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Autore: heliodor    17/01/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Strega selvaggia

 
"Io la scriverò" stava gridando Joyce. "Io la..."
Si fermò, il pugno ancora alzato nell'atto di voler colpire la porta di ferro. Nel buio, vide una figura stagliarsi sulla soglia.
Gli occhi faticarono a metterla a fuoco, ma quando lo fece sgranò gli occhi per la sorpresa.
Vyncent, lo sguardo accigliato, la fissava dall'altra parte. Vide lo scudo magico aleggiare al suo fianco. Per qualche motivo l'aveva evocato.
"Vyncent?" fece Joyce, le lacrime agli occhi.
Lui corrugò la fronte. "Sibyl? Sei proprio tu?"
Joyce si lanciò in avanti e si aggrappò al lui con entrambe le braccia, cingendolo dietro al collo.
"Vyncent" disse tra i singhiozzi. "Sei venuto a salvarmi."
Lui la cinse con delicatezza, senza allontanarla. Lei lo strinse con forza, come se avesse paura che fosse solo un'illusione e dovesse sparire da un momento all'altro.
Solo dopo un minuto, quando lei ebbe sfogato tra le lacrime la sua frustrazione, lui l'allontanò con delicatezza.
"Mi spieghi che cosa ci fai qui?" le chiese.
Buona domanda, pensò Joyce. Dopo l'attimo di confusione che aveva provato, la sua mente stava riprendendo a lavorare con la solita velocità.
Non sa che sono io, si disse. Mi crede Sibyl e deve continuare a farlo. Perciò fai Sibyl.
"È una lunga storia" disse. "Ma ora non ho tempo per raccontartela. Vogliono attirarti in una trappola con la scusa di salvarmi."
"Lo so" rispose Vyncent.
Questo sì che è interessante, si disse Joyce.
"Lo sai?"
Vyncent annuì deciso.
"Sapevi che era una trappola?"
"Certo."
"E sei venuto lo stesso a salvarmi?"
"Chiunque avrebbe fatto lo stesso."
No, pensò Joyce. Non chiunque. Perché non hai fatto lo stesso con Joyce? Perché te ne stai qui a Malinor mentre lei potrebbe essere nelle mani di Malag o chissà dove? Perché...
"Perché ti hanno rinchiusa qui?" chiese lui. "Che cosa volevano da te?"
"Volevano che scrivessi una lettera per metterti in trappola" disse Joyce. "Ma io non l'ho fatto. Dico sul serio."
"Ti credo."
"Allora come mai sei qui?"
"Un valletto mi ha portato un messaggio dicendomi che eri stato tu a darglielo."
"Ma io non ho scritto niente" disse Joyce disperata.
Forse l'ho fatto e l'ho dimenticato? Pensò. Forse nella rabbia ho finito per cedere e...
"Credo di aver capito come sono andate veramente le cose" disse Vyncent.
Non sembrava arrabbiato, ma divertito.
"Il messaggio che mi hanno inviato era vuoto" proseguì. "Ma erano sicuri che io avrei indagato lo stesso. In fondo pochi sapevano che noi due ci conosciamo."
Joyce arrossì. "È stata colpa mia" disse accigliata. "Me lo sono lasciata sfuggire quando ho cercato di avere un'udienza con te."
"Se volevi un'udienza potevi chiederla" rispose lui.
"Era quello che volevo fare, ma so che per queste cose c'è una lista d'attesa infinita, così ho cercato di guadagnare tempo."
"Le cose è meglio farle bene che in fretta" disse Vyncent divertito.
"Quello che dovevo dirti non poteva attendere" disse lei.
Vyncent si fece serio. "È così importante?"
Joyce annuì decisa.
"Riguarda per caso Joyce?"
Finalmente pensi anche a lei, si disse. "No. Forse. Non lo so. Ma so che riguarda questa città e voi. C'è qualcosa che sta..."
Un rumore metallico li fece trasalire entrambi.
"Me lo dirai dopo" disse Vyncent spingendola verso il corridoio. "Ora usciamo di qui."
Joyce lo seguì docile. Era bello stare di nuovo con Vyncent da sola. Era passato così tanto tempo che spesso aveva temuto di aver dimenticato il suo viso e invece l'aveva riconosciuto subito, anche al buio.
Per molti giorni l'aveva creduto morto nella battaglia di Valonde e, anche se ne aveva passate molte, non aveva dimenticato la sofferenza che aveva provato.
C'erano cose che doveva dirgli. Che doveva trovare il coraggio di fargli sapere. Era cambiata da Valonde. Non era più la principessa ingenua e sprovveduta di allora.
Adesso era una vera maga che poteva tener testa a stregoni che avevano molta più esperienza di lei.
Poi ricordò che quella era Sibyl e che mai e poi mai, per nessun motivo avrebbe potuto dire a Vyncent che lei era Joyce.
La sua Joyce.
Quel pensiero le provocò un brivido lungo la schiena.
Vyncent la trattenne per un braccio, lo sguardo preoccupato rivolto verso il fondo del corridoio.
Joyce guardò nella stessa direzione e vide la pesante grata di ferro che chiudeva il passaggio.
"Questa non era qui quando sono passato per la prima volta" disse lui voltandosi.
Tornarono sul loro passi, superarono la cella e solo allora Joyce si ricordò che vi aveva lasciato dentro le sue cose.
"Faccio subito" disse entrando nella cella.
"Dove vai? Dobbiamo andare" fece Vyncent scandalizzato.
"Prendo solo una cosa. È importante." Si mise la borsa a tracolla e lo raggiunse.
"Qualunque cosa ci sia lì dentro non vale quanto la tua vita" disse lui con tono di rimprovero.
Joyce arrossì. "Lo so, ma dovevo prenderla."
Vyncent scosse la testa. "Possiamo andare ora?"
Joyce lo seguì.
Il corridoio proseguiva dritto fino a una svolta a forma di T.
Vyncent si sporse con prudenza oltre l'angolo, prima guardando a destra e poi  sinistra. "Sembra sicuro" disse evocando lo scudo e i dardi magici. "Ho detto che sembra" aggiunse.
Joyce evocò il suo scudo. Anche se si sentiva stanca, la sola vicinanza di Vyncent le aveva donato forze supplementari. Si sentiva bene e in grado di fare qualsiasi cosa.
Vyncent la guardò con disappunto. "Che cos'è quello?"
"Cosa?" fece lei stupita.
"Quella cosa che ti avvolge completamente."
"È il mio scudo."
"E lo usi in questo modo?"
Joyce arrossì. "Pensavo si facesse così" si giustificò.
"Così fanno i bambini. Chi ti ha insegnato?"
"Nessuno" disse Joyce imbarazzata. Non era abituata a sentirsi rimproverare da Vyncent.
Lui scosse la testa. "Nessuno, dici? Non hai un circolo, una guida, qualcuno che si sia occupato del tuo addestramento?"
"È una storia complicata" si limitò a dire senza sapere come uscirne. Sperò che quello bastasse a calmare Vyncent e darle il tempo di inventare una scusa credibile.
"Ora capisco tutto" disse Vyncent.
Joyce si sentì raggelare.
Ha capito qualcosa? Pensò. Come c'è riuscito? Dove mi sono tradita?
"Sei una strega selvaggia" disse Vyncent più divertito che arrabbiato. "Ne avevo sentito parlare ma non ne avevo mai vista una."
Non sai quanto ti sbagli, pensò Joyce.
Ma per il momento andava bene così ed era meglio non sfidare la buona sorte.
"Mi hai scoperta" disse cercando di fingersi rassegnata.
"Aspetta che ti veda Bryce. O Elvana" disse Vyncent. "Lei impazzirà, ne sono certo."
Elvana era l'amica scorbutica di Bryce. Non aveva alcuna voglia di rivederla, anche se sapeva che dove c'era sua sorella avrebbe trovato anche lei.
Il frastuono di qualcosa di metallico e pesante riverberò sulle pareti di roccia. Stavolta Vyncent corse in avanti e Joyce faticò a tenere il suo passo.
Lui si fermò di botto e quasi andò a sbattergli addosso.
Davanti a loro era stata calata una saracinesca di ferro.
Vyncent la esaminò passandovi sopra le dita come se stesse saggiando una stoffa preziosa.
"Puoi abbatterla?" chiese Joyce. Ricordava che Vyncent era abile nell'uso degli incantesimi di distruzione.
"Forse" disse lui. "Ma sembra solida e dovrei usare una palla di fuoco più potente del solito."
"Che problema c'è?"
Lui la guardò come se gli avesse appena detto di aver visto un cavallo alato.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?"
Vyncent scosse la testa. "No. Considerato il fatto che sei una strega selvaggia, no."
Il termine selvaggia cominciava a non piacerle più tanto. "Vuoi dire che non puoi abbatterla."
"Posso provarci, ma non è detto che ci riesca" rispose lui. "E c'è un'altra questione più importante da considerare." Toccò una delle pareti. "Sembrano spesse e solide. Una palla di fuoco libera una forza straordinaria che deve essere incanalata e diretta lontano da chi lancia la magia. Se la lancio qui dentro, al chiuso e la porta non cede, quella forza si riverserà sui di noi."
"Non è una cosa buona, vero?"
"Sarebbe come lanciarci addosso una palla di fuoco. Non è molto piacevole."
"Possiamo usare lo scudo magico."
"Non è detto che riesca a proteggerci. Inoltre potrebbe crollarci addosso il corridoio. No." Scosse la testa. "Troppo rischioso."
Tornarono sui loro passi. Davanti al corridoio a T andarono nell'altra direzione. Anche da quella parte il corridoio procedeva dritto, senza scolte o curve.
"Ci stanno portando dove vogliono loro" disse Vyncent serio.
"Chi?"
"Quelli che ti hanno rapito. E che vogliono me morto. A proposito, hai udito i loro nomi per caso?"
"Una strega diceva di chiamarsi Hava" disse Joyce. "E uno stregone di nome Brun."
"Mai sentiti prima."
"Erano di guardia al palazzo di Malinor."
"Ci sono più di cento tra streghe e stregoni che montano la guardia al palazzo" spiegò Vyncent. "E si alternano ogni due o tre giorni, per quanto ne so. Non posso tenere a mente i loro nomi."
"Scusa" disse Joyce imbarazzata.
"Li hai studiati?"
"Prego?"
"I loro poteri. Quali sono? Hanno qualche abilità speciale?"
"Non lo so."
"Sforzati. Potrebbe essere importante, se dovessimo affrontali."
Joyce ci pensò su. "Hava è la più pericolosa, credo. Quando mi ha colpita mi ha paralizzata."
"È il potere del fulmine."
Joyce si accigliò.
"È molto raro. Solo uno stregone su cento ha questo potere. Non devi farti toccare da lei."
"È veloce."
"Allora colpiscila per prima. Se ti ha sconfitta una volta, ora penserà che sei più debole di lei e riuscirai a sorprenderla."
Ma io sono più debole di Hava, voleva urlargli Joyce. Ma era con Vyncent che stava parlando e tenne per se quel pensiero.
"E l'alto stregone?"
"Brun? Non sembra pericoloso."
"A volte gli stregoni fingono di essere innocui. Sicura che non abbia qualche potere strano o raro?"
"Non so spiegarlo bene" disse Joyce incerta. "Ma credo che sia capace di scoprire se stai dicendo la verità o stai mentendo."
"Non è un potere stregonesco" disse subito Vyncent. "Forse è un esotico. Devi stare molto attenta se lo affronti. Gli esotici sono imprevedibili e nascondono sempre qualche sorpresa spiacevole."
La volta del corridoio si sollevò all'improvviso e loro si ritrovarono in un ampio salone dalle pareti di roccia. Il soffitto si alzava per diverse decine di metri e Joyce provò la sensazione di essere un insetto minuscolo che si muoveva nella sua tana.
"Finalmente sei arrivato, principe senza corona" disse una voce davanti a loro.
Joyce vide tre figure prendere forma nell'oscurità e assumere i contorni di due uomini e una donna.
"Questa sarà la vostra tomba."

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