LETTERE DA FORLIMPOPOLI
Forlimpopoli, 8 febbraio 2019
Caro Giovanni,
ammettilo, ti ho sorpreso. Non ti saresti mai aspettato una
lettera scritta dal mio pigro pugno!
Non durante questi giorni, almeno, composti da messaggini sul
cellulare e telefonate dai minuti limitati.
Be’, devo essere sincero; se mi sono permesso di scriverti,
un motivo c’è. Ed è quello che… mi andava di parlarti, di sfogarmi… ma non a
voce, e non tramite cellulare. Con il fatto che tu ora abiti a Milano, non è
più tanto semplice vederci di persona e poter scambiare qualche opinione al
cospetto di un bel thè fumante.
Ebbene, sono stanco di quei messaggi lunghi quattro parole e
di quelle telefonate con il contagocce. So che sei molto impegnato, quindi non
voglio assillarti troppo con squilli vari. Allora ti ritroverai al cospetto di
questa lettera, e potrai leggerla quando e come preferisci, magari anche
concedendoti una pausa durante la lettura.
L’inchiostro che compone questo testo dura a lungo, non
scappa. Non temere, allora! Nel qual caso dovessi annoiarti, lascia pure in un
cantuccio questo manoscritto; ti prego, tuttavia, di tornare a riprenderlo in
mano, prima o poi.
Immagino di averti già annoiato.
Anzi, ora ti immagino sorridente, perché sorridevi sempre
quando ero un po’ troppo prolisso. Eh, lo so bene, non so ancora misurarmi con
le parole!
Vado al sodo.
Sapendo che tu sei molto più bravo di me con le persone e con
le parole, e pure con i consigli, volevo sottoporti una questione che mi sta togliendo
il sonno.
Non sto scherzando!
Tu poi che sei psicologo da tanti anni, ormai, spero potrai
comprendere il mio caso e magari darmi qualche consiglio utile. Che ne dici?
Insomma, ora ti spiego meglio.
Ricordi quando eravamo ragazzi e ancora frequentavamo le
superiori? Immagino di sì. E immagino che tu riesca ancora a ricordare di quei
miei strani discorsi sulla morte…
Sono in imbarazzo anche a scriverne, spero capirai meglio
perché ho preferito evitare di farlo a voce.
Ebbene, ultimamente sono tornato a ricadere nel mio limbo
oscuro, quello fatto di malessere interiore e di giornate cupe.
Tempo fa, affermavo sempre che era meglio la morte, della
vita. Meglio morire da piccoli o non essere mai nati. Questi… disgustosi
concetti, non saprei come altro definirli, sono tornati ad assillarmi.
Mi tolgono proprio il sonno!
Credo che io sia depresso. Penso di non stare più bene con la
testa.
Non mi sopporto più, e anzi, a volte mi faccio schifo. Mi
guardo allo specchio e mi vedo ingrassato; orrore! Odio questo corpo, tutta
questa carne bugiarda.
Già che la vita è di per sé una merda, perdonami il
francesismo, e non c’è modo di mangiare un dolcetto che già si diventa obesi.
Ehm, sì, forse più d’uno… comunque non sono capace di trattenermi.
Il cibo è diventata la mia nuova fissa. Quello che mi salva
da un gesto estremo.
Almeno ha un buon sapore e delizia i sensi e il palato.
A riguardo di tutto il resto, chi o cosa potrebbe
eguagliarlo?
So che tu starai pensando male di me, adesso. Starai
pensando; ma cazzo, sei ancora fermo a questi pensieri? Sì, purtroppo lo sono.
So che ci sono persone che mi vogliono bene. Sono pochissime,
ma ci sono. Il fatto è che, nonostante lo sappia, non riesco a sentirmi amato e
apprezzato.
Capisci? C’è un muro tra me e il mondo. Un muro altissimo. Ed
ho scoperto, con tanta amarezza, che l’ho costruito io stesso con le mie mani,
mattone dopo mattone.
Non avrei mai voluto ridurmi così, una balena spiaggiata
incapace di fare ogni cosa. Sono asfissiato dalle paure e penso continuamente
alla morte, il che mi atterrisce quando realizzo che in realtà sono ancora
piuttosto giovane…
Vorrei chiederti, abbastanza esplicitamente, se esiste
qualcosa o qualche terapia che possa lenire le mie paure e questo mio strazio
interiore. Non essere emblematico, non temere di ferirmi. Se mi dici che sono
matto, o che sono affetto dalla depressione, non mi farò problemi a parlarne
con figure professionali adeguate. Altrimenti, se può bastare un fermo
consiglio da parte di un amico, che considero un fratello, ben venga. Ne sarei
felice, e sono soddisfatto di essere riuscito ad aprirmi con te.
Ti prego veramente di consigliarmi in modo sincero, e attendo
una tua risposta per iscritto. Per favore, non parlarne al telefono, nel caso
ci sentissimo a breve. È una conversazione così privata e intima che la preferisco
su carta. Questo è uno spazio tutto nostro dove non ci sono minuti e dove
nessuno può origliare le nostre parole. Mi sento più tranquillo, se ti scrivo i
miei tormenti.
Grazie per la lettura e per la pazienza, te ne sono debitore.
Spero solo di non averti angustiato, aggiungendo i miei pesanti pensieri alla
tua vita molto impegnativa. In tal caso, amico, perdonami.
Un grazie immenso e sincero,
il tuo caro amico Alex.