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Autore: heliodor    07/01/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non sei un elfo

 
Il quartiere dei templi era, come diceva il nome, il luogo più sacro di Malinor. E sembrava quello messo peggio.
Palazzi in rovina, parchi abbandonati dove le piante crescevano selvagge, mendicanti a ogni angolo della strada e facce che la fissavano ostili.
C'erano poche case abitate e il resto sembrava abbandonato al suo destino. All'ingresso di un palazzo di due piani vide un uomo che giaceva a terra, vivo o morto non lo sapeva dire.
Un ragazzino vestito di stracci gli si avvicinò furtivo e gli diede un calcetto. Quindi, notando che l'uomo non reagiva, gliene diede un altro più deciso.
Anche stavolta non ci fu alcuna reazione.
Allora il ragazzino si gettò sull'uomo disteso e iniziò a frugargli nelle tasche.
"Che accidenti stai facendo?" fece un uomo dai capelli neri e lucidi che indossava un abito sudicio e sbrindellato.
Joyce sobbalzò cedendo che ce l'avesse con lei, ma il nuovo arrivato marciò verso il ragazzino e lo afferrò per la collottola.
Questi lottò scalciando e dimenandosi, ma l'uomo lo scaraventò via come se pesasse pochi chili.
E, a giudicare dalle ossa del costato che si intravedevano sotto il vestito strappato, non doveva esserci molta carne su di esse.
Il ragazzino atterrò e rotolò sul fianco.
"Vai via" ringhiò l'uomo.
Per fortuna c'è qualcuno che fa rispettare le leggi, pensò Joyce.
L'uomo si chinò su quello disteso e cominciò a frugargli nelle tasche. "Vediamo che cos'ha questo qui che mi può essere utile. Oggi mi sento proprio fortunato."
Joyce si rivolse al ragazzino. "Scusami..."
Lui si voltò di scatto e corse via, sparendo dietro un angolo.
Due preti vestiti col saio nero dei monaci del Culto si fermarono all'angolo con una strada perpendicolare. Dopo aver gettato una rapida occhiata a quello che stava accadendo, si voltarono e andarono nella direzione opposta.
Joyce lottò con se stessa per non intervenire. Qualcosa le diceva che quello che stava facendo era sbagliata, ma al tempo stesso non voleva cacciarsi in qualche guaio.
A volte fare la cosa giusta voleva dire fare quella sbagliata.
Lo aveva imparato a Theroda e a Luska e non voleva commettere lo stesso errore, specie se poi era qualcun altro a dover pagare al posto suo.
Serrò i pugni e proseguì per la sua strada.
Adocchiò una donna che sostava sull'ingresso di un portone e guardava annoiata la strada.
"Mi perdoni" esordì Joyce.
Lei la guardò come se fosse appena arrivata in volo. "Che vuoi, ragazzina? Non lo vedi che ho da fare?"
Joyce si guardò attorno. "Sto cercando una persona."
"Io non ne so niente. E se stai per caso cercando un certo Alel, ne so ancora meno."
"In verità vorrei sapere dove vive l'erudito Halux."
"Chi? Il pazzo che va in giro parlando della fine del mondo e degli elfi cattivi che conquisteranno le nostre città e ci succhieranno il sangue?"
"Non so niente di tutto questo."
"E continua a non saperne niente, ragazzina."
"Può dirmi dove abita?"
"Dipende." La donna allungò una mano.
Joyce, per prudenza, aveva infilato tre monete nella tasca. Dopo la disavventura con i briganti, le sembrava più prudente non mettere in mostra la borsa col denaro.
Ne prese una e gliela porse.
La donna l'afferrò con sospetto. "È argento vero?"
"Puoi fidarti" disse. "Dove abita Halux?"
"Vai avanti per questa strada. Quando trovi una piazza con la fontana del delfino, prendi la via a destra e prosegui finché non superi tre templi abbandonati."
Joyce seguì le sue indicazioni e si ritrovò in una zona ancora più povera e abbandonata. La maggior parte delle case sembrava abbandonata e sul punto di crollare.
Tutte tranne una che invece era in condizioni discrete.
Una ragazza dai capelli ricci simili a un cespuglio e la pelle color nocciola stava spazzando l'uscio con una scopa.
"Mi perdoni?" fece Joyce avvicinandosi.
La ragazza le rivolse un'occhiata spaventata. "Sono già passati" disse con tono urgente.
"Chi?"
"Quelli che prendono la tassa. Gli uomini di Alel."
"Non so chi sia" disse Joyce.
"Allora lavori per Dini?"
Joyce scosse la testa.
"Uzian? Sei della sua banda? Lei manda spesso le ragazzine a riscuotere la tassa, ma qui non siamo nel suo territorio."
"Mi chiamo Sibyl" disse Joyce con tono calmo. "E non conosco le persone di cui parli."
"E allora che vuoi?"
"Sto cercando Halux l'erudito."
"Gera" gridò la ragazza all'indirizzo del portone. "Gera, viani qui. Ti vogliono."
"Chi?" domandò una voce dall'interno.
"E che ne so? Forse è una cliente."
Rumore di passi affrettati.
Dal portone emerse la persona più alta e magra che Joyce avesse mai visto. Era così alto che dovette chinarsi per non sbattere con la testa sotto l'architrave.
"Una cliente" disse il nuovo arrivato. Guardò in basso. "È lei?" domandò deluso.
"Ha chiesto di te" disse la ragazza riccioluta.
"Io sono Sibyl" disse Joyce. "E..."
Halux l'afferrò per il braccio e la trascinò dentro la casa.
"Aspetta" disse Joyce puntando i piedi.
"Silenzio" fece Halux. "Prima devo sapere una cosa."
Joyce si divincolò dalla stretta. "Non provarci mai più o..."
"Le tue orecchie" disse l'uomo. "Mostramele."
Joyce si accigliò. "Come, prego?"
"Le tue orecchie" ripeté l'uomo.
"Perché vuoi vederle?"
"Fallo e basta" disse lui con tono urgente.
"Poi ascolterai quello che ho da dirti?"
"Sì, sì, ma adesso fammele vedere."
Joyce spostò i capelli da un lato.
Halux si chinò in avanti per esaminarla. "Anche l'altra."
Joyce ripeté l'operazione.
Halux annuì deciso. "Le proporzioni sono normali" disse mettendosi un dito sul labbro superiore. "Non sei un elfo."
"Come?"
"Gli elfi, signorina" disse Halux voltandole le spalle. "Hanno tutti le orecchie appuntite." Quando si voltò, reggeva un libro tra le mani.
Le pagine ingiallite e consumate mostravano l'immagine di un ragazzino esile e slanciato, con lunghi capelli dorati e due orecchie appuntite che spuntavano da sotto di essi.
Joyce ebbe appena il tempo di esaminare la figura prima che Halux richiudesse il libro e lo mettesse via.
Solo allora Joyce notò gli scaffali pieni di tomi polverosi e pergamene gettate alla rinfusa. Negli angoli della stanza erano ammonticchiate pile di libri e sull'unico tavolo erano sparsi libri aperti e fogli pieni di una scrittura minuta e regolare.
"Gli elfi?" chiese Joyce.
Halux annuì. "Sì, proprio loro, li hai presenti? Sembrano dei ragazzini, sono più bassi di una persona normale e più esili, ma forti e crudeli. Abilissimi in battaglia e nel tiro con l'arco."
Joyce aveva letto degli elfi nei libri d'avventura e nelle favole per bambini. Erano sempre cattivi e dispettosi e rapivano i bambini per portarli nelle foreste dove vivevano.
La Maledizione degli Elfi era uno dei primi libri di Adenora Stennig che aveva letto. Lì Golan il Cavaliere Scintillante viaggiava nel cuore della Foresta Nera per riportare a casa la principessa Ramai dopo che il re degli elfi l'aveva rapita per farla sua schiava.
Era un racconto semplice e divertente ma con parecchie lacune. Non il migliore della Stennig, persino lei doveva ammetterlo.
"Gli elfi non esistono" disse Joyce.
Halux la fissò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere. "Questo è quello che vogliono farti credere."
"Chi?"
"Gli elfi. I maghi supremi. Tutti, insomma" rispose l'erudito.
Joyce scosse la testa. "Sei tu Gera Halux?"
"Può darsi. Dipende" rispose lui. "Chi ti ha detto che ero qui?"
"Un erudito di nome Zeeva."
"Erudito. Ah" fece Halux. "È stato lui a dirti che è un erudito?"
"No, ma..."
"Perché non lo è. Zeeva è solo un misero inserviente che lavora all'accademia. Ma quante arie che si da."
Halux cominciò a cercare qualcosa tra i libri allineati su di uno scaffale.
"Talita di Berger mi ha detto di venire da te."
Halux si fermò. "Talita, hai detto?"
"Sì."
"Proprio quella Talita di Berger, l'erudita?"
"Proprio lei."
"E che vuole da me?"
"Mi ha detto che sei il maggior esperto di Bellir."
"Ah" esclamò Halux voltandosi. "Bellir. Che ha di tanto interessante quell'impostore?"
"Lui era un eroe" disse Joyce. "Ha sconfitto Malag."
"Ti consiglio di non dirlo ad alta voce mentre sei a Malinor. Qui Bellir non gode di molta simpatia. Che vuoi sapere di lui?"
"Tutto quello che puoi dirmi."
"Sei venuta nel posto sbagliato. Io non ne so niente."
"Ma Talita ha detto..."
"Talita ti ha mentito. O non ti ha detto come stanno veramente le cose."
"Ma io ho bisogno di sapere" disse Joyce.
"Cosa?" fece Halux spazientito. "Cosa vuoi sapere con esattezza?"
"Bellir ha sconfitto Malag" disse Joyce. "Come c'è riuscito?"
"Con la sua spada magica e l'armatura forgiata dai nani. Lo sanno tutti."
"Io ho trovato la sua spada."
Halux rise. "E io la sua armatura. Evviva, possiamo mettere fine a questa guerra."
"Presto lo verrai a sapere anche tu. Ormai la notizia di Adler dovrebbe essere arrivata a Malinor" disse Joyce.
"Adler? Che c'entra quell'idiota?"
"Tu lo conosci?"
"Sfortunatamente sì" rispose Halux. Sedette su una sedia di legno sgangherata. "Una volta è venuto qui a Malinor e ha preteso di parlare con gli eruditi dell'accademia. Sosteneva, come stai facendo tu, che le mitiche armi di Bellir fossero esistite davvero e che noi avremmo dovuto dargli tutte le informazioni che avevamo su di esse."
"E lo avete fatto?" chiese Joyce.
"Certo" disse Halux. "Gli abbiamo detto tutto quello che sapevamo al riguardo."
"Cosa?"
"Che è una sonora sciocchezza. Una favola per bambini, a voler essere buoni."
"Quindi Bellir non ha mai affrontato Malag?"
"Certo che sì" disse Halux. "Ma non ha usato armi magiche o armature incantate."

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