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Autore: Gemini_no_Aki    27/01/2019    0 recensioni
Il piano era semplice, talmente semplice che anche un bambino sarebbe stato in grado di seguirlo, – seguirlo, non metterlo in atto, e spesso temeva che Jacopo lo vedesse ancora come un bambino. - uccidere entrambi i fratelli nel momento in cui il Cardinale avesse alzato l’ostia, era davvero semplice e rapido, nulla poteva andare storto, eppure il pensiero di quel piano lo tenne sveglio fino alle prime luci dell’alba quando decise che non sarebbe mai riuscito a prendere sonno e desistette dal provarci.
Il fix-it che la serie ovviamente non può darci, con un contorno di angst che ci sta sempre bene (E chi mi conosce sa che c'è sempre dell'angst in mezzo a quello che scrivo.)
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francesco Pazzi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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What happened in between - Confusion

Giuliano si decise solo dopo che Lorenzo aveva abbandonato la Cattedrale a posare una mano sul volto di colui che Lorenzo aveva così spesso chiamato a amico, colui che aveva invidiato per anni, e che gli aveva salvato la vita. Non riusciva ancora a crederci, come poteva una giornata di festa tramutarsi in quello? In un tentato assassinio. - O riuscito, pensò mestamente. - Come poteva una frase mandarlo in confusione in quel modo?

Ho scelto voi. Ho scelto voi. Ho scelto voi.

La voce di Francesco suonava distorta nella sua mente, come un’eco troppo lontano, come se già Giuliano non riuscisse a ricordare com’era e tutto ciò lo spaventava. Non aveva mai prestato attenzione a Francesco, o alla sua voce, e in quel momento desiderava, per qualche ragione ancora oscura, averlo fatto. Magari sarebbe stato di conforto. In qualche modo.

Gli spostò a lato un ricciolo che era caduto disordinato sulla sua fronte, il gesto era dolorosamente familiare, ricordava di aver fatto lo stesso, o qualcosa di molto simile, quando Simonetta era morta; era un gesto delicato, di quelli solitamente riservati agli amanti. Lui odiava Francesco. Lo odiava. Lo…

Era sbagliato. Era tutto così assurdamente sbagliato. E Francesco non aiutava, nemmeno alla fine, da buon egoista qual’era, - ma non davvero, si ritrovò a pensare Giuliano – rimaneva immobile, dall’aspetto così sereno come mai l’aveva visto prima, – e l’aveva guardato lungo, poteva negarlo quando voleva ma l’aveva fatto, nella sua stupida gelosia verso il fratello. - certo c’era del sangue che non avrebbe dovuto trovarsi lì, non sul suo viso dove Lorenzo lo aveva accarezzato nella speranza di svegliarlo, non sulle labbra ancora increspate in un sorriso, non sul petto, o attorno a lui sulle mattonelle della Cattedrale, ma era sereno.

Giuliano chiuse gli occhi per un attimo, non avrebbe pianto, era insensato continuava a ripetersi, non aveva ragione di piangere per qualcuno che solo un’ora prima, anche meno, odiava a morte. No, non avrebbe pianto.

Trattenendo a stento un lamento gli posò una mano sul petto e chinò il capo, non voleva piangere, non ne aveva motivo. Eccetto il fatto che gli aveva salvato la vita.

«Ho scelto voi, Medici.»

Giuliano si chinò in avanti fino a che la fronte non era posata sulla mano sul suo petto. Lo aveva tormentato da vivo e continuava a farlo da morto. Non era giusto.

Non lo meritavi.” Lo pensò solamente, era già sorpreso dal fatto di averlo pensato, se lo avesse detto sarebbe stato troppo anche per lui.

Per un attimo immaginò di averlo sentito muoversi lentamente, cercare di respirare, ma non era possibile, non poteva esserlo. Era morto, davanti a loro, lo avevano visto morire. Ma il sospiro, debole, sofferente, ma reale, che Giuliano sentì non mentiva, o almeno così sperava.

«Francesco…?» Non riuscì a non sembrare spaventato in quel momento, incerto, e non riuscì a frenare il sospiro che gli sfuggì quando Francesco, come sentendolo, strinse appena gli occhi, un movimento quasi impercettibile ma che gli diede speranza.

Mandò a chiamare una carrozza, degli aiuti, qualunque cosa potesse servire loro per tornare a Palazzo Medici il più in fretta possibile, e nel modo più sicuro, chiunque potesse aiutare, salvare, Francesco.

Qualcuno dovrà informare Guglielmo.” Pensò mentre la carrozza li portava verso casa passando da vie secondarie e meno usate, in quel momento ben più sicure delle principali in cui la gente si era riversata come un fiume in piena. “E Lorenzo.”

Lorenzo che era andato a dare la caccia a chiunque avesse portato avanti quella cospirazione, Lorenzo che voleva la testa di Jacopo Pazzi su una picca, Lorenzo che sembrava inarrestabile mentre mosso da una rabbia cieca che Giuliano sperava svanisse presto.

Alla fine però non vi fu alcun bisogno di mandare qualcuno a cercare Guglielmo. Sia lui che Bianca che la loro bambina erano a Palazzo Medici, Giuliano lo sentì prima ancora di vederlo. Aveva lasciato che due guardie prendessero Francesco - «Piano! Fate piano per Dio!» Non seppe spiegarsi il perché di quella reazione così protettiva di colpo, o forse lo sapeva in verità ma fece del suo meglio per ignorarlo. - per aiutare sua madre e Clarice a scendere dalla carrozza quando un urlo spezzò la quiete del cortile. Guglielmo aveva le mani sulle spalle di Bianca ma l’aveva subito lasciata andare quando vide le guardie avvicinarsi e suo fratello venire trasportato all’interno, li inseguì allungando una mano verso quella di Francesco, le domande uscivano dalla sua bocca una dopo l’altra, senza pause o tempo materiale per rispondere, inframezzate solo dal nome del fratello ripetuto, urlato con una disperazione che Giuliano stava odiando, finché una porta venne chiusa davanti a lui e Guglielmo si zittì per qualche istante, il tempo di comprendere cosa fosse accaduto.

«Fatemi entrare! - Urlò battendo entrambi i pugni contro la porta con violenza. - Fatemi entrare! È mio fratello, ho il diritto di essere lì!»

Giuliano fece qualche passo incerto nella sua direzione, abbracciò Bianca che gli corse incontro chiedendogli cosa fosse accaduto, e dove fosse Lorenzo, ma non le rispose, la lasciò tra le braccia di loro madre e si avvicinò. Non sapeva se era la cosa migliore da fare, in quel momento Guglielmo, il calmo, pacifico Guglielmo, era fuori di sé. Ma ben presto le urla scemarono, si ridussero gradualmente a sussurri, smise di battere sulla porta e rimase fermo in quella posizione, i pugni chiusi sul legno, la testa ora contro la porta, chinata in segno di resa e le spalle scosse da singhiozzi silenziosi.

«È mio fratello, - ripeté ancora. Giuliano gli posò una mano sulla spalla sperando che fosse abbastanza in quel momento, non aveva parole che potessero confortarlo. - per favore… È mio fratello.»


«Pagherai – La voce di Lorenzo era poco più di un sussurro, era stanco eppure la rabbia che aveva provato nella Cattedrale ancora non era svanita, ancor meno ora che aveva davanti a sé Jacopo Pazzi. - per ogni cosa che hai fatto. Per l’attentato a mio padre, alla mia famiglia, a mio fratello.» Non menzionò sé stesso direttamente, in quel momento era la cosa meno importante. Jacopo aveva complottato per uccidere Giuliano e vi era quasi riuscito. Il corpo di Salviati penzolava da una delle finestre, il mercenario attendeva in cella la sua esecuzione il mattino seguente, ed ora era il turno di Jacopo.

«Hai fallito, ma non per questo avrai la mia pietà. - alle sue spalle Sandro si mosse inquieto – Chiedi perdono a Dio se lo desideri, forse ti ascolterà.» Jacopo non si mosse, teneva tra le mani il medaglione con il ritratto della moglie, l’ultimo ricordo di un tempo in cui aveva ancora al proprio fianco qualcuno che lo amava.

«Hai fallito. - ripeté Lorenzo. - Il tuo piano ha fallito, siamo ancora vivi, sia io che Giuliano.» Per un attimo la mente tornò alla Cattedrale, al viso pallido di Francesco che lo guardava sorridendo, al momento in cui aveva chiuso gli occhi e la sua vita si era spezzata. Per cosa poi? «Hai ucciso una sola persona quest’oggi, ed è tuo nipote.» Non fece caso alla reazione che Jacopo poteva aver avuto a quella scoperta, fece un gesto rapido con la mano e le guardie tirarono l’uomo in piedi, lo avvicinarono alla finestra e, con un cappio attorno al collo, lo gettarono di sotto mentre una folla urlante esultava dalla strada.

Voltandosi verso Sandro gli fece cenno di seguirlo, si sentiva improvvisamente troppo stanco anche solo per parlare, l’adrenalina che aveva provato fino a poco prima era svanita e ora restava solo il vuoto.

Vuoto che sperava di colmare almeno in parte ricongiungendosi con la sua famiglia.


Guglielmo trascinò una sedia dallo schienale alto accanto al letto, poi vi posò un catino colmo d’acqua e un pezzo di stoffa, ogni movimento sembrava calcolato fino all’ultimo passo, come se il rischio di sbagliarne anche uno solo potesse portare alla rovina. In verità Guglielmo si muoveva in automatico, con gesti che in passato aveva compiuto più volte di quanto volesse ammettere e che ormai conosceva a memoria. Si sedette piano sul bordo del letto e iniziò a passare la stoffa sul volto del fratello pulendolo lentamente dal sangue. La ferita al petto era già stata pulita e coperta da mani ben più esperte delle sue e Guglielmo ne fu grato, ricordava come pulire delle ferite superficiali ma una del genere sarebbe stata di molto fuori dalla sua portata. E dal suo autocontrollo.

«Com’è che finisce sempre così, fratello? - Giuliano lo sentì domandare a bassa voce da dove era fermo dalla porta, indeciso se entrare o meno. - Tu in un letto e io a doverti pulire una qualche ferita. E tutto perché nostro zio è… - Guglielmo si bloccò per un attimo, immerse la stoffa nell’acqua e la strizzò prima di riprendere quello che stava facendo, ma sorrideva, anzi, quasi rideva, come se avesse sentito una frase particolarmente divertente. E il giovane Medici davvero non riusciva a coomprenderlo. - … pazzo.»

Era stato Francesco a dirlo la prima volta, anni prima, dopo che Jacopo lo aveva punito per qualcosa che entrambi ormai avevano dimenticato. «Nostro zio è pazzo, non essere così arrabbiato.» Aveva scherzato all’epoca Francesco riuscendo a strappare una piccola risata al fratello intento a tamponargli un sopracciglio.

Giuliano fu tentato dal dire qualcosa, commentare quella frase, magari anche farsi sfuggire una risata quando sentì Lorenzo parlare dal cortile. Lanciando un’occhiata veloce alla stanza, assicurandosi per un attimo in più che Francesco fosse davvero ancora vivo, si incamminò verso il fratello che, non appena posato lo sguardo su di lui, subito gli andò incontro stringendolo in un abbraccio disperato. Giuliano riuscì a capire solo un paio delle parole che Lorenzo sussurrava con il volto premuto contro la sua spalla. Gli chiedeva scusa per non averlo protetto meglio, perché poteva essere morto a quell’ora, per non avergli creduto quando lo aveva messo in guardia, e gli chiedeva di Francesco, se lo avessero portato a Palazzo o abbandonato nella Cattedrale e per un attimo Giuliano avrebbe voluto sentirsi offeso di quel pensiero.

«Vieni con me Lorenzo.» Lo spostò da contro di sé con gentilezza e, prendendogli la mano, lo condusse nella stanza che aveva lasciato poco prima, non sapeva come spiegarli che Francesco non era morto, non ancora aveva specificato il dottore che gli aveva pulito e coperto la ferita, non ancora, non in modo convincente. Vederlo con i suoi occhi avrebbe di certo funzionato meglio.


Angolino dell'autrice: Capitolo 3 di 4. Giuliano si è intromesso in quello che doveva essere, in origine, l'ultimo capitolo e ha deciso che voleva un qualcosa tutto per sè e per le sue infinite pare. Il "Ho scelto voi, Medici" lo tormenterà molto a lungo temo, e di certo non può odiare Francesco come faceva prima, no?

Poi c'è Lorenzo, che ha voluto il suo ritaglino nel capitolo per uccidere Jacopo e farlo sentire un po' in colpa.

E poi c'è lui, il protagonista del capitolo finale, la vera furia cieca, in più sensi di uno solo, perchè se vuole il caro Guglielmo è davvero cieco. Ma lui avrà tutto lo spazio che merita nel finale.

Grazie a chiunque sia arrivato fin qui a leggere, a chi la sta magari seguendo in silenzio. Grazie.

Love~ (e angst)

Aki

   
 
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