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Autore: heliodor    22/12/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Briganti

 
"Malinor?" fece il pellegrino sorridendo. "Certo che è da quella parte" disse indicando la strada. "Vai anche tu lì?"
Joyce si strinse nelle spalle.
"Immagino sia per le celebrazioni" fece l'uomo, gioviale. "È per quello, vero? Molti ci stanno andando per assistere. Si fanno buoni affari quando fanno un trionfo."
"Non so di cosa parli."
"Sul serio? Da dove vieni?"
Joyce valutò se fosse saggio rivelarlo, poi pensò che non c'era niente di male a dirglielo. "Berger."
"Brutto posto quello" fece il pellegrino. "Ci sono i tiranni. Non è brutto come Nergathel, comunque. Sai che dicono di quel posto, vero?"
Joyce lo sapeva. Lungo la via si era fermata in varie locande e aveva ascoltato con attenzione i discorsi degli avventori.
Tutti sembravano avere una certa avversione per Berger e i suoi tiranni. A molti altri non andavano a genio i priori della cittadella di Azgamoor. Ma quasi tutti odiavano Nergathel e sconsigliavano a chiunque altro di andarci.
Joyce decise di unirsi al viandante. Negli ultimi tre giorni non aveva parlato con molte persone e ora che si sentiva più al sicuro aveva voglia di scambiare due chiacchiere.
"Tu vai a Malinor per il trionfo?" chiese all'uomo.
Questi annui con vigore. "Ma certo. Sono giorni che viaggio."
"Da dove vieni?"
"Da un piccolo villaggio, oltre le montagne."
Joyce non aveva idea di quanti villaggi si trovassero oltre le montagne e, ora che ci rifletteva meglio, nemmeno sapeva a quali catene montuose si stesse riferendo l'uomo. Solo per educazione annuì.
"E vai a Malinor per fare affari?"
L'uomo annuì di nuovo. "Certo. Grandi affari. Se ne fanno molti di questi tempi. La città è piena di gente che viene da fuori. C'è sempre qualcuno che percorre le strade attorno alla città, anche quelle meno usate, come questa."
Joyce non aveva incrociato molte persone lungo la via e quasi tutti quelli che percorrevano la strada costiera erano taciturni e non amavano scambiare due chiacchiere con gli altri viandanti.
Soprattutto se erano stranieri.
"Non mi hai detto il tuo nome" disse Joyce cercando di mostrarsi amichevole. Se l'uomo conosceva Malinor, poteva farle da guida o suggerirle qualche poto interessante da visitare.
"Mi chiamo Rabo" rispose l'uomo.
"Io sono Sibyl."
"Molto piacere" disse l'altro esibendo un largo sorriso. "È un bel cavallo il tuo."
Era un regalo delle lame askadiane, ricordò Joyce. Era un animale fedele e docile al quale si stava affezionando. Gli aveva dato il nome di Bisk, lo stesso del drago che Mara Silbo domava nella Signora del Fuoco.
Il ricordo di quella bella storia quasi la sopraffece. Quel libro le era stato regalato da Bryce per il suo dodicesimo compleanno.
Aveva deciso di non leggerlo per paura di rovinarlo, ma dopo qualche settimana sua sorella le aveva chiesto se lo avesse letto.
Lei aveva risposto di no e Bryce era sembrata delusa.
"Pensavo ti sarebbe piaciuto" aveva detto.
Joyce era tornata di corsa nella sua stanza e aveva letto la Signora del Fuoco in una sola notte. Il giorno dopo aveva raccontato la trama del libro a Bryce.
Rabo si fermò davanti a un bivio. "Sai che dobbiamo andare a destra, vero?"
Joyce non ne aveva idea. Sapeva in che direzione si trovasse Malinor e che proseguendo lungo la costa prima o poi sarebbe arrivata in vista della città, ma era tutto. Scrollò le spalle. "So che dobbiamo seguire la costa."
Rabo sorrise. "Te lo chiedevo solo per esserne sicuro. Anche dopo tanti anni mi viene sempre qualche dubbio quando devo andare a Malinor."
"Ci vai spesso?"
"Almeno due o tre volte l'anno. Ma per il trionfo ho fatto un'eccezione."
"Parlami di questo trionfo" disse Joyce. La strada sembrava ancora lunga e voleva tenere impegnata la mente.
Negli ultimi tempi il suo sonno si era fatto difficile. Si svegliava sempre con la sgradevole sensazione di aver fatto un incubo.
E a volta riusciva persino a ricordarli.
La maggior parte di essi iniziavano sempre con il volto di una persona che aveva conosciuto nell'ultimo anno. Oren, Vyncent, Leyra. A volte a visitarla era Robern con il suo sguardo enigmatico. O Gladia o Eryen con il suo sorriso beffardo e l'espressione crudele.
Il più delle volte era quello di Fredi ad apparirle, con l'espressione imbronciata come se la stesse rimproverando di non aver fatto abbastanza per salvarla.
E poi c'era l'ombra.
Aveva iniziato a fare capolino sempre più spesso e ormai era una presenza fissa nei suoi incubi.
L'ombra non aveva viso né forma, ma era certa che fosse orribile. Non osava guardarla e le poche volte che aveva trovato il coraggio per posare il suo sguardo su quella massa informa, era evaporata nell'aria come se fosse fatta di fumo.
Anche se non aveva l'aspetto di una persona che aveva visto, lei sapeva chi era.
Era Malag.
L'arcistregone la perseguitava nei sogni. Era diventato il suo pensiero fisso da quando aveva visitato il suo ultimo nascondiglio.
Aveva pensato a lungo a lui e Arran Lacey. Robern le aveva confessato che Arran aveva affrontato Malag ed era stato ucciso.
Conosceva il segreto di Malag e voleva usarlo per sconfiggerlo? Si era chiesta più volte. Forse per questo aveva imparato la magia?
Doveva scoprire di più su di lui.
E su Bellir.
L'eroe era l'altra figura che la tormentava. Il mistero che l'avvolgeva era se possibile più fitto che mai, nonostante fosse la persona più famosa del mondo dopo Harak e Ambar.
"... e infine il corteo di carri porterà in trionfo gli eroi lungo la Via del Re, la strada principale che taglia in due Malinor. Si dice che sia così lunga che una persona impiega mezza giornata per percorrerla camminando" stava dicendo Rabo con tono eccitato. Scosse la testa. "È un vero peccato."
"Cosa?" domandò Joyce interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Rabo sospirò come se fosse affranto. "Riflettevo sul fatto che è un vero peccato non poter assistere a uno spettacolo simile."
Joyce si accigliò. "Non faremo in tempo per il trionfo?"
"Temo di no" fece l'uomo scrollando le spalle. "O almeno tu non farai in tempo. Io non ho alcuna intenzione di assistere a una ridicola parata."
"Ma hai detto che..." iniziò a dire Joyce. Solo allora con la coda dell'occhi scorse il movimento ai lati della strada.
Avevano raggiunto un punto dove il sentiero faceva un'ampia curva in mezzo alla vegetazione più fitta.
Ora che ci rifletteva non sembrava quella consueta che si sarebbe aspettata di trovare in una zona costiera.
Di quanto ci siamo allontanati dalla costa? Si chiese.
Un istante dopo dai due lati del sentiero apparvero mezza dozzina di figure. Joyce riconobbe subito le balestre puntate verso di lei.
Tutti e sei le figure indossavano abiti sbrindellati e sudici ed erano scalzi. Due erano poco più che ragazzi e quasi tutti erano molto giovani, tranne uno che doveva avere quaranta o cinquanta anni, ma era difficile valutarne l'età visto il sudiciume che gli ricopriva il viso.
"Ben fatto, Niss" disse l'uomo. "Davvero ben fatto. Con questa qui ci facciamo almeno duecento monete. Forse trecento."
"Ha un bel cavallo" disse una delle ragazze puntando la balestra verso l'animale. "Lo voglio io."
"Sta zitta Anis" disse l'uomo con tono aspro. "Venderemo il cavallo e divideremo il ricavato come al solito."
La ragazza fece una smorfia. "E come al solito ti prenderai la metà per te."
"È la parte che mi spetta per essere il capo" rispose l'uomo.
"Nessuno ti ha eletto capo" disse uno dei ragazzi."
L'uomo agitò la balestra contro di lui. "Vuoi discuterne adesso, Imocris?"
Il ragazzo esitò. "No, io pensavo solo che sarebbe più giusto se..."
"Tu non devi pensare" disse l'uomo. "Lascialo fare a me che sono più bravo."
"Non lo stavo mettendo in dubbio Kaduk..."
"Buon per te, ragazzo. Buon per te."
Joyce si schiarì la voce. "Avete finito?"
Kaduk tornò a rivolgersi verso di lei. "Quasi mi dimenticavo di te. Come dicevo Niss ha fatto un bel lavoro. Ora, hai due possibilità. Ci lasci il cavallo e quella bella borsa tintinnante che ti porti legata al fianco e te ne vai per la tua strada. Oppure noi ti sforacchiamo tutta e ci prendiamo lo stesso la tua roba."
"Non mi lasci molta scelta" disse Joyce per guadagnare tempo. Con gli occhi stava misurando la distanza tra Niss e Imocris, i due più vicini a lei. Si trovavano proprio davanti a Bisk, tra lei e la salvezza.
"Non dovrei darti dei consigli" iniziò a dire Kaduk. "Ma se fossi in te sceglierei la prima."
"Concedimi qualche minuto per rifletterci" disse Joyce.
"Che stiamo aspettando, Kaduk?" ringhiò Anis. "Questa qui ci prende in giro. Uccidiamola e basta."
"Ti ho detto di stare zitta" fece Kaduk con tono esasperato.
"Ma è assurdo" fece la ragazza. "Noi siamo in sette e lei è sola e disarmata."
Sarò anche sola, pensò Joyce, ma in quanto all'essere disarmata ti sbagli.
"Ne abbiamo già uccisi tre questa Luna" disse Kaduk. "Se ne ammazziamo un quarto manderanno delle guardie da Malinor e noi dovremo cambiare zona."
"Io non voglio cambiare zona" si lamentò Imocris.
"Nemmeno io" gli fece eco Niss.
"E io nemmeno" dissero gli altri.
Anis sbuffò.
"Sentito?" fece Kaduk. "E ora, ragazzina, se vuoi farmi il piacere di scendere da quella dannata bestia e darci le tue cose, potremo chiudere qui la faccenda."
Joyce scosse le spalle. "Ci sto ancora pensando..."
"Non hai tutto il giorno" disse Kaduk. "E se proprio saremo costretti, vorrà dire che stavolta ti seppelliremo meglio dell'ultima e faremo in modo che nessuno ti trovi per molto, molto tempo."
"Se la metti così" disse Joyce balzando a terra con un gesto agile. Nello stesso momento, mormorò la formula magica dell'oscurità.
Il buio innaturale piombò su di loro. Nello stesso momento, Joyce si abbassò ed evocò lo scudo magico.
"Che aspettate?" gridò qualcuno. "Uccidete quella maledetta strega."
Joyce udì i dardi sibilare sopra la sua testa. D'istinto chinò la testa mentre mormorava la formula della forza straordinaria.
"Fermi" gridò Kaduk. "O colpirete qualcuno..."
La frase venne interrotta da un singulto smorzato.
Joyce udì un corpo cadere al suolo proprio davanti ai suoi piedi.
"L'ho presa, l'ho presa" gridò una delle ragazze.
Anis? Si chiese Joyce. La voce veniva dalla sua sinistra, ma ricordava che si trovava alla sua destra quando aveva evocato il buio.
Si è spostata? Si chiese.
Era probabile. Nessuno sarebbe rimasto fermo a rischiare di prendere un dardo.
A parte Kaduk.
Non aveva più udito l'uomo.
"Dove sei?" ringhiò Anis.
"Qui" disse Joyce prima di rotolare di lato.
Un attimo dopo un dardo sibilò sopra di lei.
Ci sente bene, si disse.
Si mosse verso il confine del buio. Nelle sue prove, aveva scoperto che copriva circa trenta passi attorno a lei.
Le dispiaceva abbandonare il cavallo e le monete, ma era certa che Kaduk l'avrebbe uccisa un attimo dopo che fosse smontata.
L'alternativa era ucciderli tutti mentre si trovavano nell'oscurità, ma non era certa di riuscirci e non aveva voglia di provarci.
Uccidere era qualcosa di definitivo e se poteva evitarlo, l'avrebbe fatto. Inoltre non voleva lasciarsi dietro mezza dozzina di morti di cui qualcuno avrebbe potuto chiederne conto.
Strinse la tracolla attorno al fianco. Dentro aveva tutto quello che le serviva davvero. Il compendio e il libro di poesie di Hopott. Metà delle monete, circa cento. Non le aveva lasciate tutte nella sacca. Qualche libro per ingannare il tempo e poco altro.
Al resto poteva rinunciare ma a quelle cose no.
Fuori dall'oscurità si allontanò senza voltarsi indietro. Aveva pochi minuti per far perdere le sue tracce a Kaduk e i suoi, ma se questi era stato colpito, l'inseguimento non sarebbe partito subito.
Con il cavallo e le monete da dividere, era probabile che non sarebbe nemmeno iniziato. Ma non poteva riporre le sue speranza solo sull'avidità delle persone.
Senza porsi altre domande si lanciò di corsa lungo il sentiero.

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