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Autore: queenjane    04/01/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Comunque, la stagione mondana del 1913, a prescindere dalla solita assenza di Nicola II e dei suoi più intimi famigliari, brillò per sfarzo ed arroganza.  Mia madre Ella partecipò al ballo della principessa Obolenskij ispirato alla mitologia ellenica,  gli ospiti si aggiravano nel magnifico palazzo neoclassico avvolti in tuniche e sandali, mangiando grappoli d’uva e sorbendo i vini provenienti dalla Crimea, mentre la neve cadeva copiosa. Meriel Buchanan, figlia dell’ambasciatore inglese, per il ballo nella loro ambasciata si premurò di creare vari tableaux vivants avente un tema macabro, basti pensare che, tra gli altri, figuravano Barbablù e Jack the Ripper. E la contessa Kleinmichel organizzò una serata di splendide danze in bianco e nero, ove gli ospiti parevano confondersi sullo sfondo dei pavimenti marmorei del suo palazzo, appunto a scacchi, candidi e neri.Fiorivano le danze ed i pettegolezzi, come quello sul famoso Nijinskij, ballerino di punta al teatro Marinskij, che ebbe l’idea di danzare con un costume indossato direttamente sulla pelle, le sue grazie en plein air sotto gli occhi dell’imperatrice madre, che, presente sul palco imperiale, si era fatta dare un binocolo e aveva osservato per un momento o due, salvo allontanarsi in fretta. Il giorno dopo, il ballerino era stato bandito, esautorato dal corpo di ballo. E sapevo, visitando poveri e orfanotrofi, che la situazione era satura, una volta mio zio R-R sbraitò che per ogni poliziotto e per ogni centocinquanta abitanti di Piter vi erano, a voler stare modesti, tre o quattro prostitute, che era incredibile!
Tra un pettegolezzo e l’altro, Olga Romanov annotava che Tanik aveva sempre la febbre alta e il mal di testa, le  tende calate che la luce le dava fastidio, la febbre tifoidea era stata alta e deabilitante. “Aspetta..” “Ho sete.. “ “Ecco qui” porgendole un bicchiere d’acqua con annessa cannuccia, togliendole le ciocche di capelli umidi dalla fronte, scrutava i miei gesti affettuosi con una strana, presciente malinconia. L’imperatrice Alessandra stava molto tempo in poltrona, leggendo e ricamando, ogni tanto infilava un punto e una battuta,  con il senno del poi anche quei momenti sospesi erano un dono, ogni attimo trovava la sua precisa destinazione.
Quando si rialzò, Tanik, appariva più alta e sottile, una vera principessa cigno, la stessa che quattro anni dopo si scioglieva ai sorrisi del mio primogenito, Felipe delle assenze.
Per la malattia, le vennero tagliati i capelli corti, nelle occasioni ufficiali teneva una parrucca, Alexei sosteneva che pareva un paggio o un giovane soldato. Quando fu il mio momento di andarmene, in partenza per la guerra, a mia volta gli tagliai cortissimi, un peso che andava via, una nuova identità che si forgiava.
Il marzo 1913 portò a San Pietroburgo pioggia e foschia, come usuale, la variazione erano rombi di cannoni dalla fortezza dei Santi Pietro e Paolo, oltre che una folla immensa di dignitari russi e stranieri, finanche dall’Asia, che partecipavano all’evento di cui trattasi, ovvero il trecentesimo anno di potere dei Romanov.
La folla attendeva di veder fuggevolmente passare i Romanov che dal Palazzo d’Inverno si recavano alla cattedrale di Nostra Signora di Kazan per il Te Deum.
La città rigurgitava di curiosi, la prospettiva Nevsky era nel caos, tra auto, carrozze, filobus. Le stesse strade erano decorate dei colori imperiali, blu, rosso, bianco, le statue adorne di nastri e ghirlande, ritratti degli zar, dal passato al presente, ornavano le facciate di banche e negozi, sulle linee dei bus vi erano luci elettriche che danzavano intermittenti, sotto la registrazione “ God Save the Tsar” o ritraevano l’aquila bicipite dei Romanov con sotto “ 1613-1913”
Tornando al Te Deum, prima della cerimonia, il presidente della Duma, Rodzjanko, si trovò a dover cacciare Rasputin che si era accomodato  su una delle sedie riservate, senza invito , seguì una patetica scenata, sullo stile del periodo, poi giunse la famiglia imperiale sotto la pioggia e una processione di carrozze,  scarsi gli applausi e poca la folla, curiosa ma non plaudente.
Sfilò la corte, gli zar, le granduchesse, vestite di chiaro, e Aleksej, portato in braccio da un cosacco della guardia, ancora non si reggeva del tutto bene in piedi.
Durante la cerimonia vennero liberate delle colombe che si librarono sopra le teste castane dello zar e di suo figlio, come una benedizione di Dio per la dinastia.
Le fabbriche vennero chiuse, un giorno di vacanza, vennero offerti pasti gratuiti, prigionieri comuni vennero rilasciati per festeggiare l’anniversario.

Alessandra non organizzò balli per l’evento, si limitò  a partecipare a uno dato dalla nobiltà locale nella Sala delle Colonne. Vestita in bianco, coperta di brillanti,  entrò nella sala al braccio del marito, mentre suonava una polacca di Chopin, nessuno pretendeva che danzasse ma nemmeno che la folla la snervasse ed ansiasse fino al punto di un brusco ritiro, prima di svenire tra le braccia dello zar.
Una povera isterica, come sempre, chiosò la zarina madre, mentre Olga danzava, libera e leggera, di nuovo vestita di rosa come a Livadia, i suoi cugini e gli altri facevano a gara per avere un giro con lei, sei bellissima, le dissi, ed era vero, era la manifestazione della gioia di vivere, una primavera personificata. La stella della serata.
E Alix fece l’ennesima figura da arrogante e fredda, quando accompagnò lo zar al teatro Marinsky a vedere l’opera di Glinka “A Life for the Tsar” su Michele I, appunto, il primo imperatore della dinastia.
Alessio indossava l’uniforme del suo reggimento di cavalleria, tutto scarlatto e dorato, il monogramma H II sul colletto, H l’iniziale di Nicola, lo zar,in cirillico,  il solito cosacco lo aveva portato in braccio dalla carrozza al palco, Olga e le sue sorelle erano vestite di chiari colori, perle su gola e orecchie, la fascia  rossa dell’ordine di Santa Caterina di traverso sul petto, costellata di diamanti che rilucevano ad ogni respiro, parevano fate divenute reali.  
Quando cantarono l’inno nazionale, tutti gli spettatori si levarono in piedi, un omaggio bello e semplice, al presente, allo zar e al suo erede, al passato e ai fasti che rappresentavano .
E il ballo e l’opera, ballava Matilde K., amata ed amante dello zar prima delle nozze con la tedesca, la Nemka che aveva recato solo sfortuna e malaugurio.
Alessandra,  era vestita di velluto bianco e diamanti, il nastro blu dell’ordine di Sant’Andrea disposto in diagonale sul petto, il ventaglio di bianche piume d’aquila che faceva vento alle sue chiazze rosse sulla pelle, il respiro affannoso,  in imbarazzo, come al solito e sempre nelle occasioni ufficiali, la gente notò come si ritirasse, dopo un cenno all’imperatore. Un’ondata di risentimento percosse il teatro quando la zarina scomparve dietro le tende di pesante velluto scarlatto, neanche in quella occasione si degnava di fare il suo dovere di sovrana.
Olga si sentì in imbarazzo e si vergognò per lei, sua madre  aveva timore del mondo e lanciava i suoi figli contro il mondo, che odiosa mistura, scrutò i palchi damascati, i brusii, cercò gli occhi di Catherine, appostata nel palco dei principi Raulov, con i suoi genitori, lui svagato, Ella che sorrideva indefinita, le  iridi scure come onice fisse contro le sue, di zaffiro, come quelle della sua amica, che si inchinava, leggera come una danzatrice.
FORZA.
CORAGGIO.
Dio salvi lo zar,
maestoso e potente, 
possa Egli regnare per la nostra gloria, 
e far tremare i nostri nemici.
“PHOENIX che ti reinventi sempre, Cat”
“Benissimo, mio caro feniciotto” sorrise alla battuta.
“Bene, Felipe, Leon, come sapete io sono nata in Russia.. e Felipe è nato al Palazzo di Alessandro, nel giugno 1917, la ragazza che lo tiene in braccio è..”
“La principessa cigno, Tatiana, detta Tanik” sfiorai  quelle foto, vi era racchiuso un mondo, un immenso, profondo legame.
 
Luois mi aveva fatto la sua proposta di matrimonio, io lo avevo accettato, ci eravamo fidanzati e sposati a stretto giro, poche, intense settimane prima delle nozze nel giugno 1913. Quello che ad Olga non era andato giù era stato il fatto compiuto, che non avessi tirato fuori un solo fiato, una decisione importante e io tacevo .. che dire della litigata epica, tremenda che avevo avuto con mia madre? Ho brividi anche adesso a ripensarci.
   
 
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