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Autore: queenjane    16/02/2019    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Tornando a mio fratello, senza se o ma, mia madre Ella lo  aveva chiamato Alexander, come mio zio, come il defunto zar,  pareva ringiovanita di dieci anni, era felice e appagata di quel nuovo figlio.
Che gestiva in tutto e per tutto, aveva partorito nel settembre 1907, in poche settimane era tornata snella, sorrideva e lo allattava personalmente, la culla era nella sua camera, rifiutava tate e quanto altro, si godeva a pieno titolo la sua trionfante maternità.
Uso era, a partire nelle famiglie borghesi, che i pupilli fossero “ostaggio” in senso traslato di tate e governanti, che vedessero di rado i genitori, una sorta di cerimonia, invece Ella faceva a modo suo, incurante delle convenzioni, sempre. Lo stesso aveva fatto, ai tempi con me, e tanto ero gelosa, aveva ragione Olga a definire con ironia “paradiso” il posto delle sorelle maggiori.
E Sasha le era attaccatissimo, nessuna carezza o bon-bon lo calmava finchè lei non ricompariva, aveva fiato e polmoni in abbondanza, come Alexei, quando voleva qualcosa e non la otteneva subito, Ella presente era calmo, sorridente, tranquillo. A poche settimane le rivolgeva sorrisi da conquistatore, a 11 mesi camminava e a 15 parlava come un bambino di tre anni, a dare retta agli esperti.

Era un  grande amore a due,così totale e possessivo da escludere ogni altra persona.
Mia nonna materna, enfin, ne era stata contenta, ci aveva messo sedici anni ma ci era riuscita, senza mettere al mondo una caterva di femmine come la giovane zarina, impresa più che stimabile secondo i suoi criteri.
Olga era una femmina, secondo la gentile definizione di cui sopra, tranne che aveva la grinta di un giovane cavaliere ed il temperamento riflessivo di un eremita.
Quando mi veniva a trovare alla tenuta dei Raulov in Crimea, gli onnipotenti cosacchi allentavano la sorveglianza e la scorta e proponevo una cavalcata.
Sfuggivamo ridendo alle raccomandazioni, poi ci scambiavamo di cavalcatura.
Montava allora su uno strepitoso purosangue, chiamato Tintagel, come il leggendario castello di re Artù, che dava l’idea di cavalcare il vento.
Lo incitava e spariva, una freccia tesa e precisa. “..non hai idea di come riesca a sentirmi libera.. almeno per un poco”, io che arrancavo sul placido castrato e ben glielo concedevo, lo scambio, in fondo io avevo Tintagel a perenne disposizione.
Era la figlia dello zar, suo padre possedeva immense ricchezze e titoli, pareva destinata a un grande avvenire tranne che, alle volte, mi veniva da pensare che fossi più libera io, la nostra amicizia era una oasi eccezionale, che le granduchesse non frequentavano quasi nessuno e si divertivano tra loro, Alessandra riteneva corrotta e lasciva la corte e isolava la sua famiglia.  Poteva avere ragione sui livelli di corruzione, ragguardevoli, e non le perdonavano nulla, si sosteneva che era inadeguata al suo ruolo, che non consentiva allo zar di evadere dalle sue stanze claustrofobiche, una malata immaginaria le cui crisi di nervi e isteria erano ben note. La solita maldicenza incalzante, che la perseguitava da sempre.
In ogni caso, era dato notorio che la salute precaria dello zarevic avesse calamitato su di lui l’attenzione dei genitori, che trascuravano le figlie. Tatiana diventava silenziosa, Marie preferiva stare con la cugina Irina, Anastasia moltiplicava i dispetti e studiava sempre meno.

Olga invece si chiudeva nei libri e cavalcava il vento.
Trovando sempre il sistema di battermi a carte, dama e scacchi, le veniva naturale, a prescindere dal mio impegno. Era fumo e ombra, luce e perfezione, la mia amata sorella.
Comunque, lei mi riteneva superlativa a cavallo ed era vero, e si fidava di me, anche nelle più trovate più estemporanee. “Prova” era dubbiosa.
“A te viene facile.. “usavo una sella da uomo, in genere, dopo che una portentosa caduta nel 1906 mi aveva mandato quasi al Creatore, in quella guisa riuscivo a gestire la cavalcatura. “Prova, Olga, se lo gestisco io.. mi inizio a preoccupare per questo povero cavallo, manco sa cosa lo aspetta”
“Cretina” e salì in arcione in un lampo, come se non avesse mai fatto altro al mondo.
Ah.. e lo aveva già spinto al piccolo trotto, e poi diceva di me. Ce la fai, non avere timore e togliamoci questa soddisfazione..
Tintagel si mosse, leggiadro, dall’erba schiacciata saliva il dolce, intenso profumo dei ranuncoli color oro, due perfetti campioni. Aspettai sotto l’albero, se ci avessero beccato povere noi, io ero un maschio mancato, Olga una ribelle .. eravamo io e lei nella tenuta dei miei genitori in Crimea, lontane da fratelli, sorelle e fratelli, guardie, oppressioni..
“Non ne dubitavo affatto” le braccia incrociate, sorrisi, pochi minuti ed era di ritorno, le guance accese da una sfumatura di rosa, il completo da amazzone color verde cedro avvolto intorno alla sua figura sottile.. almeno a quei tempi, il pericolo di attentati era meno latente e .. una granduchessa poco contava, in termini di successione, quando era lontana dall’età fertile.. eventuali bersagli erano lo zar o suo figlio, non una “inutile femmina” e la sorveglianza si allentava.. e se lei batteva una testata erano c..i miei ..
 
“…and teach me wrong from right, and I'll show you what I can be."
 
Una luminosa parentesi che coglievano.
 
 
 

Il tempo era trascorso, un altro anno era scivolato e l’estate si avvicinava
“Ad agosto andiamo a Cowes .. troveremo lo zio Bertie e tutta la famiglia reale inglese”  Alix era la nipote della regina Vittoria d’Inghilterra, imperatrice delle Indie, quando sua madre era morta, la nonna l’aveva allevata e la zarina aveva passato molto tempo in Inghilterra e Scozia, a Londra come a Balmoral e simili, tanto che lo zar Nicola II la definiva la sua principessa inglese.
“Che è la settimana delle regate, andate con lo Standart?” annuì, scostandosi una ciocca chiara dal viso, al polso sinistro brillava un sottile braccialetto dorato che le avevano regalato i suoi a 12 anni, per la buona sorte. Anche la zarina ne aveva uno simile, come Tata, sarebbe poi toccato a Marie e Anastasia.
“E tu dove vai di bello? Che avete programmato ? la Spagna, scommetto..”
“E Parigi..”sorrisi trionfante, scacciando la malinconia, del resto non potevamo sempre essere insieme “Ti scriverò e tu a me, d’accordo?”
“Su quanti cuori infrangerai ..”
“E dai.. sono un corvo”
You are fishing for compliments, my dear, Aleksej dice che sei bellissima”
“Lui non conta, è un bambino”
“Lo dicono in tanti..che sei bella, da Dimitri fino a ..” le scoccai un’occhiata esasperata ed un bacio “Io sento lodi su lodi su te e Tata..” ed era la verità, erano entrambe splendide, ognuna a suo modo, come poi le altre due.
“E’ ben vero, tranne che le figlie dell’imperatore sono considerate splendide a prescindere.” Sardonica come al suo solito. “E mio fratello è sveglio, fidati”
“Che sia sveglio lo so” a quattro anni sapeva scrivere il suo nome in russo, inglese e francese e lo sapevo, che glielo avevo insegnato io, parlava bene in russo con la servitù ed in inglese con sua madre ed il resto della famiglia, era precoce ed affettuoso.
Lupus in fabula..” sussurrai, sentendo che si avvicinava a passo di carica, preannunciato dal tamburo che suonava e seguito da Nagorny che si tappava le orecchie, un poco esagerando, un poco per risparmiare i timpani affaticati.

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine “.. la fiducia, ecco, ogni volta che ti vedeva il suo visetto si illuminava di gioia, gli piaceva stare con te, eravate due chiacchieroni inesauribili, con i vostri botta e risposta sareste andati avanti le ore, lo calmavi sempre, cercando di distrarlo. Gli sarebbe piaciuto avere una bicicletta, aveva un triciclo speciale costruito per lui,  pattinare, andare su un cavallino vivace e non su miti pony o lenti asinelli.. Già, tutte attività potenzialmente lesive e quindi pericolose. E ci piangeva, non era giusto, in fondo, amaro, rabbioso,a nulla valeva che fosse amato, coccolato e viziato, con una stanza piena di giocattoli costosi, mancandogli la salute .. E invece di proibirgli questo e quello cercavi di insistere su quello che poteva fare.. Per istinto. E ne avevi di pazienza, con lui ne serviva sempre in dosi elevate

Eravamo nel parco imperiale, tra le splendide aiuole curate e le fontane, sorgeva intenso il profumo di rose, lillà, caprifoglio e gelsomino, osservai una farfalla che danzava davanti a noi.
Lo zarevic mi passò un braccio sul collo, incantato, gli feci cenno di zittirsi “Bella.. a cosa giochiamo? Al silenzio no, che poi mi addormento” ce lo potevo fregare quando era piccolo, rilevai, divertita, ORA no. “A guardare le nuvole e trovare le forme..” che potevano essere vascelli, aeroplani come cartine geografiche per trovare i tesori e buffi animali. Si lanciò in un elenco, salvo osservare, saggio, che un tesoro poteva essere una cosa bella, come un fiore, a proposito a me quale piaceva? Le rose bianche, gli baciai una guancia abbronzata, lo tenevo stretto contro lo sterno,profumo di rose e infanzia, baci e carezze, io non ero nessuno tranne me stessa e mi amava lo stesso, insieme ero possessiva verso di lui e per lui fino allo spasimo. “Bene”
“Cosa? Lascia stare i boccioli, monello, sono più carini sulle piante” in verità ci mancava solo che si pungesse per regalarmi un fiore.
“E che pensi.. tieni” si cacciò una mano in tasca e mi porse un foglio ripiegato in quattro
“Guarda, Cat” aveva disegnato un mazzo di fiori, allegro e colorato, nel mezzo ecco una rosa bianca, e la data e Alexis. “Questo è in francese, Cat..”
“Grazie, sei una meraviglia”
La zarina aveva passato molto tempo, quando era bambina, poi fanciulla e giovane donna alla corte inglese. Adorava, aveva adorato sua nonna la regina Vittoria, la matriarca vestita di nero, piccola e grassa, che aveva gestito un vasto impero e una numerosa famiglia, il granduca Luigi d’Assia, suo padre, li definiva la “Folla reale” . Per me è stata come una mamma, usava dire, dopo avere perso la sua a sei anni.

In estate usava passare delle settimane a Osborne House, in cima a una  scogliera,  sopra Cowes, mentre le rose  esotiche fiorivano,  i giardinieri rasavano l’erba sui prati che digradavano sul mare, sotto i cedri  e le magnolie  sventolava il vessillo inglese. In quella magione tuto celebrava Vittoria e il suo defunto marito, dalle iniziali nei camini, fino alle serrature, V e A, intrecciate, in ogni dove.  Quando servivano il tè, Alix sedeva sulla sedia che era spettata a sua madre.  E il castello di Windsor era molto amato da Alix e i suoi fratelli, ne esploravano ogni dove, dalla base al tetto, le scorribande sfrenate spesso erano interrotte da un valletto della regina che invitava al silenzio  e il castello di Balmoral, in Scozia, era fatato, con i prati pieni di erica e dolci brezze, camminavano a piedi, lunghe escursioni e un negozietto nei dintorni che vendeva dolciumi era una meta ambita, lì la zarina aveva imparato a fare le focaccine. O così diceva, Olga la vedeva comandare, di rado fare qualcosa oltre al ricamo, piangeva e aveva spesso l'emicrania.
Alla lunga, sua madre non sapeva amare davvero, era troppo oppressa  dall’infelicità.

Mentre andavano verso l’Inghilterra, filando sullo splendido yacht imperiale, l’elegante Standart con l’enorme bompresso laminato d’oro che  si ergeva, fiero e snello  da un alto scafo di 128 metri,  con ponti di tek, su cui si levavano due enormi fumaioli e tre grandi alberi verniciati.
 Alix raccontava gli episodi di cui sopra, stringendo il braccio della sua primogenita, dandole attenzione e cura, al contrario del solito, la ragazza fiutò la trappola condita di miele. E le onde filavano, come i pensieri che scriveva a Cat su un quaderno, nulla di che, la pensava sempre.
 
E Alessio faceva una confusione al limite dell’inenarrabile, saltava, pretendendo di essere un coniglio, correndo da una parte all’altra della stanza ondeggiante, come definiva una cabina, come a Carskoe Selo le stanze dei bambini imperiali erano vicine, Olga si scocciò e lo afferrò, transitando nella camera “Devi farti mettere il pannolone per la notte e devi dormire, basta bizze” piano
“Voglio Catherine..” facendo il broncio
“ Aleksej, fila, lei ti avrebbe messo a letto da un pezzo e .. “ vide il suo visetto desolato “ Le sto scrivendo, le vuoi mandare un saluto?”
“La voglio..”divincolandosi dalla sua stretta, la zarina gli faceva portare ancora i pannolini, di giorno e notte, unica concessione nelle ora diurne era che lo allacciassero stretto per non far vedere il rigonfio. E cambiarlo era una impresa, sempre, da quanto strepitava e si divincolava ogni volta entrava il mal di testa
“E’ in Spagna, Bimbo.. “
“ La vojo qui con me” storpiando le parole, come quando era piccolo o troppo stanco
“Tesoro, lei è mia amica.. Non è una sorella, una cugina.. Non può sempre stare con noi”
“Perché?ti vuole bene, è amica tua, e ti fa ridere, perché non può stare con noi” non gli rispose, la sua ineccepibile logica infantile meritava risposte che non sapeva, o voleva dare. E lo passò a una tata, sperando che si addormentasse per la stanchezza.
Non glielo poteva dire, la zarina gli aveva regalato tanti giocattoli e la Vyribova lo vezzeggiava a piè sospinto .. E tanto.. “Catherine, via Anya.. voglio Catherine” era un capriccio che non gli passava. Capriccio per dire, Cat lo adorava, e viceversa, insieme erano buffussimi.
E si sentiva in colpa, lo sentì (come al solito) piangere fino a tardi, nonostante la coperta buttata sopra le orecchie. E lei lo aveva salutato, dicendo che sarebbe andata appunto in Spagna e poi a Parigi, non lo aveva illuso. Mamma non la vuole, Papa sì.. Ha paura che non la rivedrà più..
“Aleksej.. “ alla fine era scivolata da lui che le girava la schiena, il viso verso la parete”Cat vorrebbe che sorridessi “
"Lei non c’è” duro “Lasciami solo”
" Va bene "gli toccò una mano, una piccola stretta delicata. " Io non sono lei, lo sai..ma una cosa la so, che ti vuole bene e la rivedrai.." " Olga non devi dirmi balle per farmi contento" una pausa " Lasciami solo per favore"
   
 
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