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Autore: Elizabeth_Keats    20/07/2009    4 recensioni
"Mi presento: il mio nome è Edward Anthony Masen, ho 17 anni e vivo a Chicago. O, per meglio dire, vivevo, visto che dalle ultime settimane a questa parte mi sembra più consono usare il passato. Tanto per iniziare a farci l’abitudine, a quest’idea. Ormai per me il tempo non significa più nulla: è troppo breve il tempo che mi rimane e troppo lungo quello che mi sarebbe spettato." Breve ff sugli ultimi giorni di Edward da umano, la sua malattia e la vita ritrovata dopo la trasformazione in vampiro grazie a Carlisle. Recensite!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9°

Wandering

 

 

Ashland, Wisconsin

12/9/1918

Caro diario,

è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ti ho scritto. Ma non solo l’acqua che scorre sotto i ponti è cambiata; abbandonando Chicago credo di essermi lasciato la mia intera esistenza umana alle spalle. Il problema è che non penso di aver lasciato in quella città solo il vecchio nome e l’identità sbiadita di Edward Masen: insieme al suo battito ormai perduto il mio cuore ha abbandonato in quel luogo, probabilmente sulla tomba di mia madre, anche un suo frammento. Cerco di tenere occupata la mente e di non pensare a ciò che ero poco più di un mese fa: non mi sono ancora misurato con i miei nuovi demoni, ma credo che prima o poi dovrò farlo. Per il momento mi limito a far scorrere il tempo e gli eventi sul mio nuovo corpo che mai cambierà. Sarà difficile accettare la mia nuova natura, lo so e Carlisle stesso me l’ha confermato, e ho paura di dover affrontare questo passo, perché significherebbe smettere definitivamente di giocare all’umano, come sto facendo tutt’ora.

Mi piace la nuova casa che ha preso Carlisle e nella quale ci siamo stabiliti ormai da un paio di settimane. È una piccola villetta a schiera, circondata da tante altre di chiari e piacevoli colori pastello, e dalla piccola finestrella della mansarda si possono perfino scorgere, al di là di una miriade di tetti e di giardinetti ordinati con le siepi ben curate, le placide acque del vicino Lago Superiore. Il mio amico ha già cominciato a lavorare nel piccolo ospedale locale, mentre io divido il mio tempo tra la nostra nuova dimora e le piccole stradine moderatamente affollate della città. E penso. Credo di non aver fatto altro da quella fatidica notte nel parco. È buffo perché cerco con tutte le forze di non affondare la lama in quelle ben note ferite che non accennano a rimarginarsi, eppure non posso fare a meno di rievocare tutte le diapositive possibili dell’ultimo periodo. Sul fronte “bere sangue” le cose procedono meglio di quanto pensassi. Ora mi nutro principalmente del sangue dei piccoli animali che riesco a scovare nella campagna appena fuori la cittadina e, in caso di emergenza, di alcune scorte che Carlisle riesce a procurarmi tramite l’ospedale. La tentazione del sangue umano è ancora molto forte e nei primi giorni mi ero adirato non poco con il mio nuovo compagno per il fatto di aver scelto una casa così vicino ad altri esseri umani. Secondo i miei criteri sarebbe stato più adatto un vecchio castello smarrito nel selvaggio e lontano mille miglia da ogni centro abitato. Ancora adesso, anche quando li incrocio per strada, non riesco a stare vicino a un essere umano per più di qualche secondo senza che mi sorprenda l’impulso di prenderlo alla gola. Per questo passo molto tempo rinchiuso in casa; ma Carlisle crede in me e dice che tra non molto riuscirò a controllare meglio i miei istinti. Una delle cose che più mi rammarica di aver lasciato a Chicago è il mio vecchio diario; per questo ne ho iniziato uno nuovo. Chissà se è ancora là in ospedale di fianco al mio letto? O magari qualcuno l’ha buttato al macero insieme a tutti i miei pochi e poveri averi che ho lasciato là. Ma forse, mi dico per consolarmi, è meglio così. Quelle erano soltanto le righe di un ingenuo umano ormai rassegnato ad addormentarsi per sempre nelle braccia della morte, senza sapere cosa sarebbe accaduto di lì a poco, senza sospettare quale deviazione avrebbe preso la sua vita, senza riuscire a scorgere le molte realtà oscure che in breve l’avrebbero travolto. Il cambiamento di tono sarebbe stato troppo stridente.

Oggi è una delle ultime giornate di sole dell’estate e già l’aria frizzante dell’autunno inizia a farsi sentire. Non c’è una nuvola in cielo e il blu del cielo rispecchia fedelmente quello della superficie leggermente increspata dello sconfinato lago… e io non posso assolutamente uscire. Infatti ho presto scoperto che noI vampiri alla luce del sole non ci sciogliamo come dicono le leggende, bensì risplendiamo come le sfaccettature di un diamante: per questo dareI troppo nell’occhio aggirandomi tra la gente. Non so per quanto tempo ci fermeremo qui, anche se dai programmi di Carlisle posso facilmente dedurre che non andremo molto lontano per almeno tutto l’inverno. E la cosa non mi preoccupa affatto, anche perché Ashland inizia a piacermi davvero. Sarà forse anche per il nome (“terra di cenere”), ma mi pare che sia un buon posto dove rinascere. Rinascerò dalle mie ceneri come l’araba fenice, trovando un nuovo senso alla mia esistenza, proprio come Carlisle. Magari potrei rimettermi a studiare per ottenere una laurea che mi permetta di rendermi utile alla comunità e sentirmi meno diverso. Sì, qui rimetterò insieme le mie ceneri mortali per lanciarle negli occhi del mostro che si nasconde nei meandri del mio cuore. E sconfiggerlo.

 

Ashland, Wisconsin

8/3/1921

Caro diario,

non so più che cosa pensare. Le paure, le ansie e i sospetti che avevano minacciato di adombrare la mia nuova vita, che iniziava già a prospettarsi se non serena e ridente almeno vivibile e tranquilla, si fanno via via più concrete con i giorni che passano. Alla fine Carlisle si è deciso a portare la sua nuova amica a casa nostra, ovviamente senza tenere assolutamente conto della mia opinione e dei miei avvertimenti un poco preoccupati. Esme è in assoluto la persona più dolce e benevola che abbia mai incontrato e il suo sorriso ha portato una nuova ventata d’aria fresca e gioia di vivere tra le pareti spoglie della nostra casa. Ma nonostante dimostri ogni secondo la sua gratitudine e il suo profondo anche se recente amore per Carlisle, apparentemente non preoccupata di essersi trasformata in un essere tenebroso, un vampiro, come lo ero io, non riesco ancora ad accettare la sua presenza. Mi sento diffidente… come un cane di fronte a un nuovo arrivato. Fiuto l’aria in cerca di qualche cosa fuori dalla norma che però non riesco a trovare. Forse perché in questi pochi anni (oddio, siamo già passati a contare il tempo in anni?) mi ero troppo abituato a considerare la sicurezza e la tranquillità sotto l’unico nome congiunto di me e Carlisle. Senza nessun altro. Carlisle dice che Esme saprà essere una buona madre per me e che entrambi avremmo finalmente ritrovato quello che la crudeltà del mondo ci aveva portato via. Lei avrebbe ritrovato in me il figlio morto prematuramente che l’aveva portata a decidere per l’estremo gesto di buttarsi da una scogliera (che poi le avrebbe fatto incontrare Carlisle all’ospedale). E io finalmente avrei avuto una figura materna come punto di riferimento. In effetti per molti versi Esme mi ricorda mia madre, nonostante eviti categoricamente di fare paragoni. Magari è proprio per questo che faccio fatica ad accettare la nostra nuova convivenza a tre: nel sorriso di Esme rivedo quello di mia madre, lo stesso sorriso che dopo tanto tempo ero riuscito a relegare nella parte più remota della mente per non esserne più ferito. Quindi mi ritrovo combattuto tra due fronti: quello di oppormi categoricamente a quel cambiamento e quello di lasciare che il finto fratello del signor Cullen si rallegri per il suo prossimo matrimonio. Ed è proprio questo il punto che, oltre al suo animo dolce come il miele, non mi permette di odiare Esme. Vedo il volto di Carlisle, che da quando lo conosco è sempre stato oppresso da mille pensieri e preoccupazioni, distendersi, i suoi occhi accendersi della luce del paradiso e socchiudersi ogni volta la delicata voce di lei pronuncia il suo nome. Che diritto ho io di privarlo di questa felicità dopo secoli di solitudine? Che mostro sarei a spezzare quest’incantesimo che mi lascia stupefatto? Non mi ero forse ripromesso di ricercare la bontà per allontanarmi dalle tenebre? Non posso in alcun modo rimproverare a Carlisle di averla salvata come aveva fatto con me.

Esme è la torcia della speranza che entrambi aspettavamo ormai da tempo.

 

Concord, New Hampshire

19/10/1927

“Why should we be in such desperate haste to succeed and in such desperate enterprises? If a man does not keep pace with his companions, perhaps it is because he hears a different drummer. Let him step to the music which he hears, however measured or far away”

 

Scappare. Devo assolutamente andarmene. Questa esistenza mi sta ormai stretta. Forse altrove troverò quel che cerco. Addio.

 

Newark, New Jersey

23/11/1929

Caro diario,

é tempo di guardarsi alle spalle e tirare le somme. Undici anni da vampiro e ormai due lontano da casa. E la Domanda mi sorge spontanea: ho trovato quello che stavo cercando? Anzi, cosa stavo cercando? No, scusa, non stavo piuttosto scappando? Non lo so. Probabilmente sì. In questi due anni in cui non ho più sentito Carlisle ed Esme ho scritto ben poco. Mi piacerebbe sapere come stanno, ma, come spesso mi capita, sono combattuto tra due idee. Infondo sono stato io ad andarmene, no? Che figura ci farei a ripresentarmi non aspettato con la coda tra le gambe dopo tutto quello che ho detto? Non ho voglia di recitare la parte del caro figliol prodigo che ritorna a casa. E poi… casa? Io non ho più una casa. La mia dimora è la strada; un letto sempre diverso ogni notte e una tavola con cibo diverso quasi ogni settimana. No, non posso assolutamente tornare, mi costringo a pensare con fermezza. È stata una scelta mia, proprio come quando Carlisle ha scelto di non cibarsi di sangue umano o di trasformarmi in vampiro. Ormai dopo quasi dieci anni di astinenza non potevo più sopportare quella fame lacerante, il desiderio sempre represso che non riusciva mai a trovare una minima valvola di sfogo. Avevo sempre saputo di non essere tagliato per la vita monacale fatta di rinunce e alla fine il vampiro desideroso di sangue umano è saltato alla ribalta. Mi sento una specie di Oliver Twist o Jack London alla ricerca dell’oro a vagare per i sobborghi bui e spesso sporchi di tante città diverse. Non sto mai fermo in un luogo per più di qualche giorno, una settimana al massimo, e il fuoco e l’ardore che mi spingono a muovermi sempre più spesso mi fanno assomigliare ad un irrequieto adolescente scappato da casa per sfuggire alle regole opprimenti e alle menzogne della società. Infondo è proprio quello che sono: un adolescente che mai crescerà, ma rimarrà per sempre imprigionato in questo corpo da diciassettenne.

Non riesco a sentirmi veramente in colpa per le mie innumerevoli e recenti vittime, anche se forse un giorno lo sarò. Ma ho trovato un metodo infallibile per mantenere candida la mia coscienza: con la mia unica capacità di leggere nel pensiero, che ho saputo affinare soprattutto in quest’ultimo periodo, posso distinguere la gente onesta e innocente da quella con l’anima ben più sporca della mia. Quindi, diciamo così, nonostante continui a basare la mia sopravvivenza sugli omicidi, ho trovato comunque il modo di rendermi utile alla comunità. Ripulisco i sobborghi da tutta quella gente malvagia, ladri, assassini, stupratori, che potrebbero minare la felicità di qualcun altro: almeno così sarò sicuro che qualcun altro potrà apprezzare quella gioia che invece è stata negata a me. E mi aggiro tra stradine buie in cerca della vittima giusta, magari sorprendendola proprio in flagranza di reato, come un terribile ma bellissimo angelo della morte.

Così continuo a trascinare su questa terra il mio cuore pieno di tormento, chiedendomi se sarà così per sempre. Non riesco a provare nostalgia per la mia vita con Carlisle ed Esme in una bella casetta pulita e luminosa, forse perché ora posso esprimere la mia vera natura, pur terribile che sia. E, come disse qualche saggio vecchio, esprimere la nostra natura non ci porta al compimento del nostro compito terreno? Alla realizzazione del nostro Io? Bene, il mio Io allora sarà un’ombra sfuggente e silenziosa, che si aggira tra la fitta nebbia di novembre macchiata di sangue.

 

Cleveland, Tennessee

15/7/1935

Caro diario,

la famiglia Cullen pare stia diventando sempre più numerosa: ora siamo in cinque e il piccolo appartamento i piedi delle montagne sta iniziando a risultare un po’ troppo stretto. Cosa c’è di meglio di un altro vampiro assetato di sangue da tenere a bada? Giusto per mantenerci un po’ sul chi vive… Se non altro Rosalie sembra felice e da quando il nuovo arrivato si è finalmente svegliato lei non può fare a meno di stargli attaccata ogni singolo secondo. Il ragazzo, che non dimostra più di vent’anni, ha detto di chiamarsi Emmett e di essere stato attaccato da un orso mentre era a caccia nei boschi, come tutti abbiamo potuto notare vedendo il terribile stato in cui Rose l’ha riportato a casa dopo una battuta di caccia. Come la mia nuova sorella acquisita, anche questo Emmett sembra non riuscire a staccare gli occhi dalla sua salvatrice: ci ha raccontato di averla vista scendere su di lui come uno splendido angelo. Esme è entusiasta di avere un altro figlio di cui occuparsi, mentre invece Carlisle si è fatto un po’ cupo e pensieroso, arrovellandosi sul modo migliore per mettere a conoscenza il nuovo arrivato di cosa sia diventato dopo la trasformazione. Infatti se Rosalie non l’avesse portato subito da lui, pregandolo in ginocchio di fare qualcosa, anche trasformarlo in vampiro, pur di salvarlo, di certo il povero Emmett sarebbe già rigido come uno stoccafisso a causa della gravità delle ferite riportate. Appena l’ho visto, uscendo dal silenzio della mia camera e dai miei libri di medicina, mi ha fatto subito pensare a un grande orso. In senso positivo, ovviamente. Probabilmente il genere di fratello maggiore che mi sarebbe piaciuto avere e che magari sarebbe riuscito a farmi togliere il naso dai miei testi universitari per ritrovare la leggera ebbrezza dell’adolescenza. Quella vera. Sì, perché, da quando sono tornato, ogni giorno che passa mi rendo viepiù conto del madornale errore che avevo fatto nell’abbandonare Carlisle ed Esme. Alla fine, dopo ben quattro anni di solitudine, mi ero reso conto che quello che andavo cercando non solo non l’avrei mai trovato ma nemmeno esisteva, non sapevo neanche cosa fosse. E così il grande focolare che mi aveva fatto muovere continuamente per mezz’America si era gradualmente spento e avevo realizzato che non ero il vendicatore invisibile, bensì che appartenevo ai Cullen, a Carlisle, ad Esme e a tutti quelli che sarebbero venuti in seguito. E con l’arrivo di Rosalie due anni fa la mia tesi non poteva fare a meno di rafforzarsi: quello era l’unico posto che potevo chiamare casa e quelle le uniche persone che mi avrebbero amato incondizionatamente.

Dopo Carlisle ed Esme, penso appoggiato allo stipite della porta del salotto osservandoli di nascosto, anche Rosalie ha trovato finalmente la sua ragione di vita. Dopo essere stata picchiata, stuprata e abbandonata in mezzo a una delle tante anonime strade di Rochester, New York, dall’unica persona che amava alla follia e che credeva l’amasse altrettanto appassionatamente, di certo Rose si merita più di ogni altro di ritrovare la felicità. Possibilmente con qualcuno di sincero, come Emmett si è mostrato fin dal primo istante. Con quella persona speciale che di certo non potevo essere io, come avevano creduto in principio i miei finti genitori adottivi. Forse per impedirmi di scappare un’altra volta o per non vedermi sempre rimuginare su cosa sono o non sono, Carlisle ha sempre cercato di trovarmi una compagna. Ma Rosalie, con il suo carattere fiero e la sua vanità quasi ossessiva, non era certo il mio tipo ed ora sono quasi felice che si sia orientata verso qualcun altro. E questo ora può vederlo anche lui, Carlisle, penso lanciando uno sguardo carico di significato al mio primo vero amico.

Quindi adesso siamo due coppie e uno scapolo: bene. A volte mi chiedo… No, sono solo pensieri insulsi… Però, mi chiedo: arriverà mai nessuna che possa essere quello che Esme è stata per Carlisle ed Emmett per Rosalie? Ripenso alla misteriosa ragazza del sogno o quello che era: sembrava così reale… Ci ho pensato spesso in tutti questi lunghi anni e la sua immagine brillante non è mai stata offuscata dal passare del tempo. Ma il problema rimane che quella ragazza sicuramente non esiste e non posso innamorarmi di un sogno che non tornerà mai più. In queste occasioni non posso fare a meno di sospirare con un certo rammarico, ma poi, per risollevarmi, mi dico che sto bene così, da solo. Sono troppi i pensieri che mi frullano per la testa e non credo che una sola persona riuscirebbe a reggerli tutti. E così cammino da solo, la mia ombra circondata da altre quattro che si stringono per mano, i loro volti vicini, i capelli che si sfiorano. Ma non c’è nessuna ombra a tenere la mano della mia.

 

Great Falls, Montana

11/4/1950

Caro diario,

ma dico, come si permette???? Quel… quel piccolo mostriciattolo! Sorvolando sul fatto che mi ha fatto prendere uno dei più grandi spaventi della mia vita quando è spuntata all’improvviso tra gli alberi insieme al suo amico, compagno o quel cavolo che è  mentre io ed Emmett eravamo a caccia, non posso assolutamente tollerare la leggerezza con cui mi ha spodestato. Voglio dire, quella era la mia camera! La MIA, ok? E dentro c’era tutta la roba del sottoscritto Edward Cullen, che ora, invece, è stata brutalmente relegata in garage. Mentre quella sottospecie di folletto demoniaco salta sul MIO divano, riempie con la sua roba la MIA scrivania e i MIEI scaffali, sbatte in un angolo il MIO tappeto preferito e fa spallucce quando le chiedo che fine abbia mai fatto tutta la MIA roba. E chi cavolo le ha dato il permesso di installarsi in casa MIA?!? No, non posso tollerarlo! Questo l’ho urlato anche a Carlisle, supplicandolo, o meglio obbligandolo con espressioni colorite, di sbattere quei due fuori di lì. Ma lui, come al solito, non mi ha dato ascolto e, invece, sempre più incuriosito, ha insistito per avere maggiori informazioni da quei due, da dove venivano, chi erano, come ci avevano trovati. E anche io non posso fare a meno di guardare con una certa deferenza e curiosità quella strana coppia di vampiri. La piccoletta che mi ha appena occupato la camera si chiama Alice e l’altro, invece, dall’aria più pacata e lo sguardo attento, Jasper. Non posso in alcun modo levarmi dalla testa il nostro primo incontro nella foresta, quando senza tanti preamboli mi aveva salutato e chiamato per nome. Ovviamente ero rimasto di sasso: come faceva a sapere come mi chiamavo? E subito dopo, arrivati a casa, aveva chiesto ad Esme di indicarle la sua stanza, come se vivesse lì da sempre e fosse appena tornata dopo essersi assentata per qualche ora per fare compere… Conosceva tutti i nostri nomi, le nostre storie, la nostra casa e il suo compagno, ricoperto da cicatrici e ferite di battaglia, mi incuteva lo stesso timore. Non ho ancora avuto occasione di sentire la loro storia, ma sono certo che sarà interessante. Spero proprio che non si trattengano a lungo, perché altrimenti dovrei dividere la camera con Rosalie ed Emmett… e non è la prospettiva della mia vita. Però ho i miei dubbi al riguardo: se fosse solo una breve visita non avrebbe preso la mia stanza, giusto? La prospettiva che quei due si uniscano alla nostra famiglia mi fa rabbrividire. Voglio dire, il tipo, Jasper, sembra a posto, anche se forse un po’ troppo taciturno. Ma lei… È qui da neanche mezza giornata e già non la sopporto più. La sua parlantina irrefrenabile mi fa venire il mal di testa e vederla aggirarsi per casa rimbalzando come una pallida da tennis impazzita non aiuta di certo. Assomiglia terribilmente a uno di quei mostruosi giochi a molla che spaventano tanto i bambini: non credo che la nostra sarà una convivenza pacifica. Non sopporto che quel folletto mi ronzi intorno tutto il giorno, prevedendo ogni mia mossa, ogni mio pensiero o parola e riuscendo sempre ad avere la meglio. Anche Rose sembra pensarla come me, mentre Emmett si diverte come un matto a prenderla in giro per la sua statura minuta: contento lui… Carlisle ed Esme come sempre, invece, non fanno una piega e si dimostrano disponibili ed ospitali, ma sospetto che lo sarebbero anche se si presentasse alla porta un barbone ubriaco marcio che non si lava da mesi. Oddio, per quanto durerà questa tortura?

 

Virginia Beach, Virginia

5/12/1982

Caro diario,

la spiaggia è deserta e finalmente con un po’ di pace e solitudine riesco a scriverti con calma. Non ho mai avuto molte occasioni di osservare così il mare come da quando ci siamo stabiliti qui qualche mese fa. La striscia di sabbia disegna una linea perfetta e sinuosa, lambita dalle deboli onde del mare color cobalto. Un leggero vento salmastro ne accarezza la superficie, incoronando le onde di una cresta di spuma bianca, che s’infrange come un debole schiaffo contro la sabbia. Lo sciabordio del mare quasi m’intorpidisce e non credo ci sia posto migliore dove rimanere da soli di fronte ai propri pensieri. Il mondo si distacca dalla pelle e viene arrotolato come una vecchia cartina in un angolo. Sta lì per un po’, il caos frenetico avviluppato lì e messo a tacere, e qui non rimane altro che un profondo silenzio senza tempo. E per un attimo ricordo le rare gite al mare fatte da piccolo, i castelli di sabbia che venivano subito distrutti dalle onde e il caldo che bruciava la nuca e le spalle. Ora, invece, fa freddo e non ci sono bagnanti a farmi compagnia su questa deserta spiaggia di inizio dicembre. Tanto meglio. È passato tantissimo tempo da… be’, da quel Giorno. Non sono più tornato a Chicago, non ho più voluto sapere che fine avesse fatto Edward Masen né ho più avuto il coraggio di ritornare sulla tomba di mia madre. In tutti questi anni (quanti sono? tanti) mi sono in un certo senso rifatto una vita ripartendo quasi da zero e cercando di non pensare più a quello che era stato prima, così che i ricordi sbiaditi di quell’epoca di accavallano disordinati gli uni sugli altri. Ora sono un Cullen, ho la mia famiglia: Carlisle, Esme, Rosalie, Emmett, Jasper ed Alice (a discapito dell’incipit della nostra convivenza, non credo che esista al mondo una persona in grado di capirmi meglio di lei). E probabilmente continueremo così all’infinito, fin quando le nostre vite immortali dureranno. Dovrei essere felice per questo, soprattutto rammentandomi dell’ansia e della paura iniziali non appena avevo scoperto cos’ero. Avevo paura di non avere un posto dove andare, di non avere persone fidate su cui contare e di vivere in eterno senza uno scopo: nulla di tutto ciò è capitato. Ancora stento a credere di essere stato così fortunato. Però… Sì, c’è sempre un però. E nel mio confessionale naturale il “però” principale non può fare a meno di venire a galla. Ho una famiglia e al tempo stesso degli amici… ma non qualcuno che stia strettamente accanto a me. Una ragazza, una fidanzata, intendo. Ma dopotutto ha così tanta importanza? Devo avere per forza una compagna per essere felice? No. Ma la ragazza del sogno continua a chiamarmi attraverso gli anni e io non posso fare a meno di rimanere incantato dal suo dolce canto di sirena. E mi viene spontaneo chiedermi: sono davvero felice o faccio solo finta di esserlo?

 

Forks, Washington

24/8/2003

Caro diario,

è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che siamo stati da queste parti. Non me la ricordavo così piovosa ed umida Forks. Esme con il suo ben noto senso pratico ha già iscritto me, Rosalie, Emmett, Alice e Jasper al liceo locale, la Forks High School, che, da bravi bambini, inizieremo a frequentare tra non molto. Come se, con le mie due lauree in medicina, avessi ancora bisogno di imparare qualcosa… Prevedo già che sarà una gran noia, anche se Esme ha ribadito che è necessario per la nostra finzione di “felice famiglia umana con figli adolescenti”. Sarà, ma a me sembra una gran fregatura ripetere il liceo all’infinito. In più dubito che sarà un’esperienza utile per farsi nuovi amici, visto che di solito gli umani, guidati più dall’istinto che dalla ragione, tendono a girare al largo da noi.

Vabbè, staremo a vedere se qualcosa riuscirà a scuotere questa piccola cittadina dalla noia mortale che l’avvolge. Ho come la sensazione che passeremo qui più tempo del previsto…

Penultimo capitolo! Ebbene sì, ormai anche questa storia è agli sgoccioli. Mi auguro che questo chap sia all'altezza degli altri: non è stato affatto facile concentrare qausi un secolo di vita di Edward in pochi stralci di diario. Diciamo che ho deciso di rendere il tutto con una specie di raccolta di one-shot dei momenti principali della sua esistenza tra la trasformazione e l'arrivo di Bella, focalizzandomi ovviamente sui momenti fondamentali. Spero anche di aver reso bene il pensiero di Edward e che questa non sia una mera sequenza di eventi. Per l'ultimo chap spero di riuscire ad aggiornare presto, intanto ringrazio:

Elfa sognatrice: mi fa piacere che la mia storia ti abbia così colpito! In effetti volevo ottenere proprio quel risultato, anche se mi dispiace un po' far piangere la gente XD ma quella di Edward non è certo stata una storia facile nè felice... Se mi dici che sono riuscita ad arrivare bene al cuore del lettore, be', allora credo di aver svolto bene il mio compito! Grazie!

ephirith: innanzitutto bel nick, davvero! Per il resto vale quello che ho detto qui sopra: credo che il compito di ogni scrittore (non che io mi ritenga tale) sia di raccontare in modo tale da far "vivere", diciamo così, quello che scrive, quindi renderlo reale e capace di arrivare al cuore del lettore e colpirlo. Non ho aggiornato presto (come al solito) ma spero che tu recensisca anche questo chap!

Jadis96: ed eccoti il nuovo chap! Sicuramente un'attenta lettrice come te troverà qualche pecca. Ma d'altronde la storia di Edward dopo la trasformazione è piuttosto vaga e in certe parti ho deciso di prendermi un po' di licenza poetica, mentre in altre ho cercato di rimanere il più fedele possibile alla storia. Quindi mi perdonerai qualche incongruenza, soprattutto con le date. A presto!

Nirva: Uuuhhhhh ma quanti nuovo lettori! Anche a me ha sempre affascinato il rapporto maestro-allievo per così dire, oltre a quello padre-figlio, tra Edward e Carlisle, che assomiglia molto a quello che appare in molte altre storie; un esempio, Harry Potter e Silente. In particolare mi è piaicuto scrivere del tormento di Carlisle per la decisione di trasformare Edward. E l'immagine dell'angelo, oh sì, è una delle mie preferite! Diciamo che racchiude una triade: Bella, l'angelo (che potrebbe simboleggiare la rinascita a vampiro) e Carlisle: tre cose importanti nella vita di Edward. Oppure i suoi due angeli: Carlisle che l'ha salvato quando era umano e Bella che ha salvato il suo cuore.

fields: grazie per il commento, pur semplice che sia! Continua a leggere

  
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