era qualcuno.

Una donna.

Una donna nuda che gli premeva le morbide curve contro il fianco, e gli mordicchiava maliziosamente l’orecchio, mentre con una mano gli arrotolava i peli del petto.

Dalle sue labbra uscì un gemito e si girò verso di lei per baciarla.

Non si stupì vedendo che si trattava di Scully.

Iniziò a fare l’amore con lei, con lentezza e dolcezza, assaporando ogni centimetro della sua pelle vellutata, lasciandosi accarezzare eroticamente dalle sue mani e dalle sue labbra. Era bellissima, sembrava emanare un alone di luce, come fosse un angelo. E in effetti lo era. Lei era il suo angelo personale.

Nel momento di massimo piacere, quando i corpi di entrambi si tesero, pronti a lasciarsi travolgere dalla marea dell’estasi, la scena cambiò.

Si ritrovò in una stanza buia, illuminata sommariamente da una piccola lampadina appesa al soffitto. Le pareti erano vecchie, l’intonaco scrostato e nell’aria aleggiava un potente odore di muffa.

Si guardò attorno, spaesato, cercando di abituare gli occhi a quell’improvvisa oscurità.

Nell’angolo di destra scorse qualcosa, sembrava la sagoma di una persona, ma non riusciva a capire in che posizione fosse.

Si avvicinò con cautela, stupendosi, non si sa perché, di riuscire a camminare.

Quando fu a pochi passi dalla sagoma, vide che si trattava di una donna, seduta su di una sedia, le braccia legate dietro lo schienale.

La veste bianca era sporca e strappata. Dall’interno delle cosce, alcuni rivoli di sangue scendevano a formare una pozza rosso scuro sotto i piedi nudi.

Rabbrividì d’orrore.

Si avvicinò ancora di più, notando che la donna aveva un profondo taglio sopra il seno sinistro. La testa era reclinata all’indietro.

Si sporse ancora un po’ e quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.

Il volto di Scully, quasi irriconoscibile, era orrendamente tumefatto e ferito.

Gli occhi erano sbarrati e vitrei.

Era morta.

NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!”.

Mulder si svegliò ansimante e sudato nella stanza d’hotel. Nelle orecchie aveva ancora l’eco lontana del suo urlo disperato.

Si mise a sedere, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore, cercando di calmarsi, di rallentare i battiti frenetici del cuore.

Girò la testa verso la finestra, e vide che le prime luci dell’alba cominciavano a fare capolino attraverso le imposte abbassate.

Prese alcuni respiri profondi e si impose di tranquillizzarsi.

Era stato solo un sogno. Un terribile, maledettissimo incubo.

Ma quella strana ansia che aveva già provato due volte da quando aveva accettato di prendere parte a quel caso, ritornò prepotente a mozzargli il respiro.

Lentamente, cercando di non fare rumore, si avviò verso la porta che lo separava da lei.

Sentì il freddo pavimento sotto i piedi nudi, ma non gli importò. Aveva bisogno di vederla, di assicurarsi che stesse bene…

Abbassò lentamente la maniglia e aprì il battente.

La stanza era illuminata da una lieve penombra, e il corpo di Scully era rannicchiato sopra il materasso e gli dava le spalle.

Girò attorno al baldacchino, perché la voleva vedere in viso. L’ansia che lo attanagliava non se ne stava andando, anzi, si stava stratificando all’interno della sua coscienza.

Molto lentamente, salì sul letto, e si sdraiò al fianco della collega, il viso rivolto verso d lei.

Dormiva profondamente, una mano sotto il cuscino, l’altra piegata davanti al petto. Il lenzuolo la copriva solo fino ai fianchi, e le sue spalle si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro profondo.

Sembrava una bambina. Un’innocente creatura che, ancora, non conosceva l’orribile natura umana, e che ancora era immune dalle sue malvagie azioni.

Mulder le scostò delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte, dove poi posò un lieve bacio. Ebbe la tentazione di sfiorarle anche le labbra, ma aveva paura di svegliarla, e non era sicuro di volerle spiegare perché si trovava lì, e quale angosciante sensazione gli stava opprimendo il petto.

Scully si mosse leggermente, ma non si destò. Schiuse solamente un po’ le labbra, traendo un profondo respiro.

Mulder rimase immobile a fissarla per un tempo indefinito, la luce dell’alba si faceva sempre più nitida sulle pareti colo crema della camera, e, all’esterno, i rumori di una città che si svegliava cominciarono ad arrivare attutiti al suo orecchio. Piano, piano, il peso sul petto si allentò e Mulder scivolò nel sonno.

 

Scully cominciò a prendere coscienza della realtà lentamente. Stiracchiò piano le gambe e aprì gli occhi.

Trattenne a stento un urlo di spavento, quando vide la sagoma addormentata  di fronte a lei.

In pochi istanti il suo cervello registrò il viso di Mulder e Scully si tranquillizzò, anche se il cuore ancora batteva forte nel petto e non riusciva a capire perché lui fosse lì.

Aggrottò le sopracciglia, allungando una mano verso di lui. Appena sfiorò il suo braccio nudo, si accorse che era freddo. Rimase per un attimo a riflettere se svegliarlo o meno, poi si allungò verso il fondo del letto, srotolò la coperta e lo coprì con cautela, per cercare di riscaldarlo.

Rimase a fissarlo per un po’.

Una strana sensazione la prese alla bocca dello stomaco, una specie di euforia, mista ad agitazione. Le parve quasi di essere ritornata un’adolescente insicura al suo primo appuntamento.

Scosse la testa, dandosi della stupida, poi scese dal letto e andò in bagno.

 

  
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