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Autore: Sognatrice_2000    29/01/2019    0 recensioni
"Il loro amore non era destinato ad essere eterno. Quel sentimento che provavano l’uno per l’altro non era destinato ad invecchiare, a sfiorire, a consumarsi attraverso il tessuto del tempo.
Era una fiamma violenta, che aveva bruciato troppo intensamente e si era spenta troppo presto."
Questa è la storia d'amore di Zoisite e Kunzite, del loro amore durato una sola stagione, del loro amore che era una scintilla rubata d’eternità, una luce splendente in un mondo oscuro e pieno di miserie.
Questa è la storia del loro bellissimo, tragico amore.
"Storia partecipante al Contest "l'Amore, quello vero" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP"
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Kunzite/Lord Kaspar, Shitennou/Generali
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Zoisite si svegliò, era sdraiato nel letto della sua camera. 

L’ultima cosa che ricordava prima del suo svenimento era che stava parlando con Kunzite… era stato lui a riportarlo nella sua stanza?

Non c’era altra spiegazione possibile.

Arrossì al pensiero di Kunzite che lo sollevava tra le sue braccia forti, tenendolo stretto contro il suo petto… no, no, basta.

Si impose di allontanare quest’ultima immagine dalla sua mente mentre provava ad alzarsi dal letto. 

Zoisite fu sollevato nel constatare che quella mattina si sentiva molto meglio. Il mal di testa e il dolore lancinante al braccio erano diminuiti, e il lungo sonno ristoratore gli aveva fatto recuperare abbastanza energia per alzarsi. Prima aveva a malapena la forza di stare in piedi, invece adesso riuscì a lavarsi e a cambiarsi senza problemi. 

Per sicurezza sarebbe dovuto tornare a letto, ma poi lanciò un’occhiata alla spada poggiata sulla scrivania e sorrise.

Perché perdere tempo a letto quando c’era un allenamento che lo aspettava? 

 

 

 

**

 

 

Era tornato nel cortile di ciliegi dove aveva combattuto con Kunzite.

Zoisite impugnò la spada con decisione, iniziando a fronteggiare un invisibile avversario con movimenti precisi e aggraziati. 

La rugiada che ricopriva l'erba faceva scintillare i suoi stivali neri mentre si muoveva con agilità ed eleganza. La sua tecnica era impeccabile. 

Il vento gli spostò alcune ciocche ribelli sugli occhi, ma lui non si fermò mai per scostarle, tanta era la sua concentrazione. 

"Non dovresti riposare?"

Zoisite si fermò bruscamente, voltandosi a guardare Kunzite, che gli si era avvicinato silenziosamente alle spalle senza che lui se ne accorgesse.

"Non prendo ordini da te.” Ringhiò Zoisite, cercando di riprendere i suoi esercizi, ma le sue mosse erano più lente e più rigide di prima. Ormai aveva perso la concentrazione.  

"Non era un ordine, solo un saggio consiglio che dovresti ascoltare, per il tuo bene. A meno che tu non voglia che si ripeta quello che è successo ieri sera.”

Zoisite sussultò e arrossì, facendo del suo meglio per evitare di guardarlo in faccia. “Non eri tenuto ad aiutarmi. Adesso, se non ti dispiace, vorrei continuare in pace i miei esercizi.”

“Non devi dimostrare niente a nessuno. Smettila di fare i capricci e torna nella tua stanza.” Di fronte al suo tono perentorio, Zoisite divenne nuovamente rosso, ma questa volta per la rabbia.

Strinse i denti e rinfoderò la spada, voltandosi per fronteggiarlo.

I suoi occhi color smeraldo mandavano lampi infuocati di rabbia che avrebbero terrorizzato chiunque, ma Kunzite non sembrò turbato in alcun modo dal suo sguardo minaccioso.

"Non ho bisogno, né voglio i tuoi consigli.” Zoisite strinse il pugno contro  il fianco, puntando un dito contro il petto di Kunzite con aria accusatoria.

Kunzite ridacchiò, facendolo imbestialire ancora di più. “Stai cercando di dimostrare qualcosa? Sei impaziente di mostrare a tutti il tuo valore e la tua forza, non è così? Ma sai cosa vedo quando ti guardo? Vedo solo un ragazzino debole e indifeso che non è riuscito nemmeno a fronteggiare la mia spada. Come puoi sperare di riuscire a proteggere il principe, se non riesci nemmeno a battere me?”

“Sta’ zitto!" Zoisite si voltò bruscamente, correndo verso i suoi alloggi. Alcune lacrime gli appannavano la vista, ma fece del suo meglio per ignorarle. 

Le parole di Kunzite continuavano a riecheggiargli senza sosta nella mente. 

Sai cosa vedo quando ti guardo? Vedo solo un ragazzino debole e indifeso.

Non è vero, non è vero, pensò con rabbia. Ti dimostrerò che sono forte. Non ti permetterò di spezzarmi.

 

 

**

 

 

Zoisite sferrò un pugno contro il cuscino, lasciandosi sfuggire un grido di rabbia e frustrazione. Perché Kunzite insisteva nel trattarlo in quel modo? 

La scorsa notte sembrava così diverso… avrebbe dovuto sapere che era troppo bello per essere vero.  

Zoisite non ricordava di aver mai provato tanta rabbia nei confronti di qualcuno. Non ricordava di essersi mai sentito come si sentiva in quel momento. Ogni muscolo del suo corpo era teso, la testa martellava incessantemente. 

Aveva voglia di urlare. Aveva voglia di distruggere in mille pezzi ogni oggetto e ogni mobile di quella stanza.

Cosa c'è di sbagliato in me? 

Con rapidità estrasse la spada e la  scagliò contro il muro. Vi impresse talmente tanta forza da conficcarla nella parete e imprimervi una crepa. 

"Non sono debole." Scandì ad alta voce, sentendo la propria rabbia crescere ad ogni parola.

Estrasse la spada dal punto in cui era rimasta incastrata e si precipitò fuori dalla sua stanza.

Marciò su per le scale che portavano agli alloggi di Kunzite. 

Senza esitare, diede un calcio alla porta e si fermò sulla soglia.

Kunzite, seduto alla scrivania, alzò a malapena lo sguardo dalle carte che stava leggendo. 

“Cosa c’è stavolta?”

L’indifferenza nella sua voce ebbe il solo risultato di aumentare la sua ira. 

Zoisite si lanciò verso di lui, puntandogli la lama al collo. 

Prima che potesse anche solo sfiorarlo, una mano forte gli bloccò il polso e lo fece ruotare leggermente. 

Zoisite sentì il braccio diventare istantaneamente rigido, come se Kunzite gli avesse slogato la spalla. La spada cadde sul pavimento.

Come aveva potuto essere così stupido?

Era stato avventato e impulsivo, aveva agito senza riflettere, senza pensare al modo in cui Kunzite avrebbe potuto reagire alla sua sfida.  

Inaspettatamente, Kunzite lasciò andare il suo braccio senza dire nulla, ma non appena Zoisite provò a raccogliere la sua spada, sentì una pressione improvvisa strattonargli i polsi. Abbassò lo sguardo e notò due catene magiche che lo tenevano legato al pavimento.

"Che cosa stai facendo?” Ringhiò Zoisite, dimenandosi selvaggiamente nell’inutile tentativo di liberarsi. “Lotta come un uomo!”

"Ma tu sei un bambino.” Un ghigno malvagio affiorò sulle labbra di Kunzite. “Non combatto con i bambini." Kunzite incrociò le mani dietro la schiena e si allontanò da Zoisite con uno sguardo privo di emozioni.

Zoisite si lanciò in avanti, dimenticando momentaneamente le catene che gli legavano i polsi. Gemette di dolore, sentendo le catene stringergli i polsi più forte a causa del suo brusco movimento.

"Un'altra cosa.” Aggiunse Kunzite sedendosi con calma sul divano nell'ampio soggiorno. "Non lottare, ti farai solo più male.”

 

 

** 

 

 

 

Zoisite fissò le prime luci del mattino che tingevano il cielo attraverso il vetro della finestra. Aveva trascorso l’intera notte sdraiato sul freddo pavimento in marmo del salotto di Kunzite senza potersi muovere, completamente solo.

Si sentiva svuotato, fisicamente e mentalmente.

Dei passi si avvicinarono a lui, ma non distolse lo sguardo dal cielo rischiarato dalle luci dell’alba.

"Sei ancora qui." Non era una domanda. Zoisite si strinse le ginocchia al petto, rifiutandosi di guardarlo.

"Non avevo molta scelta.” Rispose con un sussurro soffocato.

“Certo che l’avevi." Zoisite alzò gli occhi per incontrare quelli di Kunzite, stranamente divertiti. ”Ho annullato l’incantesimo ore fa."

Zoisite sentì la vergogna bruciargli il viso. Fissò il suo patetico riflesso sul pavimento di marmo sotto di lui, sostenendosi sulle mani e sulle ginocchia per alzarsi.

"Anche se non mi sorprende che tu sia ancora qui. Ovviamente eri troppo spaventato per provare a scappare.”

Ovviamente. 

Zoisite non alzò lo sguardo. Perché lo stava deridendo in quel modo?

"Ma ora che lo sai, puoi alzarti e venire con me."

Zoisite alzò gli occhi, sorpreso di vedere una mano protesa verso di lui.

Senza pensare, la afferrò e la strinse nella sua, permettendogli di aiutarlo ad alzarsi in piedi.

Kunzite sospirò e scosse la testa. "Per favore, non costringermi più a farti questo.”

Eccolo di nuovo. Una frase gentile, un segnale che gli fece sperare che il vero Kunzite fosse quello che aveva visto accanto al suo letto, che si sentiva in colpa e chiedeva il suo perdono, quello che si era offerto di aiutarlo a scendere le scale e l’aveva riportato nella sua stanza quando si era sentito male, quello che si preoccupava per lui.

"Hai fame?" Chiese Kunzite senza guardarlo.

Zoisite esitò a rispondere, ma in realtà aveva fame eccome. 

Non aveva mangiato da prima del loro piccolo incidente.

"Bene, quando avrai deciso di mettere da parte la tua rabbia, la colazione è pronta e tu sei il benvenuto." Kunzite gli fece cenno di seguirlo.

Zoisite inspirò attraverso il naso, assaporando il piacevole aroma del cibo che non aveva notato fino a quel momento, e sbuffò, seguendolo suo malgrado attraverso il corridoio.

Le pareti della spaziosa sala da pranzo erano ornate da enormi finestre senza tende che facevano entrare obliquamente la luce del sole, illuminando con riflessi dorati ogni angolo della stanza. 

Il piccolo tavolino  al centro sembrava fuori posto per una sala da pranzo di quelle dimensioni. Latte, succhi, frutta, pane e crepes campeggiavano al centro, davanti a un piatto d'avorio e utensili d'oro.

"Il tuo tavolo è molto piccolo per una sala da pranzo così grande.” Osservò Zoisite, quasi in un sussurro.

"Sono l'unico che vive qui."

“Non hai mai ospiti?”

“No.” Ripose tranquillamente lui, piegando le labbra in un leggero sorriso. "Sei il primo."

Zoisite abbassò la testa, sentendo gli zigomi bruciare. “Cucini?" Chiese nel tentativo di cambiare argomento.

“Ci provo."

Zoisite si guardò intorno, riuscendo soltanto in quel momento ad apprezzare la bellezza dell’ambiente circostante. Per qualcuno che non cucinava, tanta bellezza era sprecata.

Si sedettero al tavolo, cominciando a mangiare in silenzio. 

“Non sono molto bravo a scusarmi.” Disse Kunzite ad un tratto, una strana esitazione aleggiava nella sua voce. “Spero che questo sia sufficiente.” 

Zoisite scosse la testa e gli sorrise per la prima volta. Un sorriso caldo, spontaneo, sincero.   

“Non preoccuparti. So che ti dispiace per quello che hai fatto, anzi, penso di essere più sicuro delle tue scuse di quanto non lo sia tu." Zoisite chiuse gli occhi e sospirò. “Avevi ragione tu, stavo cercando di dimostrare… non so nemmeno io che cosa.” Ammise, sentendosi incredibilmente sciocco. “Di essere migliore di te, suppongo.” Aggiunse in un sussurro quasi impercettibile, senza guardarlo in faccia.

“Ma tu lo sei già.” Disse tranquillamente Kunzite, come se stesse ribadendo un’affermazione ovvia.

"Che cosa?” Balbettò Zoisite, rischiando di strozzarsi con il boccone di pane che stava masticando. 

Per la prima volta, Zoisite vide un accenno di emozione nell'espressione di Kunzite, ma non era sicuro di cosa stesse provando.  

“Sei testardo e terribilmente impulsivo, e agisci senza riflettere sulle conseguenze, rischiando di metterti nei guai. Hai un pessimo carattere…” Zoisite arricciò le labbra, offeso. Non gli stava facendo un complimento, un attimo prima? “…ma sei molto più coraggioso di qualsiasi altra persona che abbia mai conosciuto. Non nascondi mai quello che senti veramente, non hai paura di mostrare le tue emozioni. Sei onesto.”

Kunzite si sporse verso di lui, afferrando delicatamente il mento di Zoisite  e stringendolo a coppa nella sua mano. 

Zoisite sentì il suo cuore iniziare a galoppare nel petto, come se fosse in procinto di rompersi in milioni di pezzi. 

Kunzite sfiorò le labbra di Zoisite con il pollice, e lui iniziò a tremare, socchiudendo involontariamente gli occhi mentre si abbandonava al suo tocco. Cosa sta facendo? Perché mi sento così?  

“Guarda.” Disse improvvisamente Kunzite, allontanandosi senza preavviso. Zoisite aprì gli occhi per  guardare il cristallo di ghiaccio che aveva evocato nella sua mano. “Guardalo bene. Bellissimo in apparenza, ma affilato come la lama di un pugnale. Affascinante e pericoloso. Esattamente come te.” Sorrise, lasciandolo scivolare nella sua mano prima di alzarsi dalla sedia. “Adesso devo andare, ma tu sei libero di restare finché vuoi. Buona giornata." E dopo aver detto queste parole, scomparve in un lampo di energia viola. 

Zoisite era troppo stordito per muoversi. Guardò il cristallo di ghiaccio che Kunzite gli aveva dato. Affascinante e pericoloso, aveva detto. Proprio come lui.

 

 

 

**

 

Quella notte Zoisite non riuscì a chiudere occhio. 

Ogni volta che provava ad addormentarsi sentiva di nuovo le mani di Kunzite sulla sua pelle e il suo cuore accelerava inspiegabilmente i battiti, impedendogli di rilassarsi e prendere sonno.

Dopo essersi rigirato nel letto per un paio d’ore nel tentativo di trovare una posizione comoda, si arrese sbuffando. Scostò le coperte con un gesto secco e si alzò in piedi, uscendo in corridoio e aprendo la pesante porta a vetri dell’ingresso principale.

Non appena l’aria fredda della notte colpì la sua pelle fu scosso da un brivido, e si pentì di essere uscito solo con una leggera camicia da notte addosso.

Zoisite strinse il cristallo di ghiaccio al petto, cullandolo come un bambino. Poteva sentire le palpebre iniziare a chiudersi e le labbra diventare blu, ma non gli importava.

Non voleva tornare nella sua stanza, solo con i suoi pensieri confusi e i palpiti del suo cuore impazzito. 

"Prenderai la polmonite se rimani qui fuori.” Disse una voce profonda dietro di lui. Zoisite sobbalzò nel sentire due mani posargli un pesante panno bianco sulle spalle.  

“Vieni dentro.” Lo esortò Kunzite in tono morbido.

C’era qualcosa di diverso in lui… quella sera non indossava il mantello. 

Zoisite si rese conto solo in quel momento che il mantello di Kunzite era sulle proprie spalle. 

Lo seguì rapidamente all’interno e lo fece scivolare dalle sue spalle.

“Tieni, avrai freddo senza.” Kunzite si voltò e scosse la testa.“No, tienilo tu, stai tremando.”

“Grazie." Sussurrò Zoisite, notando che Kunzite non accennava a togliergli gli occhi di dosso. Il suo sguardo scivolò sul cristallo di ghiaccio che stringeva ancora in mano. "Che cosa stai facendo con quello?” 

Cosa poteva rispondere? Non lo sapeva nemmeno lui.

“Mi stavo esercitando.” Mentì, sperando di risultare convincente. “Volevo capire come funziona questo incantesimo.”

Kunzite lo guardò per un lungo istante. "Girati, voglio mostrarti una cosa."

Zoisite si voltò riluttante, senza sapere cosa aspettarsi. Kunzite era imprevedibile, ormai l’aveva capito.

Chiuse gli occhi, ma li riaprì non appena sentì il corpo di Kunzite premere contro la sua schiena. Due mani forti afferrarono le sue. 

Zoisite sentì il respiro spezzarsi a quell’improvvisa vicinanza.

“Adesso…” Disse Kunzite in un sussurro. “…chiudi gli occhi." Zoisite fece come gli era stato ordinato. "Immagina il fuoco.” Continuò a sussurrare al suo orecchio. "Strati di fuoco che passano da una mano all'altra".

L'unico fuoco a cui Zoisite poteva pensare era quello che gli scorreva lungo la schiena. Non si accorse che le sue mani si stavano separando e fiamme arroventate sfuggivano dalle sue mani.

Il cuore di Zoisite batteva sempre più forte, la testa cominciò a girargli. Improvvisamente, perse l'equilibrio. Nel suo stato semi-cosciente, sentì le braccia forti di Kunzite attorno alla sua vita.

"Immagino che fosse troppo per stasera.” Disse Kunzite nel suo orecchio. "Ci eserciteremo un'altra volta." Zoisite poteva sentire il suo respiro caldo sui suoi capelli. Cercò di lottare per liberarsi dalle braccia di Kunzite prima di impazzire. Riuscì a fare solo pochi passi prima di cadere di nuovo. Per la seconda volta, le braccia di Kunzite lo imprigionarono in una presa stretta e salda.

"Non sei ancora abbastanza forte per questo tipo di magia.” La voce profonda e calda di Kunzite si infranse contro la sua pelle. 

Il cuore di Zoisite batteva talmente forte che poteva sentirlo risuonare nelle orecchie. 

Non riusciva nemmeno a reggersi in piedi per quanto gli tremavano le gambe. L’unica cosa che lo sosteneva erano le braccia di Kunzite attorno a lui. 

Contro la sua schiena, sentì il battito del cuore di Kunzite accelerare un po’, ma era troppo stordito per capire cosa stava succedendo. 

Tutto ciò che sapeva era che Kunzite era lì. Kunzite. 

Poteva quasi sentire la  sua bocca sulla pelle, percepì i suoi occhi penetranti vagare lungo il suo corpo. Lentamente, senza riuscire a smettere di tremare, Zoisite si voltò per affrontare il suo maestro.

“Cos’era quello?” Chiese piano, notando che le loro labbra erano distanti solo pochi centimetri. Se solo si fosse sporto un po’… 

Kunzite sorrise, sistemandogli una ciocca ribelle dietro l’orecchio. “L’incantesimo perfetto per te, Zoisite. Stavi cercando di imparare l’incantesimo del ghiaccio, ma fidati, quello del fuoco ti si addice molto più.”

 

 

 

**

 

 

“Congratulazioni, Zoisite!

“Sei il più giovane ufficiale entrato a far parte della guardia personale del principe, devi essere fiero di te stesso.”  

“Ho sempre pensato che saresti stato tu il quarto generale, sei stato l’unico che ha avuto il fegato di rispondere per le rime a Kunzite fin dal primo giorno.”

“Bravo, hai lottato con grande abilità!”

I soldati attorno a lui continuavano a dargli pacche sulle spalle e a dispensare complimenti, e Zoisite si limitava ad annuire e a sorridere senza però ascoltarli veramente.

Faceva ancora fatica a credere che fosse successo veramente. 

Non solo era entrato a far parte dell’esercito del principe, ma aveva anche ottenuto lo stesso grado di Kunzite e Nephrite nonostante fosse molto più giovane di loro, contando esclusivamente sulle proprie capacità.

All’inizio gli era stato detto che entrambi i generali avrebbero selezionato il migliore allievo del proprio gruppo per la competizione finale, ma Zoisite non avrebbe mai immaginato che Kunzite avrebbe scelto proprio lui.

Erano cambiate molte cose tra loro in quegli ultimi sei mesi.

Kunzite era diventato più gentile nei suo confronti, anche se a volte si divertiva ancora a prenderlo in giro e a metterlo in imbarazzo.

E anche se aveva tentato di negarlo con tutte le sue forze, alla fine Zoisite era stato costretto ad essere sincero con se stesso e ad ammettere che Kunzite gli piaceva da morire, e non solo come insegnante. Era attratto da lui, ma non era nient’altro che la cotta di un ragazzino, o almeno così pensava. 

Kunzite era il suo maestro, nonché un suo superiore. 

Non potevano provare nulla l’uno per l’altro.

Certamente Kunzite non provava nulla nei suoi confronti, ne era più che sicuro: lo considerava un bravo allievo, certo- il suo migliore allievo, altrimenti non l’avrebbe scelto per la competizione finale- ma niente di più.

Non che la cosa gli dispiacesse, anzi, Zoisite aveva avuto altro ben altro a cui pensare da quando aveva saputo che avrebbe dovuto combattere contro l’allievo di Nephrite.

Era stata una lotta all’ultimo sangue, letteralmente.

L’allievo di Nephrite era più forte di lui, sia fisicamente che magicamente, ma proprio quando Zoisite era stato sul punto di arrendersi, gli era bastato incrociare lo sguardo di Kunzite in mezzo alla folla che li stava osservando per ritrovare la sua determinazione.

Era debole, ferito e senza fiato, e sarebbe stato sciocco continuare a combattere ancora.

Ma Kunzite credeva in lui. Non poteva deluderlo.

Alla fine era riuscito ad immobilizzare a terra l’allievo di Nephrite, cogliendolo di sorpresa con l’attacco del fuoco che gli aveva insegnato Kunzite e conficcando un cristallo di ghiaccio nella sua gamba che gli aveva fatto perdere l’equilibrio.

Tra l’esultazione generale Zoisite era stato dichiarato vincitore, ma improvvisamente scoprì che non gli importava di più tanto aver vinto.

Tutto quello che gli importava in quel momento era sapere che non aveva deluso le aspettative di Kunzite. 

Tutto ciò che contava era renderlo orgoglioso il suo maestro.

Certo era contento della vittoria e dell’apprezzamento generale, ma niente lo riempì di gioia più del sorriso di Kunzite. 

Quel sorriso era suo e solo suo, quel sorriso l’avrebbe conservato gelosamente nel cuore, per ricordarlo quando in futuro si sarebbe sentito triste, per avere qualcosa di bello a cui aggrapparsi nei momenti più bui. 

Quando Kunzite gli consegnò una spada dall’impugnatura intarsiata d’oro e la sua nuova uniforme viola, Zoisite gli sorrise per la prima volta in modo assolutamente, inconfondibilmente sincero.

Non un sorriso malizioso o sarcastico come quelli che gli rivolgeva di solito; quello che gli illuminava il viso in quel momento era un sorriso vero, pieno di gioia e incredulità.

Kunzite avrebbe voluto saper dipingere, solo per poter immortalare la bellezza del suo volto felice.

Ma si limitò a posargli una mano sulla spalla e a congratularsi con lui. 

“Sei stato un ottimo allievo, Zoisite.” Disse, e lo pensava sul serio.  

Zoisite notò per la prima volta nei suoi occhi e nella sua voce un estraneo, piacevole calore. 

Improvvisamente la distanza tra loro non sembrava più così incolmabile.

Fece una cosa che non aveva mai fatto: si inchinò al suo cospetto, un inchino solenne e profondo che si addiceva più ad un principe o a un re che ad generale, ma a Zoisite non importava.

Voleva dimostrare a Kunzite il suo più profondo rispetto e la sua più sincera gratitudine, e non gli venne in mente un modo diverso per comunicarglielo. “È stato un onore per me averti avuto come insegnante, Kunzite.” 

Disse in un sussurro, continuando a tenere la testa chinata.

Grazie. Non avrei mai potuto arrivare fin qui senza di te.

Kunzite era sbalordito. Zoisite era sempre così arrogante, irrispettoso e prepotente con tutti.… il ragazzo timido e sottomesso davanti a lui sembrava un’altra persona.

Posò una mano sulla sua spalla e sorrise, invitandolo a rialzarsi. “L’onore è stato tutto mio.”

 

 

**

 

 

 

Zoisite doveva ammetterlo, la sala da ballo era bellissima. 

Un ampio padiglione di marmo con le rose che crescevano sui pilastri, e le decorazioni, l'illuminazione e la musica di quella sera contribuivano a dare al salone un aspetto trascendentale. 

Si appoggiò a uno dei pilastri, osservando Nephrite che ballava con una giovane ragazza dai corti capelli rossi, e il principe Endymion che volteggiava con la principessa della Luna, Serenity, che in quei giorni era in visita sulla Terra insieme alla madre e alcune amiche.

Si lasciò sfuggire un sorriso mentre li guardava ballare: quei due sembravano particolarmente infatuati l'uno dell'altro; non avevano smesso di ballare per tutta la notte. 

Aveva trascorso le ultime due ore a guardarli ballare, ridere e chiacchierare come se si conoscessero da tutta la vita. 

Una piccola parte di Zoisite era felice per Endymion, che sembrava divertirsi molto in compagnia della sua allegra compagna di danza. 

La principessa Serenity non era particolarmente bella o intelligente, ma possedeva un carisma naturale che in poco tempo aveva attirato la simpatia di tutti, con la sua innata dolcezza e gentilezza e la conversazione fresca e vivace. 

Anche Nephrite sembrava trovarsi a suo agio con quella ragazzina-Naru, se non ricordava male era questo il suo nome. 

Aveva un viso dolce e gentile, e lo guardava già con occhi completamente persi e innamorati.

A quanto pareva era la notte perfetta per sognare. Per credere nell’amore.

Ma tutto questo non era possibile, non per lui.

Lui poteva solo osservare da lontano la felicità degli altri, senza poterne fare parte.

Zoisite giocherellò nervosamente con uno dei gemelli che ornavano i polsini del suo smoking, sospirando infastidito. 

Anche se lo faceva sembrare straordinariamente bello (una rapida occhiata allo specchio lo aveva confermato) si sentiva incredibilmente a disagio e accaldato sotto la stoffa rigida e pesante di quell’elegante completo.

Chiuse gli occhi e si appoggiò contro il pilastro, alzando lo sguardo verso il cielo sopra di lui, un manto nero e infinito cosparso di stelle, concentrandosi sulla curva della falce di luna, sul profumo delle rose che aleggiava nell’aria e la musica dei violini in lontananza…

"Zoisite?" Una voce profonda lo sorprese, facendogli riaprire gli occhi di scatto.

Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Kunzite. 

Doveva ammetterlo, lo smoking gli stava davvero bene. 

La giacca nera evidenziava un contrasto perfetto con il candore dei suoi capelli, la camicia bianca faceva risaltare la sua carnagione abbronzata, rendendo perfettamente evidente il suo fisico magro e muscoloso. 

Aveva lasciato il primo bottone della camicia slacciato, e Zoisite colse più di un assaggio del suo petto liscio. Dovette forzarsi a distogliere lo sguardo.

“Ti va di ballare?” Chiese Kunzite, un mezzo sorriso sulle sue labbra perfette.

“No." La voce gli uscì più aspra di quanto avesse voluto. “Magari più tardi.” Concesse, sforzandosi di sorridere.

Sicuramente non avrai problemi a trovare una bella fanciulla disposta a ballare con te, pensò Zoisite con una punta di gelosia.

Kunzite sembrò meravigliato dal suo secco rifiuto, ma durò solo un attimo, poi il suo volto tornò impassibile come al solito. 

“Bene… se cambi idea, sai dove trovarmi.” Si voltò e iniziò a camminare per tornare nel salone.

Non dire niente, non dire niente, non dire niente, continuò a ripetersi Zoisite interiormente. Dovette mordersi la lingua fino a farla sanguinare, mentre lo osservava sparire tra la folla. 

Non lo seguirò, non gli chiederò di rimanere. Si voltò e saltò giù dal padiglione con estrema facilità, atterrando sul sentiero tre metri più in basso. 

Senza mai guardarsi indietro, Zoisite si addentrò nell’ampio giardino del palazzo. L'inebriante profumo di rose aleggiava nell’aria, conferendo alla notte un'aura surreale e magica, ma Zoisite non fece caso a tutto questo.

Si accasciò su una panchina e si passò nervosamente le mani tra i riccioli ramati, cercando disperatamente di calmare il dolore pulsante alle palpebre.

Cosa c’era di sbagliato in lui? Perché non aveva accettato l’invito di Kunzite? Era lui la persona con cui avrebbe voluto ballare fin dall’inizio.

Era con lui che voleva passare la serata- perché non era stato capace di ammetterlo? Perché non poteva, almeno per una volta, mettere da parte il suo stupido orgoglio?

Perché se lo facessi, disse una vocina nella sua testa che aveva tentato di ignorare fino a quel momento, se gli permettessi di avvicinarsi a me finirei solo col farlo soffrire. Non mi resta molto da vivere, e se si affezionasse a me soffrirebbe troppo, e lo amo- sì, lo amo, non ha più senso mentire a me stesso- talmente tanto che non sopporterei di essere la causa del suo dolore.  

Nel silenzio risuonarono dei passi sommessi, si udì un fruscio tra i cespugli. Zoisite balzò in piedi, direzionando un calcio alto e potente in direzione del misterioso intruso. 

Sentì delle mani forti afferrargli il piede a metà del calcio; incespicò, ma riuscì a mantenere l’equilibrio ed evocò una sfera di fuoco nel palmo della mano.

"Calmati, Zoisite.” Disse una voce profonda nell’ombra. “Sono io."

"Lascia andare la mia gamba."

"Va bene.” Kunzite lo lasciò andare davvero. Zoisite ricadde sgraziatamente tra i cespugli di rose, imprecando.

“Hai finito?"Chiese Kunzite con l’ accenno di una risata nella voce. 

Si sedette con calma sulla piccola panca di marmo.

“Cosa vuoi?” Zoisite si rialzò dai cespugli di rose, strappando spine e petali dal suo smoking. Da un lato era contento che Kunzite fosse tornato indietro, ma dall’altro temeva che volesse solo prenderlo in giro per l’ennesima volta.

“Ero seduto su quella panchina prima di te, sai?”

"Sono venuto solo per parlare.” Disse tranquillamente Kunzite. "E c'è posto per due persone sulla panchina."

A malincuore, Zoisite si sedette sul bordo della panca. Se soltanto si fosse mosso di pochi centimetri, avrebbe potuto appoggiarsi a Kunzite, spalla a spalla, e dannazione, quanto avrebbe voluto farlo.

“Stasera ti stai comportando in modo strano.” Constatò Kunzite. “Come mai ti sei nascosto qui? Sei un ballerino talmente pessimo da vergognarti a danzare in pubblico?” Di nuovo quel tono beffardo, di nuovo quel sorrisetto derisorio.

Aveva pensato che le cose tra loro fossero cambiate, che Kunzite fosse cambiato… quanto era stato sciocco ad illudersi.

In un’altra occasione Zoisite gli avrebbe risposto per le rime, rifilandogli una replica pungente, ma non quella sera. Ne aveva abbastanza di essere preso in giro da lui.

Gemette, affondando la testa tra le mani. “Non potresti andare a tormentare qualcun altro?”

“Mi dispiace.” Disse Kunzite, e la sua voce era veramente gentile. "Non è mia intenzione tormentarti."

“Allora vattene, per favore.” Disse Zoisite, e iniziò a piangere quando sentì Kunzite alzarsi davvero. Ad un tratto tutto sembrava essere così sbagliato… “No, aspetta, ti prego.” Si sentì dire a bassa voce, e sentì Kunzite sedersi di nuovo accanto a lui, più vicino questa volta, lasciando scivolare un braccio attorno alle sue spalle per confortarlo.

Voleva spezzare l'abbraccio, colpire Kunzite, uccidere Kunzite - no, voleva restare così, abbracciare Kunzite, uccidere il suo orgoglio…

“Va tutto bene.” Disse Kunzite, e la sua voce era talmente dolce da fargli venire ancora più voglia di piangere. “Va tutto bene…”

“Perché sei qui, veramente?” Zoisite tirò su con il naso, allontanandosi da Kunzite quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.

“Volevo rinnovarti le mie congratulazioni per il tuo nuovo incarico. Non c’è nessuno che lo meriti più di te.” Sorrise, dolce, sincero, tendendo una mano verso di lui.

“E sono venuto a chiederti se vuoi ballare.”

La musica lenta e struggente di un violino; le stelle che illuminavano il cielo con il loro bagliore argenteo; il profumo delle rose e il corpo di Kunzite, il viso di Kunzite, la voce di Kunzite, le sue parole gentili e affettuose; questo era tutto ciò che Zoisite riusciva a percepire. 

La paura e la gioia si mescolarono nel petto di Zoisite, dando vita ad un’emozione sconosciuta, meravigliosa e terrificante.

Avvolse incerto le braccia intorno al collo di Kunzite. 

Sentì le sue forti braccia avvolgersi attorno ai propri fianchi, e si mossero lentamente, con grazia, al ritmo degli alti e bassi, dei crescendi e dei diminuendi dei violini. 

La testa di Zoisite arrivava a malapena al mento di Kunzite; premette il viso contro il suo collo, e sentì le sue labbra che gli sfioravano i capelli.

Zoisite non si era mai sentito così in tutta la sua vita. Stare con Kunzite era come imparare a volare: eccitante e spaventoso allo stesso tempo.

Talmente spaventoso da dare i brividi.

Talmente eccitante da provocargli le vertigini. 

Aveva voglia di ridere e piangere allo stesso tempo, ma si limitò ad avvolgere più forte le braccia attorno alla sua schiena, come a voler assorbire il suo calore, come a volersi fondere con lui.

“Vuoi venire a vivere con me?”

Per un attimo, Zoisite credette di aver sentito male. Alzò la testa di scatto, guardandolo con occhi sgranati.

“Temporaneamente. Finché i tuoi nuovi alloggi non saranno pronti.” Chiarì Kunzite. “I miei appartamenti sono grandi, c’è posto per un’altra persona… solo se sei d’accordo, naturalmente.” Kunzite sembrava quasi incespicare sulle parole, incerto, come se temesse un suo rifiuto. Come se Zoisite potesse anche solo pensare di rifiutare. “Ma se preferisci la tua vecchia stanza…”

Zoisite scosse energicamente la testa, facendo ondeggiare i riccioli ramati intorno al viso, mentre si sforzava di trattenere le lacrime di gioia che avevano iniziato a bagnargli gli occhi. “No, va benissimo.” Disse, tornando a rifugiarsi nel calore del suo abbraccio. “È perfetto.”

In una notte stellata che profumava di rose, stretto tra le braccia di Kunzite, finalmente Zoisite fu ciò che da settimane- una vita- aveva sempre desiderato.

Felice.

 

 

 

 

 

**  

 

La notizia dell’imminente matrimonio tra Endymion e Serenity fu improvvisa, ma non sorprese affatto Zoisite.

Era chiaro che fossero anime gemelle, lo aveva notato da come si guardavano al ballo, e anche nei giorni successivi, quando li vedeva ridere e passeggiare insieme in giardino. Erano fatti l’uno per l’altra, e Zoisite si sentì felice per loro.

Per qualcuno i sogni diventano realtà.

La cerimonia fu bellissima e sontuosa, con un ricco banchetto e il profumo dei fiori che riempiva l’aria.

Serenity era stupenda nel suo vestito bianco con le maniche a sbuffo e il lungo strascico, le guance rosse e il sorriso raggiante mentre baciava Endymion suggellando la loro promessa d’amore eterno.

Zoisite non fece caso alla traiettoria del bouquet, così quando si ritrovò un mazzo di rose rosse tra le mani rimase a fissarlo perplesso per parecchi secondi, senza capire come ci fosse finito.

Serenity gli fu addosso in un attimo e lo stritolò in un abbraccio soffocante, congratulandosi scherzosamente con lui con quella sua fastidiosa voce sempre troppo acuta, prima di essere assalita dalle sue amiche, sommersa da un tripudio di baci e felicitazioni.

Zoisite fissò a lungo il bouquet, poi scosse la testa con una risata amara, gettandolo bruscamente a terra.

Tutte sciocchezze. Non mi sposerò mai.

Era troppo.

Troppo dolore.

Vedere Serenity e Endymion ballare felici, questa cerimonia sfarzosa, tanto bella da far male, tutti quei sorrisi, tutta quella gioia…

Sentì la gola serrarsi e gli occhi diventare lucidi. 

Doveva uscire immediatamente da lì.

Approfittò del chiasso per sgattaiolare fuori senza essere notato, precipitandosi sul balcone.

Inspirò l’aria fredda della sera a pieni polmoni, accogliendo con sollievo il vento tra i capelli e sulla pelle accaldata.

“Che fai qui fuori?” Zoisite riconobbe la voce di Kunzite, ma non si voltò a guardarlo.

Avrebbe potuto inventare un milione di scuse, ma scelse di essere sincero.

“Sai, ero lì a guardare il principe e la principessa che ballavano, e tutto quello a cui riuscivo a pensare…” Sospirò, e un sorriso triste affiorò sulle sue labbra. “… era che io non potrò mai avere tutto questo.”

Ci fu un lungo attimo di silenzio, poi Kunzite gli afferrò delicatamente le spalle, facendolo girare piano verso di lui. Posò una mano sulla sua guancia, sfiorandogli lo zigomo con il pollice in una lenta carezza. “Certo che potrai. Puoi avere chiunque tu voglia. Sei ancora così giovane, Zoisite…”

“Già.” C’era una strana amarezza nella sua voce. Alle parole di Kunzite, Zoisite abbassò la testa, e quando la sollevò  i suoi occhi erano lucidi e sul suo volto spiccava uno strano sorriso.

Opaco, meno luminoso del solito. Stonato.  

“Sto morendo.” Zoisite lo disse così, lasciando scivolare fuori le parole con incredibile naturalezza, come se stesse parlando di un dettaglio irrilevante. “Sono malato.” 

Kunzite restò per un attimo senza parole, convinto di aver sentito male.

Ripensò a Zoisite che ballava sotto le stelle, che rideva, che combatteva con la spada con forza e abilità… e poi gli tornò in mente quel pomeriggio lontano in cui durante un allenamento si era accasciato improvvisamente a terra, le numerose volte in cui era svenuto e la facilità con cui contraeva la febbre, la tosse  sempre più frequente quell’inverno che Zoisite aveva giustificato come un semplice raffreddore, e il colorito del suo volto sempre più pallido e il corpo sempre più sottile… no, non poteva crederci. Non voleva crederci.

“Tubercolosi. Sono anni che convivo con questa malattia, ma ultimamente sono stato peggio del solito, così… così mi sono fatto visitare da un dottore. Ha detto che non vivrò più di tre mesi.” La voce gli si spezzò in gola, ma si sforzò di non piangere. Non voleva che Kunzite vedesse le sue lacrime.

“Ormai il pensiero della morte non mi spaventa più.  Sono stato arrabbiato per molto tempo, ma poi… poi ho capito che non è importante quanto vivi, ma come vivi.” 

Zoisite scrollò le spalle fingendo serenità, ma Kunzite poteva percepire un’ombra sottile nel suo sguardo, un leggero tremore nella sua voce che si sforzava di rimanere ferma. “Non ho paura. Sul serio, va bene così.”

No, non va bene per niente.

Come puoi dirmi che stai morendo con un sorriso? Come puoi dire che ti va bene? Non va bene, non andrà mai bene.

Devi crescere e innamorarti e avere figli e invecchiare e morire con i capelli bianchi e il volto pieno di rughe-

Zoisite doveva aver letto tutto questo nei suoi occhi, perché la sua espressione si addolcì e posò una mano sulla sua spalla, un tocco caldo, confortante e gentile, come se fosse lui quello che aveva bisogno di essere consolato e rassicurato.  

Il corpo esile e minuto fasciato dall’uniforme militare, il viso sottile incorniciato da una cascata di riccioli infuocati in netto contrasto con la pelle diafana illuminata dai bagliori della luna, vestito solo della sua tristezza e del suo coraggio, in quel momento Zoisite era semplicemente… bellissimo.

A Kunzite non venne in mente un’altra parola per descriverlo.

Zoisite era sempre stato bello, era impossibile non notarlo, ma in quel momento la sua bellezza colpì Kunzite in modo diverso, come qualcosa di infinitamente puro e prezioso, qualcosa da proteggere e da venerare.

Aveva quasi timore che se avesse sbattuto le palpebre sarebbe svanito, come il più bello e il più effimero dei sogni. 

Zoisite era bello e infinitamente triste, mentre gli diceva serenamente che stava morendo, ma andava bene così, perché non aveva rimpianti. 

“Non c’è motivo di essere triste. Ho avuto una bella vita finora, ho avuto spesso dei momenti felici…” Una breve pausa, una leggera esitazione nella sua voce, e un sorriso spontaneo nacque sul suo viso. “E poi ho conosciuto te. Questo è abbastanza.”

 

 

  
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