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Autore: queenjane    23/02/2019    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Ciao ragazzi, ci vediamo dopo tanto” ero passata da Peter Hof, la residenza imperiale per l’estate sul golfo di Finlandia, un pomeriggio di metà maggio 1913, le rose e i lillà fiorivano, esatti, precisi, io ero reduce da sessioni di vestiti e porcellane e bauli, satura e goffa come un albatro prima di spiccare il volo verso il futuro.
“Salvo nuove, sì, Catherine” Olga compì il gesto di darmi un bacio formale, a mezz’aria, senza toccarmi, guancia e braccia sospese, non mi sfiorava dall’annuncio del fidanzamento e del prossimo matrimonio. Nella forma era lieta per me, nella sostanza mi avrebbe messo all’angolo e scossa per le spalle, per capire, quella  rivelazione non le tornava.
Ma lei non doveva conoscere la mia disperazione, il senso di egoismo  ed impotenza
“Salvo nuove?” al mio anulare brillava, un perduto sole, l’anello di fidanzamento di Luois, zaffiri e perle, me lo aveva porto dopo che avevo accettato di sposarlo, l’onda di un mazzo di fiori, violette, ai nostri piedi, sullo sfondo i palpiti dei baci, il desiderio.. risate spezzate, due ragazzi, che giocavano all’amore..
“.. dopo il pellegrinaggio fluviale, siamo stati a Livadia” ricordai passeggiate sulla spiaggia, il suo braccio contro il mio, risate, ore dorate che non sarebbero più tornate, scherzi e risate durante una partita a tennis, una cavalcata.. le ore a discutere su Ulisse e Achille, erano stati a Kostroma sulle orme del primo zar Romanov Michele, una specie di cerchio che si saldava, un ritorno alle origini imperiali che aveva prodotto infinite critiche..
“Vero, io dietro al matrimonio.. ogni giorno ne spunta una”
“Presumo,  e dopo la luna di miele dove contate di stabilirvi?”
“Parigi.. Luois è nato là, il suo incarico sta scadendo” avessi voluto, avessi chiesto allo zar che avrebbe richiesto a chi di competenza glielo avrebbero prorogato e non volevo, avevo chiesto di sposarlo e tanto era, Luois si sarebbe costruito la sua carriera per i talenti, non per i buoni uffici della sua fidanzata, non mi sposava per interesse di carriera, lui mi amava, non era solo per interesse, attrazione che mi voleva, né io volevo lui per andarmene, potevo andare all’università.. ma Dovevo dimostrare che un matrimonio ben poteva essere per amore, senza se e ma.
“Ah..” e me ne andavo, e tanto, la voglia di sussurrare “Olga” e stare con lei non mi era passata, e viceversa, solo una smarrita intuizione.  Sbiancò leggermente, si riprese e rilevò che a  maggio si sposava la figlia del Kaiser tedesco, a giugno io, era l’anno dei matrimoni, poi ”Scusami, io devo andare a ..” generica e fece per allontanarsi.
“Olga..”  a bassa voce, più forte di me.
“Catherine.” Mi girai svelta e lei aveva già cambiato espressione, e aveva sussurrato il mio nome, io il suo.
E tanto ero troppo avanti, non si poteva tornare indietro.  Mi appiccicai addosso un sorriso  e proseguii, lo zarevic mi era saltato tra le braccia.  “Cat, fammi un sorriso vero !! sei troppo tirata!”mi  scoccò un bacio e mi portò ad ammirare le rose bianche, un perfetto e candido tripudio.
Ci fecero una foto, io di profilo, come lui, davanti a un cespuglio, vicini e sorridenti, quando Andres la vide, al tempo dei Quartiere Generale, della guerra, scosse la testa, “Vi somigliate come ..”incisioni, in fondo eravamo fratelli, figli dello stesso padre, nel 1913 NON lo sapevo .. ero troppo intontita, me ne volevo solo andare,, a mia difesa posso aggiungere solo questo, che se lo avessi saputo sarei stata meno avventata, dura ed egoista.
 
Il grande evento regale del 1913 dell’Europa  fu il matrimonio a Berlino della figlia di Guglielmo II, imperatore di Germania, con il principe di Hannover, il 22 maggio. La città rutilava di bandiere, stendardi e pavesi, la stazione ferroviaria dove giungevano i vari sovrani era presidiata come un campo militare, da soldati  e agenti in borghese, per tema di attentati.
Il banchetto di Stato fu allietato da 250 ospiti, tra uniformi e gioielli era tutto un grande, immenso scintillio.
Il Kaiser, Guglielmo, in uniforme di gala da dragone reale inglese, l’ordine russo di Sant’Andrea di traverso sul petto, dava il braccio alla regina Mary d’Inghilterra, seguiva re Giorgio V, in uniforme da colonnello dei dragoni prussiani, conduceva la moglie del Kaiser. Lo zar, pure lui nell’uniforme di colonnello dei dragoni prussiani con l’ordine dell’Aquila nera degli Hohenzollen, dava il braccio alla zia del Kaiser, mentre Alessandra seguiva accompagnata dal principe ereditario tedesco, Guglielmo, alias “Piccolo Willy”
festeggiamenti mascheravano la tensione, le danze il nervosismo, le candele nei lampadari di cristallo balenavano nei preziosi intarsi dei mobili e sui monili, un ultimo palpito di luce prima che scoppiasse la catastrofe.
Che l’anno dopo il mondo era in guerra, scoppiava il primo conflitto mondiale.
E mi sono sposata IO nel mese di giugno 1913 a Peter Hof, con Luois, mie damigelle le granduchesse, invitati gli zar e la zarina madre e molti altri.
Usammo la cappella reale, sotto le volte immense, tra le lesene dorate e fiori a profusione.
Alix sorrideva, era tranquilla e a suo agio, quel giorno non lamentava alcun malanno,  mi sposavo e andavo via, regalo migliore non potevo farle.
Mio fratello Alexander portò il cuscinetto delle fedi senza inciampare, serio e compito, mia madre pianse per buona parte della cerimonia, in modo composto, era commossa.
Infine, era stata migliore di me, mi aveva lasciato andare, aveva voluto che mi sposassi per amore.
Era amore, allora come oggi, con il senno del dopo, so che lo avrei sposato comunque.


Ho ricordi vaghi, frammenti di immagini, le firme sul registro, le candele e il bagliore del sole,  prima del rito ortodosso era stata celebrata la cerimonia civile, a Parigi ci saremmo sposati secondo i riti del cattolicesimo, tanto per stare sicuri.
Due anelli, quello di fidanzamento, uno squisito zaffiro circondato da perle, un monile di famiglia di mio marito, e la vera nuziale, una semplice fascia d’oro con incisa la data e il suo nome.

Che ho fatto?
Il vestito bianco, satin e tulle, i capelli raccolti in alto, forcine d’argento e diamanti, ringraziando Tatiana che si era profusa nel disegnare l’abito, una prova di affetto e fantasia. 
Sei bellissima.
La più bella del mondo. 
Ogni sposa è così, il giorno delle sue nozze..
Dark brightness, l’oscura lucentezza.
Mio zio chiosò che il matrimonio era in genere per tutta la vita, almeno fino al divorzio, anche lui era commosso, orgoglioso, felice.
 
Dai quaderni di Olga Romanov”..era caldo, in quegli ultimi  giorni della primavera. Arrivasti solo con dieci minuti di ritardo, era la tradizione, scommetto che ogni minuto era un anno di tormento, eri impaziente e lui scrutava il portone, vestito dell’uniforme dell’esercito francese, come se temesse qualche scherzo, un cambio di idea. Poi, eccoti, la testa alta, sotto il velo sorridevi e lui ti sorrideva. A prescindere da tutto, era innamorato di te, ricambiato. 18 anni tu, 25 lui, parevate destinati a rimanere insieme per tutta la vitaPerdonami, ma allora non riuscivo  essere del tutto felice per te
I se ed  i ma, con il senno del poi siamo tutti bravi..
L’estate del 1913, la cosiddetta honeymoon, luna di miele, che trascorremmo in Crimea, quindi una breve crociera sul Baltico, prima della definitiva partenza verso Parigi, giorni e notti sospesi fuori dal tempo, una parentesi di pura gioia.. Lui mi amava, io lo amavo, eravamo persi l’uno dall’altra, e mi scioglievo al tocco di una mano, un solo gesto che mi mandava in estasi, lui pareva ubriaco di me, della mia voce e della mia pelle, trasfigurato quando era dentro di me.


Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine. “.. quando sei venuta a salutarci, dopo la crociera, ero nella camera che dividevo da sempre con Tatiana. Già, noi siamo “The Big Pair”, come Marie e Anastasia sono “The Little Pair”, una mania di nostra madre, come di vestirci in modo abbinato e farci dividere penne e quaderni per fare economia. Non divaghiamo, ero perplessa e queste cose le sai  benissimo .. Ci sono rimasta, dal gennaio 1913 all’aprile 1913 avevi rispettato in modo veloce le previsioni di mia sorella che presto ti saresti sposata … Va bene, mia madre enuncia che sposarsi e avere figli è il più bel destino per una ragazza, ma sei stata veloce e repentina.. Anche troppo, non ti capivo e mi faceva rabbia, a te è sempre riuscito anche troppo bene, di leggermi dentro ..Diciamo che non me lo aspettavo, mi sono sentita gelosa, malevola, stupida che non mi avevi raccontato nulla tranne un fatto compiuto, che ti sposavi a giugno.. Addirittura ho chiesto a tua madre di non mandarti via, a mia eterna vergogna, e lei è stata gentile, ha solo affermato che era una questione tra di voi, era tutto a posto e … Fine. Non avevo nessun diritto di rivolgermi a lei in quel modo, ma non me l’ha fatta pesare.. Ho sperato che non vi sposaste o rimandaste, mi sono illusa due volte.. La Vyribova, la cara e intima amica di mia madre, disse una volta per battuta che dovevi farlo per forza, e lei ribatté che non pensava che fossi così stupida.. Già una gravidanza fuori dal matrimonio può capitare, eri appassionata ma non avventata, almeno allora. Andai alla finestra, sistemandomi la gonna e i capelli, i signori sposi che ci volevano salutare a Peter Hof prima della loro partenza erano giunti .. era il giorno prima del nono compleanno di Alessio, l’11 agosto 1913.. Allora era un piovoso martedì, quando lo battezzarono ed incantevole, roseo e paffuto ..ed eri tra le madrine, fin da piccolissimo ti amava, quando lo prendevi si calmava subito, era prova del suo affetto. Ricambiato, in fondo, come ho poi appreso eravate affini, lui combatteva la malattia, te l’oscurità. Già, che quando qualcuno che dovrebbe amarti sostieni che non sei nulla, o soccombi o ti armi di arroganza e fiducia in te stesso, tutto che scivola addosso, come l’acqua sopra un sasso”

 
“Cat, che bello vederti!!” feci un passo indietro, complimentandomi per come era cresciuto, Alessio mi abbracciò, contento. Abbronzato, snello e scattante pareva lontano dal bambino che era quasi morto a Spala, unico tratto in comune i grandi occhi azzurri, gioiosi, quindi mi toccò il gomito “Sono contenta di vederti pure io”
“Rimani vero..? Da giugno è stata lunghissima.. cioè,  la crociera, le vacanze estive, cioè facevamo tante cose.. però..” un chiacchiericcio affastellato, su giochi in spiaggia, escursioni, letture e risate “Rimango il pomeriggio” mi incuneai in una pausa, ogni tanto doveva recuperare il fiato. Tirò un sassolino dentro una delle meravigliose fontane di Peter Hof, una squisita trina di pietra con alti e allegri zampilli. “E domani torno.. è il tuo compleanno”
“Sì, ma poi andiamo a Livadia e … “
“Come sempre, ci andate tutti gli anni..” calcando sul verbo. Mi venne un dubbio atroce, lui magari pensava che sarei rimasta, che sarebbe tornato come prima, cioè, ogni tanto, avevo fatto dei viaggi all’estero ed ero sempre ritornata, la cerimonia di giugno l’occasione di una bella messa con un ottimo banchetto. Tranne che ora, stabilendoci a Parigi, sarei ritornata in Russia ben poco. Olga mi tolse dai carboni ardenti, per lui, non per me, chiedendogli di farmi vedere la sua nuova carabina giocattolo e mostrare come fosse diventato bravo a marciare.
“Non lo sa..”
“ Per quanto sappia, no.. Ascolta, domani ha il compleanno, diglielo il giorno dopo, per non angosciarlo inutilmente ”una pausa, un sospiro “Per alcune cose è davvero un bambino, ci sei sempre stata e ti vuole molto bene, dà per scontato, tra virgolette, che ci sarai sempre e non dire che ti spiace o altro, non essere ipocrita” dura come l’acciaio di Toledo, il migliore con cui si fabbricavano le spade, il suo sussurro era esatto e spietato “E la questione doveva essere grave, che … gli vuoi bene pure tu”
“Hai ragione” Su tutta la linea
“E’ l’ora del tè, venite” Olga mi prese il braccio, con naturalezza, scrollando la testa, non era molto educato che strepitasse a gran voce, ma era lo zarevic e faceva tutto a modo suo.
Ci riunimmo sotto una pagoda, il pomeriggio era incantevole, rilevai, Alessandra mi rivolse uno dei suoi sorrisi squisiti, annotai la presenza del granduca Dimitri
“Madame, è un piacere rivedervi” un inchino, un baciamano, forse un lieve rimpianto, ora era un giovane uomo di 21 anni dagli occhi scuri, gentile e sorridente che si divideva in modo equo tra l’esercito e le donne, non era più il giovane sbruffone di poche estati prima “Vostro marito è un uomo fortunato.. a proposito dov’è?”
“A Piter” così i russi chiamavano la capitale, un piccolo e grazioso abbreviativo.
“Già , ormai manca poco e ..”
“Avrete il vostro daffare a organizzare la casa e quanto altro..”Mi giostrai alla peggio, come una funambola, lieta per una volta che lo zarevic saltellasse senza prestare troppo ascolto, che il granduca lo sapeva, eccome, di Parigi.
“Cat .. vieni a giocare, dai”
“Zarevic” mi sedetti sulla panchina, la gola palpitante, avevo perso l’allenamento a giocare ad acchiapparello, gli tesi le mani e mi venne sulle gambe, un braccio dietro al mio collo, lo raccolsi contro di me, mi fece il solletico “ Duemila ottocento e coda” sancì.
“ Che numero è, Zarevic?” Ossa di fumo, capelli di seta, mi sarebbe mancato e tanto inutile che me ne dolessi, ipocrita sì, ma non su tutto.
“Sono chilometri, sai, la distanza tra Piter e Parigi”
“Vero .. un lungo viaggio”
“Quando andate di preciso?” con tristezza, repentina. “A Parigi, dico, e quanto state”
“Il 14 agosto .. fino a metà estate, la prossima” gli dissi la verità, in automatico “Mia mamma e Sasha dovrebbero venire per Natale” il principe Raulov era solo forma, avevo chiuso da un pezzo.
“E’ tanto..tantissimo”cacciò un sospiro, mi si allacciò ancora più stretto, il viso contro il mio collo, al diavolo le ruches e le trine. “Ma proprio un francese ti dovevi prendere per marito?”
“Alessio, bada a come parli” severa e dura, non si doveva permettere, zarevic o meno. “Se offendi mio marito, manchi di rispetto a me”
“E’ che..se ti sposavi con un russo, rimanevi in Russia. Mica sono scemo, che pensi, la moglie segue il marito. Mamma è nata in Germania e  quando ha sposato Papa è venuta stare in Russia, mia nonna Marie in Danimarca e ora sta in Russia, tornano dove sono nate per le vacanze o in visita” con perfetta logica, ineccepibile, era intelligente, ricordai, con una fitta, anche troppo per la sua età. “E lui è francese, quindi ..”
“Ho 18 anni, prima o poi mi sarei sposata, lo sai, e non ho mai pensato che tu sia stupido, Zarevic, mai”
“Ma non potevi sposare Dimitri, invece ..” gli posai un dito sulle labbra, per favore. “.. che lui si voleva proporre, quest’estate e Saint-Evit lo ha battuto sul tempo” percepii che mi stringeva ancora di più “.. ne parlava con Papa, qualche mese fa, rimproverandosi di non essersi proposto.. e tanto, non se lo aspettava, così di botto” sospirò e cambiò posizione, fissandomi in viso, gli misi le mani sulle scapole, era un angelo forse, o  anche no “ E no, non avrei dovuto sentire e tanto ho fatto.. E’ da quando hai 14 anni che ti chiedono in moglie, accidenti.. Non eri una vecchia zitella, che dopo la terza stagione mondana deve scappare in India per non rimanere nubile”
“Dalla Spagna.. ma ero troppo giovane, Alessio, e non mi ero innamorata.. Poteva essere a 16 come a 22“senza fare battute, che non era aria.
Increspò le labbra, mi si spezzò il cuore “Posso dire che mi mancherai? Almeno questo”  sospirò e si ricompose, lo rimisi per terra, mi prese per mano, poi cambiò parere e mi strinse per la vita, io gli cinsi le spalle, mi teneva così forte che, fosse dipeso da lui, non me ne sarei andata.  “Comunque l’anno prossimo sono dieci, di anni, promettimi che ci sarai”
“Ci sarò”
“E potete anche venire prima..”
“Non credo, Alessio…”
“Mai una balla .. nemmeno per farmi contento”desolato.
“Aspetta.. “ Mi misi davanti a lui, gli sollevai il mento “ Guardami, Alessio.. Sul momento saresti contento, forse, ma se ti prendessi in giro farei peggio, ti tratterei da stupido, e sei un ragazzo intelligente, non meriti” come Olga non meritava di essere trattata come avevo fatto e tanto era.
 Dai quaderni di Olga “.. se gli avessi detto una balla sarebbe stato peggio, lo pensai quella sera quando si mise a piangere, di nascosto, dopo che lo avevano messo a letto, anche se sul momento era di scarsa consolazione. Mi era venuto il mal di testa, quindi volevo dormire presto e lo sentii. “Tesoro che c’è? Ti fa male qualcosa?” “No..”mi sedetti sulla sponda del letto, prendendogli una mano “Hai avuto un incubo..” “Sono triste..” A morsi e bocconi, capii che te lo aveva chiesto direttamente, dove andavate a stare e avevi detto la verità “Perché ..”  “Cosa..?” avevi risposto dicendo la verità, in automatico, se gli avessi detto di no e fossi sparita dopo pochi giorni a tempo quasi indeterminato (un anno per un bambino è un tempo infinito) lo avresti preso in giro e trattato da deficiente. E non era una grande consolazione, che piangeva .. Mi si spezzò il cuore, gli volevi bene e gli stavi dando un dolore. Riuscii a calmarlo e il giorno dopo non pareva, fu una bella festa, aveva nove anni, era raggiante. Come ai vecchi tempi rimanesti tutta la giornata, ridemmo rievocando quando Anastasia, al compleanno di Marie nel 1910, aveva messo una rana dentro la torta, facesti addirittura delle foto senza la solita riottosità. Eri tenera, divertente, affettuosa. Dimitri ti guardava in tralice, quando non era osservato, si sarebbe voluto proporre e tu avevi sparigliato le  carte molto bene, ad aprile. Non so se lo avresti accettato, quello che so per certo era che lui era innamorato di te, o pensava di esserlo. E comunque, di Saint Evit eri innamorata e ricambiata, fino a là ci arrivavo io pure. Quello che successe l’anno dopo .. oddio, Catherine, mi fa male ricordarmene anche oggi, andasti in tilt per la disperazione e il dolore, in totali frantumi. Da settembre 1914 ritornasti a dicembre 1915, un mutamento irreversibile, senza ritorno. Ed.. in quei pochi giorni, condensammo anni e rotti di lontananza. A proposito, di quel pomeriggio a San Pietroburgo, non certo una serata mondana ma un concerto a fini di beneficenza, mi arrivò una portentosa gomitata, sussurrasti “Andres” e controllai, ben di rado eri così istintiva. Avevi parlato di una persona affascinante, non di un ragazzo avventato, chissà perché mi venne in mente lui !! Alto, imponente e maestoso, vestiva l’uniforme del reggimento degli ussari a cavallo (come appurammo poi, una gentile concessione a R-R), riempiva tutta la stanza. Si girò e ci vide. Anzi, vide te, un sorriso gli sorse sulle labbra, come quando scorgi qualcosa di bello, amato e desiderato. Un cenno della mano, che la musica stava iniziando. Annotai che aveva gli occhi verdi, un colore scuro e profondo, come le foglie primaverili.. Piaceva, eccome, non fosse stato tuo fin da allora..“I miei omaggi, signore” Nell’intervallo era venuto con due bicchieri di limonata, ci eravamo spostate nel foyer, un angolo appartato per conversare meglio. “Vi piace il concerto?Vivaldi e Coroelli, compositori italiani, onde evitare situazioni spinose. “ era stato emanato il divieto di suonare i tedeschi, che spreco, che spregio. “Già. Io ..”Ci presentasti, in fretta, lui si inchinò, parlava bene il russo, con appena uno strano accento. “Andrej Fuentes, conte de la Cueva, figlio del principe Fuentes” come spiegasti poi, anche se era l’ultimo figlio, aveva un suo titolo personale, capii che era figlio di madre russa, nato in Spagna. Poi mi ricordai, che avevi partecipato con i tuoi a un matrimonio in Spagna, nel 1905, di lettere, di Granada e di tante descrizioni. Un cerchio che si saldava. In ogni caso, Andres  fu amabile, gentile e divertente, corretto. Come il ferro che è attratto dalla calamita, non potevate stare lontani l’uno dall’altra. Foste stati soli, vi sareste saltati addosso.. E non smettevate di sorridervi e guardarvi, e marcavate il reciproco territorio, tu sei mio, lei è mia..Mi augurai che riuscisse a renderti felice. E che non facessi troppe scemenze.. Ti volevo bene, te ne voglio, dicevo sei mia, tranne che non eri una personale proprietà della scrivente, vi era differenza e così sia, perché scrivo così lo sai. Ebbi la soddisfazione di vederti diventare color brace, quando lodai il tuo buon gusto, mormorasti grazie, io prego, mi esasperavi e facevi ridere come sempre, 40 anni in due, eravamo due ragazze, alla fine“… era vero, sai Olga, l’attrazione che avevo ben Andres era di palese, palmare evidenza, me lo sarei divorata all’istante e non ero sola in quella fame, la condivideva a sua volta.. Periodo più, periodo meno, con gli anni l’attrazione è rimasta, pur mutando e variando..


La sera del suo compleanno Alessio chiese la cortesia che lo mettessi a letto io, prontamente concessa. Era stanco ma non voleva dormire, teneva gli occhi aperti per puro sforzo di volontà, scendeva dal letto appena mi allontanavo, alla fine mi stesi sul fianco, accanto a lui, dopo averlo rimesso sotto le coperte per la quarta volta “Se fai così non è una buona idea” sarebbe stato meglio di no, che lo avessi salutato direttamente, via il dente e via il dolore, un taglio netto e via, lo presi tra le braccia
“Non voglio che vai via” chiusi le labbra, per evitare una rispostaccia, naufragando nel senso di colpa, ormai era andata, non si tornava indietro
“Alessio, ormai sei grande, non puoi sempre fare le bizze” con pazienza.
“Se mi dovessi sentire male come a Spala, verresti? “
“Alessio!!” inorridita, lo strinsi addosso, baciandolo a caso sulla fronte, il mento, le guance “Verrei sì, te lo prometto, e non sia mai che ti senta così male..” cercando la calma “Ma se non succede nulla è per l’estate prossima, se posso cerco di anticipare”
“Promesso?”
“Promesso.”
“Starò attento, comunque” 
“Lo so, zarevic,..per favore.. sei stato malissimo, prego che non si ripeta mai più” soffriva così tanto che la morte sarebbe stata una liberazione e di rado, Dio, per me, ascoltava le preghiere di qualcuno,  e si fosse sentito male in maniera devastante e repentina potevo anche non arrivare in tempo.
” E   ti devi addormentare con il sorriso, senza pene.. Oggi hai avuto tanti bei regali” era la verità, senza fallo, riuscii a farlo ridere, alle nove e mezzo dormiva, però rimasi ancora, tenendolo  stretto, la sua testa contro l’incavo del gomito, sussurrando mille parole e stupidaggini affettuose  come facevo con mio fratello Alexander, dandogli un bacio ogni tanto. Per me rimaneva un mistero come mi amasse, volesse e preferisse in quel modo. Alle dieci si svegliò, annaspando “ .. Cat .. “
“Sono qui, zarevic.. stai giù.. o devi andare in bagno..” ma se gli avevano messo il solito pannolone per la notte, era il segreto di Pulcinella, lo sapevano tutti, e tanto, dietro un paravento vi era un fasciatoio e le pile di pannolini puliti. Già, i suoi marinai avevano anche quell'incombenza, a prescindere dalle crisi, la consegna era che doveva tenerlo la notte o quando faceva un riposino il pomeriggio.. Comunque, non era di mia spettanza
“No..”
“Giù, tranquillo. “ alla fine rimasi con lui fino alla mattina, dormicchiando su una poltrona, Luois se lo immaginava e mi aveva dato il permesso, una mano posata vicina alla sua, ogni tanto gli davo un bacio sui capelli o la fronte, aggiustando le coperte, era irrequieto anche nel sonno ( con Andres il permesso me lo davo da sola, ma la storia è un’altra) Una deroga alla regola generale, per una volta andava bene.
“Alessio” un sussurro verso le sei, mi ero tolta il busto, che sennò sarei stramazzata “Facciamo una cosa che non abbiamo mai fatto” lo presi in braccio, delicata, le sue gambe intorno ai fianchi, lo tenevo raccolto contro il busto, si incuneò contro di me, una carezza “Cat..” assonnato
“Solo un momento” scostai la tenda, ecco l’alba che sorgeva, il cielo virava dallo scuro nel turchese, con rapide pennellate rosa e arancione, delicate come il centro di una rosa tea, lo raccolsi sul fianco “Ti piace ?”
“Sì” Poi “Hai dormito qui?”
“Sulla poltrona”
“Allora non era un sogno” riportandolo a letto “
"Ti è piaciuto,”
“Sì..Tutto”
Dai quaderni di Olga “..conoscendolo come lo conoscevi, il 13 agosto eri sulla banchina del molo per un saluto, mentre ci imbarcavamo per la crociera. O conoscendoci, che fece piacere a tutti e ..  Saluti lievi e frizzanti, al bando la malinconia, a presto.. O così pareva. E tanto avevamo finito” 
Here without you is very hard, my Prince. I need You, I hope that You are well, no pains, no sorrows.
I miss You.

Luois era nato nel 1888, da una coppia appassionata e litigiosa, il primo di tre fratelli, rimasti presto orfani.
La sua innata ironia lo salvò dal clima di tragedia, pure se divenne più chiuso e freddo.
La sua famiglia risaliva al re francese Luigi XII, erano sopravissuti alla Rivoluzione e a Napoleone, con vaste rendite e proprietà.
Dotato di una bellezza disarmante, il mio futuro marito fece l’accademia militare a Saint-Cyr, dimostrando una innata propensione per le lingue.
Scelse la via diplomatica e dal 1909 in avanti fu membro dell’ambasciata francese a San Pietroburgo, dove conquistò stima e meriti, oltre che il cuore di una principessa.
Non voglio scadere nella retorica, con il senno di poi quei mesi a Parigi con mio marito furono splendidi, smaglianti …
Una gioia, continua, nonostante i segni del mondo esterno, la brama di guerra, la Germania che potenziava le sue armate, Luois, oltre a essere un diplomatico, era un capitano dell’esercito francese, al momento in congedo.
 Fosse scoppiata una guerra, sarebbe partito, al contrario del principe Raulov, che era salito nei ranghi dell’esercito russo, ma aveva perso fortune immense al tavolo verde e se avesse potuto non avrebbe mai lasciato la capitale.
Non aveva importanza, ormai, ero giunta a patti con quella realtà, come a considerare mia madre non una divinità infallibile, quanto una donna con i suoi egoismi e le sue passioni .. che tuttavia aveva saputo pensare in grande, fondando scuole, ospedale e orfanotrofi nelle varie zone dell’impero. La carica nominale spettava alla zarina madre, nei fatti dirigeva tutto lei, smagliante e carismatica, una vera principessa che sapeva svolgere il mestiere del noblesse oblige con il cuore, la carità verso i poveri senza fronzoli o però.
Il telefono portava la sua voce sotto i cieli di Parigi, parlavamo del più e del  meno, festose, mio fratello diceva ciao, che aveva giocato con Alessio e che mi salutavano tutti.
Alla fine, ero cresciuta e dovevo accettare le fragilità ..Così tornando in Russia, forse non ero più solo una ragazzina viziata, ma una giovane donna che andava incontro, senza ancora saperlo, alle tragedie e alla maturità e alle perdite,le cerimonie degli addii,  il passato non l’ho lasciato indietro, lo ho tenuto con le unghie e con i denti.
Non mi è mancato nulla, davvero, tanto ho avuto e tanto ho perso. 


 
   
 
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