“Che bello, uno spaniel.”
“Già come lo chiamerai, Zarevic? Vedo che ti rimane simpatico” avevo parlato con sua madre, prima, certo che prendevano un cucciolo, ognuna delle sue figlie aveva un gatto, eccetera, me ne andavo, avrebbero preso l’intera cucciolata, togliti dai coglioni, Madame, il messaggio era quello, e davo retta. Che mi conveniva, davo allo zarevic una cosa che voleva e mi toglievo io, sua campionessa.
Ripeto, un gioco di adulti, il mio bambino era tagliato fuori..
E gli lasciavo un ultimo segno, qualcuno con cui stare, un cane sarebbe stato meno solo di me, e mi imposi, a cuccia, Catherine, little by little.
“Joy. O Achilles “ Stringendo il cucciolo che gli avevo regalato tra le braccia, osservandone il piccolo muso scuro, le buffe orecchie. Rapito. Contento, e sul momento non rilevava il mio viso scavato, che ero un corvo in lutto, abbracciò me e il cagnolino, almeno avrebbe avuto qualcuno che sarebbe stato sempre con lui, fedele, che non lo avrebbe lasciato, vedi sopra.
Lo zar era al fronte, la zarina mi aveva elargito i suoi complimenti “per il tuo altruismo, a presto, vai a salutare i ragazzi” ma era l’ultimo passo. Olga non c’era, ometteva di presentarsi,ormai ci eravamo dette tutto. Vi vogliono bene, andate, a salutarli non capirebbero e si sentirebbero abbandonati, senza perché.. Specie Alessio, definire senza limite l’affetto che aveva per me era solo una perifrasi. E mi aveva assestato una stoccata riferendo che aveva chiesto di me e cercato e voluto.
E tanto ero oltre la misura.
Volevo solo chiudere gli occhi e non svegliarmi mai più.
Almeno da morta non avrei patito in quel modo.
Abbandonati.. come no, dal punto di vista materiale non sarebbe mancato loro nulla. . MA sei cretina o ci fai, Catherine, avrebbe detto Olga, moralmente, è una diserzione, tu ci sei sempre stata, lasci così, specie Alessio.. bugiarda su tutto, tranne che era vero che mi voleva bene, il cagnolino era solo un palliativo.. ed uno scarico di coscienza, per quanto tardiva.
“Meglio Joy.” Gioia in inglese, che ironia, che sarcasmo, ma lui doveva stare bene, senza sentire le mie bestemmie, i piani di congedo e fuga.
“Joy Achilles. “ Era cresciuto, ancora, sarebbe diventato alto e ben fatto,mi abbracciò per la vita rovesciando il viso, premendolo poi contro il busto, annotando il mio vestito scuro, da lutto, alla fine, che Luois fosse morto non glielo avevo detto, e tanto… lui ascoltava tutto, sempre, anche se non pareva..mi si serrò addosso, stretto.
“Le mie storie le ricordi. “ una cosa che gli lasciavo, un dono d’amore, l’ultimo del mio cuore spezzato, e tanto ero vuota e spenta, nulla meritavo.
“Certo. Sempre” Gli accarezzai capelli, leggera.
“Io pure.”
“Anastasia, che fai.. “un movimento fluido e ci strinse entrambi.
“Cat. Quando torni?” Un sussurro che finsi di non sentire, infinitesimale, una bolla di sapone, un soffio di voce dello zarevic.
Probabilmente mai più. Non tornerò mai più.
Gli diedi un bacio e mi congedai, approfittando di una scusa. “Cat..”
“Addio, zarevic, cercate di stare bene”
“MA..”
“Sempre” accostai la guancia contro la sua, tenera, una recita, me ne volevo solo andare e tanto.. Congedati con onore, lascia che ti ricordino tranquilla, non isterica, non vi rivedrete più, fai uno sforzo.
Per staccarmi presi spunto dal cucciolo, che stava mordicchiando un guanciale.
Quello era un addio, mi ricordai di sorridere, senza fallo, poi strinsi Marie e Tatiana.
Quando andai a prendere l’auto, attesi che l’autista mi aprisse la portiera, mi girai di scatto, la sensazione di essere osservata.
Dal secondo piano del palazzo di Alessandro, la mano appoggiata contro il vetro, eri lì, un raggio piombò contro i pannelli illuminando le ciocche delle sfumature dell’oro e del bronzo, come un’immagine, un dipinto .
Chinai la testa, un piccolo cenno e salii.
Mai ho sentito di un lupo che abbia pianto.
Younger now... than we were before
I am with You
Dai quaderni di Olga Romanov” la guerra, iniziata con tanto slancio, recò invece delle promesse vittorie morti e feriti e sconfitte inenarrabili. Lo so con cognizione di causa, che nel mese di agosto 1914 avevo frequentato con mia madre e Tatiana un corso per infermiere, trovandoci poi a lavorare nel Palazzo di Caterina riconvertito in ospedale militare, dopo avere assistito a una messa alle sette di mattina. Se tutto andava male la colpa era dei tedeschi e quale migliore capro espiatorio della zarina nata in Germania? Il pomeriggio frequentavamo i corsi supplementari, la mattina assistevamo agli interventi, facendo le medicazioni e assistendo e confortando come potevamo. Sporcizia, fatica, nausea.. la prima volta che mi hanno dato un braccio amputato da mettere via stavo quasi per vomitare, a malapena sono riuscita a non svenire. Leggevo i giornali, interrogavo gli ufficiali, cercavo di capire. E mi mancavi, anche se tenevo duro. Era un addio, no. Ai tuoi tanti gesti impulsivi e scriteriati ero abituata, definirti egocentrica era un dato oggettivo, tranne che a quel giro non ne venivo a capo. La morte di tuo marito era stata un colpo atroce, choc, panico e dolore, ma tagliavi tutti i ponti e te saresti andata senza un saluto. Lo seppi per puro caso da tua madre, che non sapeva a quale santo votarsi per farti rimanere.. “Parlatele voi .. per favore. Siete la solo persona che può convincerla..” Hai fatto soffrire me, hai fatto soffrire lei che ti dissi, non vi è peccato peggiore che tradire chi si fida di te. E con Alessio ti avevo tirato una stoccata non indifferente, ti adorava e gli eri mancata, come gli sei mancata a prescindere. Io spero solo di non vederti mai più. Quell’ultima frase, detta a voce bassa, l’avevi sentita, eccome, ti volevo far soffrire ed ero ben riuscita nello scopo, senza ricavarne altro che amarezza, mi ero pentita il momento dopo averla pronunciata. Ma sono andata avanti, non avevo molta scelta, tutti noi ci raccontiamo delle storie per proseguire, mi domando quale sia stata la tua, e so di averti ferita a morte, a nulla è servito.“
Ancora dai quaderni”.. comunque, a rate davi notizie, giungevano dei biglietti, indirizzati a CARA OTMA, le iniziali mie e delle mie sorelle, nulla di rilevante, nel primo anno di guerra ne avrai mandati una decina, per lo più brevi annotazioni, personali per i compleanni e gli auguri, poche frasi di prammatica. Chilometri di distanza, nessun obbligo, tranne che mi mancavi. Non volevo, tanto era, uno dei tanti effetti collaterali. E mi arrabbiavo con me stessa, eri stata impulsiva, sventata e egoista, pur soffrendo. Ognuno reagisce a modo suo, lezione appresa nei lunghi turni di infermiera. Vestita con l’uniforme e il velo bianco, la croce rossa ricamata, mi confondevo. Ero una sorella di misericordia. Davo il mio contributo, una goccia nel mare, sempre meglio di nulla. Come tutti, anche Marie e Anastasia, divenute patrone di un ospedale. Leggevano per i feriti al pomeriggio, lavoravano a maglia le loro cose, giocando a carte e dama per intrattenerli, scrivendo a casa sotto dettatura, cucendo vestiti e bende e fasciature. A malincuore andavano a lezione. Oltre all’attività di infermiera, facevo pure io quelle cose, insieme a Tata, in più suonavo il pianoforte. E cercavo di non pensare alle serate trascorse dalla Vyribova, che, tranne che per un concerto settimanale si ripetevano con monotona cadenza. Non vi era verso di sottrarvisi, io ero indocile, ingrata e ribelle.. As usual. E non sopportavo il Nostro Amico, come mia madre definiva Rasputin, come se le sue preghiere fossero davvero quelle di un re taumaturgo, calmava l’ansia di mia madre, non quella di Alessio.. Cat .. perché mi hai detto dopo, quando pensavamo di esserci perse per sempre e ci siamo ritrovate sull’orlo, che quando Luois de Saint Evit è morto avevi abortito per la seconda volta, eri incinta di due mesi appena, andava tutto bene, la prima gestazione poteva essersi conclusa in aborto per la precocità, la giovane età, la seconda si era chiusa per il trauma.. Ci credo che eri piena di dolori e tormenti, pure.. Potevi dirmelo. Per proteggermi, te ne sei andata, definirti contorta ed egoista è sempre stata una perifrasi. Eri il dragone solitario delle tue storie, eri ancora e sempre la mia principessa, poi di ritorno, amore non significa possesso, quando hai avuto la libertà sei ritornata, le fragilità che erano diventate un punto di forza, non ti sei arresa. E quando ho saputo .. la realtà della violenza, eri una tigre, una combattente da sempre, egoista per non arrendersi“
Ero riuscita ad andarmene senza scoppiare. Non sarei tornata mai più. Addio, Olga.