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Autore: queenjane    25/02/2019    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Il due agosto 1914, dal Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo, Nicola II dichiarò guerra alla Germania. Migliaia di persone affollavano la piazza quando lo zar, con moglie e figlie, scese dal battello e percorse la banchina prima di scomparire nell’edificio, dentro la vasta sala di Nicola per un solenne Te Deum. Al centro era stato eretto un altare, su cui era l’icona della Vergine di Kazan, il simbolo più venerato dal credo ortodosso.
Tutti erano seri e tesi, raccontò poi Olga, molte donne o ragazze come me tormentavano fazzoletti, gli occhi arrossati,  le teste chine sotto i grandi cappelli, gli uomini nervosi, il viso di mamma pareva scolpito nel marmo, alla fine della cerimonia i presenti si inginocchiavano, baciavano le mani, quindi  uscimmo sul balcone che dava sulla Piazza, drappeggiato di rosso, sotto vi era una folla immensa.
Erano trascorsi meno di dieci anni dalla domenica di sangue occorsa  in quel luogo, ora la folla con i suoi boati acclamava lo zar e i suoi, dopo averlo maledetto come un tiranno e un distruttore.
Si levò l’inno nazionale. “Dio salvi lo zar/ Forte e potente/ Possa egli regnare per la nostra gloria/ Regnare affinchè i nostri nemici possano tremare/ O zar ortodosso / Dio salvi lo zar”


Alessio ancora non camminava ed era rimasto a Peter Hof, amareggiato. Come al solito, lui non poteva fare nulla, non era come gli altri, un invalido o tale, come sua madre, la tedesca, come era appellata.. pensava ed era il ritratto della desolazione “… hai voglia di stare con me, invece?”
  “Catherine, perché non sei a Piter..”stupito, quindi  contento mi tese le braccia, lo strinsi, cercando di scacciare il senso di gelo, l’oppressione che mi funestavano, la guerra era scoppiata e pensavo alla devastazione, al massacro, pochi anni prima, il conflitto della Russia contro il Giappone doveva essere una “piccola guerra” di facile vittoria e non era stato in quel modo, per poco non vi era stata la rivoluzione, in questo nuovo conflitto, in caso di perdite, come sarebbe andata? Non volevo e potevo essere un uccello del malaugurio, preferivo stare con lui.
“Mi perdo un bagno nella folla, ore in piedi..” presi posto sul divanetto accanto a lui, nel piccolo padiglione vicino a una delle tante fontane, lontano il rombo del mare, il golfo di Finlandia recava brezze e sale, odore di rose, era abbronzato, e tanto magro. Nagorny mi fece un cenno, si rilassò, valeva sempre l’ordine inespresso, dello zar, che se ero nelle vicinanze potevamo allentare il controllo “No davvero, Alessio, mi fa piacere stare con te, posso?” ed ore in piedi  e calca non mi avrebbero fatto bene, per ragioni mie squisitamente personali, meno mi stancavo e meglio era.
“ E me lo chiedi, mi sei mancata tanto..” Anche tu, non lo dissi.  E tanto mi toccava il braccio, la spalla, come se non credesse che fossimo sempre lì.  Mi imposi di scherzare, amarlo come sempre.  O al mio meglio, meno peggio rispetto al passato, comunque.
Accolsi il suo cenno, abbracciandolo, a quel giro come apriva le mani lo stringevo, era in credito, di strette e abbracci, anzi lo era per pezzo, me lo issai in grembo, era leggero come un sacchetto di piume, badando alla caviglia, che non prendesse urti “Diventerai alto, sai,come lo zar Alessandro III, tuo nonno, o giù di lì, guarderai tutti dall’alto in basso, la mia è una facile previsione, guarda che ossa lunghe tieni, sicuro segno di altezza ” Le mie scemenze vennero accolte da una risata di gioia, insieme eravamo due chiacchieroni senza misura. “Per essere una  donna sono alta, 1 e 72, giusto Tata è più alta di me..e con le sue proporzioni perfette non ci badi..E tanto mi supererai, Alessio” Eri il mio bambino, zarevic, fine. Eri mio e basta. “Non vedo l’ora che mi superi di peso e altezza, verrà la volta che parrà impossibile che eravamo così” mi fece il solletico “Ma forse la magia funzionerà ancora “ tirai fuori un copeco da dietro una delle sue orecchie, le aveva buffe, un poco a sventola, fin da quando era nato.
“Dove è il trucco, dimmelo! Dai”

“Tutto può essere se credi”serafica.

“DAI!!” ridendo”Dimmelo!”

“Che ne so..” e apparve un altro copeco 
“Non è nella maniche” valutò, osservando che mi toccavano il gomito, non vi erano nascondigli per tuziorismo sollevai le dette maniche.
“Ottima ed esaustiva osservazione..”
“Sempre in giro mi prendi, uffa..” ancora “Dimmelo..”
“No .. Si .. Forse” lo scrutai sorridendo,imprimendo il momento.
“Figuriamoci!” “Zarevic, ora basta solletico sei una peste!!” Poi “E una delizia”
“LO SO” fiero e buffo, lo strinsi tra le braccia
“Ti voglio tanto bene Alessio” arrossì leggermente “Sempre”
“LO SO”
Lo sapevamo entrambi, tranne che era gradito sentirselo dire.
“Sai Cat, questa primavera, a Livadia, non puoi immaginare quante rose c’erano..”cambiando argomento, saltare di palo in frasca era la nostra specialità, specie se eravamo commossi.
“Lo so.. di tutti i colori e tipi, veramente grandi..”
“Le ho disegnate, ma la più brava è Marie ..” annuii, tra i figli dello zar era la più dotata in campo artistico, sapeva usare entrambe le mani, una ambidestra naturale, come me, che sapevo scrivere usando sia la destra che la sinistra, disegnare.. no..
Gli chiesi di farmele vedere, rientrammo, Alexei non volle la sedia a rotelle, lo presi in braccio, allontanando il marinaio infermiere, provvidi io..
I particolari.
Una mano di lui stretta tra le mie, le falangi sottili, la mia guancia contro la sua, il sussurro di Nagorny “Ma è un miracolo..” al mio sopracciglio interrogativo spiegò che era da segnare sul calendario che si fosse addormentato senza lagne, o strepiti, rilassato.. come se si sentisse al sicuro.
Sei qui..
Certo..
Io con te sono al sicuro..
Alessio, ti illudevi.. io non sapevo badare nemmeno a me stessa, che fole ti inventavi? E peggio ancora ci credevi. Ci hai sempre creduto, mi hai voluto bene nonostante tutto, a prescindere da tutto.

Dal diario di Olga Romanov del mese di agosto 1914, che Catherine tradusse in inglese, francese e spagnolo, per suo privato uso, cronache giornaliere, prima della loro definitiva separazione, nel 1917 a  Carskoe Selo.“3 agosto, Papa ha visitato Alessio, ancora non cammina per la storta alla caviglia. Ieri è apparso al balcone del palazzo d’Inverno, la folla  cantava l’inno nazionale.. Ho pianto, di pena e commozione. Ha giurato che non farà mai la pace finchè un solo nemico calcherà il suolo della Russia, le parole dello zar Alessandro ai tempi in cui Napoleone dichiarò guerra  (..) Finito di leggere per la centesima volta M. B. (Acronimo per Madame Bovary) .  Mamma ha detto a M. Gilliard, il nostro precettore di francese, come non sopporti l’imperatore tedesco, lo ritiene falso, millantatore e arrogante. 
5 agosto, anche l’Inghilterra ha dichiarato Guerra.  Mamma è preoccupata per lo zio Ernie, che il Kaiser lo abbia mandato a combattere in Francia, Belgio o .. Russia? È un militare, ma sono fratelli cosa farà.. osserva che non riconosce più la Germania in cui è  nata e cresciuta, ha ricordi così poetici della sua infanzia, peccato che nelle ultime visite abbia trovato il suo paese natio così cambiato da non riconoscerlo affatto. Ho riletto l’Iliade, venuta Catherine per un thè. 
9 agosto. Papa è preoccupato per la sessione della Duma, fatto una lunga passeggiata, Sunbeam sta un poco meglio, il 12 compirà 10 anni, il 17 andremo a Mosca per rispettare la tradizione, lo Zar deve chiedere la benedizione divina su Lui  e la Russia per questa guerra. 
12 agosto. Compleanno di Alexei, già dieci. Venuta Catherine nel pomeriggio, era raggiante di gioia, manco ha scartato i regali per giocare con lei, con noi.
Eri fragile, bellissimo, Alessio, my little one, la tua allegria si scontrava nella tristezza che avevi nello sguardo. Rievoco quelle ore, glissammo che non ti reggevi in piedi per la storta, sancendo che stavi in braccio come una coccola, un regalo. 
 
La Germania dichiarò guerra alla Russia il primo agosto, passata la metà del mese mio marito, Pietr Raulov e mio zio partirono per gli acquitrini della Prussia orientale, assieme alle truppe.
 
Dal diario di Olga Romanov “17 agosto, la folla dalla stazione al Cremlino era incredibile. Immensa, festante, inneggiava e le campane suonavano a distesa. " God save the Tsar !", l’inno nazionale risuonava in ogni angolo.  Domani Boysy sarà in grado di camminare fino alla cattedrale.. La grande incognita. Spero, ma non credo, ogni volta che deve apparire in pubblico gli accade qualcosa. Passato notte con lui, ha dormito  male, voleva Catherine.. la ha chiamata per un pezzo. Pensava che fosse a Parigi, si è confuso, e tanto la voleva uguale.
18 agosto, Sia Papa che Mama hanno deciso che Alessio  presenzierà alla cerimonia, anche se non cammina, non ce la fa, piangerebbe per il dolore, sarà presente lo stesso, portato in braccio da un cosacco.  Susciterà un putiferio, speriamo bene. Messa solenne, visita alle reliquie.. e l’entusiasmo delle folle continua a essere fervido, senza misura“ Catherine annotò che era stato visto come un presagio di sventura, il principe ereditario pareva fatto di cristallo tanto era fragile e la gente aveva ritirato fuori le storie che la zarina portava solo malasorte, era venuta in Russia dietro a una bara, dopo la morte del suocero, era tedesca e la sua lealtà  era solo apparente. Vergò ai margini che abbracciò lo zarevic, dolce, tranquilla, senza rimpianti, rassicurandolo, che era tutto a posto, lo amava, senza dirlo a parole, e Alessio si calmò, si fidava di lei.

Sei qui..
Certo..
Io con te sono al sicuro..


Comunque, lo zarevic aveva ben appreso il suo mestiere di principe ereditario, che deve essere sempre compito, regale, affabile come dimostrò a Mosca sempre in quei giorni. Con il precettore Gilliard, ogni mattina uscivano in auto (una delle sue grandi passioni, come gli aeroplani) e visitavano vari posti, come la collina dei monaci, da cui si scorgeva la valle della Moscova e della città, dalle quaranta volte quaranta chiese, ricca di cupole a cipolla dorate, celesti e candide,  con snelli campanili, parchi e palazzi, immensa e solenne, i colori smaglianti in quella fine estate.
Da quell’altura Napoleone aveva visto la città, prima di entrarvi nel 1812.
Mosca, la terza Roma, una meraviglia, senza confini o misura, rifletteva il ragazzino, quando l’auto si fermò, per la ressa di persone in una delle strette stradine, gente comune o contadini che erano venuti al mercato o a vedere lo zar. “Lo zarevic!! Lo Zarevic” lo avevano riconosciuto, andandogli incontro, alcuni addirittura salirono i gradini dell’auto e lo sfiorarono. “L’ho toccato! Ho toccato l’erede!”
“Testa alta, un sorriso e una parola gentile per  tutti è sempre un bene” un consiglio che Catherine gli aveva dato, inopinato, risorse dalla memoria, erano esuberanti, gentili, non doveva spaventarsi da quelle manifestazioni di affetto, scorse i sorrisi e nonostante il pallore e l’imbarazzo ricambiò, un sorriso e un palmo teso.
“Grazie.. Viva la Russia.. Grazie..” gli sfioravano le mani, le baciavano,  toccavano la spalla, come se fosse una sacra icona, sorrideva e finalmente due poliziotti dispersero la folla e l’auto proseguì.
E aveva fatto quanto doveva, nonostante la sorpresa, la novità e l’imbarazzo, era un vero principe, senza se e senza ma.



 
   
 
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