Quinto capitolo
Waldorf Astoria
Hotel, stanza 462
Ore 9.58 a.m.
Scully
sorseggiava il suo caffè bollente, seduta su una poltrona, mentre leggeva le
istruzioni sul caso che erano state recapitate da un fattorino mezzora prima,
assieme agli orecchini. Erano due semplici pendenti placcati oro. Il
segnalatore era incastrato in quello che andava al lobo sinistro, ma erano
perfettamente uguali, nessuno avrebbe potuto sospettare che in realtà
nascondevano un dispositivo di rilevamento.
Mulder
aprì la porta tra le due camere e si appoggiò allo stipite con un braccio, i
capelli scompigliati, lo sguardo assonnato.
“Ciao..”
le disse, la voce leggermente rauca.
Scully
alzò lo sguardo su di lui e gli rivolse un sorriso.
“Allora
non scherzavi ieri!”.
Mulder
la osservò perplesso, gli occhi due sottili fessure ancora addormentate.
“Scusa?”,
le chiese, scuotendo la testa.
Scully
ridacchiò. “Ieri, dopo aver visto il letto, avevi detto che saresti venuto a
farti dare il cambio a metà notte… bè, almeno hai
avuto la cortesia di non svegliarmi!”, aggiunse sorridendo.
“Ah!”,
fece Mulder sorridendo appena. Si sedette di fronte a lei e prese di buon grado
la tazza di caffè che gli offriva. Era ancora piuttosto stordito.
Sorseggiò
la sua bevanda, temporeggiando.
“Scusami…
non so neanche come spiegarti…”. Continuò a rigirarsi la tazza tra le mani,
guardando il liquido scuro sbattere contro la ceramica.
Scully
non si aspettava di vederlo così esitante. Lei l’aveva buttata sull’ironico,
anche se, comunque, non capiva perché fosse andato da lei e si fosse messo a
dormire al suo fianco.
“Ho
fatto un incubo…”, confidò Mulder dopo un po’, “… mi sono svegliato che ero
terrorizzato… avevo l’impressione che ti fosse successo qualcosa di brutto, così
sono venuto a controllare”.
Alzò
gli occhi sul viso di Scully, che aveva un’espressione indecifrabile.
“Devo
essermi addormentato mentre ti guardavo… scusa”.
Scully
rimase in silenzio ad osservare i segni della stanchezza sul viso di Mulder.
C’era qualcosa che non andava.
Sembrava
tormentato, quasi spaventato, e capì che non voleva continuare a ricordare
quello che gli era capitato durante la notte. Non insistette, gliene avrebbe
parlato quando si fosse sentito pronto.
“Bè…”, cercò allora di sdrammatizzare, “… che ti sembra? Era
comodo il letto, no?!”.
Mulder
fece una breve risata, tenendo la testa bassa, lo sguardo assorto a guardare
ancora il caffè nella tazzina.
“Si…
era comodo… Ma, toglimi una curiosità”, disse poi, animandosi un attimo e
alzando il viso per guardarla, negli occhi un lampo divertito, “Come mai non
avevi sulla faccia quel cerone verde che ti eri messa ad Arcadia?”.
Scully
inarcò un sopracciglio. “Se te lo dico poi… dovrei ucciderti!”. E sorrise divertita.
Passarono
la mattinata chini sul pacco di fogli che erano stati recapitati in camera,
soffermandosi sui passaggi che indicavano come si sarebbe svolta l’operazione
di arresto da parte di Skinner, Fowley,
McErny e circa un’altra decina di agenti, come
avevano intenzione di irrompere sulla scena del crimine e di come presumevano
si sarebbe svolto il rapimento.
Nelle
istruzioni, gli agenti preposti, si raccomandavano di recarsi all’appuntamento
utilizzando i mezzi pubblici e non l’auto, sia per evitare che i Fresty si insospettissero vedendo la targa di Washington,
sia per agevolare il sequestro di Peter e Janette Clabert.
Secondo
le poche informazioni di cui erano in possesso,infatti, erano stati invitati in
quel lounge bar per avere l’opportunità di far
ingerire loro qualche tipo di droga, o sonnifero, ad effetto ritardato.
Successivamente, avrebbero proposto di andare a mangiare in qualche ristorante
lontano dal bar, offrendosi di dar loro un passaggio visto che erano senza auto.
Durante
il tragitto, il sonnifero avrebbe fatto effetto e, incoscienti, sarebbero stati
portati nel luogo dove avevano intenzione compiere il sadico test.
Gli
agenti avrebbero seguito il segnale del rilevatore dal quartier generale
dell’FBI di New York, avrebbero atteso che i Fresty
raggiungessero il luogo adibito a scena del crimine, poi sarebbero intervenuti,
giusto in tempo per evitare danni agli agenti infiltrati, ma cogliendo gli
assassini in flagranza di reato.
Sarebbero
entrati a pistole spianate, li avrebbero ammanettati e portati in centrale. Da
lì in poi sarebbe stato compito della magistratura assicurare alla giustizia
quei pazzi criminali, e il lavoro di Mulder e Scully sarebbe finito.
Letta
così, l’operazione sembrava estremamente semplice e per nulla rischiosa, ma
quello strano senso di pericolo accompagnò Mulder per tutto il giorno, e una
morsa gli serrava il petto ogni volta che guardava Scully.
Più
di una volta il volto tumefatto e privo di vita del suo sogno andava a
sovrapporsi al viso rosato e sorridente che lei aveva nella realtà. Scuoteva la
testa per liberarsi della falsa immagine, ma l’ansia che provava non voleva
saperne di lasciarlo solo.
Quando,
verso le 6.30 di sera, lasciarono la camera per recarsi all’appuntamento,
Mulder cominciò ad essere sinceramente preoccupato. Era abituato a fidarsi dei
propri istinti e delle proprie sensazioni, e l’angoscia che lo pervadeva da tre
giorni doveva essere un segnale d’allarme che lo metteva in guardia da un
imminente pericolo. Il fatto che la sensazione si intensificava ogni volta che
pensava, guardava o toccava Scully, lo spaventava ancora di più, perché
significava che quella ad essere in maggior pericolo era lei.
E
lui non riusciva a pensare a che cosa avrebbe fatto se le fosse successo
qualcosa, se non fosse stato in grado di proteggerla…
Gli
tornò in mente quel caso a cui lei partecipò assieme a quel novellino, circa un
anno prima, quando erano ancora fuori dagli X-Files.
Ancora adesso, quando ripensava al pericolo mortale che aveva corso Scully,
quando ricordava che se ci fosse stato lui al suo fianco non l’avrebbe mai
lasciata sola, le avrebbe coperto le spalle sempre e ovunque, provava un
sentimento di rabbia cieca nei confronti di quell’agente. Fortunatamente non
avevano molte occasioni di incontrarsi, perché, tutte le volte che lo vedeva,
Mulder provava il pressante bisogno di mettergli le mani addosso.
Per
questo non sopportava l’idea di non riuscire a proteggerla. Lei era diventata
la sua ancora di salvezza, la sua connessione con il mondo. La vita senza di lei
sarebbe stata vuota e senza significato.
Per
questo, mentre attendevano l’arrivo dei Fresty in
quel freddo angolo di una New York in piena attività domenicale, le passò un
braccio attorno ai fianchi e la attirò al suo fianco, stringendola leggermente.
Voleva sentirla viva accanto a sé.
La
osservò, mentre lei si guardava intorno, cercando un segno dei Fresty, anche se erano arrivati con circa un quarto d’ora
d’anticipo.
Quella
sera aveva optato per un paio di jeans dal taglio a sigaretta, un maglioncino color
nocciola a collo alto e un cappotto nero che le arrivava sotto i fianchi.
Era
bellissima anche vestita in maniera così semplice.
Il
tempo, durante il pomeriggio, era cambiato. Nuvole sempre più fitte avevano
oscurato il cielo terso, il calore del sole aveva lasciato il posto ad un’aria
gelida e umida che penetrava nelle ossa e in quel momento, mentre il crepuscolo
stava lentamente volgendo verso la sera,
pesanti nuvole nere minacciavano pioggia.
“Che
cosa c’è Mulder?”, gli chiese Scully, sorprendendolo.
Il
suo tormento era dunque visibile? O solo lei riusciva a percepirlo, perché lo
conosceva così bene?
Decise
che era giusto metterla al corrente dei suoi dubbi.
“Scusami
se non te l’ho detto prima, è che…”, trasse un profondo respiro, “… pensavo
fosse una cosa passeggera, ma più si avvicina il momento dell’incontro con i
psicopatici, più questa sensazione mi opprime”.
Scully
si spostò per mettersi di fronte a lui, scostandosi dal calore del suo corpo,
ma Mulder non la lasciò andare. Mise anche l’altra mano attorno ai suoi fianchi
e la riavvicinò a sé, poggiando la fronte sulla sua.
“Mulder…”,
sussurrò Scully, preoccupata suo malgrado. L’aveva visto stare così male solo
quando si imbattevano in casi che avevano a che fare, in qualche modo, con la
sorella scomparsa. Non riusciva a capire cosa fosse che lo tormentava in quel
modo.
Ad
occhi estranei, Mulder sarebbe parso tranquillo e sereno, come sempre, ma per
lei era come un libro aperto, e aveva capito fin dal mattino che qualcosa in
lui non andava.
Aveva
la mascella contratta, gli occhi guardinghi e cercava il contatto con lei in
modo quasi morboso.
“E’
da venerdì, durante la riunione…”, iniziò a spiegarle Mulder, ad occhi chiusi,
la fronte ancora poggiata a quella di Scully, “… che ogni tanto mi prende una
specie di ansia, di paura… che ha a che fare con te”, e aprì gli occhi per
guardarla.
“Stanotte
ti ho sognata morta, eri ridotta in uno stato…”, chiuse di nuovo gli occhi e un
brivido gelato gli attraversò la schiena, “… e oggi questa angoscia è
insopportabile. Continuo a vederti morta!”, la strinse di più a sé.
“Ho
la sensazione che qualcosa andrà storto, che ti succederà qualcosa di
terribile… e la sola idea mi manda letteralmente in panico”.
Non
riaprì gli occhi, si limitò a serrare le labbra, come per trattenere un urlo.
Scully
gli posò le mani ai lati del viso.
“E’
stato solo un sogno Mulder”, gli disse con voce deliberatamente bassa e dolce,
“E’ normale che tu sia preoccupato, lo sono anch’io. Ma siamo protetti! Vedrai
che non ci succederà nulla di male, e che riusciremo ad assicurare alla
giustizia due criminali”.
Staccò
la fronte dalla sua e appoggiò la guancia contro il viso di Mulder,
circondandogli le spalle con le braccia e stringendolo a sé.
Mulder
non fu per nulla rassicurato dalle sue parole. Se lei avesse potuto percepire
quello che lui sentiva in quel momento, non si sarebbe sognata di dire che non
sarebbe successo nulla di male.
Aprendo
gli occhi, si accorse che i Fresty stavano arrivando
dall’altro lato della strada.
“Stanno
arrivando”, sussurrò all’orecchio di Scully, dandole un bacio sulla guancia,
anche a favore della recita.
Scully
si separò dal corpo del collega, gli dette un’ultima occhiata rassicurante e si
preparò all’incontro.
Dopo
mezzora erano ancora seduti ad un elegante tavolino in vetro all’interno del
bar, e stavano amabilmente conversando tra loro, davanti agli occhi il secondo
aperitivo della serata.
Scully
lo portò alla bocca, annusando senza farsi vedere, e le parve di sentire un
leggero odore di medicinale, ma poteva essere solo suggestione. Quel secondo
giro era stato offerto dai Fresty, che si volevano
sdebitare dei primi aperitivi, offerti da Mulder.
Era
stato Ronald ad andare al bancone a prenderli, ed era plausibile che, durante
il tragitto al tavolo, agevolato dalla folla che chiacchierava, avesse aggiunto
i sonniferi alle bibite.
“E
così le dico che era proprio un bel pigiama! Lei mi ha fulminato con lo
sguardo… mettendomi al corrente del fatto che era un vestito da sera!!!”,
concluse il suo divertente aneddoto Ronald.
Mulder
e Scully scoppiarono a ridere. C’era da ammettere che le risate con erano mai
troppo forzate, Ronald sapeva essere un ottimo intrattenitore.
Quella
sera i Fresty apparivano piuttosto stanchi. Entrambi
avevano profonde occhiaie e gli occhi erano arrossati, come se avessero passato
la notte in bianco. Ma allo stesso tempo nel loro sguardo brillava una
scintilla di eccitazione.
Mulder
trangugiò l’ultimo sorso del suo aperitivo, dopo aver preso una tartina dal
piatto di spuntini e si appoggiò allo schienale della sedia, allungando un braccio
sulle spalle di Scully.
Cominciava
a sentirsi più rilassato rispetto a prima e si chiese se l’effetto fosse dovuto
alla mano della collega poggiata sul suo ginocchio, o se era merito di qualche
tranquillizzante che aveva ingerito assieme all’aperitivo.
“Che
ne pensate di andare a mangiare qualcosa?”, propose Annebeth,
con sguardo acceso.
Mulder
e Scully si guardarono, trasmettendosi con lo sguardo parole completamente
diverse da quelle che invece pronunciarono le loro bocche.
Ovviamente
accettarono l’invito, e non si stupirono quando i Fresty
dissero loro che sarebbero andati, con la loro auto, una vecchia Volkswagen
verde bottiglia, probabilmente rubata, in un ristorantino dall’altra parte
della città.
Mulder
e Scully salirono nei sedili posteriori, ascoltando altre chiacchiere dei due
coniugi.
Dopo
un po’ sentirono la testa pesante, i rumori arrivavano alle loro orecchie
ovattati e distorti.
L’ultima
immagine che gli occhi di Mulder videro furono le luci della città scorrere
velocemente al di là del finestrino.
Poi
ci fu il buio.