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Autore: queenjane    01/03/2019    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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La zarina scriveva al marito, quando era assente, in visita alle truppe, o simili, quanto fosse orribile la Guerra, lei lo sapeva in prima misura, che, come infermiera volontaria diplomata si impegnava nel lavoro ospedaliero, prestando la dovuta assistenza, coadiuvata dalle due figlie più grandi, infermiere diplomate a loro volta. Le due più piccole erano le patronesse del loro omonimo ospedale, visitavano i malati, scrivevano e leggevano per loro, cercavano di aiutare, per quanto poco ogni aiuto era utile.
Quello su cui rifletteva, anni dopo,  mia cognata Marianna, seguita da molti in quel pensiero, era se fosse un atto di generosità od egoismo compiere quel lavoro in corsia, si chiese la spagnola, un modo per aiutare gli altri, uno scarico di coscienza od un modo per evitare di apparire in pubblico? Come zarina, ogni sua visita avrebbe avuto un profondo impatto, tranne che, sostenendo di svolgere il suo lavoro in ospedale, come ogni donna addestrata avrebbe saputo fare, evitava l’incombenza di una pubblica apparizione.. E tanto, se un ferito mostrava di gradire le sue cure, altri nove la denigravano e schernivano, la guerra andava male per colpa dei tedeschi infidi e il più lampante esempio era la teutonica moglie dello Zar… la spia del cugino, l’imperatore di Germania, che Alix. Peraltro, non sopportava, ritenendolo un fanfarone, una boule, palla in francese, e amava la Russia, essendo suo marito e suo figlio russi..
Ad ogni buon conto, assisteva alla messa alle sette di mattina, alle nove era già in corsia e, in divisa da infermiera, prestava la sua opera, pia, efficiente e misericordiosa.
E se visitava, ufficialmente i vari presidi, dai più era percepito che qualcosa in lei impediva di recare conforto, era altera, ieratica come una maschera, che non mostrava debolezze o cedimenti. Un episodio riportato da una parente, la granduchessa Maria P., che la accompagnava in uno dei giri ufficiali di cui sopra passò a imperitura memoria.  A Pskov, un gruppo di cadetti che doveva partire per il fronte aveva fatto richiesta di salutarla, ma Alessandra non volle, che modificava i suoi programmi, nonostante le preghiere della granduchessa. Maria P. fece in modo che i ragazzi si ponessero lungo il percorso che recava alla stazione, sperando un mutamento di parere da parte di lei, in auto indicò ad Alessandra le file di ragazzi che volevano sol scorgere la loro imperatrice, avere un suo cenno. La zarina, riportò la granduchessa, rigettò ogni richiesta di fermarsi anche un momento, rimase seduta, rossa in viso, e, giunta alla stazione, salì subito sul vagone, con partenza immediata.
Nonostante le sue buone intenzioni e opere nel privato, si alienava ancora di più la pubblica opinione, che scorgeva solo un’icona immobile, rigida e formale, senza amore, episodi come quello di cui sopra non rimasero isolati.
Quando me lo riferirono, basii letteralmente.
Come conciliare l’infermiera, che si definiva una sorella di misericordia, e lo era, con quella donna fredda e scostante? Impossibile, e la distanza avrebbe fatto da premessa alla tragedia.
Io ero spia, giocoliera e spia.. una contraddizione che si ricomponeva.
Come sempre..
Yo soy Catalina dei Fuentes..
Fuentes, il mio grido nelle battaglie, la mia parola segreta, prima ancora di sposare Andres ero una Fuentes .. discendente da lunghe battaglie, rotte e peripli, la degna discendente dei signori dei Pirenei e di un bastardo che divenne e si fece principe..
Un soldato di ventura, io ero sua pari.
Distante nelle sue fragilità.
Triste e potente, quella storia ricompariva.
“Basta Alessio!! Non torna, non tornerà!” glielo aveva chiesto in un sussurro, senza aspettare che si riprendesse, era stanca e irritabile dopo ore di turno in ospedale, tra gemiti e feriti.
“Sei cattiva!!”enunciò.
“Smettila di chiamare Catherine, di cercarla .. ti ha promesso qualcosa? Di specifico” scrollò le spalle.  Se all’ospedale di Caterina vi era una certa organizzazione, un letto per ogni ferito, bende, medicinali e quanto altro, come era nelle trincee? Orrore.. E si andava avanti un minuto alla volta, la ragazza si sentiva impregnata dell’odore di medicine, etere, sangue, e tanto altro.. Aveva timore che le rimanesse appiccicato, voleva fare un bagno e.. suo fratello la cercava per quello.. Gli assenti non tornano, mai più.
“No.. però. Mi manca.” Come al solito, come sempre.
“Sarò cattiva e quello che ti pare .. ma non tornerà, mai più. La principessa che conoscevamo.. ha una nuova casa, altri amici” speriamo, per te, Catherine, che ritrovi un  minimo di pace, tanto non ti rivedrò mai più.
“E allora?” ansioso, impaziente.
“E’ finita, zarevic, non tornerà mai più, impara a dimenticare”
“NO”
“Invece sì. Mi sono abituata io, a stare senza, figuriamoci te “ E mentiva, sapendo di mentire. Le mancava, a prescindere, era una amputazione,  era sempre la sua migliore amica, una sorella, e  le aveva detto, ferita, straziata, spero solo di non vederti mai più.
“Sei bugiarda e sei cattiva, scrive..”
“Alessio .. non la rivedrai più, per come la conoscevi, ha finito, io ho finito..”il pianto del bambino si perse tra le nuvole, non osò infierire e tanto era finita, prima capiva e meglio era, anche se quelle parole erano una coltellata
 “Lasciami solo! Lasciatemi in pace!!”
“Calmati, rischi di sentirti male! Ti lascio se ti calmi, promesso.” E l’aveva cercata lui, a proposito.
“La voglio..”
“Che ti ha detto, quando ti ha salutato?”
“Cerca di stare bene e .. addio.. Colpa tua, se avete litigato solo colpa tua..” Olga diventò color brace, quindi sbiancò, fosse stato un ragazzino normale non la avrebbe passata, non doveva, che imparasse “Addio significa mai più.. Se abbiamo litigato o  meno non è di tua spettanza..”
“Invece sì..se le conseguenze mi riguardano! Dove vai, Olga?”
“In corsia e ..tanto da questo orecchio non ci senti” una pausa “Sono stanca, Alessio, facciamo turni di 12 o 14 ore e preferisco continuare” scrollò la testa, gli sfiorò una spalla. “ E non va, non va”
“Olga .. scusami”


“Scusami tu, Alessio " lo abbracciò per un momento, i suoi pugni stretti di bambino contro le sue braccia " Anche se è andata via ne parlo, ci penso.."
"Guarda che .. ”non volle continuare, gli strinse una spalla “Cerca di fare come ti ha detto, di stare bene” il modo pratico rimase un mistero e Alexei tacque..
Il Natale 1914 fu quieto, Alexei osservava sua madre che, seduta di nero, al collo un crocifisso di zaffiri, pochi e sobri i gioielli, i capelli raccolti in modo sobrio, il trucco poco appariscente, che ripeteva come sempre che la vita fosse fatta di doveri.
Quell’inverno, Anastasia cercava di emulare le prodezze delle sorelle nel pattinaggio, cadeva spesso e aveva l’eleganza di un sacco di patate.
Lezioni, la torre di neve, il lancio di palle di neve, anche, ogni tanto un concerto suonato da un’orchestra rumena, i cui suoni e armonie commuovevano la zarina Alessandra. Le altre sere, se non andavano a casa della Vyribova, che in denegata ipotesi si autoinvitava, le sue sorelle ricamavano o leggevano, Olga suonava il pianoforte, la zarina suonava a maglia, se c’era lo zar leggeva un libro ad alta voce, in inglese.. Lui andava a letto prima di tutti, diceva le sue preghiere e nel buio, cercava di rimanere sveglio il più a lungo possibile, immaginando di poter cavalcare e molto altro ancora, che non sempre ricordava..
Younger now... than we were before
I am  with You
Beh, io a malapena mi ricordavo di mangiare e dormire, presa dai miei incarichi, quando giunse il Natale lo appurai solo dal calendario..
.. living every day like it is your last. Applicando la filosofia di Alexei, la sua infantile saggezza, era lui il vero drago, il lupo ed il combattente. E mi mancava, una ferita sempre aperta.
E io mancavo a lui.
Alexei aveva scritto una composizione in russo, per le sue lezioni, nel 1914.  “La porta si apre e un ufficiale entra nella stanza, si siede e suona il campanello. Viene un valletto” Lei gli avrebbe detto che poteva descrivere l’ambiente, il dialogo, ma la cantastorie era lei, non lui..  Cat.. Continuò a leggere.
Venne celebrato in servizio. Il reggimento marciò accompagnato da una folla immense, tutte le signore erano alla stazione per dare il loro arrivederci. Il treno lasciò la stazione, tutti dicevano "Hurrah." La moglie di A. P. tornò a casa in lacrime (…)Andò in chiesa, mise una candela di fronte all’icona della madre di Dio e pregò, con fervore” Come facevano tutte le donne, mogli, madri, fidanzate, sorelle che avevano il loro uomo alla guerra.
Trascorse un mese. Il reggimento in cui serviva A. P. fu destinato a combattere contro i tedeschi. In una battaglia il reggimento ebbe delle perdite, alcuni ufficiali vennero feriti, tra questi A. P., alla testa ed al petto (…) All’ospedale, una delle sorelle di misericordia lo vide e lo riconobbe, era suo marito. Le ferite erano serie, il paziente venne mandato a curarsi nella sua città natale di Chisinau. Sua moglie lo accompagnò (..) Si ristabilì e tornò al reggimento, portando con sé scarpe e indumenti caldi per i soldati. Sua moglie tornò all’infermeria. Entrambi sono vivi e stanno bene e rimarranno in guerra fino alla fine. 
The end.
A.R. 1914


In the war until the end
I sogni a volte si avverano?  I miracoli accadono…


.. settembre 1915, Mogilev, Quartiere Generale..
“Cat..!!”
“Aleksej, amore, ciao”lo baciai, commossa, sussurrando, non mi pareva vero che fosse con me“Tesoro mio, che bello, come sei diventato grande..” le ginocchia per terra, lo serravo tra le braccia, stretta con pari zelo
   
 
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