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Autore: Duncneyforever    10/01/2019    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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Lui vuole essere odiato. 

Poteva avere di più dalla vita, comportarsi diversamente, ma non gli è mai interessato suscitare in altri sentimento che non fosse odio. 

Aveva iniziato a trattarmi in malo modo ancor prima dalla comparsa di Reiner, tuttavia, non intende ammetterlo. 

Gli mancavo di rispetto.

Non è questa la verità. 

Lui mancava di rispetto a me. 

Rüdiger non aveva reali motivi per denigrarmi, poiché la sua era, ed è sempre stata, pura cattiveria.

Mi ruota attorno come un predatore, studiandomi, andando in visibilio nel vedermi vittima. 

- Sei corsa da me appena hai potuto... E poi sarei io il masochista. - 

- Tu mi stavi aspettando però - lo colgo sul fatto, smascherandolo. 

- Se non fosse stato per Von Hebel, avrei ottenuto esattamente ciò che mi ero prefissato di ricevere. - Sale sulla scrivania con le ginocchia, facendo piazza pulita delle scartoffie impilate sulla superficie. - Duca dei miei coglioni. - Sbuffa, tirandomi vicina prima che potessi allontanarmi. 

- Hai scelto di dichiararci guerra. - Espiro nel sentire il suo fiato da fumatore incallito sul collo e incasso la testa tra le clavicole per evitare i suoi succhiotti dolorosi. Come un pupazzetto, mi trascina sulla scrivania, saltandomi addosso. 

- Tu credi veramente che ti vorrebbe ancora, se sapesse di Roma? - Gracchia, piegandosi sul mio corpo, immobilizzandomi con le ginocchia. 

- Lui lo sa già. - Sbroglio una gamba dalla sua morsa, tentando di colpirlo nei bassifondi con una ginocchiata. Lui, nel frattempo, si diverte, evitandolo e riportandomi la coscia sul piano, schiacciandola con violenza. 

Ansimo per il dolore, muovendomi il più possibile per cercare di disarcionarlo.

- E, sentiamo, cosa gli avresti detto? Che ti ho costretta con la forza? No bimba, tu hai goduto per me e avresti goduto ancora di più se mi avessi lasciato fare. - Si sdraia comodamente sul mio corpo, bloccandomi i polsi con una mano e tappandomi la bocca con l'altra. - Accorrerebbe in tuo aiuto se gridassi e noi non vogliamo che ci interrompa, giusto? - Mugugno contro le sue dita e mi ritraggo schifata al sentire la sua lingua scorrermi sul collo. - Tempo fa ti sarebbe piaciuto. - Si stacca, stringendomi il seno da sopra i vestiti. 

Mi lascia libere le mani, forse volutamente ed io lo schiaffeggio, mordendogli le dita, obbligandolo a lasciarmi andare. 

- La mia bella tigre... Così feroce! - 

Sadico del cazzo! Lo fa apposta! 

Come si può volere anche il proprio male? 

Nonostante possa permettermi di urlare, mi nego a farlo, tenendo a risolvere la situazione da me.

Velocissimo, mi agguanta per i fianchi, rovesciandomi per terra. 

- Io ti avevo avvertita. - Mi dice, vedendomi strisciare sul pavimento come un verme. Si siede sulla parte inferiore del mio tronco, asserragliandomi, facendomi urtare il pavimento con le ossa del bacino.

Chiamare Reiner inizia a sembrarmi davvero l'unica soluzione...

Poi, però, come in un flash, rivivo il momento preciso in cui, a Roma, mi confessò di essere titubante riguardo al futuro: 

" du bist eine Droge, da ist weil ich dich aus dem Weg gehe. / Sei una droga, per questo ti sto alla larga. Diciamo che ho paura di cosa potrei farti se ti stessi più vicino. E di cosa potrei provare. "

" Perché, cosa potresti provare? "

" Più di quanto tu non mi creda capace, Italienerin... "

" ... Molto di più. "

Quel giorno, pensai che intendesse amore quando, invece, parlava di abusi e di violenza. 

Il giorno seguente, lo morsi: lo feci per difendermi e lui si eccitò quando vide il sangue colargli lungo i polsi. 

Era il preludio della nostra fine ma, questo, non potevo ancora saperlo. 

Pianto i palmi per terra, sollevandomi a fatica; dopodiché mi volto, di scatto, guardandolo negli occhi blu, profondi, imperturbabili. 

Un'occhiata piena di significato, consapevole che il suo bisogno compulsivo di ferire provenga da un grido di dolore che aveva levato in silenzio, ferito a sua volta nell'intimità. 

Dolore e piacere in lui si fondono insieme per assumere una nuova connotazione. 

Era la mia vicinanza a ferirlo, a scatenare in lui la bestia, ma Rudy, travolto dalla lussuria, non ha saputo respingermi prima che fosse troppo tardi. 

È probabile che non intendesse farmi del male, benché ora sostenga fermamente il contrario. 

Sapeva che quell'interesse immorale si sarebbe trasformato in tormento, se avessi alimentato in lui il desiderio di avermi. 

In un lampo di lucidità, rivolge uno sguardo colpevole alla figura minuta che sta opprimendo, mettendo da parte il suo appetito di carattere prettamente carnale. 

- Perchè piangi adesso? - 

- Piango per te. Ti vedo peggiorato negli ultimi tempi... Cosa hai intenzione di diventare? Sei già un mostro. - Lui preme sull'anello osseo, spietato, facendomi colare una lacrima sul viso. 

- Risparmia il fiato. Non mi farò abbindolare come Von Hebel. Pagherai per avermi insidiato con i tuoi modi da agnellino innocente e con il corpo da puttana che ti ostini a tenermi nascosto. Risparmia le tue energie per combattermi, piuttosto che celarmi ciò che ho già visto. -

- Rudy, io non ti ho fatto nulla. - Dalla posizione in cui siede gli è facile abbassarmi i pantaloni, il tanto che basta per scoprire il fondoschiena. 

- Tu mi hai gettato nell'abisso di un pensiero fisso; te, maledetta, te! Se voglio raggiungere la condizione ideale di perfezione, devo sbarazzarmi di ogni sentimento che non sia tra i più primitivi. La morte è una macchina: le sue azioni non sono influenzate da alcunché e così voglio essere anche io, impassibile ad ogni cosa. Tu sei un veleno per la mia vita; ti piegherai e ti farai scopare da brava bambina finché ne avrò voglia e, quando mi sarò stancato di te, sarò finalmente libero da vincoli e tu sparirai per sempre dalla mia vista. E dalla mia testa. - Armeggia con la cinta, sfilandosela di colpo. Girata, con il viso a terra, il rumore è quello di una spada sguainata: io sobbalzo, voltandomi verso di lui; lo vedo brandire la cinta, alzarla verso l'alto e farla ricadere giù, sulla mia schiena, brutale come forse mai era stato. 

Trattengo a stento le lacrime, ripiegando la testa contro il petto. 

- Urla - mi intima, preparandosi a colpire di nuovo. 

- Non voglio. - 

- Urla! - Si distende, fasciandomi il collo con l'avambraccio; intrufola la mano sotto la maglia, oltre la biancheria. - Mostra al tuo Reiner quanto ci divertiamo in sua assenza... - 

Può farmi ciò che vuole, io non mi arrendo. 

Desidero contrattaccare, ma temo la sua cinghia, per cui rifletto attentamente sulle varie possibilità: se mi ribellassi, la sua smania accrescerebbe e reagirebbe di conseguenza, punendomi. Se lo assecondassi, lui si deconcentrerebbe, ma diverrebbe solo più spietato. 

Opto per la seconda, pregando di riuscire a prendere tempo. 

Fingo di volermi rialzare, facendogli strusciare la patta dei pantaloni sulle natiche. 

Lui si irrigidisce e, ammaliato dal movimento sinuoso del mio bacino, abbassa la guardia; io mi rigiro in fretta dall'altra parte; la follia nei suoi occhi si dissolve, non lasciando altro che amarezza sul suo viso madido, contratto dalla rabbia. 

Potevo scappare.

Il solo problema, è che non sono più una codarda. 

Lo affronterò; dovesse prendermi a scudisciate fin quando non gli cadranno giù le braccia per la stanchezza.

- Oh, dev'essere frustrante! - Gongolo, massaggiandogli quella zona sensibile con la caviglia. - Ti credi un vero " spaccacuori " Rüdiger, ma sei un uomo come tutti gli altri. Se io ti seduco, tu cadi. - 

- Non provocarmi - si scosta di malavoglia, allontanandosi. - Il tuo momento verrà, ragazzina. Quando meno te lo aspetterai. - 

- Avresti potuto essere migliore di così, invece hai deciso di deludermi. - Mi sonda dall'alto, rassettandosi le braghe. 

La vita è bizzarra: ad occhio esterno, la situazione appare controversa; io sdraiata, con il seno scoperto e i jeans arrotolati al ginocchio, lui in piedi, completamente vestito... Si potrebbe pensare che sia in procinto di abbandonare l'ennesima conquista quando, invece, i nostri dissidi non riguardano nulla che coinvolga la sfera sentimentale, ad eccezione della sua inguaribile gelosia. 

Raddrizzo la coppa del reggiseno, spingendola all'interno della maglia, dove dovrebbe stare. 

Tiro su anche i pantaloni, alzandomi da terra.

- So che non hai ucciso tu Friederick. - È sul punto di infilare la cintura tra i passanti, tuttavia, si ferma, stringendola nel pugno. - Non intenzionalmente, perlomeno. - 

- Ti sbagli. - 

- Sei un meraviglioso bugiardo, Rudy, però i tuoi occhi mentivano. Mi hai confessato il falso... Ci ho messo un po' per capirlo. - Mi siedo su quella stessa scrivania, accavallando elegantemente le gambe. Il colonnello si ravviva il ciuffo, deviando lo sguardo. 

Nasconde per un attimo gli occhi rilucenti della belva, infiammandoli di colpo; un guizzo blu attraversa sottili filamenti rossi. La bellezza nel buio vertiginoso della morte. 

- Secondo me sei invidioso. - È richiamato a me, spinto da una curiosità che potrebbe essergli letale. 

- Perchè dovrei esserlo? - 

- Perchè Reiner è amato. - 

- L'amore non mi interessa. Nè quello di altre, nè tantomeno il tuo. - Le sue labbra premono sulla mia guancia, scorrendo fino all'estremità della bocca. 

Un formicolio percorre le mie braccia, mi fa agitare le mani e ritrarre il viso contaminato dal suo passaggio. 

Strofino la guancia contro la sua, in un gesto involontario e Rüdiger, a contatto con la mia pelle, indugia, ricercando le mie labbra. 

Io mi sposto, rapidissima, e punto alla gola, baciandogli la cicatrice. 

- Se fossi stato amato di più, a quest'ora non saresti così odioso. - 

Dice di aver bisogno di alcol.

Una scusa per dileguarsi. 

Prima di uscire, si ferma, battendo un colpo sullo stipite;

- mi sono sbagliato su di te, paperella. Non sei il burattino... Sei il burattinaio. - 

Sola, mi lascio cadere sul piano, riavvertendo il bruciore dovuto alla cinghiata all'altezza delle costole. 

Strizzo gli occhi, cercando invano di attenuarlo. 

- Sara - riconosco la tua voce e sorrido, voltandomi verso di lui. 

- Sono felice di vederti, Reiner. - 

- Non tornavi; ho incrociato Schneider sulle scale, ma l'ho ignorato: sono venuto subito a cercarti per assicurami che stessi bene. - 

- L'ho morso. - Ne sono orgogliosa e lui sembra contento di me, contento che mi sia difesa, nonostante la considerasse una mossa pericolosa da parte mia. - Samuele? - 

- Io non curo gli ebrei. Ci penserai tu; io te l'ho portato al piano di sotto. - Balzo in piedi, rimproverandolo per non aver fatto ciò che gli avevo chiesto. 

Ho capito che è nazista, però disinfettare la ferita di un ebreo mica lo avrebbe ucciso! 

- Dove sono? - 

- Nel bagno di servizio, dato che era abbastanza grande per contenerli tutti. - Scendo le scale, precipitandomi nella stanza. 

- Oh, grazie al cielo, sei tornata! - Federico stringe con le mani la caviglia del cugino, arrestando la fuoriuscita di sangue. 

Mi inginocchio accanto a lui, analizzando la ferita.

- Come ti chiami? - 

- Naomi - mi risponde la sorella, uggiolando, coprendosi il volto con i lunghi capelli scuri. 

Non sopporta la vista del sangue: la compatisco, perché all'inizio anche io ero sensibile come lei, ma il suo lamento mi distrae e non posso permettermi un errore in una situazione così delicata. 

- Mi devi aiutare. - Esordisco, scostandole una ciocca di capelli. - Hai visto dov'è la cucina? - 

- Sì, l'ho vista. - 

- Chiedi al ragazzo ebreo con gli occhi azzurri di Zlata; è una ragazzina piuttosto bassa, una detenuta... A quanto ne so, lei ne capisce qualcosa. Non temere: se qualcheduno ti ostacolasse lo sentiremmo; siamo troppo vicini. È per il bene di tuo fratello. - Lei, per fortuna, si alza senza batter ciglio, apprestandosi a chiamare Ariel. 

Reiner la fa passare, studiandola, rivolgendomi un'occhiata eloquente. 

- Zu hübsch für dieses Haus. / Troppo carina per questa casa. - I miei amici non comprendono il tedesco; non ho parlato in italiano appunto perché non voglio fargli capire ciò che intendo... 

Naomi ha preso da Samuele, tanto da sembrare la sua versione al femminile: ha i suoi occhi cioccolato, le sue labbra carnose e le guance piene. Essendo una ragazza, ha un corpo proporzionato pur essendo magrolina; ha gambe lunghe e snelle e la vita stretta. 

Rüdiger è un depravato; non esistono più razze quando si tratta di appagare le sue voglie e, per questo, ho una paura dannata che lei attiri l'attenzione del rosso.

- Come? - 

- Nulla di importante; ora prendi un respiro profondo. - I suoi occhi febbricitanti mi supplicano di non tamponare il taglio con un liquido che lo farà urlare, tuttavia, nuocergli adesso servirà a non farlo soffrire in seguito, visto che lo spacco sanguinolento potrebbe infettarsi e giocargli l'uso del piede destro.

Una tragedia, in quanto, inabile al lavoro, verrebbe mandato in direttissima a Birkenau e spinto nella camera a gas. 

Impregno del cotone con il disinfettante e lo appoggio sulla sua caviglia, rischiando di venir sbalzata via con un calcio. 

- Per favore, fa piano! Se torce com' un'ancina! / Si contorce come un uncino. - 

Sto facendo piano, Federì! Più piano di così! 

Perché mi mettono tutti pressione? Mi sento continuamente il fiato sul collo, non riesco a concentrarmi! 

- Ho fatto! Sentiamo il parere di Zlata e poi ti lascio stare, d'accordo? Ti faccio riposare l'intera giornata. - I capelli sudaticci si appiccicano sulla fronte... Il suo corpo è sfibrato. 

La mano pallida sfiora la mia ed io la sovrasto, stringendogliela, pur con il peso di due zaffiri imperiosi sulle spalle. 

Naomi ritorna con lune nuove, per ironia del destino, stralunata, arrivando a negare l'esistenza di quella ragazzina taciturna. 

- Ariel cosa ti ha detto? Testuali parole sue, mi raccomando. - 

- Mi ha risposto che non c'è, non ha aggiunto altro. - Io sbatto le palpebre un paio di volte, immobile, ricercando gli occhi chiari di Reiner e, al loro interno, la sua tipica sicurezza, trovandola in negativo, sotto forma di un infausto presentimento. 

- Va bene, Sam. Non mi pare tu abbia bisogno di punti... La ferita si rimarginerà presto e, forse, un giorno sparirà. Il colonnello Schneider odia i lavativi: Federico, Naomi, potete andare in cucina ad aiutare Ariel; tu, Samuele, troverai un posto nelle stanze della servitù e ci rimarrai finché non sarai guarito. Ti accompagneremo noi. - 

Sono fredda come un cadavere; non piango e non mi dispero ma, dentro, qualcosa si smuove e mi fa seccare la gola per il magone. 

La piccola Zlata... 

Una bambina che, a differenza mia, voleva morire. 

L'avrei aiutata, dandole una motivazione per cui vivere, ma la crudeltà del rosso ha voluto diversamente. 

Una morte dolce per lei, non rapida e nemmeno indolore.

Solo sperata. 

- Tenevi a lei? - Reiner non esprime disprezzo; chiede e basta, usando un pronome piuttosto che affibbiarle l'appellativo di " zingara ". 

- Non parlava mai con nessuno. Soffriva e subiva in silenzio. Con Zlata avete vinto: lei stessa si reputava inferiore a voi e vi venerava come divinità; ha accettato la sua fine a testa bassa... Non si è neppure opposta. - Sam mostra dispiacere, ma trema come fosse stato condannato alla ghigliottina.  

Chiede se verrà il suo tempo ed io non gli so rispondere: più sono ottimista riguardo al futuro, più la sfortuna prende di mira me e i miei cari. 

È una guerra persa in partenza, eppure è stato proprio Rüdiger a farmi ricredere. 

Le mie provocazioni sono mirate ad indebolirlo e, una volta scoperto il fianco, lo colpirò a morte, vendicandomi. 

Prendo la garza dalla cassettiera, la avvolgo attorno alla sua caviglia e ne taglio una porzione con la daga, assicurandomi che sia ben fissata. 

- Lascia, non ce la fai da sola. - Samuele, per la paura, scatta, aggrappandosi alla superficie del lavandino. 

- Posso arrivarci da me, davvero. - La sua gamba malandata cede, facendolo cadere al suolo. 

- Cazzate. - Commenta Reiner, con tono sarcastico. 

Appena si avvicina, Sam si ritrae, lottando per risollevarsi senza il suo appoggio. 

- Lascialo... - 

Non voglio neppure sapere cosa gli abbiano fatto durante il tragitto: è stato torturato selvaggiamente a Roma dallo stesso Rüdiger, arrestato e trascinato con la sua famiglia in una camionetta scarcassata per poi essere condotto in un campo di sterminio, sequestrato di nuovo dal suo aguzzino e rinchiuso in uno stanzino buio; infine, maltrattato anche dopo la stipulazione di un'accordo che avrebbe dovuto garantire la sua incolumità. 

Piegato in questo modo, intravedo un segno rosso sul suo sterno che potrebbe essere simile a quello che mi uscirà fuori a breve, sulla schiena. 

Ne avrà altri lui, ne sono sicura, ma non so decidere se siano frustate o cinghiate, come la mia. 

Samuele zoppica, permettendoci almeno di accompagnarlo nella sua nuova sistemazione: il colonnello ha una villa faraonica, ma ciò che ha riservato alle ( poche ) persone a cui permette di vivere alle sue dipendenze è poco più che un ripostiglio; i lettini sono ammassati e il bagno è in comune, costituito da una turca, un piccolo lavandino e un catino d'acqua all'interno del quale ci si può lavare rannicchiati. 

Fortunatamente c'è una porta e non una tenda a separare il " dormitorio " dai servizi igienici e, per il disgusto che il comandante avrebbe nel toccare un sudicio prigioniero del campo, è presente sapone in abbondanza, sia sotto forma di saponette che di sali profumati. 

Per il resto, è scura e spoglia, tant'è che il comodino, sul quale è appoggiata una lampada, è il solo mobile presente in " tutta " la stanza, carente persino di un armadio. 

Povero Ariel... Tra la baracca, il lavoro al campo e in cucina da Rüdiger, dev'essere esaurito e, oltre al danno, la beffa, poiché non ha neppure un posto in cui riposare nei giorni in cui gli è proibito muoversi da questa casa. 

Quei cosi non hanno un aria molto comoda; in pratica, sono a livello terra e, sebbene non siano peggiori delle assi in legno dei Block, non sono indicate per il mal di schiena, specialmente, se si mettono in conto le violenze da parte di Rüdiger e della governante di cui sono vittime. 

- Scegline uno; non saprei quali sono occupati, semmai ti faranno spostare. - 

Lui si dirige verso l'ultimo lettino della seconda fila, sedendosi sul grezzo materasso. 

- Il " bacino della buonanotte " evitatalo, per cortesia; starà benissimo. - Pressata dall'insistenza di Reiner, lo saluto da lontano, augurandogli una pronta guarigione. 

I suoi occhi risplendono nell'oscurità di una commozione sincera che mi risana il cuore; sebbene non siano conformi ai canoni estetici del regime, sono d'una dolcezza incredibile, secondi solo al carbone scuro del giovane ungherese, naturalmente lucido come l'ossidiana.

- Volevo parlarti del ragazzino ebreo, Reiner, quello che non vuoi farmi vedere. - Lui imbroncia il viso, ripetendomi le sue motivazioni, cercando così di distogliermi da lui. - Perchè tante scene? Perché è carino? Sei geloso? - Sentendosi bombardato da una serie di domande atte a metterlo in soggezione, getta la spugna, pur replicando che non sia affatto carino e, tantomeno, seducente quanto lui. 

- Reiner, Reiner, la tua bellezza è oggettiva e indiscutibile; sei una gioia per gli occhi! Quel ragazzo non è altrettanto attraente, ma ciò che lo rende bello perdura nel tempo: è magro e ricoperto di lividi, eppure sprizza fascino da tutti i pori... Ti faccio un esempio: nelle sue condizioni, ossia senza i tuoi luccicanti occhi azzurri, i tuoi muscoli scultorei e i capelli biondissimi, saresti ancora altrettanto appariscente? Isaac Lebrac è un fiore del deserto, tant'è che i suoi riccioli mori sono superflui su di un viso così ben proporzionato. - 

Potrebbe sembrare una pazzia confessare ad un nazista di trovare bello un ebreo, ma so che Reiner, orgoglioso com'è, non si abbasserebbe mai ad uccidere perché roso dall'invidia verso un " Untermensch ", poiché tale gesto sarebbe un'ammissione di sconfitta e, questo, non potrebbe perdonarselo. 

Il biondo non cade a picco, riflettendo su quanto detto; più che come un insulto alla sua " arianità " lo coglie come un complimento, rimbeccandomi di preferire comunque lui, al posto del ragazzo che ho ricoperto di lode. 

- È un sì? Mi permetterai di vederlo? - 

- È un forse, ma non montarti troppo la testa, perchè finirai per restare delusa. - 

- Delusa da te? - Non devo aspettarmi nulla da lui. Quando nasce un'intesa profonda, la ferita sarà ancora più profonda e su chi farò affidamento se avrò in odio anche Reiner? 

Chi voglio prendere in giro... Non è un desiderio di stampo utilitarista il mio, bensì una richiesta di amore e attenzioni che non ha voce; tante volte avrei voluto chiamarlo, dirgli che mi sento piccola senza di lui e non solo per l'ombra che non mi dona più conforto, ma per il solco vuoto che lascia sul materasso al mattino presto, quando decide d'esser stanco di vegliare su di me; vorrei confessargli di tutte le volte in cui mi sono lasciata cullare da un pianto brutale in una notte senza stelle, dove la sola mia luce erano i suoi occhi, i quali, imprigionavano l'ultimo baluardo di ciò che io e Friederick, insieme, avevamo avuto e di ciò che non eravamo stati. 

- Komm hier. / Vieni qui. - Mi dice, coccolandomi e accarezzandomi i capelli. 

Nonostante Rüdiger sia fuori dai giochi, decide di non scaricarmi qui, portandomi via con sè, attraverso i boschi, almeno fin quando non calerà il sole e sarà pronta in tavola la cena. 

- Ma non hai degli obblighi verso qualcuno o qualcosa? - 

- Innanzitutto, la gestione del campo non è affidata a me e poi, verso chi dovrei sentirmi obbligato? Verso Schneider? Ai tuoi ebrei ci penseremo domattina, dopo che ti sarai sbarazzata di quelle terribili occhiaie. Sei stremata, dove hai intenzione di andare? - Io, che ero già pronta a voltarmi indietro, vengo sollevata da terra come un bambolotto e appoggiata a pancia in sotto sulla sua spalla.

- Per te dovrei mangiare di più e dormire di più... Non vado mica in letargo! - Sgambetto, appigliandomi alla sua divisa dopo aver buttato l'occhio in basso, sul terriccio lontanissimo.  

- Ferma. Se ti muovi è peggio. - 

- Cado! - Ripeto ad eco, molleggiando e ritirando le braccia indietro. Aggancio le gambe sui suoi fianchi, premendo forte per avere maggiore stabilità. 

Lui mi prende meglio, sistemandomi in modo tale che sia comoda e, con la guancia poggiata sul collo fresco, l'ondeggiare dei suoi passi è una ninna nanna per i miei occhi stanchi che, senza riserva, si chiudono da soli, interrompendo il flusso di pensieri.

Un raggio di sole mi scalda il viso, poggio sul morbido e la negatività mi ha abbandonata, facendomi ristorare le membra in un nido di beatitudine. Strofino la guancia sul materiale soffice, gemendo in modo lieve, carino, tirandomi la coperta sulle spalle esposte... 

La coperta? 

Vengo inondata dalla luce dorata del crepuscolo, il che mi fa realizzare di trovarmi ancora nella foresta, ore dopo il passaggio mio e di Reiner. 

- Ben svegliata! - Rintontita come fossi ubriaca, non mi accorgo di essere accucciolata sul petto di Reiner e di avere la sua giacca a coprirmi la schiena... Benché la consapevolezza non tardi ad arrivare.

- Mi sono addormentata? Com'è possibile? - Il biondo è sdraiato sul praticello verde, reclinato sul tronco di una betulla storpia, che gli fa da schienale. 

- Me lo sono chiesto anche io: ti addormenti sempre in posizioni strane; quando sei stanca, non avverti nessun rumore e ignori tutto ciò che ti sta intorno... Dormi male di solito, non è vero? - 

- A volte gli incubi non mi fanno chiudere occhio, però, da quando ci sei tu va leggermente meglio. - Ammetto, inerpicandomi su di lui e ricercando un contatto visivo diretto. 

- Ne sono felice. - 

- Mi hai portata a vedere il calare del sole su Brzezinka... Pensare che non ti facevo così romantico. - Il paesaggio rurale è illuminato dagli ultimi, tiepidi raggi solari e tinge il cielo di mille colori, imprimendo un contrasto netto tra la bellezza celestiale della natura e il senso di repulsione verso ciò che l'uomo ha costruito. 

- Non potevo offrirti molto di più in un luogo come questo... - Gli tiro una spallata, non sapendo definire se sia sincero oppure fintamente modesto. - Intendevo niente di immateriale: sei una persona genuina e questa landa sterile, isolata dal resto del mondo, non ha niente che tu non abbia già visto. - 

- Tu mi hai dato tutto, Reiner. Mi hai riportata in vita. - Appoggio la testa sulla sua spalla, godendomi il tramonto di Birkenau, magico come fosse quello ammirato dalla finestra di casa mia. 

Vidi un film qualche anno fa; si intitolava " Senza destino " ed era tratto dalla vera storia di un sopravvissuto e dalla biografia che egli scrisse; il film parlava di un adolescente ebreo, deportato in un campo di concentramento. Ad un certo punto, veniva descritto ( dallo stesso ragazzino ) un momento della giornata in cui loro, le vittime, riuscivano a conquistare un momento di pace: era proprio il tramonto, quando il giorno volgeva al termine, il rancio veniva distribuito e i prigionieri avevano del tempo per raccogliersi e riposare dopo l'estenuante giornata di lavoro... 

L'autore stesso definiva questo istante come un momento " felicità ", seppur fuggevole e sacrificato. 

- Potrebbe farsi tardi e la villa di Schneider sembra lontana. - 

- Due chilometri, due e mezzo non di più. - Lo fisso allibita, pensando a quanta strada si sia dovuto fare con il mio peso a gravargli sulle braccia. 

Avrà i muscoli indolenziti dopo avermi portata per così tanto! Friederick, dopo quella prima esperienza, aveva sofferto di un mal di schiena incredibile e lui è un ragazzotto atletico... 

Era un ragazzotto atletico. 

- Mi dispiace, io non volevo farti male. - 

- Non è stato un grande sforzo. Avresti dovuto vedere i metodi che usava il mio vecchio allenatore di pugilato... Lui sì che mi faceva sputare sangue! -  

Ci incamminiamo per impedire che la luce si affievolisca del tutto, spegnendosi oltre l'orizzonte. 

Verso l'imbrunire entriamo nella villa, guardandoci intorno in cerca di Schneider.

- È rientrato? - Chiedo ad Ariel, accorso in tutta fretta per aprirci la porta. 

- Circa mezz'ora fa. - 

- Qualcun altro con lui? - Aggiunge Reiner, assumendo un'espressione grave, come se già sapesse la risposta. 

- Era in compagnia di una donna, signore. - 

- Tu lo sapevi? - Chioso, rivolgendomi al biondo. 

- Vuole cancellare il tuo ricordo; probabilmente, è convinto di poterci riuscire dedicandosi ad altre, ma sai anche tu che fallirà... La passione che prova per te è una mano infuocata che lo trascinerà nell'Ade, insieme a tutte le anime perse di cui hai fatto strage. - Resto molto colpita dalle sue parole, ma cerco di non fare caso al messaggio subliminale che il mio subconscio ha recepito. 

- Non perché, in fondo, sei un donnaiolo e certe cose le capisci meglio di me? - 

- Lo ero - mormora, distratto da un rumore sordo proveniente dal piano di sopra. 

" La spalliera del letto contro il muro " mi viene da supporre, dato il contesto. 

- Gli mostro la camera. - Così dicendo, mi congedo da Ariel e, dopo essermi assicurata della buona salute di Federico e Naomi e dei miglioramenti di Samuele, scorto Reiner, ahimè, nella parte superiore adibita alle stanze da letto. 

È palese che il rosso sia impegnato in determinate attività, tuttavia, è tanto svergognato d'aver lasciato la porta semiaperta, cosicché sia perfettamente visibile la " cavalcata " della bella biondina sul suo membro eretto. 

Distolgo lo sguardo, sinceramente disturbata non solo dalla vista, ma anche dai gemiti di piacere dei due, o meglio, dalle loro urla, udibili dalle scale. 

Cosa mi sembra? Pare di sentire un grizzly accoppiarsi con una cinghiala; ecco cosa mi sembra. 

Reiner sbuffa, alzando gli occhi al soffitto e procedendo in avanti, finchè non chiedo lui di fermarsi. 

- Ti servono i tappi per le orecchie? - 

- Poso la giacca sul letto e torno. Direi che non è il caso di rompersi i timpani. - 

Il biondo spalanca la porta, rivelando la presenza di una sorpresina al centro del grande letto matrimoniale. 

- Hallo, Liebling. - Ammicca, suadente, la giovane ragazza distesa tra le coperte, vestita solo della sua pelle diafana e del rossetto rosso che le contorna le labbra, piene come il seno alto e tondeggiante che Madre Natura le ha regalato. - Du bist noch schöner, als ich dich mir je vorstellte. / Sei anche più bello di quanto immaginassi. - 

Ma dico io...

Vogliamo mica scherzare! 

 

 

 

 

 

  
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