Singing
is the answer
3- When words hurt
«Cazzarola
che buono!» Raon stava letteralmente divorando quello che Åsli
le aveva portato. Addentò con foga il panino riempiendosi
completamente la bocca e spargendo briciole ovunque.
«Miss
eleganza proprio, sei incredibile.»
La ragazza rispose
decisamente piccata. «Potresti ripetere scusa, signor
perfettino? Vuoi forchetta e coltello per mangiare un
cheeseburger?»
«Preferirei, piuttosto che mangiare
come un animale.»
Il minuto di silenzio che seguì non
fu per nulla imbarazzante: era palese che ogni dialogo si sarebbe
concluso con un litigio. Uno dei rari casi in cui la mancanza di
conversazione era in effetti la soluzione migliore. Non si guardarono
neppure: lei osservava abbattuta il magro risultato degli sforzi
affrontati nella sistemazione di quella spaziosa quanto satura
soffitta, mentre l'altro stava concludendo la cena intingendo le
ultime patatine fritte nella monoporzione di salsa. Il ragazzo notò
quasi stupito le notevoli dimensioni di quello stanzone poco
illuminato e fermo da chissà quanto tempo; strati di polvere
stanziavano negli angoli e sui teloni che ricoprivano qualche cosa
che ancora non era stato disotterrato da anni, se non decenni interi.
Un'unica apertura dava sull'esterno, da cui ormai entravano le luci
rassicuranti dei lampioni sulla strada. Il buio lento e silenzioso
aveva oscurato la città, ed il lavoro di trasloco non era
neppure concluso. Raon sbuffò appallottolando energicamente la
carta che aveva contenuto il pasto, lanciandola centrando la scatola
del cibo da asporto di Åsli che giaceva sul vecchio pavimento
di legno: uno yeah
pronunciato sottovoce e con soddisfazione sancì la fine della
pausa.
«Hai finito?»
«Che domande, certo che
no. Non vedi? Mi ci vorrà ancora un'ora come minimo.»
Il
giovane sbuffò raccogliendo l'immondizia in un sacchetto,
adagiato poi ordinatamente in un angolo. Considerando l'orario il
tutto si sarebbe concluso parecchio tardi. «Cosa manca
ancora?»
«Un po' di affaracci tuoi direi.»
"Vipera",
pensò, mentre cominciava a raccogliere dei vecchi libri e a
riporli per ordine di grandezza in uno scatolone; lei lo squadrava
sospettosa. Si fermò dal piegare malamente un altro di quei
lenzuoli che le erano capitati tra le mani. Un'improvvisa quanto
improbabile gentilezza? Gli si piazzò davanti squadrandolo
dall'alto.
«Beh?»
Continuava a sistemare
meticolosamente, senza badare alla sua presenza.
«Ehi, dico
a te.»
Sospirò senza fermarsi: «che c'è?»
«È
roba tua questa?» Il tono contrariato accompagnò
l'ovvietà di quell'inutile domanda che le era uscita dalle
labbra senza neppure pensare. Åsli si fermò battendo i
palmi delle mani con forza sulla chiusura dello scatolone ormai
pieno.
«Indubbiamente no, però a una certa ora vorrei
anche andarmene a dormire, non so tu.»
«E chi ti ha
chiesto una mano?»
Rise di quella spontaneità
sfacciata per poi risponderle che non aveva nessuna intenzione di
passare la sua prima notte in quella casa con una sconosciuta in
soffitta.
Era un concetto così semplice.
Difficilmente
restava senza parole, ma quella era proprio una situazione strana:
quell'individuo antipatico aveva maledettamente ragione, e stava
odiando con tutta se stessa l'idea di doverlo ammettere.
«Non
frugare, sistema e basta.»
«Signorsì,
signore.»
«Sai di essere un idiota, vero?»
Lui
rise di nuovo scuotendo la testa: si stava divertendo parecchio.
Stuzzicarla stava diventando piacevole.
«Quelle come te
diventeranno delle zitelle acide, sappilo.»
Un dito medio
mostrato con nonchalance e una risata stipularono una tregua. Raon si
soffermò per un attimo sul fatto che era già la seconda
volta: un vaffanculo dedicato con fin troppa leggerezza.
«Ecco,
questo era l'ultimo.» Åsli sigillò con lo scotch
un grande pacco. «Ora manca solo scaricarli di sotto e il gioco
è fatto.» Ne impilò un paio per poi dirigersi
verso le scale.
«Ehi.»
Si avvicinò
all'uscita con un carico voluminoso.
«Ehi, non vorrei fare
la figura dell'impicciona...» Non ricevette risposta
naturalmente, anche se la tentazione di non continuare e lasciare a
lui la sorpresa era sempre più grande. «... ma il primo
gradino è sciv...»
Un tonfo sordo seguito da una
serie di imprecazioni rimbombarono diffondendosi per tutta la casa.
Raon si sporse in fretta dalla cima della rampa di scale spiando
incuriosita. «Se tu mi ascoltassi ogni tanto.»
«Dirmelo
prima no, eh?»
La ragazza si precipitò allungando il
braccio ed aiutandolo a rialzarsi.
«Sei un vero
disastro.»
Per un attimo si guardarono senza dire nulla, ed
il silenzio venne interrotto da una duplice risata cristallina e
sincera: stava ancora stringendo la sua mano tra le dita senza
accorgersene neppure. Solo poco dopo Åsli scivolò via
con una lieve nota di imbarazzo.
«Qui possiamo fare
domattina.»
«Perfetto, anche perché mi sento
completamente incriccata! Non vedo l'ora di infilarmi a letto e di
dormire come un sasso. Beh, allora io vado.»
Il ragazzo
attese un attimo prima di intervenire. Lei si voltò dalla
porta di casa schiusa, ringraziandolo dell'aiuto ricevuto. Si
avvicinò e si offrì di accompagnarla fino a casa, senza
sapere esattamente il motivo che lo aveva spinto a farsi avanti: il
buio, si diceva, o la stanchezza di entrambi. L'aver condiviso un
lavoro di fatica nonostante l'orario.
Potevano essere tutte
plausibili, ma nessuna di queste lo convinceva davvero.
Raon
sorrise nuovamente: «tranquillo, non ce n'è bisogno. Non
preoccuparti. Non volevi andare a dormire?»
Assunse un tono
impettito e rigonfio d'orgoglio. «Ti pare? Lasciare sola una
ragazza a quest'ora? Ragazza, insomma. Un maschiaccio dalle fattezze
femminili semmai. Andiamo dai, non voglio sentire scuse.»
Fuori
dalla piccola casa tutto sembrava così diverso: l'aria fresca
della sera scompigliava i capelli, accarezzava la pelle regalando una
dolce sensazione piacevole. Un toccasana dopo ore passate chiusi in
una stanza piena di polvere e segni di una vita passata. I due
camminavano lentamente, fianco a fianco.
«Sai, il soprannome
che mi hai dato è assolutamente idiota. So di non essere
particolarmente femminile, ma essere apostrofata così, beh, mi
sta un po' sul cazzo.»
«Sei permalosa, tomboy?»
Sbuffò
dedicandogli una linguaccia.
«Proprio questo
intendevo.»
«Vorresti privarmi del
divertimento?»
«Senti, sarai abituato a prendere per
il culo, a parlare con tanta gente, ad avere a che fare con il meglio
ed il peggio che si può trovare, ma io non faccio parte di
quel mondo. Non trattarmi come fossi una qualsiasi delle persone che
ti stanno attorno solo perché sei chi sei.»
Lo zittì.
Riuscì a togliergli la capacità di risponderle. C'era
verità in quello che aveva appena ascoltato? Davvero gli altri
lo vedevano così? Lei lo vedeva in quella maniera? Si sentì
particolarmente contrariato ad un'idea simile. Non le aveva fatto
nulla di male, anzi: s'era prodigato ad aiutarla anche se non sarebbe
stato compito suo, le aveva pure offerto la cena e tutto questo sotto
il suo tetto. Si sentiva apostrofato per qualcosa che non riteneva
veritiero, ma come avrebbe potuto rinfacciarglielo, visto che
sembrava fin troppo convinta? Il filo contorto dei suoi pensieri
venne spezzato da un tono acido.
«Sono arrivata,
buonanotte.»
«Come? Avremmo percorso sì e no
tre minuti di strada.»
Raon si voltò corrucciata,
alzando altezzosamente il mento: «non ho mai detto di abitare
lontano da qui.»
Osservandosi attorno constatò di
trovarsi a un paio di edifici di distanza. "Abita qui
accanto?!"
Raggiunto il cancello lei entrò. Si fermò
davanti all'ingresso voltandosi un'ultima volta.
«Non sono
cattiva, solo che vorrei tu capissi che non tutti siamo uguali, e che
tu non sei migliore degli altri. Tutto qui. Se questo ti da fastidio,
me ne farò una ragione, altrimenti, beh... sai dove abito.»
Non attese alcuna risposta e rientrò in casa.
Il ragazzo
rimase fermo davanti al muretto osservando quella porta chiusa. Il
vialetto illuminato da un lampione era l'unica fonte di luce prima
della strada che curvava verso sinistra. Tornò sui propri
passi riflettendo sulle parole che gli erano state rivolte senza
malizia, con un pizzico di cinismo ma niente più. Spesso aveva
incontrato persone che lo assecondavano, o al contrario i classici
haters che
facevano di tutto per affossarlo nella vita reale e sui social;
difficilmente trovava qualcuno che riusciva ad essere spontaneo.
Ecco, aveva trovato la parola giusta. Nella sua vita spesso mancava
proprio spontaneità. La cosa assurda era che la stava trovando
in una delle persone che mai avrebbe immaginato fossero disposte a
tanto nei suoi confronti. Tornò sui suoi passi, entrando in
casa e sentendo un opprimente senso di vuoto dove prima c'erano state
vita, risate, qualche battibecco. C'era stato qualcuno prima, dove
non c'era più anima viva. Si sedette sul divano controllando i
commenti e le affluenze sul canale ufficiale di YT.
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C. A. 2 mesi fa
Damn your voice is higher than my education.
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N. L. 1 giorno fa
Want to dislike but its T. G. so I can't.
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K. K. 2 mesi fa
I'm Japanese.
Your voice is very good.
マジで美しいです! ほんとに。 i
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M. C. 1 settimana fa
Это же превосходно!!!!!!!!!!!!! ii
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Esempi di commenti positivi da tutto il mondo. Lo caricavano, gli facevano certo piacere e non poteva negarlo. Eppure...
x Q. 1 mese fa
He got a nice voice, but the pronunciation kinda sucks, but I know he'll be able to pronounce it correctly someday, and I noticed that some of his lyrics are off, what I mean is some of the lyrics are not correct, and he's kinda pushing himself hard while singing, like trying to reach the high notes.
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Naturalmente
c'era anche chi non apprezzava il lavoro, la ricerca e la cura in ciò
che faceva. Non lo dava mai a vedere, ma messaggi del genere lo
ferivano, e anche in modo pesante. Cosa avrebbe dovuto fare? Esporsi
giornalmente al mondo ed ai frequentatori di uno dei siti di maggior
fruizione dava per scontato che non sarebbe mai potuto piacere a
tutti. Cercava di evitare di reagire in maniera troppo emotiva, ma
quell'ultimo commento capitato quasi per caso nella lunga lista lo
aveva irritato. Complice la stanchezza, il posto non suo, la
sensazione di estraneità, ma scaraventò lo smartphone
sul divano con malagrazia, si alzò ed andò a sbattere
contro uno degli scatoloni accatastati accanto all'ingresso. Una
parolaccia non ben definita scivolò dalle sue labbra seguita
da una seconda e una terza; si strinse il ginocchio poggiandosi ad
una mensola vuota, per poi tentare di risistemare ciò che era
uscito dal contenitore chiuso male.
«Non è neanche
capace di chiudere una scatola, ma guarda te.»
Raccolse con
disinteresse una vecchia fotografia: stava per riporla al proprio
posto, assieme a delle scartoffie ingiallite, quando i soggetti
ritratti attirarono la sua attenzione. Una bambina dai capelli
raccolti in due alte codine, tenuta in braccio da un uomo dai tratti
somatici orientali. Al loro fianco una donna minuta e dal sorriso
dolce. Sembravano felici, una foto di famiglia qualsiasi. Saranno
stati i cerotti su quel visino, oppure le ginocchia sbucciate, ma
qualcosa gli stava dicendo: "è Raon, sicuro al cento per
cento." Voltò l'immagine: riportava l'anno 1995, 24 anni
prima. Vederla sorridente, accolta da un'atmosfera tenera e
rassicurante lo rese triste. Richiuse i lembi di cartone al di sopra
del contenuto rimesso a posto, e strinse tra le dita la vecchia
carta. S'incupì ed entrò in camera. Nella confusione di
quella giornata assurda non aveva avuto il tempo di fare nulla per
sé, neppure sistemare le poche cose che si era portato
appresso. Con infinita gratitudine notò il letto rifatto di
fresco: le lenzuola profumavano di pulito, come il resto della
stanza. Vuota, solo un armadio a muro ed un comodino, ma pulita. Si
spogliò accoccolandosi sotto le coperte; il tepore lo avvolse
accompagnandolo presto in uno stato di dormiveglia, da cui non si
svegliò neppure quando il telefonino cominciò a
trillare ad alto volume nella sala, vibrando sul divano.
Due
conversazioni in 2 chat: una, quella di Josh, presentava
nell'anteprima una GIF di dubbio gusto sull'universo del nudo
femminile, seguita da un "come stai, uomo?"
La seconda
riportava toni decisamente più tesi.
Fred, ehi... Amore? 22.53
Perché non rispondi? 23.02
Ti prego, torna... Ti stiamo aspettando tutti qui, anche gli altri non sanno più che fare. Se è per colpa mia, potremmo rimediare. Possiamo ricominciare, davvero. 23.17
Il mittente della conversazione era lo stesso della chiamata ricevuta poco prima: Kisha.
Ma
salve! Eccomi qui con questo terzo capitolo che sta facendo piano
piano avvicinare due persone così diverse da non avere
assolutamente nulla in comune l'una con l'altra. Cominciano a
sopportarsi un po' di più forse, o sarebbe meglio dire odiarsi
un po' meno.
Qui sbuca indirettamente un nuovo personaggio, che a
quanto pare ha a che fare strettamente con il nostro Per Fredrik: che
abbia a che fare con il motivo che lo ha portato a trasferirsi? Mhhh
chissà, chissà.
I
commenti riportati qui sopra sono effettivamente presenti nel canale
di PelleK, sul video con maggiori visualizzazioni: ho censurato i
nomi dei profili presenti, ma le parole sono testualmente riportate
qui sopra.
Ringrazio tutti voi che avete sempre un poco di tempo
da dedicarmi, e grazie anche a chi regala 5 minuti della sua vita per
poter recensire i miei deliri romantici – perché sì,
qui ce ne saranno dai! Alla prossima donzelli e donzelle :D
-Stefy-
iTraduzione "È serio e bello! Davvero."
iiTraduzione letterale "Questo è eccellente!"