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Autore: _aivy_demi_    13/03/2019    76 recensioni
Una ragazza sbadata, disordinata e senza alcun pelo sulla lingua.
Un ragazzo famoso, allontanatosi dalla propria città in cerca di qualcosa.
Si incontrano, si detestano fin da subito.
Una simpatica commedia romantica het piena di malintesi, incontri fortuiti (e non), umorismo e una punta di ironia che non guasta mai.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Singing

is the answer


3- When words hurt


«Cazzarola che buono!» Raon stava letteralmente divorando quello che Åsli le aveva portato. Addentò con foga il panino riempiendosi completamente la bocca e spargendo briciole ovunque.
«Miss eleganza proprio, sei incredibile.»
La ragazza rispose decisamente piccata. «Potresti ripetere scusa, signor perfettino? Vuoi forchetta e coltello per mangiare un cheeseburger?»
«Preferirei, piuttosto che mangiare come un animale.»
Il minuto di silenzio che seguì non fu per nulla imbarazzante: era palese che ogni dialogo si sarebbe concluso con un litigio. Uno dei rari casi in cui la mancanza di conversazione era in effetti la soluzione migliore. Non si guardarono neppure: lei osservava abbattuta il magro risultato degli sforzi affrontati nella sistemazione di quella spaziosa quanto satura soffitta, mentre l'altro stava concludendo la cena intingendo le ultime patatine fritte nella monoporzione di salsa. Il ragazzo notò quasi stupito le notevoli dimensioni di quello stanzone poco illuminato e fermo da chissà quanto tempo; strati di polvere stanziavano negli angoli e sui teloni che ricoprivano qualche cosa che ancora non era stato disotterrato da anni, se non decenni interi. Un'unica apertura dava sull'esterno, da cui ormai entravano le luci rassicuranti dei lampioni sulla strada. Il buio lento e silenzioso aveva oscurato la città, ed il lavoro di trasloco non era neppure concluso. Raon sbuffò appallottolando energicamente la carta che aveva contenuto il pasto, lanciandola centrando la scatola del cibo da asporto di Åsli che giaceva sul vecchio pavimento di legno: uno
yeah pronunciato sottovoce e con soddisfazione sancì la fine della pausa.
«Hai finito?»
«Che domande, certo che no. Non vedi? Mi ci vorrà ancora un'ora come minimo.»
Il giovane sbuffò raccogliendo l'immondizia in un sacchetto, adagiato poi ordinatamente in un angolo. Considerando l'orario il tutto si sarebbe concluso parecchio tardi. «Cosa manca ancora?»
«Un po' di affaracci tuoi direi.»
"Vipera", pensò, mentre cominciava a raccogliere dei vecchi libri e a riporli per ordine di grandezza in uno scatolone; lei lo squadrava sospettosa. Si fermò dal piegare malamente un altro di quei lenzuoli che le erano capitati tra le mani. Un'improvvisa quanto improbabile gentilezza? Gli si piazzò davanti squadrandolo dall'alto.
«Beh?»
Continuava a sistemare meticolosamente, senza badare alla sua presenza.
«Ehi, dico a te.»
Sospirò senza fermarsi: «che c'è?»
«È roba tua questa?» Il tono contrariato accompagnò l'ovvietà di quell'inutile domanda che le era uscita dalle labbra senza neppure pensare. Åsli si fermò battendo i palmi delle mani con forza sulla chiusura dello scatolone ormai pieno.
«Indubbiamente no, però a una certa ora vorrei anche andarmene a dormire, non so tu.»
«E chi ti ha chiesto una mano?»
Rise di quella spontaneità sfacciata per poi risponderle che non aveva nessuna intenzione di passare la sua prima notte in quella casa con una sconosciuta in soffitta.
Era un concetto così semplice.
Difficilmente restava senza parole, ma quella era proprio una situazione strana: quell'individuo antipatico aveva maledettamente ragione, e stava odiando con tutta se stessa l'idea di doverlo ammettere.
«Non frugare, sistema e basta.»
«Signorsì, signore.»
«Sai di essere un idiota, vero?»
Lui rise di nuovo scuotendo la testa: si stava divertendo parecchio. Stuzzicarla stava diventando piacevole.
«Quelle come te diventeranno delle zitelle acide, sappilo.»
Un dito medio mostrato con nonchalance e una risata stipularono una tregua. Raon si soffermò per un attimo sul fatto che era già la seconda volta: un vaffanculo dedicato con fin troppa leggerezza.


«Ecco, questo era l'ultimo.» Åsli sigillò con lo scotch un grande pacco. «Ora manca solo scaricarli di sotto e il gioco è fatto.» Ne impilò un paio per poi dirigersi verso le scale.
«Ehi.»
Si avvicinò all'uscita con un carico voluminoso.
«Ehi, non vorrei fare la figura dell'impicciona...» Non ricevette risposta naturalmente, anche se la tentazione di non continuare e lasciare a lui la sorpresa era sempre più grande. «... ma il primo gradino è sciv...»
Un tonfo sordo seguito da una serie di imprecazioni rimbombarono diffondendosi per tutta la casa. Raon si sporse in fretta dalla cima della rampa di scale spiando incuriosita. «Se tu mi ascoltassi ogni tanto.»
«Dirmelo prima no, eh?»
La ragazza si precipitò allungando il braccio ed aiutandolo a rialzarsi.
«Sei un vero disastro.»
Per un attimo si guardarono senza dire nulla, ed il silenzio venne interrotto da una duplice risata cristallina e sincera: stava ancora stringendo la sua mano tra le dita senza accorgersene neppure. Solo poco dopo Åsli scivolò via con una lieve nota di imbarazzo.
«Qui possiamo fare domattina.»
«Perfetto, anche perché mi sento completamente incriccata! Non vedo l'ora di infilarmi a letto e di dormire come un sasso. Beh, allora io vado.»
Il ragazzo attese un attimo prima di intervenire. Lei si voltò dalla porta di casa schiusa, ringraziandolo dell'aiuto ricevuto. Si avvicinò e si offrì di accompagnarla fino a casa, senza sapere esattamente il motivo che lo aveva spinto a farsi avanti: il buio, si diceva, o la stanchezza di entrambi. L'aver condiviso un lavoro di fatica nonostante l'orario.
Potevano essere tutte plausibili, ma nessuna di queste lo convinceva davvero.
Raon sorrise nuovamente: «tranquillo, non ce n'è bisogno. Non preoccuparti. Non volevi andare a dormire?»
Assunse un tono impettito e rigonfio d'orgoglio. «Ti pare? Lasciare sola una ragazza a quest'ora? Ragazza, insomma. Un maschiaccio dalle fattezze femminili semmai. Andiamo dai, non voglio sentire scuse.»
Fuori dalla piccola casa tutto sembrava così diverso: l'aria fresca della sera scompigliava i capelli, accarezzava la pelle regalando una dolce sensazione piacevole. Un toccasana dopo ore passate chiusi in una stanza piena di polvere e segni di una vita passata. I due camminavano lentamente, fianco a fianco.
«Sai, il soprannome che mi hai dato è assolutamente idiota. So di non essere particolarmente femminile, ma essere apostrofata così, beh, mi sta un po' sul cazzo.»
«Sei permalosa,
tomboy
Sbuffò dedicandogli una linguaccia.
«Proprio questo intendevo.»
«Vorresti privarmi del divertimento?»
«Senti, sarai abituato a prendere per il culo, a parlare con tanta gente, ad avere a che fare con il meglio ed il peggio che si può trovare, ma io non faccio parte di quel mondo. Non trattarmi come fossi una qualsiasi delle persone che ti stanno attorno solo perché sei chi sei.»
Lo zittì. Riuscì a togliergli la capacità di risponderle. C'era verità in quello che aveva appena ascoltato? Davvero gli altri lo vedevano così? Lei lo vedeva in quella maniera? Si sentì particolarmente contrariato ad un'idea simile. Non le aveva fatto nulla di male, anzi: s'era prodigato ad aiutarla anche se non sarebbe stato compito suo, le aveva pure offerto la cena e tutto questo sotto il suo tetto. Si sentiva apostrofato per qualcosa che non riteneva veritiero, ma come avrebbe potuto rinfacciarglielo, visto che sembrava fin troppo convinta? Il filo contorto dei suoi pensieri venne spezzato da un tono acido.
«Sono arrivata, buonanotte.»
«Come? Avremmo percorso sì e no tre minuti di strada.»
Raon si voltò corrucciata, alzando altezzosamente il mento: «non ho mai detto di abitare lontano da qui.»
Osservandosi attorno constatò di trovarsi a un paio di edifici di distanza. "Abita qui accanto?!"
Raggiunto il cancello lei entrò. Si fermò davanti all'ingresso voltandosi un'ultima volta.
«Non sono cattiva, solo che vorrei tu capissi che non tutti siamo uguali, e che tu non sei migliore degli altri. Tutto qui. Se questo ti da fastidio, me ne farò una ragione, altrimenti, beh... sai dove abito.» Non attese alcuna risposta e rientrò in casa.
Il ragazzo rimase fermo davanti al muretto osservando quella porta chiusa. Il vialetto illuminato da un lampione era l'unica fonte di luce prima della strada che curvava verso sinistra. Tornò sui propri passi riflettendo sulle parole che gli erano state rivolte senza malizia, con un pizzico di cinismo ma niente più. Spesso aveva incontrato persone che lo assecondavano, o al contrario i classici
haters che facevano di tutto per affossarlo nella vita reale e sui social; difficilmente trovava qualcuno che riusciva ad essere spontaneo. Ecco, aveva trovato la parola giusta. Nella sua vita spesso mancava proprio spontaneità. La cosa assurda era che la stava trovando in una delle persone che mai avrebbe immaginato fossero disposte a tanto nei suoi confronti. Tornò sui suoi passi, entrando in casa e sentendo un opprimente senso di vuoto dove prima c'erano state vita, risate, qualche battibecco. C'era stato qualcuno prima, dove non c'era più anima viva. Si sedette sul divano controllando i commenti e le affluenze sul canale ufficiale di YT.



Commenti più popolari ˇ̌




    C. A. 2 mesi fa

    Damn your voice is higher than my education.


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N. L. 1 giorno fa


Want to dislike but its T. G. so I can't.


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K. K. 2 mesi fa


I'm Japanese.

Your voice is very good.

マジで美しいです! ほんとに。 i


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    M. C. 1 settimana fa


Это же превосходно!!!!!!!!!!!!! ii


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Esempi di commenti positivi da tutto il mondo. Lo caricavano, gli facevano certo piacere e non poteva negarlo. Eppure...


x Q. 1 mese fa


He got a nice voice, but the pronunciation kinda sucks, but I know he'll be able to pronounce it correctly someday, and I noticed that some of his lyrics are off, what I mean is some of the lyrics are not correct, and he's kinda pushing himself hard while singing, like trying to reach the high notes.


Rispondi · 24 likes

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Naturalmente c'era anche chi non apprezzava il lavoro, la ricerca e la cura in ciò che faceva. Non lo dava mai a vedere, ma messaggi del genere lo ferivano, e anche in modo pesante. Cosa avrebbe dovuto fare? Esporsi giornalmente al mondo ed ai frequentatori di uno dei siti di maggior fruizione dava per scontato che non sarebbe mai potuto piacere a tutti. Cercava di evitare di reagire in maniera troppo emotiva, ma quell'ultimo commento capitato quasi per caso nella lunga lista lo aveva irritato. Complice la stanchezza, il posto non suo, la sensazione di estraneità, ma scaraventò lo smartphone sul divano con malagrazia, si alzò ed andò a sbattere contro uno degli scatoloni accatastati accanto all'ingresso. Una parolaccia non ben definita scivolò dalle sue labbra seguita da una seconda e una terza; si strinse il ginocchio poggiandosi ad una mensola vuota, per poi tentare di risistemare ciò che era uscito dal contenitore chiuso male.
«Non è neanche capace di chiudere una scatola, ma guarda te.»
Raccolse con disinteresse una vecchia fotografia: stava per riporla al proprio posto, assieme a delle scartoffie ingiallite, quando i soggetti ritratti attirarono la sua attenzione. Una bambina dai capelli raccolti in due alte codine, tenuta in braccio da un uomo dai tratti somatici orientali. Al loro fianco una donna minuta e dal sorriso dolce. Sembravano felici, una foto di famiglia qualsiasi. Saranno stati i cerotti su quel visino, oppure le ginocchia sbucciate, ma qualcosa gli stava dicendo: "è Raon, sicuro al cento per cento." Voltò l'immagine: riportava l'anno 1995, 24 anni prima. Vederla sorridente, accolta da un'atmosfera tenera e rassicurante lo rese triste. Richiuse i lembi di cartone al di sopra del contenuto rimesso a posto, e strinse tra le dita la vecchia carta. S'incupì ed entrò in camera. Nella confusione di quella giornata assurda non aveva avuto il tempo di fare nulla per sé, neppure sistemare le poche cose che si era portato appresso. Con infinita gratitudine notò il letto rifatto di fresco: le lenzuola profumavano di pulito, come il resto della stanza. Vuota, solo un armadio a muro ed un comodino, ma pulita. Si spogliò accoccolandosi sotto le coperte; il tepore lo avvolse accompagnandolo presto in uno stato di dormiveglia, da cui non si svegliò neppure quando il telefonino cominciò a trillare ad alto volume nella sala, vibrando sul divano.
Due conversazioni in 2 chat: una, quella di Josh, presentava nell'anteprima una GIF di dubbio gusto sull'universo del nudo femminile, seguita da un "come stai, uomo?"
La seconda riportava toni decisamente più tesi.


Fred, ehi... Amore? 22.53


Perché non rispondi? 23.02


Ti prego, torna... Ti stiamo aspettando tutti qui, anche gli altri non sanno più che fare. Se è per colpa mia, potremmo rimediare. Possiamo ricominciare, davvero. 23.17



Il mittente della conversazione era lo stesso della chiamata ricevuta poco prima: Kisha.





Ma salve! Eccomi qui con questo terzo capitolo che sta facendo piano piano avvicinare due persone così diverse da non avere assolutamente nulla in comune l'una con l'altra. Cominciano a sopportarsi un po' di più forse, o sarebbe meglio dire odiarsi un po' meno.
Qui sbuca indirettamente un nuovo personaggio, che a quanto pare ha a che fare strettamente con il nostro Per Fredrik: che abbia a che fare con il motivo che lo ha portato a trasferirsi? Mhhh chissà, chissà.

I commenti riportati qui sopra sono effettivamente presenti nel canale di PelleK, sul video con maggiori visualizzazioni: ho censurato i nomi dei profili presenti, ma le parole sono testualmente riportate qui sopra.
Ringrazio tutti voi che avete sempre un poco di tempo da dedicarmi, e grazie anche a chi regala 5 minuti della sua vita per poter recensire i miei deliri romantici – perché sì, qui ce ne saranno dai! Alla prossima donzelli e donzelle :D
-Stefy-





iTraduzione "È serio e bello! Davvero."

iiTraduzione letterale "Questo è eccellente!"

   
 
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