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Autore: heliodor    01/02/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Senso di colpa

 
Joyce si era svegliata di buonumore, pronta a un'altra massacrante giornata di allenamenti, lividi e muscoli doloranti.
Ma nonostante tutto, sentiva di stare facendo dei progressi. Aveva messo da parte il compendio. Non le sembrava saggio mostrare nuovi poteri ora che Vyncent ed Elvana la stavano addestrando su quelli che pensavano conoscesse.
Tuttavia sentiva che si aspettavano che ne avesse altri che lei non aveva ancora tradotto.
La più perplessa era Elvana.
"Usi la corda magica e l'invisibilità" aveva detto a strega. "Il che vuol dire che dovresti saper usare anche il manto incantato e la ragnatela magica."
Joyce aveva evocato la ragnatela davanti ai suoi piedi.
Elvana aveva annuito. "E il manto magico?"
Non aveva ancora tradotto quell'incantesimo e non aveva idea di come fare. Le magie create da Arran Lacey andavano tradotte una alla volta, in una sequenza precisa che il mago aveva stabilito un secolo prima e lei non poteva cambiarla.
Ci aveva provato, ma si era scontrata con un ostacolo insuperabile. Doveva tradurre i capitoli precedenti prima di iniziarne uno nuovo. Per ora era ferma alla corda magica e quello successivo era il muro di fuoco.
"Lasciamo da parte la trasmutazione per il momento" aveva detto Elvana. "E concentriamoci sulla scuola dell'illusione."
Anche quello era un bel guaio. Di quella scuola conosceva solo l'invisibilità, l'oscurità e la trasfigurazione. Sulle prima due non aveva problemi, ma il terzo incantesimo non poteva usarlo senza svelare la sua vera identità.
Il che aumentava le perplessità di Elvana.
"Dovresti saper usare lo spettro e la trasfigurazione" aveva detto la strega. "E invece sembri del tutto negata. Sai come chiamiamo quelli come te?"
Joyce non lo sapeva. Scosse la testa.
"Esotici."
Joyce aveva imparato che quel termine non era un complimento. Gli stregoni chiamavano esotici le persone i cui poteri non si potevano inserire in una delle scuole che avevano creato.
Joyce stava iniziando a capire come funzionava e stava creando uno schema per mettervi ordine, ma doveva procedere con cautela per non sollevare dubbi sulla sua natura.
Quello però era l'ultimo dei suoi problemi.
Quello più grosso sembrava essere la diffidenza che Bryce provava verso di lei. In effetti, sua sorella sembrava non gradire la sua presenza a palazzo e più volte l'aveva vista discutere con Vyncent.
Lui invece sembrava averla presa sotto la sua protezione. Doveva averlo impressionato nel combattimento contro Hava e Brun, anche se Joyce era convinta di essersi comportata da principiante.
Non voleva deluderlo e se voleva restare lì a palazzo doveva guadagnarsi la sua fiducia. Poi avrebbe dovuto dirgli quello che Robern le aveva detto e cercare di metterli in guardia, ma non sapeva nemmeno lei da cosa e tutto le sembrava assurdo.
Sapeva solo che stava correndo un rischio enorme restando lì come Sibyl. Un solo errore, una sola distrazione e per lei sarebbe stata la fine.
Se l'avessero scoperta non era sicura che sua sorella e Vyncent l'avrebbero protetta. Ci aveva pensato diverse volte e aveva concluso che non poteva fidarsi.
L'odio verso i maghi e la magia era troppo radicato negli stregoni e nelle streghe. Persino parlarne li metteva a disagio e la magia proibita era bandita da ogni discussione.
Infine c'era l'ultima questione che non riusciva a risolvere. Cos'era successo tra Vyncent e Bryce a Orfar?
A palazzo se ne parlava a bassa voce, quasi sussurrando e sempre con mezze frasi che lei non riusciva a capire fino in fondo.
Però era certa che qualcosa fosse successo.
Da quello che aveva capito, Vyncent era stato catturato da una certa Aschan. Bryce e gli altri erano andati a Orfar per liberarlo e Bryce aveva ucciso la strega malvagia in duello.
Poi era accaduto qualcosa di cui nessuno parlava ma di cui tutti sembravano a conoscenza. Joyce non osava chiedere ma attendeva il momento giusto per farlo.
Elvana la colpì al petto mandandola al tappeto. Joyce sbatté con la schiena sul pavimento e si morse la lingua.
"A cosa stavi pensando?"
"A niente" rispose alzandosi.
"È questo il tuo problema. Devi restare concentrata."
Joyce annuì. "Come mai Vyncent non c'è stamattina?"
"Non lo so, è uscito presto."
"Per andare dove?"
"Chi credi che sia io? La sua ancella personale?"
"Scusa, io..."
"Londolin non mi dice dove va e che cosa fa. Lui rende conto solo a Bryce. Quando ne ha voglia."
"Credevo che Bryce fosse al comando."
"È più complicato di quanto sembri" rispose Elvana.
"Potresti provare a spiegarmelo" rispose lei con tono provocatorio.
"Hai deciso di farmi arrabbiare? Ti colpirò più forte se insisti."
"D'accordo" disse Joyce evocando lo scudo magico. Stavolta si concentrò e gli diede la forma voluta, un cerchio largo un metro e mezzo che copriva la parte anteriore della sua figura.
"Stai migliorando."
"Grazie."
"Ma non abbastanza." Elvana eseguì una piroetta e la superò con un balzo, atterrando alle sue spalle.
Joyce si voltò, ma non poté impedirle di colpirla alle gambe.
Si piegò sulle ginocchia accecata dal dolore.
"Non fare la scena" disse Elvana. "Non ti ho colpita così forte."
Un altro livido, pensò Joyce. Ne aveva già una dozzina sparsi per tutto il corpo ed Elvana sembrava intenzionata a fargliene altri nei prossimi giorni.
Se doveva prendere delle botte, che almeno servissero a qualcosa, si disse. "C'è una cosa che volevo chiederti."
"Fai pure, ma non so se ti risponderò. Te le dovrai guadagnare le risposte."
"Orfar."
"Sì?"
"Tu eri presente?"
Elvana sorrise. "Sono stata presente a tutte le battaglie di Bryce."
"È vero quello che dicono in giro?"
Elvana si accigliò. "Cosa dicono in giro?"
"Che Bryce ha ucciso quella Aschan in duello."
"È vero, sì."
"Come nei libri d'avventura?" chiese Joyce stupita.
"Proprio così."
"E dopo che cosa è successo?"
Elvana evocò la corda magica e gliela lanciò contro.
Joyce si spostò di lato, rotolò sul fianco ed evitò il colpo. Come un serpente in cerca della sua preda, la corda magica strisciò sul pavimento verso di lei.
Joyce levitò lanciandosi verso l'alto e la corda la seguì, guizzando verso di lei. Solo allora evocò una lama magica e la tagliò in due mentre era a mezz'aria.
Elvana emise un grugnito, la corda che si contorceva ai suoi piedi come un animale ferito.
Joyce aveva imparato che Elvana riusciva a sentire i colpi che venivano inferti alla corda magica. Per lei doveva essere un'estensione del suo corpo, come una specie di arto supplementare.
Anche Joyce aveva iniziato a sentire la sua corda come parte di sé ma non sapeva usarla altrettanto bene.
"Prima di correre devi imparare a camminare" le aveva detto Elvana. "E prima di camminare devi imparare a reggerti in piedi."
Devo imparare, si disse Joyce. Nel compendio c'erano più di cinquanta incantesimi e per impararli tutti potevano volerci settimane o intere Lune. Ma per usarli con la stessa abilità di una strega, le sarebbero serviti anni di addestramento e lei non aveva tutto quel tempo. Nessuno ce l'aveva, il che voleva dire che i maghi dovevano sacrificare l'abilità nei singoli incantesimi in cambio di una scelta più varia.
"Direi che mi sono guadagnata la risposta" disse Joyce.
Elvana sembrò infastidita. "Che vuoi sapere di preciso?"
Joyce non ne aveva idea. "C'è stata una battaglia? Avete conquistato la città?"
"Entrambe le cose" rispose Elvana.
A Joyce quella risposta sembrò evasiva. "E poi?"
"Siamo tornati a Malinor."
"E i vostri alleati?" Joyce aveva saputo che molti principi e governanti si erano uniti al loro gruppo mettendosi agli ordini di Bryce.
"L'alleanza a quel punto non aveva più senso. Sono tornati alle loro case."
"Nei libri le cose non vanno mai così" disse Joyce. Nel Ritorno del Cavaliere dei Fiori, dopo aver riunificato i popoli soggiogati dal crudele re Ushel, il valoroso principe stregone Rani e la sua bella Hania restavano ad Aqam, la gloriosa capitale riconquistata e tutti gli alleati giuravano loro fedeltà eterna.
Elvana sogghignò. "Stai sempre a parlare di libri tu. Quanti ne hai letti?"
Joyce arrossì. "Qualcuno. Di tanto in tanto."
"Ti piace leggere? Ti sarebbe piaciuta la sorellina di Bryce, allora."
"Io" esitò, non sapendo che cosa dire. "Non la conosco."
"Poco male" disse Elvana con un'alzata di spalle. "Non ti sei persa niente?"
"Come, prego?"
"Era un tipo insignificante" disse la strega alzando le spalle.
Joyce si trattenne a stento dal risponderle a tono, anche se la cosa sarebbe sembrata sospetta. "E tu la conoscevi bene?" le chiese cercando di non usare un tono provocatorio.
"Non di certo. E non credo che avrò mai il piacere, se così si può dire."
"Come mai?"
"Che non ti salti in mente di parlarne davanti a Bryce" disse Elvana abbassando la voce. "È diventata piuttosto sensibile sull'argomento e non riesco a darle torto. Qui nessuno osa dirglielo apertamente, ma è chiaro che sua sorella è morta."
Joyce quasi si mise a ridere. Quello sì che sarebbe sembrato sospetto. "Cosa te lo fa credere?" le chiese cercando di rimanere seria.
"Il fatto che è stata rapita da Malag ed è scomparsa da intere lune. Nessuno sano di mente penserebbe che sia ancora viva. A parte Bryce, ovviamente."
"Forse perché lei vuole bene a sua sorella" disse Joyce cercando di non essere troppo polemica.
"Io non lo chiamerei affetto, ma ossessione. E senso di colpa."
Joyce si accigliò. "Bryce si sente in colpa?"
Elvana sospirò come affranta. "Non era lì presente quando è successo. Credo non riesca a perdonarsi il fatto di non essere stata presente nel tempio dell'Unico quando c'è stato l'attacco."
In effetti Joyce non aveva idea di dove si trovasse sua sorella. L'aveva fatta cercare da Oren e un attimo prima di sparire nel portale evocato da Rancey, aveva avuto una fugace visione di Bryce che sopraggiungeva. Poi c'era stato un lampo e lei si era ritrovata nel ben mezzo del deserto di Mar Qwara.
"Prima si convincerà che la sorella è morta, prima potrà andare avanti" disse Elvana. "E finalmente lei e Vyncent la smetteranno di fingere."
Joyce stava per domandarle che cosa dovessero smettere di fingere, quando Djana arrivò col fiatone.
"Si è svegliato" disse ansimando.
"Chi?" chiese Elvana.
"Lo stregone ferito. I guaritori dicono che ora può essere interrogato."
Brun, pensò Joyce. Le sue ferite non erano così gravi, dopotutto.
Sul viso di Elvana apparve un mezzo sorriso. "Ora potremo interrogarlo con calma. Non vedo l'ora di dirlo a Bryce."
Come se bastasse solo pronunciarne il nome per evocarla, Bryce apparve sulla soglia della sala. E non era sola.
Con lei c'era Vyncent, la cui espressione era corrucciata e altre due figure, una donna e una ragazza più giovane.
Questa le sorrise come se la stesse irridendo.
Joyce si sentì a disagio alla sola vista della ragazza e quando incontrò il sorriso beffardo di Eryen capì che quella giornata non stava andando come aveva sperato.

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