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Autore: heliodor    25/02/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Forse possiamo essere amici

 
L'ultima cosa che Marq desiderava era di incrociare così presto la strada di lord Galyon e Falgan. Uscendo dalla città a cavallo, si diresse nella direzione opposta alla quale era certo di imbattersi nelle sue pattuglie.
Non che temesse di incontrare qualcuno di loro. Era abbastanza forte da potergli tenere testa e quando era stato catturato la prima volta era stato un caso fortuito.
Dannata sfortuna, pensò.
Se fosse rimasto insieme agli altri tutto quello non sarebbe successo. Le ferite gli facevano ancora male, nonostante i guaritori di Malinor avessero fatto un ottimo lavoro.
Il primo giorno uno di essi gli aveva detto con franchezza che rischiava di perdere una gamba e un braccio e ora, cinque giorni dopo, non correva più quel rischio.
Stava recuperando le forze e si sentiva meglio, ma c'erano ferite che non poteva rimarginarsi.
Non più.
Quella più grave era stata inferta al suo orgoglio.
Mai, nella sua vita, era stato umiliato in quel modo. Tutte le volte che aveva dovuto masticare delle umiliazioni era accaduto perché lo aveva scelto o perché era più conveniente che mostrarsi superbo.
Quando era stato messo in gabbia per la prima volta, aveva lottato per mantenere la calma.
Uscirai presto, si era detto per non impazzire. Qualcuno verrà a salvarti e tutto questo sarà solo un brutto ricordo.
Per tre giorni se lo era ripetuto, mentre veniva lasciato al freddo e alla pioggia, nudo e senza a possibilità di proteggersi degli insetti.
Poi erano iniziate le torture.
Dapprima erano state violente e insensate, come piacevano a Falgan. Ogni due o tre giorni lo tirava fuori dalla gabbia, come a fargli riassaporare un po' di quella libertà che aveva perso e lo sottoponeva a un supplizio diverso.
Prima le scudisciate, poi il bagno nell'acqua gelata, quindi il pestaggio da parte dei soldati. Quando si accorgevano che stava per cedere, lo riportavano in gabbia.
Marq si era preparato a esistere a ogni tipo di tortura. Sapeva che sarebbe potuto accadere e non aveva intenzione di rivelare preziose informazioni al nemico.
Ma dopo dieci giorni, capì che quelle torture non erano intese ad ottenere delle informazioni da lui.
Mai, in quei dieci giorni, gli venne rivolta una sola domanda.
Tutto ciò che Falgan desiderava era spezzarlo.
Non nel fisico, in quello ormai c'era riuscito e Marq non aveva più la forza di opporsi alle torture, ma nell'animo.
Voleva che lo implorasse di smetterla? Che si gettasse in ginocchio per chiedergli di perdonarlo? Che confessasse qualunque crimine di cui era accusato?
Marq fece tutte queste cose con la speranza che la smettessero e lo lasciassero in pace. Li implorò di ucciderlo, li offese, li sfidò.
Falgan non lo liberò né gli diede la morte.
Ogni volta che Marq cedeva al dolore alla sofferenza, si limitava a riderne e ordinava di riportarlo in gabbia.
L'indomani le torture riprendevano come il giorno prima e quello precedente.
Poi un giorno aveva udito una voce familiare. Dapprima non ci aveva creduto, poi voltandosi nella sua direzione aveva riconosciuto il volto di Sibyl.
Lei gli aveva promesso che lo avrebbe fatto uscire e c'era riuscita. Gli aveva promesso che se avesse collaborato sarebbe stato libero e adesso era lì, su un buon cavallo, con abiti puliti e freschi, curato anche se non ancora del tutto guarito ma capace di reggersi in sella da solo.
Non era più in quella maledetta gabbia dove non poteva alzarsi, né sedersi né stendersi.
E tutto ciò lo aveva ottenuto tradendo i suoi compagni. Aveva detto alla strega dorata dove trovare Malag.
Quando lo aveva fatto voleva solo che la smettesse di fargli tutte quelle domande. Era esausto, provato da giorni di torture e sofferente, ma nella sua mente era ben lucido il piano che aveva formulato quando l'avevano liberato per portarlo a Malinor.
Diceva la verità quando aveva detto a Bryce di Valonde che Malag non le avrebbe rifiutato un incontro. Quello che non le aveva detto era che se la strega dorata non si fosse piegata al suo volere, lui l'avrebbe distrutta.
Che venga distrutta, pensò in un attimo di esaltazione. Che venga distrutta lei e tutta la maledetta alleanza. E con essa finisca l'era della stregoneria e che la gente come Galyon o Falgan venga finalmente punita per ciò che ha fatto.
Per tutto il giorno cavalcò per allontanarsi da Malinor e dall'armata di Galyon. Quando decise di avere messo abbastanza distanza tra lui e loro, tornò sulla via principale che procedeva verso oriente.
Da quella parte sapeva esserci l'armata del sud di Malag. Non conosceva i comandanti, ma lui era pur sempre Occhi Blu, anche se ridotto in quelle misere condizioni. Con un po' di fortuna l'avrebbero riconosciuto. Una volta fatto questo, si sarebbe messo alla ricerca dei suoi amici. Ormai era passato troppo tempo ed era impossibile che lo stessero ancora aspettando nel luogo convenuto per il loro incontro.
Avrebbe dovuto cercarli per tutto il continente, ma che importava? Aveva tutto il tempo che voleva.
Superate le colline attorno a Malinor, si mise sulla strada principale. Fu allora che si accorse di essere seguito.
Dapprima aveva pensato a un pellegrino che per caso stava facendo la sua stessa via. Per questo aveva deviato verso una strada secondaria, allontanandosi da quella principale.
La persona che lo stava seguendo aveva preso la sua stessa strada. Aveva fatto due cambi di direzione a caso e persino il giro di una collina per ritrovarsi dietro sempre quell'ombra.
Pensò subito a una spia inviata da Bryce. Forse voleva scoprire dove stava andando o forse aveva l'ordine di eliminarlo alla prima occasione utile.
Marq decise di non dargli quella possibilità. All'alba del terzo giorno si mise in marcia e distanziò il suo inseguitore. Fece un rapido giro e approfittò di un bosco per nascondersi.
Attese paziente che l'inseguitore lo superasse, quindi sbucò alle sue spalle. Lui dovette accorgersene, perché tentò di nascondersi nella boscaglia, ma Marq lo inseguì e gli fu addosso in pochi istanti.
L'inseguitore, preso dal panico, smontò da cavallo e gli venne incontro. Sorpreso da quella mossa, Marq valutò se fosse il caso di attaccarlo subito.
L'inseguitore venne avanti con le mani alzate. Indossava abiti di fattura grossolana, come i suoi. Non vide mantelli o insegne, ma solo un viso devastato da una vistosa cicatrice. A metà della testa mancavano i capelli.
L'uomo venne avanti con passo lento. "Non ho cattive intenzioni."
Marq lo riconobbe. Quel tizio era stato presente al suo interrogatorio. Era quello capace di capire se stesse mentendo o meno. Doveva essere davvero abile perché non aveva sbagliato una sola volta.
"Fermati lì" disse. Non si fidava del tutto di lui, in fondo era pur sempre un alleato della strega dorata.
L'uomo obbedì.
"Perché mi segui?" chiese Marq.
"Non ho altro posto in cui andare."
"Puoi tornartene a Malinor."
"Sono stato esiliato."
Questo era interessante. "Perché? Cosa hai fatto di così terribile?"
"Ho tradito il mio circolo. Ho cercato di uccidere Vyncent di Londolin."
"Forse possiamo essere amici" disse Marq.
 
Brun sedeva con le gambe incrociate davanti al fuoco. Mangiava usando la mano buona, la sinistra, quella che non era stata devastata dalle fiamme.
Come a lui, gli avevano dato un cavallo in buone condizioni, dei vestiti puliti e qualche razione di cibo.
E l'esilio alla sola condizione che non tornassero mai più a Malinor e non rivolgessero le loro armi contro l'esercito dell'alleanza, pena la morte o un nuovo esilio stavolta a Krikor.
"Non credo sarebbe peggio del circolo di Malinor" disse Brun fissando le fiamme.
"Krikor è peggio, credimi" disse Marq. Non l'aveva mai visto di persona. Nessuno che fosse vivo l'aveva mai fatto, ma era una cosa risaputa.
Krikor era sinonimo di inferi. Chi vi veniva scagliato dentro non ne usciva più.
Brun sospirò. "Tu non sei mai stato nel circolo di Malinor."
"E tu non sei mai stato in quello di Orvaurg."
"È un brutto posto?"
"Il peggiore che esiste. Il circolo è così piccolo che eravamo costretti a soggiornare nel palazzo del governatore. E quel posto puzzava di vecchio e stantio."
"A Malinor molti avevano paura di me. Per via del mio potere."
Attese che proseguisse.
"Io capisco se la gente dice la verità o no."
Marq soppesò le prossime parole. "Quelle cicatrici da ustione ti donano."
Brun fece un mezzo sorriso.
Mezzo sorriso su mezza faccia, pensò Marq triste.
"Questa era facile" disse.
"Sono bravo, l'hai visto tu stesso."
"Sì, sei bravo. Troppo per gente come gli stregoni di Malinor. Ti trattavano male?"
"Ero una specie di rinnegato. Solo Hava mi trattava bene, ma credo solo che fosse per i suoi interessi. Non mi apprezzava davvero. Sai, prima di morire, mi disse che era stata lei ad aizzarmi contro i membri del circolo. Per rendermi più forte. E in effetti sono diventato più forte di lei, visto che è morta mentre io sono ancora qui."
"Quelle ustioni come te le sei procurate?"
"Te l'ho detto, stavo per uccidere Londolin."
"Però non l'hai fatto."
"Una ragazza mi ha convinto a non farlo. Si chiama Sibyl. Era presente anche lei all'interrogatorio."
Marq annuì. "La conosco, la conosco. La campionessa delle cause senza speranza come noi due." Il ricordo di Sibyl lo riempì di tristezza. Si era diretto verso Malinor per convincerla a passare dalla loro parte, solo per scoprire che invece stava con la strega dorata.
Un altro sei suoi tanti errori. Come poteva essere stato così ingenuo?
"Marq" disse Brun. "Dove stiamo andando?"
"A oriente."
"E che cosa c'è da quella parte?"
"Lo sai che cosa c'è. L'armata del sud di Malag."
Brun annuì.
"Se non sei convinto, prendi un'altra strada."
"Non so dove andare. Io vivevo per il circolo e credevo che ci sarei morto. Ma adesso..." scosse la testa.
"Malag ti accoglierà. Lui ascolta tutti. Sai, c'è una ragazza..."
"Chi?"
"Si chiama Dina o qualcosa del genere. Credo che andrete d'accordo."
"Perché?"
Marq sorrise. "Lo vedrai."
 
Il giorno dopo si rimisero in viaggio. Superate le colline, vennero le pianure e dopo queste, costeggiando la via del mare, incontrarono solo altre colline e pianure in un alternarsi regolare. Ovunque si coglievano i segni di una recente devastazione.
Campi distrutti e spogliati, fattorie date alle fiamme, interi villaggi spopolati.
"Dove sarà finita quella gente?" si chiese Brun.
Marq scrollò le spalle. "Sono fuggiti all'arrivo dell'esercito. O forse sono stati mangiati anche loro. Chi può dirlo?"
Alla settima notte di viaggio durante un temporale, si rifugiarono in una fattoria. L'edificio principale era bruciato decine di giorni prima, ma il fienile era a posto.
Si stavano preparando per la notte, quando Marq sentì le grida.
"Devo vedere" disse a Brun.
L'uomo rimase nascosto nel fienile mentre lui saliva sul tetto. Da quell'altezza poteva vedere a qualche miglio di distanza, fino alle basse colline coperte di erba ingiallita che si estendevano fino a oriente.
Quello che vide lo lasciò senza fiato.
Una lunga colonna di soldati avanzava diretta a occidente. Non vide stendardi o vessilli, niente di tutto questo. I mantelli erano grigi e si confondevano con le ombre della notte.
Quando tornò da Brun, lui sembrava spaventato. "Che cosa hai visto?"
Qualcosa brillò negli occhi di Marq. "La fine di Malinor" disse con selvaggia soddisfazione.

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