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Autore: Mel_deluxe    31/12/2018    2 recensioni
Martin le fa un veloce sorriso, poi si prende qualche secondo per andare verso la macchinetta di fianco a lei e schiacciare il numero 08 per il suo caffé.
Decaffeinato, riconosce Wendy. Che schifo, poi ovvio che non sono amici.
«Senti, ho bisogno che tu mi faccia un favore questo weekend» dice lui all’improvviso, portandosi il bicchierino di plastica alla bocca non appena la macchinetta gli annuncia che è pronto.
Wendy alza lo sguardo, leggermente sorpresa. Si conoscono da quasi dieci anni ed è la prima volta che Martin viene da lei per un favore.
«Oh, okay, dimmi pure».
«Ho bisogno che tu venga a Brighton con me per tre giorni e faccia finta di essere la mia fidanzata davanti alla mia famiglia».
Wendy fissa il suo collega in silenzio.
Il suo caffé è pronto, glielo conferma il biiiip prolungato della macchinetta, ma non riesce a fare a meno di guardare Martin senza nemmeno sbattere le palpebre. Mantiene un’espressione apatica per quasi dieci secondi, prima di riprendersi dallo shock e riuscire a formulare una risposta sensata. Ma tutto quello che riesce a dire è un confuso:
«Ehm… no…?»
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A.
Avevo detto che avrei pubblicato a fine dicembre e pubblico letteralmente L'ULTIMO giorno di dicembre, ah ah come sono furba.
Ho ufficialmente rotto il mio record di gente che segue la mia storia, e pensare che l'ho fatto con un testo che ho scritto solo perché mi annoiavo. Ma a parte gli scherzi, grazie davvero <3.
Perdonate il capitolo ancora una volta lunghissimo, mi sa che devo perdere questa maledetta abitudine a scrivere troppo xD
Premetto che non sono mai stata a Brighton, quindi non prendete tutto quello che c'è scritto in questo capitolo come verità assoluta, potrei benissimo aver sbagliato un sacco di cose, ma ho fatto del mio meglio.
Altre note a fondo, nel frattempo godetevi il capitolo!
Mel.



 

 


«Te lo dico sinceramente: è la cosa più buona che abbia mai mangiato».
«Altro che quel mezzo raviolo alla salsa teriyaki che ci hanno servito all’evento. Questa sì che è pura arte culinaria!».
«Oh, mh, forse avremmo dovuto prenderne un altro?».
«E tu che hai anche avuto la faccia tosta di dirmi di non averlo mai mangiato prima. Puah, ti stavo per revocare la cittadinanza inglese, sappilo».
«D’accordo, se tu fossi un cibo, che cibo vorresti essere?»
«Ma che ne so, non è che mi sveglio tutti i giorni e mi chiedo che cibo vorrei essere. Ma che domanda è poi? Non vorrei essere nessun cibo, non voglio finire per essere divorata da denti umani, che schifo».
«Io vorrei essere del cioccolato invece».
«Perché?»
«Non so. È buono e dolce e piace a tutti. Specialmente ai bambini».
«Così finiresti per essere divorato da una marea di denti da latte. Wow, proprio un’ottima scelta, complimenti.
Devi scegliere un cibo che non piace a nessuno, che ne so, un broccolo. Così preservi una lunga vita felice e in più hai un cappello buffo sulla testa».
«A me piacciono i broccoli».
«Sappi che sono a tanto così dal vomitarti in faccia. Non istigarmi oltre».
Wendy prende un’altra patatina dal cartoccio, degustando quel sapore di fritto per togliersi di testa l’immagine di quei disgustosi broccoli apparsa all’improvviso nella sua mente.
È passata meno di un’ora da quando lei e Martin sono fuggiti da quell’infernale evento di beneficenza. Una volta arrivati in riva al mare Wendy aveva proposto di prendersi delle birre e magari un Fish & Chips perché, per quanto buone, le tartine al caviale dell’evento erano ben lontane da essere un pasto che riuscisse a saziarla.
Era stato in quel momento che Martin le aveva rivelato di non avere mai mangiato un Fish & Chips, alché Wendy lo aveva preso per la manica del cappotto e lo aveva letteralmente trascinato per tutta Brighton alla ricerca di un chiosco che vendesse Fish & Chips.
Non era stato difficile in realtà trovarlo, dato che a Brighton c’era un negozio di Fish & Chips praticamente ogni due metri, e dopo aver acquistato il cartoccio più economico che erano riusciti a trovare, Wendy e Martin si erano posizionati su una panchina sulla strada davanti al mare, poco al di sopra della spiaggia, per godersi la loro lussuosa cena.
È metà dicembre e il sole era tramontato da un pezzo; la spiaggia davanti a loro è deserta e la strada, leggermente bianca per via delle nevicate dei giorni prima, è popolata solo da qualche occasionale coppietta che passeggia in silenzio.
Poi ci sono loro due, che urlano e discutono ad alta voce, adagiati su una panchina con le loro mani sommerse tra le patatine fritte e un forte odore di birra che aleggia nell’aria.
Wendy prende un veloce sorso di birra e poi appoggia la bottiglia di vetro sull’asfalto, di fianco agli stivali di Gucci che Wendy si è momentaneamente tolta per poter posizionare i piedi sulla panchina e sedersi a gambe incrociate, con il cartoccio davanti a lei.
Anche se fa leggermente troppo freddo per i suoi gusti, a Wendy non dispiace di trovarsi all’aperto, esposta al suono delle onde e della notte (o meglio, non le dispiace di trovarsi finalmente lontano da quella maledetta festa e da quegli adorabili invitati che, a quanto pare, condividono perfino dei geni con Martin).
 Mentre Martin è intento a ingozzarsi di pesce fritto, Wendy si prende un attimo per guardare davanti a lei, in mezzo al mare scuro come una chiazza di inchiostro, dove a pochi metri dalla spiaggia fa capolino lo scheletro di una struttura. Un’inquietante massa di travi di ferro incastrate tra di loro che giacciono come un palazzo mai costruito e lasciato lì a morire.
«È il West Pier» la informa Martin, con la bocca ancora piena di cibo, evidentemente notando la curiosità di Wendy nello scheletro di ferro. «era uno dei moli più importanti di Brighton nel 1900, poi è caduto in crisi durante la seconda guerra mondiale. È stato chiuso nel 1975 e poi un incendio nel 2003 lo ha distrutto completamente. E beh… è rimasto così da allora».
Wendy sospira, senza staccare gli occhi dallo scheletro del molo.
«Che cosa stupida, avrebbero potuto benissimo abbatterlo piuttosto che lasciarlo in quello stato per tutto questo tempo».
«A me non dispiace invece» commenta Martin, prendendo un altro boccone di pesce. «Penso dia alla spiaggia un certo fascino, dopotutto».
«Non so, mi mette tristezza il pensare che c’è gente che lo ha visto nascere e decadere, nel corso della loro vita» Wendy si abbassa per recuperare di nuovo la birra, tuttavia non stacca ancora gli occhi dal West Pier. «Mi fa ripensare che tutte le cose in questo mondo non sono eterne».
«Oof!» esclama improvvisamente Martin, guardandola con un leggero sorriso. «Quanta allegria».
Wendy finalmente sposta i suoi occhi per lanciare uno sguardo assassino a Martin.
«Tu pensala come vuoi. Ho solo espresso una mia razionale opinione».
Rimangono in silenzio qualche secondo, il rumore delle onde e dei gabbiani come unico sottofondo. Anche Martin si abbassa per recuperare la sua birra e, dopo un veloce sorso, si volta verso di lei e le dice:
«Parlami di te».
Wendy lo guarda sforzandosi di non scoppiare a ridere, tuttavia fallendo e sbrodolandosi delle gocce di birra addosso, cosa che cerca di nascondere al più presto, pulendosi la faccia con la manica della sua giacca. Tuttavia Martin non sembra nemmeno accorgersene e continua a tenere uno sguardo serio e fisso su di lei.
«Che razza di domanda sarebbe?» chiede Wendy, ancora ridendo e tossendo leggermente. «Cosa dovrei dirti su di me esattamente?»
«Non lo so, ci conosciamo da così tanto tempo eppure io non so praticamente nulla di te». Martin le fa improvvisamente uno smagliante sorriso. «Prima alla festa hai spaccato e ora mi hai reso molto curioso, lo devo ammettere».
Wendy cerca di nascondere il suo sorriso bevendo un altro sorso di birra.
«Non ho nulla di che da raccontare, davvero. Ho una vita alquanto monotona e normale».
«D’accordo, allora vorrà dire che sarò io a farti le domande». Martin fa finta di pensarci su qualche secondo in silenzio. «Fammi indovinare: i tuoi genitori erano dei grandi fan di Peter Pan».
Wendy non riesce ad evitare di sbuffare, in quanto è più o meno la milionesima volta che qualcuno le fa una domanda del genere.
«Ah ah, molto originale» risponde Wendy in tono secco. «No, il mio nome non ha nulla a che fare con la Wendy di Peter Pan, è semplicemente il nome di una delle mie prozie» lo informa Wendy, ritornando a osservare il West Pier in lontananza. «Io e le mie sorelle abbiamo tutte nomi delle nostre prozie, Victoria, Wendy, e Millicent; a quanto pare i miei dovevano esserci parecchio legati»
«Millicent?» domanda Martin confuso. «Credevo che avessi solo Vicky come sorella».
Wendy ritorna a guardarlo, rendendosi improvvisamente conto che, sebbene di conoscano da dieci anni, Martin non ha mai visto né sa nulla di sua sorella Millie.
«Sì, Millie è…» inizia Wendy, non sapendo bene come spiegarsi. «Sì, insomma, è mia sorella minore. Ha nove anni».
Martin alza le sopracciglia sorpreso.
«Oh» dice semplicemente. «È parecchio giovane».
«Sì, i miei genitori devono aver pensato che gli mancava avere un bambino in casa e così una mattina hanno svegliato me e Vicky e ci hanno detto con entusiasmo che avremmo avuto una nuova sorella, anche se noi due eravamo già al liceo» inizia a ricordare Wendy, con un leggero sorriso. «Ma non mi dispiace di avere una sorella di sedici anni più piccola di me, in fondo. E poi Millie è già parecchio intelligente»
E con “parecchio intelligente” Wendy intende che Millie è un autentico genio del male.
Ha nove anni e sa già più cose di Wendy che ne ha venticinque, Millie le ha perfino raccontato che le sue maestre hanno paura di lei perché ritengono che sia molto più competente di tutte loro messe insieme. La cosa divertente è che Wendy sembra essere l’unico membro della sua famiglia ad essersene accorta: i suoi genitori e sua sorella trattano e descrivono Millie come un autentico angelo sceso in terra, senza sapere che in realtà la sua adorabile sorellina ha un quaderno nascosto sotto al suo cuscino, in cui ha pianificato per filo e per segno come acquistare la cittadinanza americana e diventare presidente degli Stati Uniti nel prossimo futuro.
È tanto furba e tanto sveglia da quasi irritare Wendy. Qualche settimana Wendy le ha perfino dovuto dare venti sterline perché Millie aveva minacciato di rivelare a Vicky che era stata lei a rompere i suoi orecchini preferiti.
Ma, nonostante tutto, le vuole bene come vuole bene a Vicky e farebbe qualsiasi cosa per lei, pur di renderla felice.
Con la punta dell’occhio Wendy riesce a notare che Martin la sta fissando in silenzio con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Cosa c’è?» gli chiede Wendy, a sua volta ricambiando il sorriso.
Martin scuote leggermente la testa.
«Niente, è solo che…» inizia a dire, volgendo il suo sguardo verso terra. «Hai una famiglia così particolare ed è così evidenge che ci tieni molto a loro. Devono... devono essere davvero fantastici».
Wendy sorride e, come per istinto guarda il West Pier all’orizzonte.
«Lo sono…»
Le travi dello scheletro del molo sembrano risplendere sotto la luce delle stelle.
«E comunque meglio della tua sicuramente».
«Beh, non che ci volesse molto».
Sebbene non lo stia guardando, Wendy riesce quasi a percepire il sorriso triste sulla bocca di Martin.
Si rende conto solo ora che è passata meno di un’ora da quando Martin è praticamente scoppiato in lacrime davanti a lei, solo una misera ora da quando ha assistito alle terribili provocazioni dei suoi fratelli e alla totale indifferenza dei suoi genitori.
Wendy lo fissa intensamente, mentre Martin non sembra nemmeno accorgersi di lei e continua a giocare, imbarazzato, con l’orlo del suo cappotto.
«Posso chiederti una cosa?» domanda Wendy all’improvviso.
«Cosa?». Martin finalmente alza lo sguardo verso di lei.
Wendy lascia passare qualche secondo di silenzio, in cui studia il viso di Martin, i suoi lineamenti delicati, le sue labbra a cuore, i suoi occhi così intensi e le sue sopracciglia lunghe e ordinate.
«Che cosa ti è successo esattamente in Australia?»
Martin non risponde subito, anzi, fa la stessa cosa di Wendy e inizia a guardare il West Pier, tuttavia lasciandosi sfuggire un sorriso imbarazzato.
«Se avessi letto il mio libro lo sapresti».
Wendy sbuffa rumorosamente, tirandosi indietro e appoggiando la schiena contro la panchina.
«Oh, ma dai!»
«Sul serio, è di quello che parla il mio libro» continua Martin, ridendo vigorosamente. «Se vuoi sapere davvero cosa è successo, avresti dovuto leggerlo. Comunque non è nulla di troppo speciale: ho semplicemente passato cinque anni della mia vita a studiare lingue aborigene per poi rendermi conto che nessun aborigeno aveva bisogno di uno straniero che comunicasse con loro, né che saperle parlare mi sarebbe mai servito a nulla. Perciò sono tornato in Inghilterra e ho iniziato a lavorare per varie case editrici».
«E va bene, leggerò il tuo maledettissimo libro, allora» si arrende Wendy.
«Come se ci credessi davvero» ridacchia Martin, guardandola ammaliato. «Il tuo libro di che parla invece?»
Non è assolutamente un grande segreto che anche Wendy abbia scritto un romanzo, né il fatto che sia terribilmente invidiosa di Martin per il fatto che lui sia riuscito a pubblicarlo e lei invece no.
Wendy pensa di averlo reso abbastanza evidente, il giorno in cui Martin si è presentato al lavoro annunciando a gran voce “Pubblicheranno il mio libro!” e lei gli ha prontamente scaraventato addosso l’intero malloppo di carta che erano le milletrecento pagine del romanzo epic fantasy che stava editando in quel momento.
Ma Wendy si rende conto, con estrema sorpresa, che quella è la prima volta che qualcuno sembra così interessato al suo libro, soprattutto se quel qualcuno è il suo presunto acerrimo nemico.
Wendy scuote la testa, abbassando lo sguardo.
«Se te lo dicessi, mi prenderesti in giro».
Martin scoppia improvvisamente a ridere, sorpreso da quella risposta.
«E perché dovrei?»
«D’accordo, diciamo che parla di un ragazzo che… uhm…» inizia a raccontare Wendy imbarazzata, dato che non è abituata a parlare del suo libro con una persona. Lo ha sempre ritenuto qualcosa di così intimo e personale, tanto che raramente ne ha parlato con qualcuno, ad eccezione di sua sorella e di Hannah e Sally. «Un ragazzo che possiede un negozio di artefatti antichi…»
Martin le sorride, sembrando quasi intrigato, quasi che Wendy inizia a prendere più confidenza in quello che dice.
«Okay…»
«E, insomma, non è che sono semplicemente oggetti vintage che ha acquistato. Sono oggetti che solitamente la gente gli lascia gratuitamente perché sono rotti, oppure troppo vecchi, oppure semplicemente perché non lo desiderano più» continua a spiegare la ragazza, ora presa animatamente dal racconto. «E lui - il protagonista - li tiene nel suo negozio e cerca di riparare questi oggetti, riparandoli, rendendoli migliori e infine esponendoli in vetrina, sperando che qualcuno gli riacquisti. E c’è questa ragazza che un giorno, passando davanti alla sua vetrina, trova un oggetto che è certa appartenga al suo patrigno scomparso da anni, perciò entra nel negozio e cerca di scoprire come quell’oggetto sia finito lì e-»
«D’accordo ti fermerò qui. Perché è davvero interessante e voglio assolutamente leggerlo».
Martin le lancia un sorriso e Wendy vorrebbe uccidersi quando si rende conto di stare arrossendo.
«Come se ci credessi davvero» ripete Wendy, ricevendo un altro sorriso divertito da parte di Martin «Davvero, non- non è nulla di che… Non penso di riuscire mai a pubblicarlo, comunque».
«Chi lo sa. Tu aspetta e spera».
Wendy ricambia automaticamente il sorriso di Martin e con ciò alza la bottiglia di birra contro la sua.
Le due bottiglie si toccano e il suono del tintinnio aleggia nell’aria, un caldo brindisi a quella serata dalla svolta così stranamente piacevole.
 
 
Wendy e Martin finiscono per prendersi un altro Fish & Chips e un altro paio di birre.
Okay, forse più di un semplice paio.
Per la verità finiscono per comprare un paio dopo paio di birre, una bottiglia di vino bianco e, per concludere, una piccola bottiglia di whiskey, giusto per digerire il pasto.
Mangiano e bevono, e bevono e bevono finché non sono entrambi ubriachi fradici e tornano a casa ballando e strillando canzoni in mezzo alle buie strade di Brighton delle due di notte.
Cantano canzoni di vario genere, dalle canzoni pop del momento alle prime ballate di Elton John, fino a decidersi definitivamente sul cantare a squarciagola l’intero repertorio di inni alla Rivolta Irlandese del 1916.
Wendy è felicissima, perché ha finalmente scoperto qualcosa in cui Martin fa veramente schifo, e cioè cantare. Ma al momento non sa nemmeno distinguere le dita delle sue mani da quelle dei piedi, quindi non è esattamente nelle condizioni di giudicare le qualità canore di qualcuno.
Quando finalmente Martin e Wendy riescono a raggiungere la casa dei Forres (dopo un viaggio durato circa quaranta minuti più del previsto, in quanto nessuno dei due aveva la più pallida idea di dove stessero andando), aprono la porta trovandoci nient’altro che un buio silenzioso.
Martin sta ancora cantando a squarciagola una frase di The Foggy Dew quando varcano la porta principale, così Wendy si volta verso di lui e gli intima un rumoroso “sssh!”, continuando tuttavia a ridacchiare.
«Oh, ma tanto a loro mica non importa se canto! Non ve ne importa di nulla, vero?» continua a urlare Martin, ricevendo solo un macabro silenzio, ora che probabilmente i suoi genitori si sono addormentati da un pezzo, senza preoccuparsi di sapere che il figlio stesse bene e fosse tornato a casa incolume. «Visto? Niente di niente»
Wendy continua a ridere ininterrottamente, anche quando lo prende per un polso e inizia a salire le scale sforzandosi di non cadere. Martin si unisce a lei e inizia a ridacchiare, mentre salgono gli scalini ad uno ad uno con la velocità di un bradipo, mettendoci venti minuti per riuscire a salire trenta scalini.
Giusto dieci secondi per aprire la porta ed entrare, e Wendy si lancia immediatamente sul materasso del letto, senza curarsi di Martin, che si getta praticamente addosso a lei, con un braccio a cincerle lo stomaco.
Rimangono così per qualche secondo, con Wendy intrappolata dal braccio di Martin, che è sdraiato a pancia in giù di fianco a lei, cercando di smettere di ridere e di trovare un normale ritmo respiratorio dopo tutti quei minuti passati a sgolarsi cantando.
Wendy tiene il suo sguardo fisso sul soffitto bianco. Non le importa nemmeno che Martin sia abbracciato a lei in questo momento, né che il suo viso sia a pochissimi centimetri di distanza dal suo. Si è divertita con Martin questa sera, lo deve ammettere. Ammette di aver sbagliato tante cose riguardo a lui, di aver sbagliato ad averlo giudicato così negativamente, e che, in fondo, passare del tempo con Martin è anche abbastanza divertente.
Certo, non è che possono già definirsi amici, è ancora un po’ presto per quello, ma Wendy inizia a pensare che, magari col tempo, riuscirebbe davvero a diventare sua amica.
Ormai hanno entrambi finito di ridere da un po’, ora sono fermi immobili sul letto ancora fatto, a godersi i pochi attimi di silenzio.
Improvvisamente Wendy sente Martin muoversi dalla sua posizione. Vede l’uomo sollevarsi leggermente dal materasso, per poterla guardare meglio in faccia.
«Lo sai che mia madre è svedese?» le sussurra, quasi fosse un segreto di stato.
Wendy ci crede dato che ha notato come sua madre, sebbene non sia più tanto giovane, è di certo una bellissima donna, ma scoppia a ridere comunque, per via della totale casualità con cui l’ha detto, al che Martin si sente in dovere di ribadire:
«Lo è davvero! Per questo mio padre l’ha sposata, nonostante abbia vent’anni in meno di lui. Faceva la modella in Svezia. Per questo motivo sono uscito così bello. Ho ereditato i geni belli di famiglia».
«Oh, e anche il narcisismo lo hai ereditato da tua madre o cosa?»
Martin inizia a ridere come se fosse la battuta più divertente che abbia mai sentito e Wendy non può fare a meno di assecondarlo.
Martin si rigetta sul materasso, ponendo questa volta il suo viso a pieno contatto con il collo di Wendy.
«Andiamo, lo so che mi trovi bellissimo» sbiascica a bassa voce Martin, ora che ha il viso incastrato tra le coperte e il collo di Wendy.
«Vero» risponde lei, e con ciò inizia automaticamente ad accarezzare il braccio di Martin che ancora le stringe la vita. Per qualche motivo si sente estremamente a suo agio in quel momento. «Hai delle sopracciglia meravigliose».
«Wow, ho delle belle sopracciglia, che fortuna…» ridacchia Martin, stringendosi sempre di più a lei.
«Scherzi, ma la gente spesso sottovaluta le sopracciglia. Sono un gran pregio fisico invece».
Rimangono ancora in silenzio per un attimo in quella posizione, mentre Wendy continua a spostare la sua mano su e giù lungo il braccio di Martin. Quando non lo sente muoversi per così tanto tempo da convincersi che si è addormentato, Martin improvvisamente si alza e la osserva per qualche secondo.
«Du är söt» dice semplicemente, guardandola sognante.
«Mh?» Wendy alza le sopracciglia confusa, tuttavia mantenendo un sorriso ghiacciato sulle labbra, perché vedere Martin in quello stato, con i capelli scompigliati e un’espressione così felice sulla faccia è talmente piacevole che non ne può fare a meno. «Spero non sia nulla di offensivo…».
Martin continua a ridere e ricade di nuovo sul materasso, vicino al suo viso, continuando a borbottare parole che Wendy non comprende nemmeno.
«Du är så söt» ripete, la voce quasi un bisbiglio, le risate vanno pian piano svanendo, finché non diventano delle confuse parole farfugliate a bassa voce, pronunciate direttamete sul collo di Wendy. «Du är så vacker och så söt».
«D’accordo…».
E Wendy si dimentica improvvisamente della promessa di Martin di lasciarle il letto per stanotte e lascia che si addormenti di fianco a lei, con ancora un braccio legato intorno al suo stomaco. Se ne dimentica e pochi secondi dopo lei e Martin si sono già addormentati, lì sdraiati sul letto ancora fatto e con le scarpe ancora ai piedi.
Tuttavia Wendy pensa di non essersi mai sentita così bene in tutta la sua vita.
 





N.d.A. pt. 2
Scusate, ma dovevo tirarmela un pochino perché sto studiando svedese all'università, ma dato che lo faccio solo da due mesi non è che mi potevo permettere di scrivere chissà cosa, eh eh. In sostanza Martin dice semplicemente "Sei carina. Sei così bella e così carina".
"Söt" è un termine che può significare molte cose, "carino", "adorabile", "dolce"; è una parola che mi piace molto ma non saprei bene come tradurla lol. 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, che il vostro 2018 sia stato un buon anno e auguro un buon 2019 a tutti!!!
Ci rivediamo nel nuovo anno con il prossimo capitolo ;)
Mel.



 
  
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