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Autore: Opal636    17/07/2009    2 recensioni
Mulder e Scully vengono convocati dalla Crimini Violenti per essere infiltrati in un caso di efferati omicidi.La ff si colloca alla fine della sesta stagione. Questo è il mio primo case file. Avrò modo di farlo anche in seguito, ma volevo ringraziare per le bellissime recensioni che mi avete scritto! Spero vi piaccia anche questa!
Genere: Drammatico, Thriller, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dana Katherine Scully, Fox William Mulder, Walter S. Skinner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quinto capitolo

 

Waldorf Astoria Hotel, stanza 462

Ore 9.58 a.m.

 

Scully sorseggiava il suo caffè bollente, seduta su una poltrona, mentre leggeva le istruzioni sul caso che erano state recapitate da un fattorino mezzora prima, assieme agli orecchini. Erano due semplici pendenti placcati oro. Il segnalatore era incastrato in quello che andava al lobo sinistro, ma erano perfettamente uguali, nessuno avrebbe potuto sospettare che in realtà nascondevano un dispositivo di rilevamento.

Mulder aprì la porta tra le due camere e si appoggiò allo stipite con un braccio, i capelli scompigliati, lo sguardo assonnato.

“Ciao..” le disse, la voce leggermente rauca.

Scully alzò lo sguardo su di lui e gli rivolse un sorriso.

“Allora non scherzavi ieri!”.

Mulder la osservò perplesso, gli occhi due sottili fessure ancora addormentate.

“Scusa?”, le chiese, scuotendo la testa.

Scully ridacchiò. “Ieri, dopo aver visto il letto, avevi detto che saresti venuto a farti dare il cambio a metà notte… , almeno hai avuto la cortesia di non svegliarmi!”, aggiunse sorridendo.

“Ah!”, fece Mulder sorridendo appena. Si sedette di fronte a lei e prese di buon grado la tazza di caffè che gli offriva. Era ancora piuttosto stordito.

Sorseggiò la sua bevanda, temporeggiando.

“Scusami… non so neanche come spiegarti…”. Continuò a rigirarsi la tazza tra le mani, guardando il liquido scuro sbattere contro la ceramica.

Scully non si aspettava di vederlo così esitante. Lei l’aveva buttata sull’ironico, anche se, comunque, non capiva perché fosse andato da lei e si fosse messo a dormire al suo fianco.

“Ho fatto un incubo…”, confidò Mulder dopo un po’, “… mi sono svegliato che ero terrorizzato… avevo l’impressione che ti fosse successo qualcosa di brutto, così sono venuto a controllare”.

Alzò gli occhi sul viso di Scully, che aveva un’espressione indecifrabile.

“Devo essermi addormentato mentre ti guardavo… scusa”.

Scully rimase in silenzio ad osservare i segni della stanchezza sul viso di Mulder. C’era qualcosa che non andava.

Sembrava tormentato, quasi spaventato, e capì che non voleva continuare a ricordare quello che gli era capitato durante la notte. Non insistette, gliene avrebbe parlato quando si fosse sentito pronto.

…”, cercò allora di sdrammatizzare, “… che ti sembra? Era comodo il letto, no?!”.

Mulder fece una breve risata, tenendo la testa bassa, lo sguardo assorto a guardare ancora il caffè nella tazzina.

“Si… era comodo… Ma, toglimi una curiosità”, disse poi, animandosi un attimo e alzando il viso per guardarla, negli occhi un lampo divertito, “Come mai non avevi sulla faccia quel cerone verde che ti eri messa ad Arcadia?”.

Scully inarcò un sopracciglio. “Se te lo dico poi… dovrei ucciderti!”. E sorrise divertita.

 

Passarono la mattinata chini sul pacco di fogli che erano stati recapitati in camera, soffermandosi sui passaggi che indicavano come si sarebbe svolta l’operazione di arresto da parte di Skinner, Fowley, McErny e circa un’altra decina di agenti, come avevano intenzione di irrompere sulla scena del crimine e di come presumevano si sarebbe svolto il rapimento.

Nelle istruzioni, gli agenti preposti, si raccomandavano di recarsi all’appuntamento utilizzando i mezzi pubblici e non l’auto, sia per evitare che i Fresty si insospettissero vedendo la targa di Washington, sia per agevolare il sequestro di Peter e Janette Clabert.

Secondo le poche informazioni di cui erano in possesso,infatti, erano stati invitati in quel lounge bar per avere l’opportunità di far ingerire loro qualche tipo di droga, o sonnifero, ad effetto ritardato. Successivamente, avrebbero proposto di andare a mangiare in qualche ristorante lontano dal bar, offrendosi di dar loro un passaggio visto che erano senza auto.

Durante il tragitto, il sonnifero avrebbe fatto effetto e, incoscienti, sarebbero stati portati nel luogo dove avevano intenzione compiere il sadico test.

Gli agenti avrebbero seguito il segnale del rilevatore dal quartier generale dell’FBI di New York, avrebbero atteso che i Fresty raggiungessero il luogo adibito a scena del crimine, poi sarebbero intervenuti, giusto in tempo per evitare danni agli agenti infiltrati, ma cogliendo gli assassini in flagranza di reato.

Sarebbero entrati a pistole spianate, li avrebbero ammanettati e portati in centrale. Da lì in poi sarebbe stato compito della magistratura assicurare alla giustizia quei pazzi criminali, e il lavoro di Mulder e Scully sarebbe finito.

Letta così, l’operazione sembrava estremamente semplice e per nulla rischiosa, ma quello strano senso di pericolo accompagnò Mulder per tutto il giorno, e una morsa gli serrava il petto ogni volta che guardava Scully.

Più di una volta il volto tumefatto e privo di vita del suo sogno andava a sovrapporsi al viso rosato e sorridente che lei aveva nella realtà. Scuoteva la testa per liberarsi della falsa immagine, ma l’ansia che provava non voleva saperne di lasciarlo solo.

Quando, verso le 6.30 di sera, lasciarono la camera per recarsi all’appuntamento, Mulder cominciò ad essere sinceramente preoccupato. Era abituato a fidarsi dei propri istinti e delle proprie sensazioni, e l’angoscia che lo pervadeva da tre giorni doveva essere un segnale d’allarme che lo metteva in guardia da un imminente pericolo. Il fatto che la sensazione si intensificava ogni volta che pensava, guardava o toccava Scully, lo spaventava ancora di più, perché significava che quella ad essere in maggior pericolo era lei.

E lui non riusciva a pensare a che cosa avrebbe fatto se le fosse successo qualcosa, se non fosse stato in grado di proteggerla…

Gli tornò in mente quel caso a cui lei partecipò assieme a quel novellino, circa un anno prima, quando erano ancora fuori dagli X-Files. Ancora adesso, quando ripensava al pericolo mortale che aveva corso Scully, quando ricordava che se ci fosse stato lui al suo fianco non l’avrebbe mai lasciata sola, le avrebbe coperto le spalle sempre e ovunque, provava un sentimento di rabbia cieca nei confronti di quell’agente. Fortunatamente non avevano molte occasioni di incontrarsi, perché, tutte le volte che lo vedeva, Mulder provava il pressante bisogno di mettergli le mani addosso.

Per questo non sopportava l’idea di non riuscire a proteggerla. Lei era diventata la sua ancora di salvezza, la sua connessione con il mondo. La vita senza di lei sarebbe stata vuota e senza significato.

Per questo, mentre attendevano l’arrivo dei Fresty in quel freddo angolo di una New York in piena attività domenicale, le passò un braccio attorno ai fianchi e la attirò al suo fianco, stringendola leggermente. Voleva sentirla viva accanto a sé.

La osservò, mentre lei si guardava intorno, cercando un segno dei Fresty, anche se erano arrivati con circa un quarto d’ora d’anticipo.

Quella sera aveva optato per un paio di jeans dal taglio a sigaretta, un maglioncino color nocciola a collo alto e un cappotto nero che le arrivava sotto i fianchi.

Era bellissima anche vestita in maniera così semplice.

Il tempo, durante il pomeriggio, era cambiato. Nuvole sempre più fitte avevano oscurato il cielo terso, il calore del sole aveva lasciato il posto ad un’aria gelida e umida che penetrava nelle ossa e in quel momento, mentre il crepuscolo stava lentamente  volgendo verso la sera, pesanti nuvole nere minacciavano pioggia.

“Che cosa c’è Mulder?”, gli chiese Scully, sorprendendolo.

Il suo tormento era dunque visibile? O solo lei riusciva a percepirlo, perché lo conosceva così bene?

Decise che era giusto metterla al corrente dei suoi dubbi.

“Scusami se non te l’ho detto prima, è che…”, trasse un profondo respiro, “… pensavo fosse una cosa passeggera, ma più si avvicina il momento dell’incontro con i psicopatici, più questa sensazione mi opprime”.

Scully si spostò per mettersi di fronte a lui, scostandosi dal calore del suo corpo, ma Mulder non la lasciò andare. Mise anche l’altra mano attorno ai suoi fianchi e la riavvicinò a sé, poggiando la fronte sulla sua.

“Mulder…”, sussurrò Scully, preoccupata suo malgrado. L’aveva visto stare così male solo quando si imbattevano in casi che avevano a che fare, in qualche modo, con la sorella scomparsa. Non riusciva a capire cosa fosse che lo tormentava in quel modo.

Ad occhi estranei, Mulder sarebbe parso tranquillo e sereno, come sempre, ma per lei era come un libro aperto, e aveva capito fin dal mattino che qualcosa in lui non andava.

Aveva la mascella contratta, gli occhi guardinghi e cercava il contatto con lei in modo quasi morboso.

“E’ da venerdì, durante la riunione…”, iniziò a spiegarle Mulder, ad occhi chiusi, la fronte ancora poggiata a quella di Scully, “… che ogni tanto mi prende una specie di ansia, di paura… che ha a che fare con te”, e aprì gli occhi per guardarla.

“Stanotte ti ho sognata morta, eri ridotta in uno stato…”, chiuse di nuovo gli occhi e un brivido gelato gli attraversò la schiena, “… e oggi questa angoscia è insopportabile. Continuo a vederti morta!”, la strinse di più a sé.

“Ho la sensazione che qualcosa andrà storto, che ti succederà qualcosa di terribile… e la sola idea mi manda letteralmente in panico”.

Non riaprì gli occhi, si limitò a serrare le labbra, come per trattenere un urlo.

Scully gli posò le mani ai lati del viso.

“E’ stato solo un sogno Mulder”, gli disse con voce deliberatamente bassa e dolce, “E’ normale che tu sia preoccupato, lo sono anch’io. Ma siamo protetti! Vedrai che non ci succederà nulla di male, e che riusciremo ad assicurare alla giustizia due criminali”.

Staccò la fronte dalla sua e appoggiò la guancia contro il viso di Mulder, circondandogli le spalle con le braccia e stringendolo a sé.

Mulder non fu per nulla rassicurato dalle sue parole. Se lei avesse potuto percepire quello che lui sentiva in quel momento, non si sarebbe sognata di dire che non sarebbe successo nulla di male.

Aprendo gli occhi, si accorse che i Fresty stavano arrivando dall’altro lato della strada.

“Stanno arrivando”, sussurrò all’orecchio di Scully, dandole un bacio sulla guancia, anche a favore della recita.

Scully si separò dal corpo del collega, gli dette un’ultima occhiata rassicurante e si preparò all’incontro.

 

Dopo mezzora erano ancora seduti ad un elegante tavolino in vetro all’interno del bar, e stavano amabilmente conversando tra loro, davanti agli occhi il secondo aperitivo della serata.

Scully lo portò alla bocca, annusando senza farsi vedere, e le parve di sentire un leggero odore di medicinale, ma poteva essere solo suggestione. Quel secondo giro era stato offerto dai Fresty, che si volevano sdebitare dei primi aperitivi, offerti da Mulder.

Era stato Ronald ad andare al bancone a prenderli, ed era plausibile che, durante il tragitto al tavolo, agevolato dalla folla che chiacchierava, avesse aggiunto i sonniferi alle bibite.

“E così le dico che era proprio un bel pigiama! Lei mi ha fulminato con lo sguardo… mettendomi al corrente del fatto che era un vestito da sera!!!”, concluse il suo divertente aneddoto Ronald.

Mulder e Scully scoppiarono a ridere. C’era da ammettere che le risate con erano mai troppo forzate, Ronald sapeva essere un ottimo intrattenitore.

Quella sera i Fresty apparivano piuttosto stanchi. Entrambi avevano profonde occhiaie e gli occhi erano arrossati, come se avessero passato la notte in bianco. Ma allo stesso tempo nel loro sguardo brillava una scintilla di eccitazione.

Mulder trangugiò l’ultimo sorso del suo aperitivo, dopo aver preso una tartina dal piatto di spuntini e si appoggiò allo schienale della sedia, allungando un braccio sulle spalle di Scully.

Cominciava a sentirsi più rilassato rispetto a prima e si chiese se l’effetto fosse dovuto alla mano della collega poggiata sul suo ginocchio, o se era merito di qualche tranquillizzante che aveva ingerito assieme all’aperitivo.

“Che ne pensate di andare a mangiare qualcosa?”, propose Annebeth, con sguardo acceso.

Mulder e Scully si guardarono, trasmettendosi con lo sguardo parole completamente diverse da quelle che invece pronunciarono le loro bocche.

Ovviamente accettarono l’invito, e non si stupirono quando i Fresty dissero loro che sarebbero andati, con la loro auto, una vecchia Volkswagen verde bottiglia, probabilmente rubata, in un ristorantino dall’altra parte della città.

Mulder e Scully salirono nei sedili posteriori, ascoltando altre chiacchiere dei due coniugi.

Dopo un po’ sentirono la testa pesante, i rumori arrivavano alle loro orecchie ovattati e distorti.

L’ultima immagine che gli occhi di Mulder videro furono le luci della città scorrere velocemente al di là del finestrino.

Poi ci fu il buio.

 

  
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