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Autore: hotaru    18/07/2009    5 recensioni
"Era piuttosto presto per gli standard estivi, il sole non era ancora alto, e Hinata non incontrò quasi nessuno durante il suo percorso solitario. Il gelato di Hanabi le aveva in qualche modo dato un’idea: quella mattina si era infilata un paio di pantaloncini marroni e una canottiera verde oliva, che sperava sarebbero riusciti a mimetizzarla meglio di un vistoso prendisole bianco.
Giunta alla base di un ben noto muro, si sfilò i sandali, attenta a non fare il benché minimo rumore. Li appoggiò a terra e poi, a piedi nudi, iniziò la scalata.
Pensava che si sarebbe vergognata come un ladro- effettivamente, si stava comportando come tale- invece era in preda ad una strana euforia. Non aveva mai fatto qualcosa che andasse contro le regole, prima."
Kiba/Hinata sul modello de "La Bella e la Bestia".
Dedicata a kibachan
Prima classificata al "Naruto Fairytale Contest" indetto da Lalani
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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8- Il sogno Il sogno


Kiba si buttò sul letto, distrutto. Era stanchissimo, sia fisicamente che mentalmente, anche se ovviamente non era uscito di casa e non aveva fatto alcuna attività particolare.
Chiuse gli occhi cercando di calmarsi, ma era come tentare di arrestare un fiume in piena. Sembrava che la manciata di parole del pomeriggio avesse disintegrato una diga immensa, e ora le cose correvano impazzite senza che lui potesse fare nulla per arginarle.
Sia che aprisse o chiudesse gli occhi, continuava a vedere sua madre, sua sorella da piccola e da grande- il giorno prima che sparisse nel nulla- i giovani a cui spacciava e soprattutto quel ragazzo, Naruto. Se c’era qualcuno che non avrebbe dovuto morire, era proprio un ragazzo solare e altruista come lui. Aveva anche cercato di diventargli amico, invitandolo a pranzo ogni tanto. Gli piaceva la cucina giapponese, specialmente il ramen. Ma quando Kiba ripensava a lui, subito dopo la tazza fumante gli si ripresentavano gli occhi verdi di sua madre, al processo, distrutti dal dolore. Era riuscito a guardarla in faccia una volta soltanto, ma gli era bastata.
Poi, senza che se ne rendesse conto, qualcuno aveva voltato pagina per lui. Non si era accorto che era iniziato un nuovo capitolo nel momento stesso in cui aveva visto, per la prima volta, quella ragazzina in prendisole bianco su un albero del suo giardino.
A pensarci bene, era stata tutta colpa di Akamaru. L’aveva portata lui la prima volta, e l’aveva fatta tornare. Ma che razza di cane era andato a prendersi?
Le ombre dell’infanzia continuavano a camminare indisturbate su e giù per la stanza, e per non vederle Kiba strinse forte gli occhi. Li strinse talmente che iniziò a vedere tutto bianco, un bianco che pian piano diventò reale.
Quando li riaprì, si ritrovò immerso in una coltre di neve morbida, appena caduta. Il cielo grigio perla sembrava dirgli di fare silenzio, perché qualcuno stava riposando sotto il manto bianco.
Un po’ titubante, Kiba avanzò piano nella neve, senza produrre alcun rumore che lo scricchiolio della neve sotto i suoi piedi. Ma era poco più del rumore che si fa accarezzando un gatto.
C’erano alcuni alberi spogli qua e là, che spuntavano come mani scure dalle lunghe dita rugose. Un albero più sinuoso degli altri attirò la sua attenzione, perché sopra vi era qualcuno. Un unico essere vivente in quella solitudine sterminata.
Non riusciva a vederlo bene, distingueva appena un paio di gambe magre e penzolanti che si dondolavano come al ritmo di una filastrocca.
Quando Kiba arrivò in prossimità della pianta, le due gambe pallide si diedero un piccolo slancio, e una specie di elfo atterrò sulla neve senza fare rumore. Alzò la testa per guardarlo in faccia, e nel vederlo meglio Kiba rimase impietrito.
Aveva la pelle chiarissima, i capelli scuri e corti e gli occhi dello stesso colore del cielo sopra di loro.
Il mondo circostante sembrava aver perso ogni colore che non si trovasse tra le gradazioni di nero, bianco e grigio.
-    Tu – mormorò incredulo l’uomo.
-    Io – gli rispose l’elfo con voce chiara e limpida.
-    Ma cosa… sei vivo?
L’elfo fece spallucce.
-    Sono vivo quanto la neve qui intorno. Quanto il freddo – dichiarò – In fondo dovresti saperlo, no? Sono nato dal tuo pennello.
Kiba sorrise amaramente.
-    Già, è vero – ammise, portandosi poi una mano a coprire gli occhi – Devo essermi addormentato. Che assurdità.
-    Come ti permetti? – lo apostrofò il corpicino efebico che aveva davanti – Abbi un po’ di rispetto, per cortesia.
-    Ehi, spirito – fece Kiba sorpreso – Da quando hai questo carattere? Non somigli proprio a…
-    A colei che mi ha ispirato? Beh, per forza. La neve sarà anche quieta, ma bisogna stare attenti perché può trasformarsi in tormenta da un momento all’altro.
-    Però, che perla di saggezza.
Lo spirito dell’inverno si fece improvvisamente serio.
-    Sei un idiota – dichiarò tranquillamente – Perché l’hai mandata via?
Kiba si accigliò.
-    Sì, sono veramente un idiota se mi faccio insultare dai miei stessi sogni. Vedi di moderare i termini.
-    Sei un idiota – ripeté – E hai solo paura.
-    E se anche fosse? – ringhiò Kiba tra i denti – Se la tengo lontana le faccio solo un favore. È troppo giovane, non sa ancora niente della vita. Non sa che tutti ti abbandonano quando meno te l’aspetti.
-    Ah, così l’abbandoneresti – fece lo spirito, sarcastico.
-    Non ho detto questo – Kiba assottigliò gli occhi – Ma la famiglia, l’amicizia, l’amore… che montagna di stronzate. Lei ci crede ancora, io no… ho smesso da un sacco di tempo di farmi certe illusioni.
Lo spirito non riuscì a trattenere il sorriso beffardo di chi sa come stanno veramente le cose.
-    Se tu non credessi più a nulla, io non potrei essere qui. (*) Ti pare?
Kiba non rispose, totalmente spiazzato. Gli sembrò che il senso di abbandono e di colpa provati nel corso della sua vita lo assalissero a ondate, senza dargli possibilità di difendersi. Si ritrovò a piangere come un bambino, seduto nella neve.
Quando rialzò gli occhi, lo spirito era seduto di fronte a lui.
-    Ehi, vedi di andare da lei – gli disse piano – Segui Akamaru, se non ne hai il coraggio. Non fare l’idiota più di quanto lo sei già.
Dopo le ultime lacrime, l’unica cosa che Kiba ribatté fu:
-    Ma la pianti di insultarmi? – al che lo spirito gli diede uno scherzoso colpo in fronte.
Kiba chiuse per un momento gli occhi, e quando li riaprì rivide la propria stanza.
Rimase inebetito per un po’, ma quando si tastò il viso e guardò il cuscino si rese conto di aver pianto nel sonno.
Andò in bagno a rinfrescarsi, mentre la forte luce che entrava dalle finestre gli diceva che era già mattina.
Uscì in giardino, chiamando Akamaru, ma il cane non arrivò trottando come al suo solito.
Un po’ sorpreso, Kiba iniziò a fare il giro del cortile, anche se una vocina gli stava dicendo che sapeva esattamente dove si trovasse in realtà il cane.
E difatti, eccolo là: seduto sotto il mandorlo, scodinzolante a guardare il ramo vuoto.
Quando gli si avvicinò, il padrone alzò a propria volta la testa verso l'albero e poi abbassò il viso a guardare il cane.
-    Di’ la verità – lo apostrofò – Tu lo sai cos’ho sognato, vero?
Akamaru si limitò ad aprire la bocca e ansimare con la lingua penzoloni.
-    Sei stato contro di me tutto il tempo, razza di traditore – continuò Kiba – E dire che dovresti essere il mio migliore amico.
Gli angoli della bocca del cane si alzarono, arrivando quasi a mostrare l’ugola. Sembrava un sorriso sghembo e divertito, quello che aveva stampato sul muso.   



(*) Oltre ad ispirarci al modello di un film, in questo contest dovevamo anche inserire nella storia una frase tratta da un fim Disney. Io ho scelto per l’appunto questa, tratta da “Cenerentola”.


E qui Kiba cade. Perché anche dopo anni, tutti questi pesi sulla schiena nessuno può sostenerli.

Aurychan: *inchino*  Ti devo veramente ringraziare, mi lusinghi ogni volta!
Niggle: sì, forse hai ragione. Hinata è una donna, ormai, e lo ha ampiamente dimostrato. Oltretutto è una che pensa prima di agire, e questo le fa avere dei punti in più. L’ho sempre adorata, e se le ho reso giustizia non posso che esserne felice.
kibachan: grazie per entrambi i commenti! Sia per quello di due capitoli fa, perché anche a me capita di “entrare” in modo particolare in certi film, e ho cercato di descriverne un po’ la dinamica. Oltretutto sono andata a rivedermi “La Bella e la Bestia” per farlo, quindi immaginati la scena: io che arrivo al punto “Eri curioso di vedere la Bestia?”, salto sul divano dicendo “Orpo!”, metto pausa e corro al computer a scrivere la frase. Ecco, questa storia è stata scritta pressappoco in questo modo…
Per il capitolo scorso: non sono brava nelle scene “fisiche”, quindi mi impegno il doppio per farle uscire perlomeno accettabili, quindi le “scariche elettriche” in chi legge non possono che farmi piacere!
evechan: ma la scena dei capelli ha avuto davvero successo! Chi l’avrebbe mai detto! Comunque sì, Ten Ten è stata proprio preziosa in questa storia, io nelle AU riesco a vederla solo così.
Per il finale… eh, aspetta un po’. Ci siamo quasi.
   
 
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