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Autore: queenjane    07/01/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Ancora rievocavo quei giorni del 1913.

 
“Ciao ragazzi, ci vediamo dopo tanto” ero passata da Peter Hof, la residenza imperiale per l’estate sul golfo di Finlandia, un pomeriggio di quel 1913, eravamo a metà maggio, le rose e i lillà fiorivano, esatti, precisi, erano rientrati dal pellegrinaggio commemorativo in onore di Michele I, risalendo in battello il fiume Volga, erano stati a Mosca, ora era il momento di una relativa quiete.
“Salvo nuove, sì, Catherine” Olga compì il gesto di darmi un bacio formale, a mezz’aria, senza toccarmi, guancia e braccia sospese, non mi sfiorava dall’annuncio del fidanzamento e del prossimo matrimonio. Nella forma era lieta per me, nella sostanza mi avrebbe messo all’angolo e scossa per le spalle, per capire, quella  rivelazione non le tornava.
Ma lei non doveva conoscere la mia disperazione, il senso di egoismo  ed impotenza, scelsi la comoda via di tacere, sul momento mi conveniva.
“Salvo nuove?”
“.. dopo il pellegrinaggio fluviale, siamo stati a Livadia” ricordai passeggiate sulla spiaggia, il suo braccio contro il mio, risate, ore dorate che non sarebbero più tornate, scherzi e risate durante una partita a tennis, una cavalcata.. le ore a discutere su Ulisse e Achille
“Vero, io dietro al matrimonio.. ogni giorno ne spunta una”
“Presumo,  e dopo la luna di miele dove contate di stabilirvi?”
“Parigi.. Luois è nato là, il suo incarico sta scadendo” avessi voluto, avessi chiesto allo zar che avrebbe richiesto a chi di competenza glielo avrebbero prorogato e non volevo, avevo chiesto di sposarlo e tanto era, Luois si sarebbe costruito la sua carriera per i talenti, non per i buoni uffici della sua fidanzata, non mi sposava per interesse di carriera.
“Ah..” e me ne andavo, e tanto, la voglia di sussurrare “Olga” e stare con lei non mi era passata, e viceversa, solo una smarrita intuizione.  Sbiancò leggermente, si riprese e rilevò che a  maggio si sposava la figlia del Kaiser tedesco, a giugno io, era l’anno dei matrimoni, poi ”Scusami, io devo andare a ..” generica e fece per allontanarsi.
“Olga..”  a bassa voce
“Catherine.” Mi girai svelta e lei aveva già cambiato espressione, e aveva sussurrato il mio nome, io il suo.
E tanto ero troppo avanti, non si poteva tornare indietro.  Mi appiccicai addosso un sorriso  e proseguii, lo zarevic mi era saltato tra le braccia.  “Cat, fammi un sorriso vero !! sei troppo tirata!”mi  scoccò un bacio e mi portò ad ammirare le rose bianche, un perfetto e candido tripudio.
 
Il grande evento regale del 1913 dell’Europa  fu il matrimonio a Berlino della figlia di Guglielmo II, imperatore di Germania, con il principe di Hannover, il 22 maggio. La città rutilava di bandiere, stendardi e pavesi, la stazione ferroviaria dove giungevano i vari sovrani era presidiata come un campo militare, da soldati  e agenti in borghese, per tema di attentati.
Il banchetto di Stato fu allietato da 250 ospiti, tra uniformi e gioielli era tutto un grande, immenso scintillio.
Il Kaiser, Guglielmo, in uniforme di gala da dragone reale inglese, l’ordine russo di Sant’Andrea di traverso sul petto, dava il braccio alla regina Mary d’Inghilterra, seguiva re Giorgio V, in uniforme da colonnello dei dragoni prussiani, conduceva la moglie del Kaiser. Lo zar, pure lui nell’uniforme di colonnello dei dragoni prussiani con l’ordine dell’Aquila nera degli Hohenzollen, dava il braccio alla zia del Kaiser, mentre Alessandra seguiva accompagnata dal principe ereditario tedesco, Guglielmo, alias “Piccolo Willy”
festeggiamenti mascheravano la tensione, le danze il nervosismo, le candele nei lampadari di cristallo balenavano nei preziosi intarsi dei mobili e sui monili, un ultimo palpito di luce prima che scoppiasse la catastrofe.
Che l’anno dopo il mondo era in guerra, scoppiava il primo conflitto mondiale.
 E mi sono sposata IO nel mese di giugno 1913 a Peter Hof, con Luois, mie damigelle le granduchesse, invitati gli zar e la zarina madre e molti altri.
Usammo la cappella reale, sotto le volte immense, tra le lesene dorate e fiori a profusione.
Alix sorrideva, era tranquilla e a suo agio, quel giorno non lamentava alcun malanno,  mi sposavo e andavo via, regalo migliore non potevo farle.
Mio fratello Alexander portò il cuscinetto delle fedi senza inciampare, serio e compito, mia madre pianse per buona parte della cerimonia, in modo composto, era commossa.
Infine, era stata migliore di me, mi aveva lasciato andare, aveva voluto che mi sposassi per amore.
Alexei glielo aveva raccontato come una specie di favola amara, una fiaba al rovescio, i miei bambini, sul momento, erano pronti per quello, il seguito, i particolari li avrebbero appresi in maggior dettaglio man mano che crescevano.
“Un eroe.. come lo definisci?”chiese Felipe. La guerra e il cosiddetto eroismo, episodi talmente distanti dalla nostra quotidianità che pareva una leggenda, eppure era così vera.
“Un lottatore, uno che non molla mai” e indicai Alexei.
“Una fenice, i cui difetti sono compensati dalle qualità”indicando me, prendendomi una mano.
%%%%%%
Tu sei stato e sei la mia vita Andres, di nulla mi pento.
Il desiderio, rotto, disperato, nelle ossa, suntuoso e splendido come i giardini pensili di Babilonia.
Le  labbra dove il collo si congiunge al petto, mi scopro sensitiva, i pori dilatati.
Sempre noi  torniamo, dopo l’esilio.
Sono passati gli anni,non invano
Sono io la tua casa, lo sai, my love,  fovever beloved.
... you are my life ...
Dalla prima giovinezza e il suo splendore, eccoci approdati a questa età di leggenda, il mondo ancora ci appartiene,  ti amerò in questa vita e  in quelle che verranno, mortali ed imperfetti, per sempre noi.
Ed eravamo meravigliosamente, gloriosamente vivi.
Le  mani  piene, il  cuore colmo ..
Il mio picador.
Eroe della Calle Mayor..
Che una volta, durante un’azione, era stato colpito e mi narrò di avere perso per una manciata di secondi l’obiettivo, che aveva pensato alla famiglia, che poteva pure morire, un istante eterno e poi era tornato in sé, l’unico pensiero diventa la missione assegnata e la sicurezza dei tuoi compagni. “Così ho cominciato a sparare”la sua conclusione e quindi si chiedeva perché lo considerassero un prode.
Eri Ares, il dio della guerra, Andres, come Alexei, ognuno a suo modo.
E nell’autunno del 1926  realizzai di essere di nuovo incinta.
Andres, il mio portentoso eroe di cui sopra, rimase basito.
Io di più.
“Come è successo?”
“Secondo te, Fuentes?” ironica.
E ridemmo entrambi.
“Quando …?”
“Durante il  pellegrinaggio” a Santiago, avevo fatto quel  voto , se Alexei passava quella crisi avrei compiuto  quel viaggio. Avevo giurato sulla mia testa e, comunque, nemmeno di riflesso avrei scherzato sulla sua salute.  Lui era rimasto basito “Ma sei  seria?” scrutandomi come se fossi IO a stare male “Certo” senza ribattere che ero agnostica, alla lunga, per dire atea, che, prima del matrimonio con Andres mi ero convertita al cattolicesimo senza se o ma, che la madre di un principe Fuentes deve seguire quel credo, Felipe e Leon erano stati battezzati il prima possibile “Mah”  A messa ci andavo molto poco, anche se ogni tanto mi raccoglievo a meditare o pregare nella cappella del castello,  l’ultima volta che mi ero confessata era stata .. boh.. manco lo ricordavo.   Andres era molto più ligio di me, in quell’ambito, prima della Pasqua si confessava sempre, seguendo i precetti di Santa Romana Chiesa, di cui al concilio di Nicea, andava a messa almeno tre o quattro volte al mese, io giusto per Pasqua e Natale, oltre che ad una speciale commemorazione alla cappella votiva che avevo fatto costruire in onore dei Romanov, il 17 luglio si celebrava.  Che, molto in fondo, ero convinta che, se Dio esisteva avrebbe certo accolto Olga e i suoi, anche se le preghiere e le messe erano celebrate secondo il rito cattolico, Dio non doveva conoscere quelle differenze, no?. Ergo, ero andata in pellegrinaggio, a piedi, partendo dalla città di Leon, per giungere in loco erano 340 chilometri, percorsi in 15 giorni. “Non esageriamo  mujer, va bene, non possiamo partire da Ahumada a piedi, ci vorrebbero un paio d’anni” aveva decretato Andres, quella città era parte del cammino e non era scritto da punte parti che dovessi fare migliaia di chilometri. Alexei aveva glissato ogni commento o rilievo, realizzando che ero seria, era rimasto ad Ahumada con i ragazzi, Andres mi aveva accompagnato. Ognuno nei suoi silenzi aveva percorso il cammino, meditando. Per lui era un rendez-vous, posto che lo aveva compiuto circa un quarto di secolo prima, poco più che diciottenne, dopo le sue tragiche perdite, sua moglie e suo figlio Xavier.
 I cieli della mia Spagna, andando a Santiago, con Marianna, mia sorella, allora eravamo  io e lei, da soli, osservava, a piedi, pellegrini tra  i pellegrini, parlando ben poco. Lei era la sua migliore amica, si sentiva in colpa, doveva guardarci no.. Come no. La sentivo piangere, notte dopo notte, alla fine ero ben ubriaco quando le ho ingiunto di piantarla. Se ce l’hai con Enrique, io non sono da meno, che .. E mi aveva tirato addosso una brocca d’acqua, guardati, Andres, fai schifo, Isabel non avrebbe mai voluto vederti così… Io sono vivo e lei è morta, fine, come mio figlio .. Poi ci siamo messi a ridere, che scena ridicola, lei in versione leonessa con quella brocca in mano, scalza, io bagnato come un pulcino.. Se serve a farti sentire meglio, rompimi le ossa e i denti.. E che sei impazzita, Marianna, come quella volta che sei sgusciata a cercare un gruppetto che si era perso nei valichi, manca poco ti assideri.. Basta, Andres, per entrambi. Non fa il nostro bene.. Aveva ritrovato da poco Raul, suo futuro marito, marchese di Cepeuda, lo aveva conosciuto quando era solo un ragazzetto di dieci anni e .. In sintesi, era innamorata, ricambiata, e si sentiva in colpa, che le pareva un affronto.. Come no, come se lei non dovesse più provare nulla, essere una fredda pietra, era sempre viva e doveva iniziare a stare bene di nuovo.. E TU NO, Andres..? Io.. Io pensavo di avere finito, il mio dolore troppo grande e la mia casa troppo piccola.
Ero finito in Russia, senso di colpa, voglia di avventure e oblio mi avevano recato un esilio semi volontario, amaro, a leghe, migliaia di leghe di distanza, per mia volontà.
Diventai un eroe, un titano, sempre infiammato dalla corrosiva sensazione di essere vivo e respirare. La Russia il mio altrove, incarnato alla fine da Catherine e tutti i guai e le tragedie e le avventure che passammo assieme.
Che, alla tenera età di 43 anni compiuti, 44 a gennaio, diventassi di nuovo padre mi pareva una colossale barzelletta od uno dei suoi scherzi. E, insieme, mi sentivo rigoglioso, potente, un maturo leone che aveva fatto il suo con la sua amata leonessa, come ironizzava lei.
“Come è successo?”dopo che glielo chiesi mi sentii un perfetto allocco. Lei evitò una battutaccia, si limitò a enunciare “Secondo te?”. Forse, e dico forse, eravamo io e lei soli, senza nessun altro, una specie di seconda luna di miele “Magari sarà una bambina” tirando a indovinare ..
Come no, Fuentes, come no.
Ormai eravamo rientrati in produzione.
ARGH..  
Se non altro, gravidanza o meno, continuammo a intrattenerci in privato, a ridere ed essere felici.
 
1927 .. era il nostro terzo maschio, Juan.
Per gioco o sul serio, Andres mi promise una figlia, ci impegnammo in quel grato compito.
   
 
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