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Autore: Wolfgirl93    11/03/2019    1 recensioni
JayTim Deaf!Tim
La vita di Tim è cambiata da quando il suo mondo è diventato silenzioso, la vita è difficile e farsi degli amici lo è ancora di più, un giorno però un ragazzo di nome Jason entra nella sua vita e come un'uragano la cambia drasticamente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jason Todd, Tim Drake
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Erano ormai passati dieci giorni, Timothy non era tornato all’università e Jason era indaffarato per seguire le lezioni, si limitava solo a non perdere gli allenamenti del club di atletica, almeno quello lo avrebbe aiutato a sfogare quell’ansia che sentiva crescere ogni giorni di più; da quando aveva scoperto il piccolo segreto di Tim si era sentito uno stupido, non ci era arrivato in tutti quei mesi eppure i segnali ora gli sembravano chiari.

Quando incontrò Lauren e gli altri decise di raccontare una mezza verità, disse a tutti che Tim stava male e che sarebbe tornato forse tra qualche mese e soprattutto spiegò che il comportamento avuto dal moretto nelle ultime settimane era normale vista la sua condizione, tutti sembrarono capire e anzi chiesero più volte a Jason di salutare Timothy, se lo avesse visto, e di consegnargli i vari appunti delle lezioni così da non restare troppo indietro.

 

Per Tim fu stranamente facile passare i giorni a casa, Jason andava da lui almeno una volta al giorno e quasi sempre arrivava con degli appunti di giornata e a volte qualche dolcetto al caffè – il gusto preferito del ragazzino – era ormai diventa un’abitudine vedere il più alto in giro per casa sua e sua madre ormai sembrava essersi abituata fin troppo a quella presenza.

 

“Non avrei mai pensato di vederti sorridere così, sono felice che Jason sia il tuo ragazzo.” Disse la madre sorridendo felice prima di passare le dita affusolate fra i capelli scuri del figlio.

Timothy si allontanò di scatto come se quel tocco lo avesse scottato poi guardò la madre scioccato e imbarazzato.

“Jason non è il mio ragazzo!” Quasi urlò riuscendo a sentire bene la propria voce visto il tono.

Janet scoppiò una risata cristallina prima di guardare il ragazzo così simile a lei “Davvero? Allora puoi anche spiegarmi il perché di quelle guance rosse ogni volta che Jason è con te?”

Tim abbassò lo sguardo stringendosi nelle spalle, non voleva farlo notare, in realtà fino a qualche settimana prima neppure lui sapeva di provare quelle cose ma poi quei sentimenti lo avevano travolto e lui non aveva potuto fare altro se non accettarli. “Jason mi piace… Ma lui non lo sa...” Ammise alzando lo sguardo verso la madre “Non ti da fastidio che mi piaccia un ragazzo?” Era una domanda che gli premeva da molto, lui non si era mai considerato etero, gay o altro, solo da quando Jason era arrivato nella sua vita il suo cuore sembrava averlo scelto.

“Perché dovrebbe darmi fastidio il fatto che mio figlio ha trovato l’amore? Jason è un bravo ragazzo e vedo che ti tratta bene quindi a me basta questo.” Janet si avvicinò al figlio e lo strinse piano a se posandogli un lieve bacio sulla fronte “Sai forse non dovrei dirtelo ma penso che tu piaccia molto a Jason.” Ammise trattenendo una piccola risatina quando vide il moretto diventare nuovamente rosso come un pomodoro maturo.

 

La routine di Jason era cambiata nuovamente: la mattina seguiva – come poteva – le lezioni, a volte dopo pranzo si fermava al club di atletica e nel tardi pomeriggio andava in centro per seguire le sue lezioni sul linguaggio dei segni, da quando aveva scoperto il problema di Timothy si era deciso a fare qualcosa per poter comunicare con lui senza far faticare troppo l’altro.

Quando arrivò all’istituto per sordomuti fu accolto dalla solita donna che si trovava alla reception, gli rivolse un sorriso bonario poi lo salutò con la mano, Jason ricambiò sorridendo prima di prendere la rampa di scale e salire al secondo piano: quel giorno avrebbero dovuto imparare le frasi da usare in una conversazione con una persona amica tra le varie frasi vi erano i classici ‘Come stai?’ oppure ‘E’ molto bello il tempo oggi’, ‘Ti stanno bene quei vestiti’ e infine il comune ‘Ti voglio bene’. Jason si sentì strano nel replicare con i segni quelle tre semplici parole, pensò a come avrebbe reagito Tim se glielo avesse detto e le sue guance si scaldarono al solo pensiero, più e più volte aveva fatto i conti con quei sentimenti che sembravano sopraffarlo, si era trovato più volte a dare qualche spiegazione strana come ‘magari è solo una forte amicizia’ oppure ‘non è forse il mio cervello che si sente in colpa e mi fa sentire così?’ quando però quelle domande sembrarono solo stupide parole capì che quei sentimenti non erano frutto di qualcosa di amicizia o sensi di colpa ma erano solamente dettati da qualcosa che lui conosceva davvero poco: l’amore.

Molte volte si era trovato a pensare a Tim, quando lo vedeva sorridere il suo cuore faceva le capriole e quando l’altro gli si avvicinava, magari solo per provare a capire le sue parole, ecco che Jason diventava magicamente un pezzo di marmo; si sentiva così attratto da quel moretto che aveva paura di mostrare troppo quel sentimento, aveva paura che l’altro lo allontanasse magari perché disgustato o irritato da quella cosa e quel pensiero non faceva altro che invadere la sua mente impedendo al suo cuore di aprirsi e dichiarare apertamente quei sentimenti.

 

I giorni erano passati e purtroppo il giorno dell’operazione era vicino: Jason uscì da scuola con il cuore che batteva, era agitato per l’indomani visto che sarebbe andato in ospedale con Janet per supportare e aspettare la riuscita dell’operazione di Tim e poi c’era anche un altro pensiero che gli faceva contorcere lo stomaco: avrebbe chiesto qualche aiuto alla sua insegnate del linguaggio dei segni così finalmente avrebbe potuto parlare a Tim senza troppi problemi.

 

Il giorno era ormai giunto, Timothy fu accompagnato da sua madre e Jason in ospedale, li salutò con l’ansia che gli bloccava il respiro e fu portato in una stanza dove gli furono fatte varie iniezioni per farlo addormentare, ricordò solo le parole del medico che dopo un sorriso dolce, con il linguaggio dei segni, gli augurò ‘buonanotte’ poi il suo mondo divenne buio e vuoto.

 

Jason e Janet erano rimasti fuori nella sala d’attesa parlarono del più e del meno sperando che quelle 3 ore passassero in fretta, Janet si assentò qualche minuto per prendere un caffè a entrambi e poco dopo il medico uscì fuori sorridendo guardando la donna.

“L’intervento è andato bene, ora dobbiamo vedere come va l’impianto interno, ci potrebbe essere un rigetto dell’apparecchio ma è una cosa rara e noi siamo fiduciosi. Tra circa mezz’ora sposteremo Timothy nel reparto di degenza quindi vi consiglio di fare una pausa e poi salire da lui, come saprete bene non potrà sentirvi, l’apparecchio verrà messo in funzione tra 3 o 4 giorni dipende da come si riprenderà il paziente quindi vi consiglio di parlare molto piano sperando che il ragazzo sia totalmente cosciente da leggere le vostre labbra o magari di usare il linguaggio dei segni.”
Janet annuì e subito strinse la mano al dottore sorridendo felice mentre alcune lacrime le rigavano il viso, si era tenuta tutta l’ansia dentro e ora, sapendo che suo figlio stava bene, poteva finalmente lasciare che quei sentimenti uscissero fuori.

 

Dopo circa mezz’ora i due salirono al piano designato e camminarono lungo il corridoio fino all’ultima stanza dove era stato portato Tim, lo trovarono un po’ frastornato ma stava bene anche se la sua testa era fasciata con delle bende chiare.

Janet gli chiese più volte come stava, se sentiva dolore o se voleva che gli alzasse o abbassasse il letto, Tim però le rispose stancamente che stava bene e che per adesso voleva solo stare così; passarono almeno un’ora dentro la stanza del moretto, un’ora dove la madre non lo lasciò nemmeno per un secondo mentre Jason se ne stava in disparte a torturarsi le mani pronto a parlare se avessero avuto un momento da soli.

La donna notò l’ansia del più alto e con un sorrisetto salutò il figlio dicendogli che sarebbe andata a prendere un caffè lasciando finalmente i due da soli.

 

Jason si avvicinò al letto guardando quella grossa fasciatura come se fosse lui il ricevente di quel dolore, chiese anche lui più volta al ragazzino come stava e per l’ennesima volta Tim rispose con un ‘Sto bene, non preoccuparti.’
Passarono quasi dieci minuti, l’ansia stava salendo e quel momento di stallo era diventato imbarazzante per Jason, prese un respiro profondo e dopo essersi alzato si era mosso velocemente, forse un po’ troppo: aveva posato un veloce bacio sulla guancia di Tim – forse un po’ troppo vicino alle sue labbra – e dopo essersi allontanato nuovamente con il linguaggio dei segni gli aveva detto una semplice frase ‘Tornerò domani, guarisci presto. Ti amo.’ Subito dopo aver ‘detto’ quelle parole era uscito dalla stanza con le guance rosse e il cuore che gli martellava nel petto, si scontrò quasi con Janet ma era troppo impegnato a vergognarsi per notarla.

Timothy rimase immobile, si portò una mano a sfiorarsi la guancia e portò l’altro sopra il cuore, nonostante il suo udito non funzionasse poteva sentire benissimo il battito assordante del suo cuore mentre un sorriso gli adornava le labbra.

 

Quando finalmente Timothy fu dimesso il suo impianto era stato acceso, quando uscì dall'ospedale si ritrovò spiazzato nel sentire nitidamente quei suoni così normali che poteva ricordare da bambino, pianse piano lasciando finalmente uscire tutto quel dolore che finalmente avrebbe avuto fine.

Quando tornò a casa trovò una sorpresa ad attenderlo: sua madre gli aveva preparato una torta e Jason era lì ad aspettarlo con grosso sorriso e gli occhi lucidi, Tim si sentì la persona più fortunata la mondo ad avere quelle persone che tenevano così tanto a lui.

Finalmente poteva sentire chiaramente le voci di chi gli stava attorno ma quando sentì quella profonda e dolce di Jason non riuscì a non arrossire sentendo il suo cuore battere all’impazzata, si sentiva in imbarazzo dopo quello che l’altro gli aveva detto in ospedale ma voleva ricambiare e soprattutto voleva fargli sapere che anche lui provava quei sentimenti, aspettò che sua madre andasse in cucina a portare la torta avanzata in frigo poi finalmente provò a parlare.

“Jason io… Q… Quello che mi hai detto in ospedale… Io...” Le parole faticarono ad uscire e Tim con le guance rosse e le mani tremanti usò quel linguaggio senza suoni che ormai conosceva a memoria.

 

Janet si avvicinò appena in tempo, intravide la scena di suo figlio che con il linguaggio dei segni diceva ‘Ti amo’ a Jason e poi sorrise sciogliendosi nel vedere i due scambiarsi un tenero bacio, per quel pomeriggio avrebbe lasciato il salotto a loro, non voleva disturbare quel momento.

 

Quando le loro labbra si allontanarono i due si guardarono i loro cuori battevano così forte che avevano paura che l’altro potesse sentire quel rumore assordante, non dissero nulla si limitarono ad abbracciarsi e a passare il pomeriggio così, non era mai servite troppo parole e in quel momento non ne sarebbe servita nessuna.

   
 
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