Sesto capitolo
Da qualche parte a New York
Ore 9.48 p.m.
Mulder
dovette sbattere le palpebre alcune volte, prima di riuscire a tenere gli occhi
aperti.
Si
sentiva la testa molto pesante e la sua percezione della realtà era sfuocata e
distorta.
Lentamente,
i contorni dell’ambiente che lo circondava cominciarono a delinearsi e iniziò a
percepire un nauseante odore di chiuso e stantio, misto a un acre fetore di
urina stagnante.
Strizzando
gli occhi nella penombra della stanza, si rese conto di trovarsi in un ambiente
quadrato, piuttosto ampio, ma molto vecchio e decadente. Quattro deboli torce,
posizionate strategicamente ai quattro angoli della camera, illuminavano
sommariamente le pareti sporche e scrostate.
Alzò
gli occhi e si accorse di essere legato, per i polsi, ad una corda che pendeva
da una trave dal soffitto. I suoi sensi e le sue percezioni erano ancora
rallentate dalla droga che gli era corsa nelle vene e solo nel momento in cui
vide la sua scomoda posizione, si rese conto del dolore bruciante, dove la
corda stringeva e segnava la pelle. I piedi toccavano a malapena un pavimento
sporco e ricoperto di terriccio.
A
parte i boxer, era completamente nudo. L’aria nella stanza era fredda e umida e
il gelo gli penetrava nelle ossa, rendendo la sua situazione ancora più
spiacevole.
Girò
di scatto la testa non appena sentì un rumore provenire dalla sua destra.
Quell’angolo
non era illuminato dalle torce e dovette strizzare gli occhi per riuscire a
vedere nell’oscurità una sagoma umana che si muoveva.
Quando
le pupille si abituarono al buio, si rese conto che si trattava di Scully.
Era
seduta su di una sedia, di legno gli sembrava, e aveva le braccia immobilizzate
dietro lo schienale.
Indossava
una lunga camicia da notte bianca, con le spalline sottili, i piedi erano nudi.
Il
suo viso era voltato dalla parte opposta rispetto alla sua posizione e, per
quel che riusciva a capire, stava cercando di liberarsi dalle corde che le
stringevano i polsi.
Reprimendo
un brivido di terrore, perché la scena che gli si parava davanti agli occhi era
tragicamente simile al suo incubo della sera prima, stette in silenzio ad
ascoltare se arrivavano altri rumori, sia dall’interno, che dall’esterno.
Quando
si fu accertato che erano soli, la chiamò a bassa voce.
Scully
si voltò di scatto verso di lui.
“Mulder!”,
disse con il sollievo nella voce, “Finalmente ti sei svegliato! Stavo
cominciando a preoccuparmi”.
“Da
quanto siamo qui?”, le chiese in tono cupo.
“Io
mi sono svegliata circa 20 minuti fa, ma presumo che ci abbiamo portati qui
almeno un’ora fa… ho i piedi congelati… ”.
“Stai
bene? Sei ferita?”, le chiese.
“No,
sono solo legata a questa maledetta sedia, e… non… riesco ad… allentare… le
corde!”, sputò le parole a labbra serrate, i denti stretti, mentre cercava di
liberare i polsi.
“Da
quando sono sveglia non ho ancora avuto il piacere di vedere i Fresty…” aggiunse, “… e nemmeno i nostri…”.
Mulder
lasciò che le parole di Scully si depositassero nel suo cervello.
Stava
bene, e questa era la cosa più importante, ma non era affatto tranquillo
all’idea che quelli dell’FBI non si fossero ancora fatti vivi.
Se
era vero che li avevano pedinati fin lì, non capiva perché non li avessero già
liberati. Forse stavano aspettando il ritorno dei Fresty,
per prenderli nel momento esatto in cui avrebbero compiuto il crimine… ma
questa spiegazione non lo soddisfaceva per nulla.
La
terribile sensazione di imminente pericolo esplose con un’intensità tale nel
suo petto, da fargli quasi male. Cominciò a sudare freddo e la terribile vista
del volto senza vita di Scully tornò a sovrapporsi alle immagini reali.
C’era
qualcosa che non andava, qualcosa non funzionava… e lui era legato come un
salame e non poteva far nulla per impedire alla tragedia di avverarsi.
“Ho
ancora i miei orecchini?”, chiese Scully dal suo angolo buio.
Mulder
si sforzò di guardare, ma tutto ciò che vedeva era il colore chiaro della sua
veste e i suoi movimenti per tentare i liberarsi. I lineamenti del viso erano
confusi, c’era troppa oscurità, tutto appariva incerto e senza netti contorni.
“Prova
a voltare la testa verso la luce di una torcia, se ci riesci”, le suggerì
rendendosi conto che non sarebbe mai stato in grado di distinguere un dettaglio
piccolo come un orecchino senza una fonte, seppur minima, di luce.
Scully
mosse lentamente la testa a destra e a sinistra, tentando, nel contempo, di
spostarsi con la sedia un po’ più avanti.
Ad
un certo punto, Mulder vide un piccolo riflesso di luce brillare sul lobo
dell’orecchio destro di Scully e capì che si trattava del finto gioiello. Ma
non riusciva a capire se quello di sinistra era ancora al suo posto. Non vide
alcun bagliore, ma non significava per forza che non ci fosse, l’oscurità era
impenetrabile.
“Ho
visto quello sull’orecchio destro, l’altro non riesco a capire…”.
Scully
pregò che ci fosse, perché era proprio il sinistro che conteneva il
trasmettitore...
All’esterno
scoppiò improvvisamente un fragore assordante.
Un
tuono. Seguito subito dopo da una pioggia battente e da altri tuoni.
Scully
si immobilizzò e guardò verso il volto di Mulder, con uno sguardo tra il
preoccupato e l’infastidito.
“Che
cosa facciamo se…”, ma le parole di Scully furono interrotte da un suono di
voci provenienti dall’esterno.
Anche
Mulder le percepì e suoi nervi si
tesero, in allerta.
Ascoltarono
in un silenzio teso il suono di passi che scendevano delle scale.
Mulder
voltò la testa verso la provenienza del rumore e sul suo volto si dipinse
un’espressione di puro odio quando vide comparire Ronald Fresty,
seguito dalla moglie.
Entrambi
erano vestiti con delle tute intere, di quelle bianche di carta, usate
soprattutto dagli imbianchini, con il cappuccio alzato a coprire i capelli. Due
sacchetti di plastica azzurri coprivano le scarpe, ed erano legati alle
caviglie con del nastro isolante, mentre alle mani avevano guanti da chirurgo.
Anche la mascherina che portavano sulla bocca era del tipo utilizzato negli
ospedali.
I
grandi e glaciali occhi di Annebeth erano sbarrati e
luccicavano di eccitazione, mentre quelli di Ronald erano beffardi.
“Come
stanno i nostri gentili ospiti?”, chiese ironico, spostandosi la mascherina
sotto il mento. Poi si accorse dello sguardo assassino che gli stava rivolgendo
Mulder e scoppiò a ridere.
“Che
c’è Peter? Non ti è piaciuta la cena?”. La risata riecheggiò minacciosa tra le
pareti scrostate e un topolino, spaventato dal sinistro rumore, sgattaiolò
veloce all’interno di un provvidenziale buco nel battiscopa.
“Che
diavolo vuoi da noi?”, ruggì Mulder, guardando Ronald negli occhi, mentre si
metteva di fronte a lui.
“Nulla
di grave, non temere. Vogliamo solo capire se avete il diritto di possedere
l’amore”.
Mulder
sbarrò gli occhi. “Cosa?!”.
Annebeth
fece una risatina alle spalle del marito.
Ronald
la prese per i fianchi e la avvicinò a sé.
“Vedi…”,
disse in tono lento, come se fosse un professore alle prese con una lezione
particolarmente importante e difficile da capire, “… al mondo esistono tante
persone che dicono di amarsi, di essere innamorate della loro dolce metà, di
appartenere l’uno all’altra… ma quanti di loro dicono la verità? Quanti possono
affermare, senza ombra di dubbio, di possedere un amore incondizionato, puro e
sincero? Quanti di loro sarebbero disposti a dare tutto quello che possiedono
per quell’amore? E sai qual è la risposta?”.
Mulder
non rispose, continuò a fissarlo con gli occhi sbarrati, come se non credesse a
ciò che stava ascoltando.
“Ti
ho fatto una domanda!”, sottolineò con tono adirato Ronald, mollandogli un
ceffone in piena mascella.
Mulder
lo guardò di nuovo con odio, poi rispose che non lo sapeva.
“Pochi!
Molto pochi! Per non dire praticamente nessuno!”, e mentre pronunciava le
ultime due parole, la voce si fece più acuta, frustrata.
“Nemmeno
voi?”, chiese allora Mulder in tono beffardo.
Ronald
piegò gli angoli della bocca in un sorriso sprezzante.
Fece
un cenno ad Annebeth, che accese una grande lampada
portatile e la fissò ad un gancio arrugginito che pendeva dal centro del
soffitto.
Subito
una luce più intensa si sparse per la stanza, anche se non riusciva ad
illuminare proprio tutti i suoi decrepiti dettagli.
Scully,
che fino a quel momento, approfittando della distrazione dei Fresty, aveva continuato a torcere i polsi, strizzando gli
occhi per la luce improvvisa, si accorse di un punto della camera che prima non
aveva notato, perché era situato nell’angolo più buio.
Appena
lo vide, prese a contorcere i polsi con più foga, riuscendo in minima parte ad
allentare le corde, anche se la rabbiosa frizione le stava segando la pelle,
procurandole fitte di un bruciante dolore.
Mulder,
come lei si accorse, di quell’angolo.
Un
rigurgito acido gli salì in gola e lo stomaco si contrasse, preda del terrore.
Un
tavolino di legno, con le gambe mezze marce, si trovava nell’angolo di destra,
rispetto a Mulder. Ma non era il tavolino in sé a spaventare, bensì quello che
vi era poggiato sopra.
Una
serie di strumenti di tortura facevano bella mostra di sé, brillando minacciosi
alla luce della lampada. C’erano coltelli di varie misure, due seghe, forbici,
pinze e cesoie, uno strano oggetto che dava l’impressione di essere una siringa
di metallo, che Mulder riconobbe come un antico strumento usato durante
l’inquisizione per dilaniare i genitali alle presunte streghe, pezze di varie
misure e lacci emostatici.
“Voi
siete pazzi…” disse Mulder a voce bassa, come se l’orrore gli impedisse anche
di parlare.
“Ed
è proprio qui che vi sbagliate! Perché nessuno si sforza di capire?”, disse
Ronald, in tono leggermente frustrato.
“Capire?!”
chiese Scully. “Che cosa non capiamo? Che con quei coltelli ci farete solo il
solletico?”. Stava urlando, ma un tuono più forte degli altri sovrastò la sua
voce.
Ronald
e Annebeth si guardarono con uno sguardo complice e
particolarmente ammirato.
“Avete
del fegato”, disse rivolto a Scully, “A quest’ora gli altri avevano già iniziato
a supplicare e piangere… patetici!”, sputò, chiudendo gli occhi e scuotendo il
capo.
“Forse
siamo sulla strada giusta stavolta…” aggiunse cauta Annebeth.
“Forse…”
concesse con un sorrisetto Ronald. “Quello che nessuno capisce è che la nostra
è una missione!”, si accalorò poi, “Noi non ci divertiamo a torturare e
uccidere le persone, anzi! Ogni volta è una sofferenza rendersi conto che tutti
i nostri tentativi sono stati vani, che abbiamo incontrato solo persone
ipocrite ed egoiste che credevano di possedere l’amore e invece possedevano
solo una mera illusione. Noi saremmo i primi ad essere felici di poter asserire
che due persone si amano, che due persone meritano di vivere!”, fece una pausa,
leggermente ansimante per l’enfasi che aveva messo nel suo monologo, “Sarebbe
splendido se la gente riuscisse a superare la prova a cui viene sottoposta e dimostrasse
la forza del proprio amore! Se ci fossero più persone che si amano
sinceramente, il mondo sarebbe un posto migliore…”, concluse con voce stanca.
Ci
fu un momento di silenzio in cui Scully notò che Annebeth
aveva le lacrime agli occhi e assentiva debolmente, come a sottolineare la
profondità delle parole del marito.
La
situazione si prospettava terribilmente tragica. Come avrebbero potuto uscire
di lì illesi se non fossero arrivati quelli dell’FBI? Come potevano sperare di
riuscire ad ingannarli?
“Il
mondo sarebbe un posto migliore, se non esistessero persone come voi!”, li
provocò Mulder.
All’esterno
un tuono squarciò il silenzio teso e Ronald assunse un’espressione
terrificante.
“Direi
che possiamo cominciare”, disse con voce glaciale, rimettendosi la mascherina
sulla bocca.
Sia
lui che la moglie si diressero al tavolo con gli inquietanti strumenti, e
Ronald prese un coltello, mentre Annebeth gli accarezzava
un braccio e gli sussurrava qualcosa
all’orecchio.
Quando
si voltò, guardò Mulder dritto negli occhi.
“Visto
che sei così indisponente, comincerò con la tua dorata mogliettina”, la voce di
Ronald, attutita dalla mascherina, risultava terribilmente minacciosa.
“NO!”,
gridò Mulder, allora.
Il
suo incubo cominciava a diventare sempre più reale. Non poteva credere di
essere stato lui a mandare quel pazzo assassino da Scully… sarebbe stata colpa
sua…
Non
lo poteva permettere!
“Non
ci provare! NON LA TOCCARE! O GIURO CHE TI FACCIO PENTIRE D’ESSERE NATO!”, la
voce si fece più acuta ad ogni parola.
“Ah
sì?!”, replicò in tono di scherno Ronald, mentre si posizionava dietro Scully.
“E come intendi farlo?”, e scoppiò a ridere.
Scully
non si mosse, per timore che si accorgesse che le corde erano leggermente
allentate, ma fissò intensamente Mulder. Lo conosceva bene, sapeva che per
proteggerla si sarebbe fatto ammazzare seduta sante, che avrebbe sopportato le
pene dell’inferno, purché fossero risparmiate a lei. Ma per lei era lo stesso,
non sopportava l’idea di vederlo soffrire, perciò, seppur terrorizzata, era masochisticamente sollevata all’idea che, almeno per il
momento, lui non avrebbe subito le torture.
“Non
mi interessa come e quando lo farò, figlio di puttana, ma giuro che dovrai
implorarmi di ucciderti!”. La rabbia di Mulder sembrava uscire a ondate dal suo
corpo, ma la cosa non scalfì la fredda determinazione dei Fresty
a sottoporli al loro test.
“Se
hai finito di far prendere aria alla bocca, io inizierei”, disse sprezzante
Ronald.
Annebeth
si infilò un guanto di pelle, con le nocche rinforzate, e si avvicinò a Mulder.
Era
paralizzato dal terrore, gelide gocce di sudore gli colavano dalla fronte e il
cuore gli batteva all’impazzata. Non vedeva via di scampo. Se non fosse
arrivato nessuno non sarebbe finita affatto bene.
Davanti
agli occhi continuava ad esplodergli l’immagine di Scully morta, e questo non
lo aiutava affatto a concentrarsi.
Nel
suo cuore si sentiva già rassegnato. E colpevole.
Lui
lo sapeva. Sapeva che sarebbe successo qualcosa di tragico, era stato
avvertito, aveva avuto delle visioni, eppure non aveva mosso un dito per
evitare di cadere in questa situazione.
Ronald
giocò un po’ con il coltello affilato davanti agli occhi di Scully, poi lo posò
sopra il suo seno sinistro.
“Che
ne diresti…”, chiese a Mulder, lo sguardo rivolto alla lama, “… se le tagliassi
questi splendidi e floridi seni?” e fece penetrare la punta del coltello sulla
bianca pelle, facendone fuoriuscire una minima quantità di sangue, che scese a
macchiare la veste.
Scully
chiuse gli occhi e trattenne un urlo di dolore, terrorizzata.
Mulder
serrò i denti, pronto a vomitare addosso a quel bastardo tutte le offese che
conosceva, ma il pugno chiuso di Annebeth si infranse
sulla sua mascella. Sentì chiaramente la carne della bocca tagliarsi a contatto
con i denti, e il caldo sangue inondargli la lingua.
Sputò
per terra, guardando Annebeth e ignorando il dolore
alla guancia.
Ma
si voltò di scatto verso Scully, quando la sentì sussultare.
Ronald
aveva abbassato la mano che impugnava il coltello, ma aveva infilato l’altra
nella scollatura della camicia da notte.
Con
un luccichio perfido negli occhi, disse a Mulder che aveva cambiato idea, e che
sarebbe stato un delitto sprecare tutto quel ben di Dio, e che, magari, prima
avrebbe potuto divertirsi con la sua compagna.
Dalle
labbra di Mulder esplose un ruggito rabbioso.
“NON
LA TOCCARE, LURIDO BASTARDO!”. Un altro pugno si infranse sulla sua mascella e
sputò altro sangue sul pavimento.
Ma
stavolta tentò anche di assestare un calcio alla moglie di Fresty,
che, però, fu svelta e si scansò, con un’espressione esterrefatta negli occhi,
così Mulder la colpì di striscio e senza forza alla coscia.
Si
girò a guardare Ronald e provò un perverso piacere nel vedere che si era
immobilizzato, troppo sconvolto e arrabbiato per riuscire a muoversi.
Lo
vide prendere un profondo respiro, mentre toglieva la mano dal seno di Scully.
“Non
siamo noi ad essere sotto esame, Peter”, disse con voce calma, ma terribilmente
minacciosa, “quindi non provare più a fare del male a mia moglie!”. Camminò
fino a trovarsi di fronte a Scully e le assestò tre pugni, uno di seguito
all’altro, sulla guancia sinistra.
Quando
si spostò, Mulder vide che le aveva rotto un labbro, che perdeva copiosamente
sangue lungo il mento.
Respirò
affannosamente, cercando di restare lucido per poter ragionare.
Ma
la vista di Scully col volto ferito gli mandava il cervello in tilt, l’unica
cosa che sentiva era un odio cieco e una paura soffocante.
“Ti
prego, ti prego”, disse allora, provando a cambiare tattica, in tono
supplichevole, “lasciala stare. Non farle più del male. Prenditela con me.
Fammi quello che vuoi, ma non farle più del male, ti prego”.
Vide
Ronald scambiare uno sguardo strano con Annebeth, e
vide gli occhi di Scully sbarrarsi terrorizzati.
Scosse
la testa velocemente, a dirgli di no, di non farlo, ma lui le rispose con uno
sguardo duro e risoluto.
Ormai
aveva deciso.
Preferiva
di gran lunga morire, piuttosto che sapere di averla persa.
Lei
continuò a supplicarlo con lo sguardo, gli occhi le si riempirono di lacrime
disperate che le scivolarono sulle guance e andarono a mescolarsi al sangue che
le usciva dalla bocca.
“No,
non farlo!”, gli disse infine, la voce resa rauca e debole dal taglio al labbro
e dai singhiozzi trattenuti. “Maledizione!!! Non sacrificarti per me!”, urlò
disperata.
Mulder
distolse lo sguardo, risoluto a farsi uccidere, era l’unico modo che aveva per
sperare che, nel frattempo, qualcuno capisse dove erano e le fosse risparmiata
la vita.
Ronald
e Annebeth erano ancora intenti ad osservarsi, muti,
ma Mulder era sicuro che stessero comunicando,proprio come facevano lui e
Scully, senza parlare.
Nei
loro sguardi lesse dell’incredulità, nonché della speranza, ma non era sicuro
di aver interpretato correttamente l’espressione del loro viso, era ancora
troppo sconvolto per pensare lucidamente.
Scully,
intanto, aveva ricominciato a muovere le mani, con rabbia, spinta dal terrore
cieco di vederlo morire davanti agli occhi, tra atroci sofferenze.
Non
si fermò a riflettere sul perché le sembrava impossibile riuscire a vivere
senza di lui, continuò a torcere i polsi, pregando silenziosamente che
arrivassero i soccorsi.
Ronald,
dopo aver dato un bacio a fior di labbra alla moglie, si rimise la mascherina e
andò al tavolo, dove posò il coltello e prese le pinze.
Si
fermò davanti a Mulder, negli occhi un luccichio eccitato.
Mulder
sostenne il suo sguardo penetrante.
“Saresti
davvero disposto a soffrire, a morire, per lei?”, chiese Ronald, mentre Annebeth si avvicinava con una forbice.
“Si!”,
rispose Mulder risoluto.
“Ne
sei sicuro?”, disse Ronald, prendendogli il mignolo della mano sinistra e
schiacciandoglielo con le pinze.
Mulder
trattenne un urlo, stringendo i denti, fino a sentirli scricchiolare. Fece un
respiro spezzato, poi rispose nuovamente di sì.
“Sicuro?”,
ripeté Ronald assestandogli un violento calcio alle parti basse.
Mulder
gridò, mentre un dolore pulsante, che partiva dai testicoli, gli attraversava
lo stomaco, i polmoni, il petto e gli esplodeva nel cervello.
Aprì
la bocca, per cercare di riprendere il fiato che gli era mancato durante il
colpo, e riaprì gli occhi, tremante.
“Si…”,
sibilò con voce stanca.
“Anche
se te lo tagliassi?”, la perfidia nello sguardo dell’assassino. La beffa nella
voce.
E
dicendolo gli diede un'altra potente ginocchiata.
Mulder
gridò di nuovo, il dolore raddoppiato rispetto a prima.
Gli
occhi gli si riempirono di lacrime, i polmoni si rifiutarono di ricevere aria e
sentiva il suo basso ventre come fosse avvolto da fiamme vive.
Ma
si sforzò di parlare.
“Senza…
di lei… non… me ne… farei… niente…”, riuscì infine a dire, la voce rauca e
spezzata.
Anche
se aveva gli occhi velati di lacrime, gli parve di notare una scintilla di
entusiasmo negli occhi dei Fresty, ma non ebbe tempo
di soffermarsi su di loro, perché un movimento alla sua destra lo distrasse.
Scully
era riuscita a liberarsi.
Le
urla di dolore di Mulder l’avevano colpita nel profondo, facendola sussultare e
piangere di disperazione, ma l’avevano anche resa determinata. Si era messa a
tirare senza sosta, slogandosi un polso, ma non gli importò. Quando sentì la
corda cedere del tutto sotto le dita, provò un sollievo immediato. Almeno
avrebbe potuto provare ad ucciderne uno.
Lentamente,
si arrotolò le estremità ai polsi, poi, senza fare rumore, passò la corda sul
collo di Ronald e iniziò a tirare più forte che poteva, ignorando il dolore
lancinante alla mano.
Annebeth
rimase per un attimo interdetta, e Mulder ne approfittò. Raccolse tutte le sue forze,
anche se non fu semplice muovere la gamba, e le assestò un violento calcio in
pieno stomaco.
Annebeth
cadde a terra, ansimante, lasciando cadere la forbice e portandosi le mani al
ventre.
Scully
continuava a tirare, mentre Ronald cercava di liberarsi di lei, divincolandosi
e prendendole i polsi.
Ad
un certo punto buttò indietro la testa con rabbia, ma Scully fu svelta ad
abbassarsi, perdendo, però, la presa salda sul suo collo.
Mulder
osservava la scena inerme, il dolore alle parti basse, se possibile, era
aumentato, ma quello non sarebbe stato un problema. Non aveva la possibilità di
aiutarla legato com’era!
Poi
successe tutto in fretta.
Ronald
si accasciò a terra, cercando di riprendere fiato, mentre Annebeth
si rialzava e afferrava una lunga sbarra di ferro, nascosta sotto il tavolino.
Scully era piegata sul marito, nel tentativo di strozzarlo di nuovo e non la
vide arrivare.
“NOOOOOOOOOOOO!!!”, gridò Mulder.
Scully
alzò lo sguardo appena in tempo per vedere la spranga incombere su di lei.
Si
scostò un poco, ma Mulder vide ugualmente la sbarra infrangersi sulla sua
tempia destra, dalla quale cominciò a sgorgare una notevole quantità di sangue.
“NOOOOOOOOOOO!!! SCULLYYYYY!!!”, gridò di nuovo, la disperazione e il terrore
avevano preso possesso di tutto il suo essere, mentre guardava Scully cadere a
terra, priva di sensi, come fosse al rallentatore.
Trambusto
Voci
concitate
Passi
veloce sulle scale
“FBI!
MANI IN ALTO!!!”.