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Autore: Angel Of Fire    13/01/2019    7 recensioni
I ricordi sono cicatrici del destino...
"Dopo la fine della Grande Guerra Galattica, Rey aveva sperato di potersi lasciare tutti i brutti ricordi alle spalle, ma non era stato affatto facile ricominciare una nuova esistenza, dopo quello che era successo. C'era ancora una questione che aveva lasciato in sospeso su Jakku, qualcosa che aveva seppellito sotto quelle stesse distese di sabbia, che avevano fatto da monotona cornice alla sua vita, per tanto tempo. Quel qualcosa, pian piano, premeva per riemergere."
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#Reylo Post ep.IX
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Rey
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Leia'
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Ritorno su Jakku - 1



I ricordi sono cicatrici del destino




RITORNO SU JAKKU



* * *


PRIMA PARTE



Il Millenium Falcon uscì dall'Iperspazio col solito violento scossone. Come da consuetudine, Rey si sentì strattonare dalla cintura di sicurezza della poltrona del copilota.

Strizzò gli occhi, arricciò le labbra ed imprecò in qualche strana lingua: si era impegnata a fondo per cercare di eliminare quel difetto fastidioso, ma alla fine aveva dovuto arrendersi. Esistevano cose che esulavano dalle sue capacità di astro-meccanico. O forse, più semplicemente, quel dannato pezzo di ferraglia si divertiva a prendersi gioco di lei.

Si liberò dalla cintura e gettò lo sguardo oltre il vetro del cockpit: il suo pianeta natale, con la sua vasta superficie rossiccia, leggermente screziata di viola, appariva immenso e luminoso, nel nero dello spazio.

Per un istante l'assalì un assurdo senso di paura.

Dalla poltrona del pilota provenne un sospiro. Ben si voltò verso di lei e le riservò un'occhiata perplessa. «Sei sicura di volerlo fare? Sei ancora in tempo per cambiare idea, non siamo del tutto a corto di carburante.»

Rey non poteva obiettare, l'ultima volta si erano riforniti abbastanza da poter raggiungere almeno tre sistemi e quasi fu tentata di chiedergli di invertire la rotta.

Inspirò, deglutì a vuoto e si concesse ancora qualche secondo per riflettere. Si rendeva conto che anche per lui non fosse facile: Jakku rappresentava il teatro dell'ennesimo massacro compiuto per volontà del Primo Ordine, era comprensibile che si sentisse a disagio. Per lei, invece, quella grossa roccia desertica, ormai dimenticata dal resto della galassia, era stata una casa. Tutto era iniziato da lì e, in un certo senso, era giunto il momento di chiudere il cerchio.

Erano anni, ormai, che non ci rimetteva piede ma, non appena l'enorme globo le si era materializzato difronte, una miriade di ricordi le avevano affollato la mente e si era ritrovata a rivivere quella fuga rocambolesca che l'aveva portata ad affrontare il suo destino, ad anni luce di distanza.

Dopo la fine della Grande Guerra Galattica, Rey aveva sperato di potersi lasciare tutti i brutti ricordi alle spalle, ma non era stato affatto facile ricominciare una nuova esistenza, dopo quello che era successo. C'era ancora una questione che aveva lasciato in sospeso su Jakku, qualcosa che aveva seppellito sotto quelle stesse distese di sabbia, che avevano fatto da monotona cornice alla sua vita, per tanto tempo. Quel qualcosa, pian piano, premeva per riemergere.

Ora che tutto era finito, e che nella Galassia era stato ristabilito l'equilibrio, si rendeva conto che non avrebbe potuto guardare con serenità e fiducia al futuro, finché non avesse infranto anche l'ultima barriera ed affrontato la parte più intima e oscura di sé.

Annuì con decisione e Ben si dimostrò consenziente, sebbene a malincuore.


*


Penetrarono nell'atmosfera del pianeta e giunsero nel bel mezzo delle Goazone Badlands. Il Falcon si posò dolcemente, ondeggiando, nello spazio fra due alte dune, sollevando piccoli sbuffi di sabbia.

Come al solito, Ben aveva effettuato un atterraggio da manuale e Rey si dimostrò leggermente invidiosa: aveva sempre avuto il sospetto che quel vecchio catorcio, avesse delle preferenze in fatto di piloti; di sicuro aveva un debole per il comandante Solo, visto quanto si dimostrava docile e accondiscendente, quando c'era lui ai comandi.

«Le dune non sono un nascondiglio sicuro, le tue vecchie conoscenze non ci metteranno molto ad individuarci, dobbiamo fare in fretta.» Il tono agitato di Ben la distolse brutalmente dai suoi ridicoli paragoni; aveva ragione, qualunque risposta stesse cercando in quel luogo, doveva sbrigarsi a trovarla.

Lasciarono entrambi la cabina di pilotaggio e si diressero nella hall principale per prepararsi alla discesa, ma BB-8 li accolse tutto agitato. C'era un problema con gli scambiatori di calore, nulla di particolarmente grave, era il solito intoppo di quella carretta che cadeva letteralmente a pezzi. Gli scambiatori andavano semplicemente ricalibrati, e ci avrebbe pensato il piccolo droide a mettere le cose a posto, durante la loro assenza.

Ben rovistò in un contenitore, accanto alla postazione computerizzata e, dopo diverse imprecazioni, finalmente ne tirò fuori, soddisfatto, un rilevatore di metalli ad onde soniche e si caricò lo zaino sulle spalle.

Rey riempì due capienti borracce che sistemò nella sua sacca, insieme ad altri generi di prima necessità, poi attirò a sé la sua fedele asta e se la mise a tracolla. Anche se non avevano messo piede sul suolo di Jakku, già riusciva a percepire la pericolosa aria familiare. Infine scambiò un'occhiata d'intesa con Ben, per confermargli che era pronta per affrontare la missione.

Lasciarono il mercantile lentamente, con circospezione, seguendo le coordinate indicate dal sonar. Superarono un'alta duna e scesero lungo il crinale, raggiungendo una zona più pianeggiante.

Rey diede una rapida occhiata col binocolo da scout*, zoomando su una vasta area di deserto, ma di quello che stavano cercando non c'era traccia: all'orizzonte si stagliava solo un'interminabile distesa di sabbia, sulla quale il sole picchiava duro. «Sei sicuro che sia questa la direzione giusta?» Chiese dubbiosa.

Ben picchiettò un paio di volte con l'indice sullo schermo del sonar. «Se queste solo le Goazone Badlands e questo affare funziona correttamente, direi di sì. Quello che stiamo cerando si trova là sotto. Rilevo una massa metallica di considerevoli dimensioni.» Indicò una piccola duna anomala a circa cinquecento metri di distanza.

Proseguirono rapidi, sotto gli aggressivi raggi del sole ma, a circa metà strada, Rey dovette fermarsi per rifocillarsi. Si attaccò alla borraccia e bevve voracemente generosi sorsi d'acqua come se non si fosse dissetata da giorni, poi si pulì le labbra col dorso della mano. Si rese conto, con rammarico, di non essere più abituata alle lunghe camminate sotto quelle temperature estreme. Dovette inspirare ampie boccate d'aria per riprendere fiato.

Rivolse lo sguardo accaldato al suo compagno, gli passò la borraccia e si accorse che la stava già studiando cupo e preoccupato.

Ben non aveva preso affatto bene l'idea di tornare su Jakku, fin dal primo momento in cui gliel'aveva proposta. Era sicuro che lei, ormai, avesse chiuso con il suo passato, e che sarebbe stato un rischio inutile. Aveva dovuto faticare parecchio per convincerlo, ma alla fine aveva accettato di accompagnarla, più che altro per evitare che si cacciasse nei guai.

«Non guardarmi come se dovessi stramazzare a terra da un momento all'altro. Ho solo un po' di affanno» lo rassicurò, vedendolo inquieto e sul punto di caricarsela sulle spalle e riportarla alla nave. «Muoviamoci, dai. Ormai ci siamo quasi.» Il tono fiducioso di Rey non riuscì a tranquillizzare del tutto Ben, che si limitò a seguirla scuotendo la testa con riluttanza.

Non appena ebbero raggiunto la piccola duna, Rey si fermò, chiuse gli occhi ed iniziò a concentrarsi. Espanse i suoi sensi e finalmente riuscì a percepire qualcosa: vibrazioni, sensazioni, un lontano senso di appartenenza, e ne fu inaspettatamente felice.

Nel deserto di Jakku il paesaggio era in continua metamorfosi ed evoluzione, le dune si spostavano, lentamente, impercettibilmente, sotto la costante spinta del vento. Era quasi impossibile sapersi orientare, senza avere degli strumenti adeguati; eppure lei riusciva a sentire l'aria di casa, il profumo familiare della sabbia rovente, che in alcuni momenti della giornata si mischiava all'acre odore metallico del Cimitero delle Astronavi, non molto distante da lì. Riconosceva il profilo lontano dell'altopiano di Plaintive Hand che aveva osservato infinite volte al tramonto, quando finalmente poteva concedersi una meritata cena, dopo una dura giornata di lavoro.

Non c'erano dubbi: sotto quel grosso cumulo di sabbia c'era la sua casa, il caro, vecchio, camminatore abbattuto dall'Alleanza Ribelle durante l'epica battaglia di Jakku. Riposava nascosto sotto la sabbia, coricato su un lato, come un grosso gigante addormentato e, forse, era riuscito a scampare agli sguardi avidi dei mercanti di rottami.

Ben girò attorno alla piccola collina, analizzando i dati provenienti dal sonar, poi le fece cenno di avvicinarsi e le mostrò sullo schermo i risultati della scansione ravvicinata.

«Siamo fortunati. Sembra che sia sepolto solo da un abbondante mezzo metro di sabbia. Ci penserai tu a tenere a bada gli scava rifiuti che si saranno già appostati tutt'intorno, mentre dissotterro questo affare, vero?» Quella specie di battuta non la fece affatto sorridere.

«Sei sempre il solito disfattista» lo zittì, studiando attentamente la scansione che roteava in più direzioni e che rappresentava con delle sottili linee rosse, l'intero scheletro del camminatore. «L'ingresso si trova proprio sotto la pancia, tra le gambe dell' AT-AT, non occorre dissotterrarlo tutto» gli indicò il punto sullo schermo, «qui lo strato di sabbia è davvero esiguo» tenne a precisare rifilandogli un'occhiata corrucciata.

Il desiderio di Ben di lasciare al più presto quel pianeta era palpabile, Rey riusciva a percepire in modo chiaro la sua preoccupazione e questo la rendeva fastidiosamente irrequieta. Ma non poteva biasimarlo: lui era abituato ad avvertire ogni infinitesima sfumatura di pericolo in qualsiasi situazione e, soprattutto, a non fidarsi della quiete apparente. Le sue emozioni fremevano nella Forza e la penetravano completamente contribuendo ad accrescere la sua ansia. Ma non sarebbe fuggita via un'altra volta senza essere prima riuscita a placare quelle voci che continuavano a ronzarle nella testa e a dare una spiegazione razionale ad un sogno che la tormentava, ormai in modo ricorrente.

Ben assottigliò lo sguardo e le lanciò una delle sue occhiate più cupe: doveva arrivarle forte e chiaro il messaggio che le stava facendo un immenso favore. Le piantò lo scanner tra le mani e si avvicinò al punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il famigerato passaggio.

Rey sorrise vittoriosa fino a quando non intuì le sue intenzioni. «Cosa credi di fare?» lo aggredì, vedendo che aveva già teso la mano e si stava preparando a richiamare la Forza per spazzare via la sabbia.

«A te cosa sembra?» si dimostrò sorpreso di dover giustificare l'ovvio.

Rey gli si mise di fronte, puntando i pugni ai fianchi e bloccando ogni suoi intento. «Non ci pensare nemmeno, l'ondata di sabbia che provocheresti attirerebbe qualunque scava rifiuti si trovi nelle vicinanze, oltre a rendere l'aria irrespirabile e il relitto inavvicinabile per un bel pezzo.»

Ben non riuscì a trattenere una risata sarcastica. «I tuoi cari Teedos**, e chissà cos'altro, ci hanno già avvistato nel momento in cui abbiamo messo piede sul pianeta. Staranno facendo a gara con gli scagnozzi di Unkar Plutt... Il Falcon è un bottino succulento e le piccole trappole che ho piazzato tutto intorno, non serviranno a tenerli lontano a lungo. Non abbiamo tempo da perdere. Spostati.»

Rey non poté fare a meno di ringhiare senza muoversi di un millimetro. «Hai la pretesa di conoscere questo posto meglio di me? I Teedos viaggiano sui Luggabeast***, anche se ci avessero avvistato, cosa di cui dubito, ci metterebbero ore ad arrivare. E per quanto riguarda Unkar Plutt... non credo che sia interessato ancora a quel pezzo di ferraglia, dopo il brutto incontro che ha avuto con Chewbacca... Perciò scordati l'uso della Forza, il patto era che non avremmo dovuto dare nell'occhio» gli ribadì, fissandolo perentoria.

Ben assottigliò lo sguardo e si dimostrò diabolicamente curioso. «Che è successo con Chewbacca?» La parola discrezione nel suo vocabolario proprio non esisteva.

Rey esitò qualche istante prima di rispondergli, quell'episodio risaliva ancora ai tempi in cui si rincorrevano per tutta la Galassia, cercando di ammazzarsi a vicenda e non era di certo un bel ricordo da riesumare. «Beh, ecco... Plutt aveva nascosto un tracciatore sul Falcon e ci seguì su Takodana. Quando ha cercato di vendicarsi e di riprenderselo, Chewbe è intervenuto e gli ha staccato un braccio di netto****.»

A quella rivelazione Ben rise di gusto, immaginandosi la scena. «Quella palla di lardo ha avuto quello che si meritava.» Esclamò con soddisfazione, come se avesse voluto farlo lui stesso, ma il suo entusiasmo durò ben poco. «Ora torniamo a noi due: non pretenderai che scavi con le mani, spero...» Lo sguardo da cucciolo di Rancor che le riservò, riuscì quasi ad impietosirla.

«Certo che no. Nello zaino deve esserci una pala pieghevole.» Il suo suggerimento (che aveva tutta l'aria di un ordine) venne accolto con un grugnito ed un'occhiata inferocita, ma lei non ammise proteste, sollevò un sopracciglio e si dimostrò irremovibile. «Non pretenderai che scavi io.»

Lo sguardo di Ben roteò nevrotico su di lei e inaspettatamente si addolcì, scosse la testa e alzò gli occhi al cielo rassegnato.

Rey sorrise soddisfatta nel vederlo fare retromarcia a pugni stretti, e dirigersi verso lo zaino, imprecando sottovoce.

La consapevolezza di non potergli dare una mano, avrebbe dovuto farla sentire in colpa, invece riuscì solo a trovare la circostanza estremamente divertente. Non gli avrebbe fatto male un po' di movimento per scaricare la tensione.


*


Ben aveva una corporatura possente ed una resistenza fuori dal comune, Rey lo sapeva bene perché lo aveva sperimentato più volte di persona, sia quando erano nemici, sia in circostanze molto più piacevoli, da quando avevano iniziato ad essere una coppia. Tuttavia, il clima infernale di Jakku ebbe il potere di farlo vacillare, benché ormai fossero vicini al tramonto e il sole si era ridotto ad una grossa palla infuocata che tingeva di rosso gli strati più bassi dell'atmosfera.

Dopo essersi liberato della giacca di pelle scura e della camicia grigia, che gli si era fastidiosamente appiccicata alla schiena sudata, diede fondo a tutta la sua riserva d'acqua, rimanendo in pantaloni, stivali e cinturone. Ma Rey era sicura che gli restava ancora un bel po' di fiato e abbastanza energie per riuscire a sgomberare il passaggio a colpi di pala.

Impietosita dai suoi sforzi, gli spiegò che non era stata affatto una buona idea liberarsi dei vestiti per resistere al caldo secco e ardente, perché avrebbe solo rimediato una bella scottatura e una potente disidratazione. Ma i suoi preziosi consigli di sopravvivenza riecheggiarono nel silenzio del deserto, senza venire accolti.

Aspettò pazientemente, seduta lungo il dorso di una duna, ben coperta dai suoi vecchi stracci di lana grezza che avevano il potere di mantenerla fresca ed isolata dalla calura e si limitò ad osservarlo scavare, sudato e arrabbiato, sotto i raggi roventi a torso nudo, con i capelli corvini spettinati ed appiccicati attorno al viso.

Dopotutto non le era andata male: la visione dei suoi bicipiti e degli ampi pettorali in tensione, aveva sempre avuto il potere di risvegliarle brutalmente istinti primordiali.


Non appena Ben ebbe finito di liberare il passaggio, scaraventò la pala talmente lontano da non essere più visibile ad occhio nudo. Recuperò l'anonima camicia e la giacca, con le quali si mimetizzava alla perfezione tra le bande di contrabbandieri e i trasportatori di spezie, le scrollò dalla sabbia che già vi si era accumulata, e fece cenno a Rey di entrare per prima. Mai come in quel momento si ritrovò a rimpiangere le uniformi del Primo Ordine, che almeno erano dotate di sofisticati sistemi di termoregolazione. «Sua signoria può accomodarsi» ironizzò ancora ansimante, con lo sguardo stravolto e furente, ma a Rey riuscì a suscitare solo un infinito senso di tenerezza ed ammirazione per non averle fatto muovere neanche un dito.

L'ex scava rifiuti si rialzò a fatica dalla sua posizione aiutandosi con l'asta e lo raggiunse con poche falcate, affondando gli stivali nella sabbia, poi gli porse un telo col quale avrebbe potuto asciugarsi il sudore che gli colava abbondantemente lungo le tempie. Piantò il suo bastone poco lontano dai piedi di Ben, e si inginocchiò per scivolare dentro l'AT-AT.

L'interno del tunnel era angusto, completamente buio e maleodorante.

Prima di addentrarsi, Rey aprì uno sportello che si trovava alla sinistra del condotto, nel quale vi era un tastierino che azionava un rudimentale sistema di sicurezza, che aveva inventato per evitare che il suo rifugio venisse saccheggiato nei periodi in cui era a caccia di rottami. Digitò il codice ma non accadde nulla, il camminatore era completamente privo di energia.

Rey si rese conto che gli accumulatori esterni ed il pannello ad energia solare erano scollegati ed era la prova che il suo nascondiglio era stato violato già da un pezzo.

Accese un' eco-torcia, se la mise tra i denti e proseguì carponi fino a quando non raggiunse il diaframma che fungeva da portello, con il quale si riparava durante la notte e nelle lunghe tormente di sabbia. Spinse verso l'interno con una spallata per disincagliarlo, lo gettò a terra sollevando un po' di sabbia e, finalmente, riuscì a penetrare nel ventre del camminatore. Tossicchiò un paio di volte per espellere la polvere sottile che aveva inevitabilmente inalato, e subito sentì provenire dall'esterno le proteste di Ben. «Ehi! Va tutto bene là dentro?»

Lentamente si rimise in piedi, diede una rapida occhiata tutt'intorno, illuminando il più possibile con la torcia, e poi si affacciò nel passaggio per fargli cenno di raggiungerla. «È tutto a posto, non c'è pericolo.»

Ben soffocò l'istinto di afferrarla per i capelli e riportala al mercantile, ma si trattenne. A volte, l'unico modo di farla ragionare era ricorrere alle maniere forti, ma si obbligò ad essere paziente. Strisciò nel tunnel imprecando, trascinandosi dietro anche lo zaino; si era appena rivestito e liberato della sabbia che gli si era appiccicata dappertutto, ed ora era di nuovo al punto di partenza.

Si sollevò nel locale angusto e si rese conto che, in piedi, ci stava a malapena, si scrollò dalla sabbia e poi si sforzò di mettere a fuoco quel poco che riusciva ad intravvedere nel buio. Non appena si mosse, sbatté la fronte contro qualcosa di solido che pendeva dal soffitto, inciampò in un paio di rottami che gli si erano intrecciati tra i piedi e, per poco, non ruzzolò a terra. «È il caso di fare un po' di luce se non vogliamo rischiare di ammazzarci» le suggerì sarcastico.

Rey sospirò scoraggiata. «Purtroppo non c'è più energia, avevo un piccolo sistema di sicurezza per proteggere l'ingresso, ma hanno fatto saltare anche quello, se sono riusciti a penetrare all'interno credo che abbiano lasciato ben poco.

Ben rovistò alla cieca nello zaino e tirò fuori un'altra eco-torcia più potente. Rey si guardò intorno e sussultò, non avrebbe mai creduto che un tale scempio avrebbe potuto farle così male, e si coprì la bocca con le mani per non urlare: del suo piccolo rifugio, che l'aveva protetta per anni dalla calura diurna e dal gelo delle notti desertiche, non restava altro che un cumulo di inutile immondizia buttata qua e là. I mercanti di rottami, avevano portato via tutto quello che poteva essere riutilizzato e riciclato, lasciando solo alcuni stracci, mensole e vettovaglie rotte. Persino le bellissime lampade create dagli artigiani del villaggio di Tuanul*****, e che gli aveva donato un seguace della Chiesa della Forza, non erano scampate alla razzia.

«Mi dispiace...» Ben fu costretto ad ammettere, di fronte a quel disastro, «ma davvero ti eri illusa di ritrovare tutto come lo avevi lasciato?»

Rey chinò il capo avvicinandosi a un pezzo di amaca sospesa dal soffitto, che un tempo era stato il suo giaciglio. Accarezzò la corda dalla quale pendeva il telo strappato, sbrindellato e intriso di polvere e sabbia, e sospirò amaramente.

Lontani e dolorosi ricordi iniziarono a tornare a galla. Quante volte si era addormentata dondolandosi, avvolta nei suoi stracci, nelle fredde e interminabili notti? Quante volte si era illusa che fossero mani amorevoli e familiari a cullarla? Quando invece erano soltanto gli spifferi impietosi del vento che si infiltravano ovunque, a muovere le corde che pendevano dal soffitto.

Non c'era più traccia della sua cucina ad induzione di calore, dei suoi preziosi distillatori d'acqua che in più di un'occasione le avevano impedito di morire di sete.

Camminò barcollando attraverso il ciarpame e raggiunse la parte più interna del rifugio, dove custodiva il computer di volo recuperato da un Ala-Y, dal quale aveva appreso tutto ciò che conosceva sulle astronavi, sui sistemi di pilotaggio e da cui aveva imparato diverse lingue, tra cui anche il droide binario con cui aveva potuto comunicare con BB-8; lo aveva trovato quando era poco più di una bambina, ed aveva subito capito che, alcune cose, sarebbe stato più saggio tenerle per sé, anziché venderle ad Unkar Plutt.

Cercò in modo spasmodico tra i pezzi di lamiere tagliate malamente, sollevandole e scaraventandole da ogni parte, ma del computer ovviamente non vi era più traccia. Era riuscita soltanto a smuovere abbastanza polvere da rendere la vista e la respirazione più difficoltose.

Ben la raggiunse e la prese dolcemente per le spalle, distogliendola da quella ricerca frenetica e affannosa. Si stupì di se stesso per la pazienza che stava dimostrando in quel frangente. «Smettila. Vuoi rischiare di tagliarti? Qua sotto non c'è più niente. Niente per cui valga la pena arrabbiarsi.» Non voleva essere brutale, ma non era nella sua indole dare false speranze.

Rey si liberò dalla sua presa, decisa a proseguire, evitò di dargli ascolto, sentiva chiaramente che quel luogo aveva ancora qualcosa da mostrarle, da svelarle, e non si sarebbe arresa tanto facilmente.

Puntò la torcia contro l'angolo più interno e buio e qualcos'altro attirò la sua attenzione: il pannello metallico sul quale aveva segnato, ad uno a uno, tutti i giorni in cui aveva atteso invano il ritorno dei suoi, su quel pianeta. Si diresse, tremando, verso quei segni. Passò i polpastrelli delle dita su ognuno di essi, lungo ogni fila, quasi a voler ripercorrere, in pochi istanti, gli anni di solitudine che era stata costretta a sopportare. Erano stati tanti, interminabili, eppure erano passati... Strinse le labbra e ingoiò un groppo amaro. Un assurdo senso di dolore si impadronì dei suoi sensi. Ma subito un leggero solletico, proprio sotto lo stomaco, le ricordò che adesso non era più sola. Lo sapeva. Lo sentiva. Eppure c'era ancora qualcosa che le mancava.

Qualche metro più indietro, la voce profonda di Ben la fece voltare: «Guarda qui. A quanto pare, fin da piccola sapevi già da che parte stare.» Lo disse arricciando il naso con finto disgusto, facendo penzolare, tra l'indice e il pollice, i resti di quello che sembrava un vecchio pupazzo arancione, che aveva tutta l'aria di rappresentare un pilota della resistenza a cui mancava una gamba.

Rey sgranò gli occhi, si precipitò verso di lui, si appropriò del pupazzo in malo modo e poi lo osservò tra le mani, incredula e commossa; i mercanti di rottami si erano portati via tutto, ma almeno le avevano lasciato i suoi ricordi più preziosi. Si portò quei pochi resti accanto al viso chiudendo le palpebre e poi iniziò ad ansimare.

Nel vederla così agitata, a Ben scattò qualcosa dentro e agì d'impulso, richiamò a sé la Forza, e con un unico gesto della mano fece saltare verso l'esterno tutta la parete in cui si innestava il cunicolo d'ingresso, permettendo finalmente alla luce e all'aria di penetrare. Si era trattenuto dal farlo anche troppo a lungo, e non gli importava nulla delle eventuali conseguenze.

Rey sussultò per il forte rumore di lamiere accartocciate e per la sorpresa. «Non potevi proprio farne a meno, eh?» lo rimproverò accigliata, pulendosi il viso sudato e appiccicaticcio di polvere. Di sicuro quel gesto aveva sollevato una considerevole colonna di sabbia che non sarebbe passata inosservata.

«In questo buco si soffoca e tu hai bisogno di ossigeno!» Fu la reazione rude ma sincera di Ben. «Ne ho abbastanza di questo ammasso di immondizia. Ti sta soltanto facendo agitare più del dovuto e questo non fa bene né a te, né a nostro figlio!» le urlò contro, indicando, con un cenno del capo, quello che Rey ancora si ostinava a nascondere sotto l'ampia casacca.

La giovane jedi lo guardò con aria stravolta e poi, chinando la testa annuì, come se si fosse smarrita e Ben le avesse mostrato di nuovo la via. Il pupazzo scivolò a terra e posò entrambe le mani sul ventre, che aveva appena iniziato ad arrotondarsi.

«Hai ragione... il bambino è agitato. Lo è da quando faccio quello strano sogno. Non so che cosa mi stia succedendo, o cosa voglia dire. Ma ho bisogno di risposte. Credevo di poterle trovare quaggiù. Evidentemente mi sbagliavo.»

Ben le si avvicinò addolcendo lo sguardo, dimostrandosi più comprensivo e lei si gettò contro il suo petto ampio lasciandosi stringere dalle sue braccia forti. Gli fu infinitamente grata di essere lì, in quel momento critico. Era l'unica persona che voleva accanto e che avrebbe voluto al suo fianco per sempre.

«Cosa c'entra il bambino con tutta questa storia?» Le chiese preoccupato, posandole una mano sulla pancia, nella speranza di riuscire a placare l'inquietudine del piccolo che continuava a dimenarsi.

«Da qualche tempo sogno una donna... si avvicina, si china verso di me e mi sorride, il suo viso è sporco di grasso e lubrificante, come quello di ogni mercante di rottami... ed è così giovane. Non ho idea di chi sia... Mi guarda con i suoi occhi chiari e tristi e sembra che stia soffrendo. Non è arrabbiata con me, non vuole farmi del male. Mi porge soltanto uno strano fiore e non smette di fissarmi come se volesse dirmi qualcosa.»

Ben sospirò spazientito. «E allora? Cosa c'entra tutto questo con Jakku? Qual è il collegamento?»

«Ho già visto quel fiore, lo conosco. Credo che cresca non lontano da qui... ma per quanto mi sforzi, non riesco a ricordarne il nome.»

Ben scosse la testa contrariato. «Tutto questo è semplicemente assurdo. Stiamo rischiando la pelle per un sogno che potrebbe non voler dire nul...»

All'improvviso un rumore sordo alle loro spalle, attirò in modo inquietante l'attenzione di entrambi, facendoli sussultare. Ben spinse Rey dietro di sé, con l'intento di proteggerla e si avvicinò cauto, al punto dove aveva sentito lo schianto. Rovistò tra il ciarpame e ne tirò fuori un malandato casco della resistenza. Probabilmente il movimento d'aria che aveva generato, sfondando la parete, lo aveva fatto scivolare dall'appiglio a cui era agganciato.

Se lo rigirò interessato tra le mani, fino a quando non scorse la curiosa scritta in Aurebesh incisa su un lato. Alzò gli occhi verso Rey e la guardò con piglio interrogativo, pretendendo spiegazioni. «C'è scritto Ræh... »

L'ex scava rifiuti annuì, stringendosi nelle spalle. All'improvviso si sentiva spaesata, aveva freddo, nonostante le temperature fossero ancora proibitive, ed evitò cauta i suoi occhi scuri, di fronte ai quali era impossibile mentire.

«Da dove arriva questo affare?» Il tono di Ben invece si stava facendo più aggressivo e non ammetteva esitazioni.

«Dall'X-wing del comandante Dosmit Ræh... è da lì che ho recuperato molte cose» gli spiegò con sincerità, consapevole delle conseguenze.

«Ræh ha una vaga somiglianza con Rey» insinuò lui, senza mezzi termini, cercando in modo spasmodico il suo sguardo, per avere la conferma che quel suo terribile sospetto avesse un minimo di fondamento. «Anzi, si può dire che la pronuncia sia molto simile» insistette, deciso ad arrivare fino in fondo a quella spiacevole faccenda. Ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere fu di vedere la sua compagna chiudersi ancora più in se stessa, incrociare le braccia per proteggersi il grembo e piegarsi, per andarsi a sedere su una cassa sgangherata.

A Ben invece si gelò il sangue. «Rey non è il tuo nome, vero? Anche questo è solo un'invenzione.»

Rey chiuse gli occhi, serrò la mascella, ma nonostante sentisse la tensione salire ai massimi livelli tra loro, evitò di ribattere.

«Rispondi!» Il tono di Ben era diventato minaccioso e la fece sussultare, quasi spaventare, ma si ostinò a rimanere in silenzio.

A quell'ennesimo rifiuto, Ben si alterò visibilmente. «Cosa ti hanno fatto di così terribile i tuoi genitori da spingerti a rifiutare persino il tuo nome? Perché ti ostini a nascondere a te stessa la verità? Di cosa hai paura ancora? È per questo assurdo motivo che siamo venuti fin qui e stai mettendo in pericolo nostro figlio?» urlò scaraventando il casco contro una parete e mandandolo in frantumi.

Rey non si mosse da dove era seduta, si rese conto che quello che Ben aveva detto era la pura verità e non aveva più la forza di reagire, sollevò il viso stravolto, mentre le lacrime sgorgavano copiose dai suoi occhi lucidi e ambrati. «Non lo ricordo il mio vero nome...» gli confessò in un sussurro, poi prese a tremare e singhiozzare.

Ben rimase in piedi ad osservarla ansimando, rendendosi conto di aver pesantemente esagerato; per quanto si sforzasse di comprendere quella situazione, non riusciva ad accettare che Rey, o in qualunque altro modo si chiamasse, non riuscisse a lasciarsi alle spalle quel dannato pianeta, e soprattutto il suo doloroso passato.

I suoi genitori l'avevano venduta come un oggetto, lo aveva visto limpido e chiaro, e ancora più chiaramente li aveva visti morti in una fossa comune nel deserto di Jakku, come feccia criminale. Il trauma di quell'abbandono le aveva fatto addirittura dimenticare il suo vero nome. Perché si ostinava a rimanere attaccata a quei ricordi, inutili e dolorosi, cosa sperava di trovare, cosa credeva di dimostrare? Perché continuava ad averne bisogno?

Si riavvicinò titubante, già pentito per la sua reazione esagerata, e le si inginocchiò di fronte per riuscire a catturare meglio i suoi occhi. Sentiva l'inquietudine della loro creatura, amplificata dal precario stato emotivo di Rey. Le posò entrambe le mani sulle spalle e cercò di tranquillizzarla, prima che la situazione degenerasse. «Scusami, non volevo che finisse in questo modo. Andiamo via. Non c'è niente qui per noi, abbiamo altro a cui pensare, adesso.» Le sue dita scivolarono lungo il collo esile della ragazza, raggiunsero il suo viso e lo accarezzarono.

Le guance di Rey erano rigate di lacrime. Era confusa, agitata, il cuore le batteva a mille, ma tentò ugualmente di dargli una spiegazione. «I miei genitori mi hanno lasciata qui per un motivo, lo sento, ne sono sicura. Hanno cercato di proteggermi. Non so da chi, o da cosa... ma io devo scoprirlo, non voglio ricordarli solo come dei vigliacchi che hanno venduto la loro unica figlia per farsi una bevuta. Mi serve ancora un po' di tempo... Nostro figlio non corre alcun pericolo, te lo assicuro. Non voltarmi le spalle proprio adesso.»

Per la prima volta Ben provò un'intensa sensazione di paura per il bambino che Rey portava in grembo e che rappresentava quel futuro di pace ed equilibrio per cui avevano tanto combattuto e che si stava lentamente concretizzando. Se avesse rischiato di perderlo solo per assecondare una sua fissazione, sarebbe impazzito di dolore, e non l'avrebbe mai perdonata.

Le aveva concesso un'occasione, che si era rivelata infruttuosa, ora la sua pazienza era giunta al limite. Si alzò e la fissò preoccupato. «Adesso torniamo al Falcon, lì staremo al sicuro, tra poco sarà buio e farà parecchio freddo là fuori. Poi decideremo cosa fare.»

Rey annuì e tirò su col naso. Aveva il viso sporco di lacrime e polvere, e d'un tratto, sembrava una bambina spaesata, bisognosa di protezione. La mano di Ben scivolò attorno alla sua schiena, mentre l'altra le passò sotto le gambe che ancora tremavano. Si lasciò sollevare dalle sue braccia forti. Si accucciò contro il suo petto caldo, desiderosa di chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Era stanca, moriva di fame, aveva sete e un disperato bisogno di dormire.



Continua...




________________


Note:


* Attrezzatura presa in prestito dal gioco Battlefront.

** Teedos: specie di rettile senziente originario del pianeta Jakku. Hanno una pelle squamosa grigio verde. I loro corpi sono ricoperti da involucri in cui è presente un sistema di tubi e filtri per il riciclaggio dell'acqua.

*** Luggabest: bestie da soma che venivano potenziate ciberneticamente per una maggiore resistenza.

**** In realtà questo episodio non è altro che una scena tagliata da Il risveglio della Forza.

***** Le lampade del villaggio di Tuanul non sono una mia invenzione ma si vedono chiaramente nell'immagine della Rey's Home nel libro Star Wars: Complete Location.



Angolo autrice:

Lo so, ho una long ancora in corso (Gli Eredi della Forza) che mi sta facendo penare non poco, e mi presento con una storia che non c'entra un fico secco con la trama dell'altra. Ammetto che, con tutti i leak e i mezzi spoiler (veri o presunti tali) che stanno via via uscendo su ep.9 la mia ispirazione sta colando a picco abbastanza velocemente. Recentemente Boyega ha annunciato che ep. 9 sarà cronologicamente ambientato circa un anno dopo gli eventi di Crait, questo mi solleva un po' il morale, visto che la mia long in corso è ambientata anch'essa circa un anno dopo... Immagini ufficiali della spada di Rey hanno confermato che il Kyber è spezzato a metà e anche questo mi giunge a favore... ammetto che cercare di far combaciare tutti i vari pezzi del puzzle non è semplice e soprattutto, basta un piccolo particolare per far saltare tutta la trama. Tutta questa lunga premessa per dire che... avevo bisogno di una pausa e di scrivere qualcosa di leggero e tranquillo su di loro, in un momento lontano da guerre e trilogie, qualcosa che avverrà molto dopo ep.9 e che mi ronzava nella testa già da un pezzo.

Chi sono veramente i genitori di Rey? Molti hanno già dato la loro fantasiosa interpretazione e pure io vorrei dire la mia, anche se nel prossimo film dubito che verrà riaperta la questione, a meno che non sia qualcosa di realmente sorprendente. La mia idea, un po' si riallaccia alla visione di Rey nella cantina di Maz Kanata, quindi non vi resta che leggere la seconda ed ultima parte, che verrà pubblicata a breve, per svelare finalmente l'arcano!

Besos!

  
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