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Autore: Duncneyforever    24/12/2018    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Lui, che sfoggia così chiaramente i segni della sconfitta, dimostra invece di aver vinto, sorridendo trionfante, godendosi lo spettacolo pietoso fornito dal grido di orrore che ho levato verso il cielo e dall'agitarsi frenetico delle mie mani insanguinate. 

La mia morte è tutt'altro che dolce: non è un'eutanasia, bensì una repressione violenta della mia interiorità... 

Con relativo annientamento. 

Distendo i palmi e le dita rosse come se stessi reggendo il mio stesso, trafitto cuore, fonte di dolore. 

Ho fallito. 

Inseguivo con ardore la Giustizia; " costanza e dedizione " era il mio mantra, eppure ella mi ha voltato le spalle, dimostrandomi quanto l'uomo potesse essere malvagio, meschino ed egoista. 

Ho trovato bontà in questo luogo, tanto immersa nel lerciume da non potersi considerare più che una macchietta bianca su di un fondo nero. 

Ed io, che ho tentato così disperatamente di fare del bene, ho finito per fare il male mio e dei miei amici, arrivando ad un passo dal commettere un crimine orribile in nome di una giustizia effimera, solamente presunta. 

I crucchi mi guardano smarriti, chiedendosi se sia lecito commentare, oppure tacere senza obiettare. 

- Am Ende bist du gefallen, Sternchen. / Alla fine sei caduta, stellina. - Il rosso tende verso di me la mano che teneva poggiata sul collo, sporcandomi il viso. 

- Smettila! - Strillo, spingendo via il braccio proteso in avanti. 

- Perchè? Non avrai paura di una goccia di sangue! - Prima ancora di riuscire a prevedere la sua mossa, mi ritrovo schiacciata contro di lui, trattenuta saldamente per il gomito. - Sai dove altro vorrei macchiarti... - Mi accarezza il ventre con la mano libera, scivolando rudemente tra le mie gambe. Sobbalzo, spaventata, cercando di sbarazzarmi delle sue mani, le quali, corrono spudoratamente sul mio corpo, incuranti di star dando il " cattivo esempio " alle giovani reclute presenti. 

- Razza di bastardo perverso! - Sputo sul suo viso, pur essendo consapevole di smuovergli le viscere, di tirar fuori la parte animalesca che tiene ben celata dietro al falso sorriso borghese. 

Lui si ripulisce minuziosamente, raccogliendo la saliva sulle dita e leccandola, fino all'ultima goccia, incurante della smorfia disgustata impressa sulle mie labbra. 

- Tu sei pazzo! - 

- Dio solo sa quanto vorrei sbatterti sulle assi di quella baracca... E fotterti con tutte le mie forze. - Mi afferra, stringendomi il collo in una mano, pizzicandomi il labbro superiore con i denti e succhiandolo ingordamente. 

Mio malgrado, non mi ribello, sapendo che, se avessi reagito ( e lui si fosse spazientito ), mi avrebbe reciso l'interno con gli incisivi.

Si stacca rapidamente, con uno schiocco secco, passandosi la lingua sulle labbra. 

Io strofino la bocca sulla spalla, asciugandomi sulla maglia. 

- Ma guarda! Sta arrivando il tuo eroe a proteggerti dal lupo cattivo! - Mi volto verso il punto indicatomi dal colonnello, trovandomi faccia a faccia con il comandante biondo, il quale, non ci impiega molto a capire che qualcosa sia andato storto. 

Mi strappa dalle sue braccia, riscontrando zero opposizione da parte di Rüdiger, ormai convinto di avermi ai suoi piedi. 

- Nun? Was glotzt ihr so?! Züruck an die Arbeit! / Beh? Che avete da guardare?! Tornate al lavoro! - 

- Und so rennst du zu ihr wie ein treues Hündchen... Was ist los? Hast du dich in diese Göre verliebt? / E così le corri appresso come un cagnolino fedele... Che c'è? Ti sei innamorato di questa mocciosa? - Lo schernisce, sfoggiando con orgoglio il taglio fresco sulla gola. 

- Es geht dich nichts an, Schneider. / Non sono affari tuoi, Schneider. - Reiner mi spinge indietro, fronteggiandolo direttamente. 

- Suvvia! Non c'è bisogno di ricorrere alla violenza! Perché non ne riparliamo in privato, stasera, lontano da occhi indiscreti? - 

Ipocrita! ipocrita! ipocrita! 

Il rosso mi desidera ardentemente, tuttavia, sul piano impersonale, non mi considera nemmeno un essere umano. 

Parla di me come se non potessi sentirlo, come se non sapessi che, in realtà, lui stia tramando contro di me. 

- Mi stai forse sfidando?! - Il petto di Reiner si gonfia, accentuando la differenza volumetrica tra il corpo dell'uno e dell'altro. Rüdiger poggia una mano al petto, fintamente impressionato, impegnato nel mascherare le sue vere intenzioni e nel far passare l'incontro che vuole propugnarci stasera per un'innoqua " chiacchierata fra colleghi ". 

- Chi io? Non oserei mai mettermi contro l'uomo più in vista di tutta Dresda, nostro salvatore " Gesù Cristo dei miscredenti "! - 

Non è difficile immaginare cosa Reiner stia pensando in questo momento: gli spaccherebbe volentieri la faccia ma, a costo di urlare interiormente di rabbia, decide di stringere i denti e contenersi, giusto per non dar soddisfazione al suo avversario. 

Mi dichiaro pacifista dall'alba dei tempi, ma un pugno nello stomaco, fossi stata in lui, glielo avrei tirato volentieri! 

L'unico problema è che ho paura che il rosso possa vendicarsi su Ariel o sui Costa e, per questo motivo, incrocio le dita e prego di non vederli accapigliarsi come bambini dell'asilo. 

- Hüte deine Zunge, Bursche. Ich werde dich zerstören. / Bada a come parli, ragazzino. Io ti rovino. - Gli si avvicina, girandogli intorno. - Vedi, io sono Oberst di corpo d'armata, sono duca, discendente di una nobile famiglia di spada e tu, Schneider? Cosa sei dietro a quella divisa? - Assottiglia gli occhi azzurri, colmi di un intimo ma immenso compiacimento, fermandosi a lato del rosso, sbilanciando la testa verso di lui e guardandolo di traverso. - Non sei un cazzo, Rothaarig; non lo eri prima, non lo sei ora, nè lo sarai mai. - Gli volge le spalle e, con nonchalance, ritorna al punto di partenza, rallegrandosi nel vedere il grigio sporco di Rüdiger illuminarsi di rabbia.

Ma che fa? Lo provoca?! 

Non poteva risolverla in modo civile, una volta tanto? 

Oh, Reiner, spero tu sappia quel stai facendo, perché io la luce non la vedo! 

- Che ti prende... - Sussurro, paralizzandomi istantaneamente. 

Rüdiger carica un gancio diretto al viso del biondo e, colta alla sprovvista, mi piego a terra, sulle ginocchia, rannicchiandomi a palla. 

Reiner, agile come una gazzella nonostante la massa, riesce a schivarlo con un movimento del tronco, sottraendosi alla guardia avversaria. 

- Qualcuno è suscettibile! - Gongola il comandante, subendosi l'ira del rosso, il cui rapido colpo è andato a vuoto. - Potrebbero esserci anche delle conseguenze per questo tuo sgarbo... - 

- È sufficiente - gli dico, tirandogli il braccio per indurlo a lasciar perdere. - Fatela finita. - Continuo, rivolgendomi anche a Rudy. 

Entrambi sanno quanto io detesti vedere le persone azzuffarsi e si impongono una tacita tregua, procedendo in direzioni opposte. 

Non che Rüdiger lo abbia fatto per me. 

Il rosso, probabilmente, si è accorto di aver perso il controllo ed ha preferito tornare sui suoi passi, prima che fosse troppo tardi. In ogni caso, per quanto abbia cercato di nasconderlo, ha sempre temuto Reiner ed oggi lo ha trovato particolarmente agguerrito, predisposto alla lotta e, conseguentemente, si è tirato indietro. 

Rüdiger è un animale feroce rinchiuso in una stanza: graffia i muri, i mobili, il pavimento; aspetta che si apra la porta per balzare fuori e, da quella stanza, ne esce incattivito, affamato, incontenibile. 

La stanza è la sua mente, che si sforza di mantenere i nervi saldi e sano il giudizio, mentre la parte selvaggia è rappresentata dai suoi istinti, dalle sue passioni, dagli ideali indirizzati verso il fanatismo più violento. 

Vive in un incubo eterno e non può fuggire alla pazzia, se non assecondando ciò che favorisce il suo appagamento fisico e psichico, a costo di rinunciare alla moralità comune a tutti gli uomini. 

- Voglio lavarmi. - Sentenzio, asciugandomi le mani sul fazzoletto che mi ha porto Reiner. - Alla fine, a Zeno hai detto qualcosa? Gli avevo promesso che ci saremmo visti! - 

- Ci ho pensato io; non agitarti. Vi vedrete un altro giorno.  - 

- E perché hai dovuto stuzzicare Rudy? Non sai che è psicolabile? Ciò che hai fatto tu, si ritorcerà contro di loro! - 

- Dobbiamo dimostrare di aver paura? - Sento la severità nel suo sguardo, vedo il suo volto irrigidirsi e mi inibisco, limitandomi a scuotere la testa. 

È un buon comandante.

Forse non sarà tanto drammatico riporre la mia fiducia in lui. 

Io ci provo, anche perché sono obbligata a fidarmi. 

Se non di lui, di chi altrimenti? 

Accelero il passo, intenzionata a salire al più presto sulla sua costosa Atlantic e frecciare lontano, all'orizzonte, accantonando Auschwitz e figurandomi l'acqua calda sulla pelle, a purificare il corpo da ogni macchia, concreta o figurata che sia.

Il viaggio, neanche a dirlo, è interminabile. 

Avvistata la graziosa villetta sperduta tra i boschi di betulle, mi sento finalmente a casa. 

Anch'io abitavo nel bel mezzo del nulla, circondata da campi sterminati di grano dorato, da piantagioni di alberi da frutto e da vecchi ruderi abbandonati, che attribuivano un valore speciale al paesaggio boschivo e ameno in cui sono cresciuta. 

Posteggiata l'auto, mi fiondo all'interno alla velocità di un corridore della strada, acchiappando tutto l'occorrente per il bagno e occupando la stanza, curandomi di non chiudere la porta e precludergli l'entrata. 

Non è di lui che ho vergogna e, soprattutto, vorrei beneficiare della sua presenza. 

- Reiner... - Gli faccio, aggrappandomi ai coprifili della porta e sporgendomi di lato. 

- Dimmi. - 

- Non è che verresti con me? Mi farebbe piacere averti accanto... - Lui mi guarda perplesso, con la giacca sbottonata solamente per metà. 

- Non dovevi farti la doccia? - Mi domanda, ultimando di slacciarsi i restanti bottoni. 

- Ti scoccerebbe molto? - In risposta a questo mio potere occulto secondo il quale " volere è potere ", lui accetta di buona lena, raggiungendomi nella stanza da bagno. 

- Non voglio restare sola - confesso, una volta immerse in acqua e sapone le mani che avevo già precedentemente lavato. 

- Ti rovinerai le mani - affonda le sue nel lavandino, tirandomele fuori. - Non sfregare così; non ce n'è bisogno. - Prende un asciugamano pulito, avvolgendomele al suo interno. 

- Credi che potrei mai diventare un'assassina? - Specchiandomi, mi accorgo di quanto sembri triste il mio viso e, di conseguenza, mi incupisco, nascondendomi dietro ai lunghissimi capelli, luminosi, in antitesi con tutto il resto. 

- Se non hai ucciso una persona che meritava la morte, con tutta la rabbia che avevi nel cuore in quel momento, allora non lo farai mai. Non devi ascoltare le parole di quell'uomo; non sei marcia come lui. Non sei come noi. - Mi sistema dietro all'orecchio una ciocca di capelli, approfittandone per asciugarmi una lacrima solitaria. 

- Sei diventato il mio fazzoletto! - Ironizzo, tirando su il viso e sventagliandomi le mani sugli occhi rossi. 

- Dai, ti lascio al tuo bagno. - Fa per andarsene, ma io glielo impedisco, proponendogli di restare. 

- Tu non devi lavarti? - 

- Non è una buona idea. Sai che è un po' che non... - 

- Non farmi questo, non lasciarmi proprio adesso che ho bisogno di te! Terremo su la biancheria, vedrai che non sentirai niente! - 

- Wie einfach du es machst... / La fai facile tu... - Borbotta, sotto voce, seppur non abbia già più voce in capitolo. 

Inizio a sfilarmi la maglia, invitandolo a fare altrettanto per non restare lì, con le mani in mano, a fissarmi come un pervertito. 

Tolgo anche i pantaloni, ansiosa di metterli a mollo dopo esser stata macchiata dalle mani zozze di Rüdiger. 

Lui guarda in basso, vergognandosi, il che mi suscita tenerezza, perché non mi sarei mai aspettata di vendere un'uomo così bello e affascinante intimorirsi davanti ad una ragazzina... Neanche tanto formosa! 

- Ti serve aiuto? - Incrocio le braccia al petto, dondolandomi sulle gambe. 

- Faccio da solo. - Asserisce, liberando i bottoni dagli occhielli della camicia e mostrandomi il suo corpo scultoreo. 

Apre la fibbia della cintura e questa, su cui è inciso il motto dell'Ordine teutonico " Gott mit uns ", ossia " Dio è con noi ", cade a terra con un tonfo, presto seguita dai pantaloni della divisa, dalle calze e dalle scarpe. 

Lui è perfettamente a suo agio, e lo sarebbe anche in completa nudità, mentre la mia è solo abitudine, nient'altro. 

Non sono affatto sicura di me e, dopo quello che mi è capitato, odio il mio corpo molto più di quanto non lo odiassi prima. 

- Tutto bene? - Mi viene vicino e mi accarezza il volto, infondendomi quel tanto di coraggio che basta per stringerlo in un abbraccio. 

Fremo a contatto con la pelle nuda, ma provo sollievo nel sapere che sia lui, piuttosto che Rüdiger. 

- Non puoi sapere quanto io mi senta sporca... L'orrore che provo nel ricordare quanti e quali uomini mi abbiano toccata. Mi faccio schifo. - Singhiozzo, strofinando una guancia contro il suo petto. 

- È per quello che ti ha detto quella vecchia ebrea? - Io scuoto subito la testa, discolpando quella povera donna, proteggendola dal livore del biondo. 

- Non mi sarei mai spogliata per nessuno che non avesse provato amore per me, tuttavia, adesso che mi è stato fatto notare con tutta la malagrazia possibile di non essere padrona del mio corpo, mi pare tutto insensato... Ho vissuto nell'illusione di potermi creare una buona reputazione negando ad altri di avermi se non avessi provato nulla per loro e, invece, a quanto pare, sono ugualmente puttana per aver subito violenza, perché io, secondo l'immaginario comune, sono la seduttrice e non la vittima... - Interrompo per deglutire, piangendo copiosamente sul suo petto. - ... Perché, nonostante i segni sulla pelle, sono io ad averlo indotto in tentazione, ad averlo costretto ad usare la forza, io che ho voluto consumare quel rapporto... Colpa mia se sono nata femmina; colpa mia se la vita mi ha lasciata sola; colpa mia se vengo chiamata " puttana ". - 

- Tu non hai fatto assolutamente niente per meritarti una cosa simile. Sei incredibile, Sara, ti desiderano così tanto perché sei bella da togliere il fiato; in ogni tuo gesto emerge una dolcezza che fa star male; sono invidiosi perché sanno di non essere alla tua altezza, di non poter assaggiare le tue labbra e sanno che non ti lasceresti mai toccare da uomini come loro; sono così vigliacchi da spegnere il sorriso che li ha stregati pur di possedere la carne che li fa tremare al pensiero di cosa tu voglia tenergli nascosto. - Mi carezza i capelli, la schiena, facendomi rialzare il viso. 

- Loro hanno qualcosa che non va. Loro, non tu. - Distendo le braccia ai lati del suo collo, lasciando i polsi molli sulla nuca. Lo guardo, sorridendo commossa, mettendo a nudo le mie emozioni. 

- La sensibilità in te è un dono. Vorrei che non la percepissi come una condanna ma, forse, per te è una tortura sentire così intensamente tutto ciò che provo. - 

- Non ricordo d'esser stato così profondo a sedici anni!- Svia, sbilanciandosi oltre la tendina per aprire il getto della doccia. 

- Prima o poi ti toccherà rispondere, non credere di poter fare il furbo con me!- Concludo, infilandomi sotto il flusso d'acqua tiepida. - Posso lavarti i capelli? - Gli chiedo, una volta introdottosi nel box doccia. - Perchè quella faccia? Con tutte le donne che hai avuto, mai nessuna ti ha toccato i capelli? Guarda che è rilassante! - 

- Se lo dici tu! - Si arrende, chinando il capo per permettermi di provare.  

Soddisfatta, prendo il flacone tra le mani, ci rovescio su lo shampoo e infilo le dita tra le sue ciocche color dell'oro, per poi iniziare a massaggiargli la testa. 

È una bella sensazione: il profumo è buonissimo, anche questo al lampone, e i suoi capelli, dopo aver rimosso lo strato di brillantina, sono d'una morbidezza impareggiabile, lisci come spaghetti. 

Lui mugugna, accondiscendente, chiudendo gli occhi a poco a poco. 

- Mi fai le fusa? - Lui ride, rialzandosi dopo aver sciacquato gli ultimi rimasugli di schiuma. - Ai miei ci penso io. Non ti farò lavorare, tranquillo. - 

In effetti, sono cresciuti molto negli ultimi tempi; ormai mi arrivano a metà schiena e il lavaggio richiede sempre più tempo. 

Li raccolgo a lato in una coda, cominciando ad ammorbidire le punte con il balsamo, sommergendomi presto in un mare di bolle. 

- Sicura che io non ti serva? - Appoggia il palmo sulla mia testa, sollevando una bella manciata di schiuma. 

- E tu? - Strizzo un occhio per evitare che mi ci vada dentro il sapone, adocchiandolo dal basso. Lui mi guarda con una certa malizia ed io arrossisco, immaginando come possa essere il passare le mani su quegli addominali. 

Penso anche al fatto che mi abbiano accusata di essere la sua amante e mi irrigidisco, ritraendo le mani. 

- Resterò sempre la " troia del tedesco "... - 

- Questo è impossibile, e lo sai perché? Perchè mi hai già conquistato, mein Liebling. - 

- Hai avuto il mio primo bacio... - Sfioro i pettorali, soffermandomi sulle spalle e sulle braccia. 

Ricordo bene il giorno in cui, per salvarmi la vita, appoggiò le labbra sulle mie e mi rianimò. 

Ero ancora semi-cosciente, eppure quel contatto lo percepii distintamente. 

- Rüdiger non ti ha mai baciata? - Chiosa, sussultando al tocco lieve dei miei polpastrelli sul suo ventre. 

- Strano, ma vero. Gliel'ho sempre impedito e, di recente, non ci ha nemmeno più provato. Magari ora mi trova repellente, visto che ci sei tu. - 

- Repellente? Dev'essere davvero un pazzo! - Vengo a contatto con la stoffa bagnata dei suoi boxer... E decido sia meglio far proseguire lui. 

- Ora girati, però! Tocca a me lavarmi e non riesco se mi guardi così! - 

Lindi e profumati come bacche di bosco, ci asciughiamo e ci vestiamo, questa volta, separati, per ovvi motivi. 

Senza Ariel in cucina, siamo costretti a sfamarci con il gulasch stopposo di Reiner, anche se, per grazia divina, evitiamo di soffocare. 

Sopravvissuti al pasto, ci appartiamo in camera, dove Reiner mi racconta alcune delle sue imprese di guerra, per le quali, a quanto pare, è diventato veramente un eroe nazionale!

Ed io che supponevo che Rüdiger contasse solo fesserie...

Mi cita un episodio a dir poco sconcertante: la storia di una bellissima donna belga che, per poco, non faceva capitolare un'intera unità della Wehrmacht.

Il biondo la descrive come una donna coraggiosa, nonostante fosse una nemica, a tutti gli effetti. 

Ella era la figlia appena vent'enne di un contadino, la cui terra era stata saccheggiata dalle truppe, in cerca di cibo. 

Mi racconta di come quella ragazzina si fosse messa a lottare con le unghie e con i denti per una forma di pane e di come, alla fine, avesse vinto lei, dopo che il soldato, ammaliato dalla bellezza e dalla perseveranza della giovane, ebbe deciso di lasciarglielo. 

Il soldato tornò alla tenuta svariate volte, portando con sè doni per la sua bella, sperando di conquistarla. 

Reiner ne sentiva parlare; tutti ne sentivano parlare e schernivano il soldato per essersi innamorato di una rozza contadina. 

Lei, però, non era affatto stupida e, benché fosse praticamente analfabeta, sapeva che il giovane, dietro avances, sarebbe caduto nella sua trappola. 

La ragazza, infatti, collaborava con la Resistenza francese e avrebbe fornito loro tutte le informazioni che sarebbe riuscita a cacciar di bocca al nuovo " amante " tedesco, inclusa la loro posizione, il tipo di arma utilizzata e il numero di munizioni. 

Egli, come ogni uomo, teneva a dimostrarle il suo valore e le descriveva, con minuzia di dettagli, quali fossero le strategie di attacco che avevano portato lui e il suo plotone alla vittoria, con tanto di vanagloriosi aneddoti riguardo alle sue abilità, unici dettagli irrilevanti in mezzo alla marea di segreti svelati.

" Mai si vide tanta ingenuità su di un campo di battaglia ", così commenta il biondo, ricordando la " boccaccia larga " del ragazzo. 

A quanto dice, fu l'unico a fiutare il pericolo e, in seguito a svariate indagini, frutto di fondate ipotesi, fece pedinare i due " innamorati " e il soldato venne colto sul fatto, mentre spifferava informazioni top secret. 

Entrambi furono giustiziati per ordine di Reiner, così come i complici che agivano nella zona, catturati e fucilati sul posto. 

Mi fa accapponare la pelle sapere che innocenti siano morti per mano sua.

Non capisco perché abbia deciso di parlarmene, sapendo che avrei reagito in questo modo, ma è lampante che non avrebbe potuto comportarsi altrimenti, quindi opto per il silenzio, accucciandomi in un cantuccio del letto e addormentandomi. 

L'indomani mi è chiaro cosa fare: i Costa sono la mia priorità, per cui mi sento in dovere di recarmi ad Auschwitz per assicurarmi che siano stati trattati con riguardo e condotti nel Block assegnatogli da Reiner. 

Il comandante, conscio di quanto io ci tenga, non si oppone alla mia volontà, accompagnandomi fin sulla soglia della baracca ventiquattro. 

Spalancato il portone, facciamo una scoperta agghiacciante... 

Samuele, Federico e la sorella di Sam sono spariti, nell'orrore generale. 

- Dove sono andati? Chi gli ha portati via? - Domando, tra le lacrime. - Dimmi che non sono... - Supplico, rivolgendomi al biondo. 

- Non sono morti. Schneider propone uno scambio: la vita dei tuoi amici per la tua... Disponibilità. - 

- Disponibilità?! - 

- Lui vuole te, Sara. Ti ha sempre voluta. - 

...

- Ma non ti avrà mai. - 

 

  
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