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Autore: heliodor    07/02/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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In catene

 
"Hai trovato quello che ti serviva?" chiese Bel impaziente.
Arran, le braccia ingombre di libri, fece cenno di sì. La via era vuota a quell'ora del mattino. Davanti alla biblioteca c'erano solo loro due e il carro.
Bel aveva corrotto una guardia all'ingresso della città perché li lasciasse passare, ma sembrava lo stesso inquieto.
"Non mi fido di questa gente" disse aiutandolo a salire. "Mi dici perché siamo dovuto venire fin qui per trovare quei libri?"
Arran si sistemò accanto a lui. "È una richiesta di Sibyl."
"Questo me l'hai già detto. Ma perché proprio qui a Yahan? Questa città è un postaccio."
Non aveva tutti i torti. Yahan si trovava in una profonda depressione a nord della Spina del Drago, la catena montuosa che tagliava in due il continente vecchio.
Sorgeva sulle sponde del Fiume Lungo, in mezzo a un territorio fertile. Da esso si alzava una densa nebbia che avvolgeva la città per diverse Lune all'anno, dandole un aspetto spettrale.
La città era la meta preferita di poeti e scrittori che cercavano solitudine e ispirazione per comporre le loro opere.
Uno di questi era stato Hopott, che lì aveva composto le sue poesie migliori. Se non fosse stato per Sibyl non ne avrebbe mai sentito parlare, ma lei apprezzava molto quel poeta.
Arran aveva letto qualcuna delle sue poesie e le trovava pompose e scritte con uno stile appena decente, ma se a lei piacevano forse era lui a sbagliarsi.
"Hai già scelto il luogo dove ci incontreremo?" domandò Arran per cambiare discorso.
"Ho un paio di idee in proposito" rispose Bel mantenendosi sul vago. Fece schioccare le redini.
"Ma non me lo dirai, giusto?" fece Arran rassegnato.
"È per il vostro bene."
"Pensi che andrei a dire in giro dove si nasconde Sibyl?"
"No, ma se fossero gli inquisitori a chiedertelo, riuscirebbero a fartelo dire. Invece se tu non sai niente, nemmeno loro lo sapranno."
Arran annuì. "Capisco. È giusto. Ma credo che non ci stiano più dando la caccia. Dopotutto è passato quasi un anno da quando..."
"Un anno o dieci non fa alcuna differenza" disse Bel. "Quella gente vi darà la caccia per tutto il tempo necessario."
"Vuoi dire che prima o poi ci troveranno?"
"Se restate troppo tempo nello stesso posto, se fate degli errori grossolani... sì, vi troveranno."
"L'hai detto anche a Sibyl?"
Lui annuì.
"Che ne pensa?"
"Quello che lei pensa non ha alcuna importanza. So io come gestire questa faccenda. Dovete fidarvi di me."
"Grazie" disse Arran.
"Credi che lo faccia per te?"
"No, ma..."
"Allora perché mi ringrazi?"
"Stai correndo un grave rischio."
"È perché voglio bene a Sibyl. Devo salvare anche te per salvare lei" rispose Bel con tono secco.
Arran annuì. "Grazie lo stesso."
Trascorsero il resto del viaggio in silenzio. Uscire dalla città non fu difficile come entrare e Bel aveva già pronte delle monete nel caso servissero.
Arran notò che le portava nella tasca del mantello, accanto alla spada di acciaio brunito dalla quale non si separava mai.
"Pensi ancora ai tuoi compagni?" gli chiese Arran.
"Il meno possibile" rispose lui imbronciato.
"Ti mancano?"
"Come potrebbe mancarmi un buon cavallo o una buona armatura."
"Credevo che voi guerrieri neri foste più uniti. Una grande famiglia, insomma."
"Tu non sai niente, Arran" disse Bel a muso duro. "Non hai mai saputo niente e non saprai mai niente."
Arran sospirò. L'umore di Bel era peggiorato da quando erano stati costretti a fuggire. "Scusa."
"E non scusarti sempre."
"Mi..."
"E non dispiacerti. Non farlo, per favore" disse Bel alzando una mano. "Sono stanco di sentirti dire che ti dispiace."
Arran scosse la testa. "Purtroppo non posso fare altro."
"Lo so. Scusa per lo sfogo, ma è un periodo duro."
"Se posso fare qualcosa..."
"Mi basta che sopravviviate" disse Bel. "Tutti e due."
"Potresti uccidermi e farmi sparire" suggerì Arran. "Per te sarebbe facile."
Bel gli lanciò un'occhiata feroce. "Mi credi un assassino solo perché sono un guerriero nero?"
"No, io volevo solo dire che per te sarebbe più semplice proteggere Sibyl senza di me."
Arran scosse la testa. "Se lo facessi, le spezzerei il cuore" disse dando uno strattone deciso alle redini. "Lei ti ama, anche se non capisco che cosa ci trovi in te. Ma siete entrambi degli eruditi e avete passato la maggior parte della vostra vita sui libri o chiusi in una biblioteca, quindi è ovvio che ignoriate la realtà delle cose."
"Noi eruditi non conduciamo una vita così contemplativa come tu pensi" disse Arran.
Bel lo fissò stupito. "Che stai cercando di dirmi?"
Arran si strinse nelle spalle. "Niente. Dico solo che anche Sibyl e io abbiamo fatto le nostre esperienze. Tutto qui."
"Piccolo insolente" ringhiò Bel. "E me lo vieni a dire così, in faccia? Forse dovrei seguire la tua idea e ucciderti qui e subito."
Arran alzò le mani come in segno di resa. "Credimi, devi aver frainteso le mie parole. Però tieni conto del fatto che Sibyl e io siamo di fatto sposati e..."
"Zitto" fece Bel.
"Permettimi di spiegarmi, io..."
Bel gli mise una mano sulla bocca. "Silenzio ho detto."
Arran si azzittì. "Che succede?" sussurrò.
Bel indicò il terreno davanti ai cavalli. "Le vedi quelle? Sono delle tracce."
"E allora? Saranno di qualcuno che ci precede."
"Questo sentiero va in un'unica direzione e non è molto battuto. Termina senza via d'uscita ed è lontano dalle vie principali" spiegò Bel "Chiunque ci abbia preceduti, è venuto qui di proposito, di certo non per fare un giro nei boschi."
Bel saltò giù dal carro ed esaminò il terreno. Quando tornò era scuro in viso. "Almeno quattro cavalieri pesanti. Armature, credo. Più un paio leggeri. Stregoni, senza alcun dubbio."
"Non possiamo cambiare strada?" chiese Arran.
"Non è così semplice. Questa è la via che porta al luogo dell'incontro con Sibyl."
"Vuoi dire che lei è..."
Bel annuì deciso. "Stanno andando da lei."
Arran ebbe un tuffo al cuore. "Dobbiamo raggiungerli prima che la trovino."
Bel sganciò il cavallo dal carro e vi saltò su senza sellarlo. "Io cercherò di precederli lungo la strada. Prenderò Sibyl e la porterò via."
"Fammi venire con te" lo implorò Arran.
"Mi saresti solo d'intralcio e non sai cavalcare senza sella."
"Ma ho la magia."
Bel scosse la testa. "Pazzo. Se ti prendono ti uccideranno subito. A Luska devono avere una tua descrizione. Stai zitto e ascoltami. Lascia qui il carro e allontanati più che puoi. Non fermarti in nessuna locanda, non parlare con nessuno e soprattutto cerca di non usare la magia. Tu non hai il mantello di un circolo, quindi se lo fai la gente penserà che sei uno stregone rinnegato in fuga per qualche motivo. In ogni caso avvertiranno qualcuno e ti daranno la caccia. Quindi niente magia, intesi?"
Arran annuì.
"Bene. Trova un riparo qualsiasi e nasconditi lì. Verrò io a cercarti. Non muoverti e non fare l'eroe dei romanzi d'avventura."
"Ti prego, salva Sibyl."
Bel tirò le redini e partì al galoppo.
Arran rovistò nel retro del carro. Trovò una borsa a tracolla e vi infilò dentro un po' di carne secca. Prese anche una borraccia mezza vuota.
Scese dal carro e si allontanò a passo svelto.
Camminò per mezza giornata prima di sentirsi troppo stanco per andare avanti. Non aveva incontrato altri pellegrini sul sentiero e nemmeno locande, fattorie o baracche abbandonate.
Infine aveva lasciato il sentiero e si era avventurato nel bosco. Forse c'erano animali selvatici lì in agguato, ma non gli importava. Era troppo stanco per preoccuparsi.
E troppo in pensiero per Sibyl.
Per tutto il tragitto non aveva pensato ad altro.
Dovevo andare con lui, si disse. Dovevo insistere. Io ho la magia. So lanciare i dardi magici e usare lo scudo. Posso tenere testa a uno stregone. Bel invece è da solo contro sei. Non ce la farà mai.
Fu tentato di tornare indietro e prendere la stessa strada di Bel, ma si trattenne. Se lo avessero preso e torturato, avrebbe confessato ogni cosa.
E se invece prendono Sibyl e la torturano? Si chiese. Quel pensiero lo tormentò fino al mattino dopo, quando si svegliò dopo una notte passata sotto un albero.
Sentiva le ossa e i muscoli dolergli, ma ignorò il dolore e si rimise in piedi. L'acqua era finita e doveva trovarne altra prima che facesse di nuovo buio.
Prese una direzione a caso e la percorse, ma alla fine si ritrovò davanti a una muraglia di alberi.
Stanco e stravolto per la sete e la fatica, tornò sui suoi passi fino a raggiungere il sentiero.
Da che parte vado? Si chiese.
Non aveva mai imparato a orientarsi col sole e il muschio, ma sapeva che era possibile farlo.
Scelse una direzione a caso e la seguì. Il sole calò di nuovo e lui si rifugiò nella boscaglia. Dopo un'altra notte insonne a causa della sete e della paura. Tornò sul sentiero e lo percorse senza fermarsi.
Dopo qualche ora, giunse in vista di una città. Bel gli aveva detto di tenersi lontano dai luoghi abitati, ma Arran si sentiva allo stremo. Sentiva di non poter resistere un altro giorno senza bere.
La porta non era sorvegliata ma per prudenza si accodò a un carretto per entrare. Gli bastò una rapida occhiata per trovare un pozzo e gettarvisi sopra.
L'acqua era pessima e piena di sporcizia, ma la bevve come se fosse deliziosa. Sapeva di non dover esagerare o si sarebbe sentito male, ma in quel momento la gola riarsa reclamava il fresco liquido con tutte le sue forze e lui non poteva opporsi.
Bevve fino a non poterne più e quando smise, esausto e spossato, ricadde con la schiena davanti a un muretto.
Per lunghi minuti osservò il pigro via vai dei carretti e dei cittadini, diretti chissà dove. Colse qualche spezzone di conversazione, ma non riuscì a capirne davvero nessuna. Era come se la sua mente fosse sprofondata in una sorta di limbo ovattato.
Quando si riscosse, era sorto un nuovo solo e lui aveva dormito nella piazza come l'ultimo dei mendicanti.
Cercò di sollevarsi, ma ricadde indietro. Le gambe lo reggevano a stento e dovette fare appello a tutte le sue forze per restare in piedi.
Si frugò nella borsa alla ricerca delle poche monete che aveva raccattato dal carro. Ne contò dieci.
Bastavano per una stanza alla locanda e un pasto caldo.
Quanto ne desiderava uno.
Un ragazzino vestito di stracci corse urlando qualcosa. "Li hanno presi. Li hanno presi."
Arran si accigliò.
La gente formò dei piccoli capannelli e a nulla valsero gli sforzi delle poche guardie per farli disperdere. Alla fine, rinunciarono e ignorarono la folla che andava radunandosi davanti alle porte.
Qui, tra due ali di gente che gridava, un gruppo di cavalieri si faceva strada a fatica. I due davanti dovettero colpire un paio di incauti con la lancia per farli desistere.
Tutti sembravano impazziti al passaggio dei cavalieri e Arran non ne capiva il motivo. Pensò di chiedere in giro, ma rinunciò per non attrarre sospetti.
Scelse un posto in terza fila e attese il passaggio dei cavalieri.
Questi passarono al piccolo trotto trascinandosi dietro due figure umane legate per le braccia. Entrambe sembravano vestite di stracci, i capelli scarmigliati e i vestiti erano imbrattati di sangue.
Arran si chiese chi fossero quei due, poi il corteo passò proprio davanti a lui e capì.
Trattenendo a stento l'orrore, vide Sibyl e Bel venire trascinati in catene tra due ali di folla esultante.

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