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Autore: Sacchan_    15/03/2019    6 recensioni
Nel fresco venticello estivo si mischiò l'odore decisamente maschile del padrone di quel pezzo di tessuto, riempiendogli le narici e cullandolo nel cuore della notte.
Quel profumo, a lui così familiare, lo inebriò al punto tale da stringersi ancora di più dentro quell'indumento ricevuto in prestito giusto qualche minuto prima.
Doveva servire a coprirlo, per quanto ormai il suo naso colasse pur soffiandolo, eppure di brividi ne avvertiva ancora e per giunta in tutto il corpo.
E di certo non erano per il freddo, no.
Perché quei fremiti si presentavano ogni qual volta "lui" riusciva a soprenderlo in qualche modo, dimostrandogli una strana gentilezza tutta sua molto lontana dalla solita irascibilità. L'alzatore della Karasuno era più del prodigioso "Re del Campo", come era solito chiamarlo la sua fama e questo Hinata lo sapeva bene.
Partecipante al "Imagine your OTP Contest" indetto da Arianna.1992 sul forum di EFP
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Karasuno Volleyball Club, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In realtà... è tutto così semplice!



Al terzo starnuto consecutivo tutta la squadra si girò.
Shouyo Hinata, numero 10 della Karasuno, centrale titolare, sentì così di avere gli occhi di tutti puntati addosso e, poiché non fu la prima volta ad accadere, desiderò che una botola si aprisse sotto i suoi piedi per farlo sparire all'istante.
"Hai preso il raffreddore, Hinata?" Gli chiese dolcemente il senpai Sugawara mentre si sfilò la maglietta d'allenamento per indossare quella di ricambio, pulita e asciutta.
Il piccoletto si portò la mano alla testa, scompigliandosi i capelli imbarazzato: ciò che gli incuteva tanto timore non era il suo evidente malessere, ma come qualcuno di sua, purtroppo, ottima conoscenza l'avrebbe presa. Già immaginò la sua reazione, ed eccola arrivare più prepotente che mai.
Il rumore dell'armadietto, che venne sbattuto, fu udibile persino troppo alle sue orecchie sensibili. Chissà se esisteva ancora il modo di riparare alla situazione? 
"Ma no, ho solo preso freddo dopo aver fatto la doccia. Tutto qua." Tentò di giustificarsi nonostante un'ombra minacciosa era calata su di lui. Non prestò nemmeno troppa attenzione ai bisbigli dei compagni di squadra, troppo occupato a cercare un modo per riportare la quiete nello spogliatoio.
"Hinata." 
Eccolo lì, più minaccioso che mai, pronto a rimproverargli l'ennesima disattenzione.
"Forse un po', ma è tutto a posto. Davvero!" Rispose distogliendo lo sguardo, alla ricerca di un aiuto che mai sarebbe arrivato.
Sottovoce poteva persino udire i bisbigli tra Noya-san e Tanaka-senpai, oltre allo sguardo impensierito di Asahi, ma ciò che lo preoccupava davvero era chi aveva davanti a lui.
La sfortuna volle che un quarto starnuto proruppe fuori per riversarsi sulla maglietta di colui che tanta paura gli trasmetteva: Tobio Kageyama, il quale in un primo momento restò esterefatto da quanto successo, per poi mutare l'espressione in qualcosa di schifosamente contrariato.
Hinata capì così di aver firmato la sua condanna a morte e iniziò a sudare freddo; al suo fianco Tsukishima sghignazzava con gusto per quanto da lì a poco sarebbe probabilmente accaduto.
Difatti il piccolo centrale avvertì la pressione di venire preso per il colletto ed essere sollevato da terra, e subito chiuse gli occhi d'istinto.
"Hai anche il coraggio di negare l'evidenza?"
Aveva provato a evitare l'inevitabile, ma niente.
"Hinata, idiota! Lo sai che i tornei preliminari sono alle porte! Se ti ammali poi diventa anche un problema mio! Eppure io l'avevo detto che, anche se siamo a inizio estate, la sera è ancora fresco!" Urlò strattonandolo con violenza, come era solito fare, sotto lo sguardo attonito di tutti i membri della squadra, eccetto Tsukishima e Yamaguchi che ridevano tra i baffi. 
"Eeekk! Lo so, ma non è colpa mia!"
"Ah no? Ma questo è il risultato di tutte le volte che non ascolti mai ciò che ti dico!"
Fortunatamente Sawamura-senpai li aveva afferrati entrambi per le braccia e il solo sguardo alterato era stato sufficiente a metterli a tacere.
"Perfetto. Allora visto che Hinata non sta bene se ne andrà immediatamente a casa. Tu potresti accompagnarlo, Kageyama-kun, che ne dici, eh?"
I due ragazzi annuirono all'unisono in silenzio, ben consci che, quando il capitano della squadra esibiva quel tono e quel ghigno, era meglio non forzare ulteriormente la mano. Come immaginarono furono poi spinti ad andarsene via, lasciando al resto della squadra l'onere di rimettere tutto a posto.

Hinata spingeva la bicicletta tra uno starnuto e l'altro. Di fianco a lui Tobio lo squadrava contrariato finché, quando raggiunse il limite della sopportazione, si fermò obbligando l'altro a fare lo stesso.
"Perché ti ostini sempre a fare di testa tua? Te lo avevo detto che ti saresti ammalato."
Hinata non rispose subito, non prima di essersi asciugato il naso con la mano.
"Non pensavo di prendermi seriamente un raffreddore."
Kageyama guardò le fronde degli alberi e le foglie che venivano sospinte avanti e indietro dal vento; difatti si era alzata una folata più forte del normale, appena tiepida, molto fresca in verità. L'estate si era presentata da poco, durante il giorno già si iniziava ad avvertire il caldo e il sudore, ma alla mattina presto e alla sera le temperature subivano ancora un brusco calo. Era proprio quel momento dell'anno dove vestirsi a strati rivelava la risposta prima di uscire di casa, questo Hinata sembrava ancora non averlo capito e, a giudicare da come avvolgeva il proprio corpo tra le braccia e la misera t-shirt bianca senza felpa sopra le cose potevano solo peggiorare.
Il ragazzo sospirò pesantemente e lentamente slacciò la zip della sua felpa per allungarla a Hinata il quale rimase molto interdetto dalla cosa e smise di sfregarsi la pelle.
"Prendi questa." Ordinò col suo solito tono autoritario.
"Ma..."
L'alzatore della Karasuno gliela lanciò quasi in faccia.
"Cosa c'è? Non la vuoi? Ti fa schifo? Eh?"
Hinata balzò all'indietro ponendo almeno un metro di sicurezza tra loro due e alzando le mani a segno di difesa.
"No, non me l'aspettavo." Assicurandosi che la sua vita non fosse effettivamente in pericolo avanzò fino ad afferrare la felpa che gli veniva offerta. "Grazie."
Indossandola ebbe quasi la sensazione di nuotarci dentro quel capo: le lunghissime maniche gli arrivavano a coprire la punta delle dita, per non parlare di dove terminavano: fin sotto al sedere, esattamente come la gonna di una divisa femminile. Però era davvero morbida e calda, ed emanava un odore buono come quello dei pini in pieno estate: la stessa fragranza del bagnoschiuma che Kageyama era solito usare sotto la doccia, dopo gli allenamenti.
Il sorriso di Hinata si allargò persino di più nel realizzare quanto un gesto semplice come quello fu in grado di farlo sentire già meglio, al punto da dimenticarsi del suo raffreddore.
Ma Tobio Kageyama, a meno che non si trattasse della pallavolo, di cose come queste proprio non se ne rendeva conto.
"Non ringraziarmi." Rispose riparando le mani dentro le tasche dei pantaloni. "Non posso permettere che ti ammali. Non adesso, non è proprio il momento."
Infatti quelle parole ebbero sul cuore di Hinata lo stesso effetto di una doccia gelida. Nella mente di Kageyama esisteva solo la pallavolo e nient'altro, tutto era collegato ad essa e non c'era spazio per lui.
"Però tu adesso non hai niente con cui coprirti!" Realizzò trovando un modo per cambiare discorso. L'ultima cosa che in quel momento voleva era evitare che, a causa sua, anche Kageyama rischiasse di prendersi un malanno. Lui bastava e avanzava come grattacapo dell'intera squadra.
Fortunatamente l'altro non se ne avvide, anzi sollevò la mano indicando con il dito l'altra parte della strada, dove la cabina per aspettare il bus notturno era perfettamente illuminata.
"Io sono arrivato alla mia fermata, vedi? Ma tu hai ancora tutta quella strada di montagna da fare prima di arrivare a casa."
Era vero, pensò Hinata.
"Allora... te la riporterò domani!" Esclamò con clamore, lasciando Kageyama ad annuire.
"Appena arrivi a casa fai una doccia calda. E vai subito a letto! Capito?"
Il piccolo centrale unì i piedi e drizzò la schiena, portando la mano alla fronte e imitando il saluto di un marinaio.
"Signorsì!"
Con lo sguardo lo seguì andare via e attraversare l'incrocio per salire sull'autobus che si accingeva a raggiungere la fermata dopo aver svoltato nella strada. 
Rimasto solo si scoprì impalato nel muovere un solo passo: aveva ancora il cuore che batteva a mille, persino quell'indecifrabile smorfia che gli attanagliava il viso avrebbe incuriosito o fatto scappare a gambe levate qualsiasi passante. Inconsciamente passò la mano lungo tutta la lunghezza della felpa che aveva appena ricevuto in prestito, percorrendone la linea che dalla spalla arrivava fino al polso.
Nel fresco venticello estivo si mischiò l'odore decisamente maschile del padrone di quel pezzo di tessuto, riempiendogli le narici e cullandolo nel cuore della notte.
Quel profumo, a lui così familiare, lo inebriò al punto tale da stringersi ancora di più dentro quell'indumento ricevuto in prestito giusto qualche minuto prima.
Doveva servire a coprirlo, per quanto ormai il suo naso colasse pur soffiandolo, eppure di brividi ne avvertiva ancora e per giunta in tutto il corpo.
E di certo non erano per il freddo, no.
Perché quei fremiti si presentavano ogni qual volta "lui" riusciva a soprenderlo in qualche modo, dimostrandogli una strana gentilezza tutta sua molto lontana dalla solita irascibilità. L'alzatore della Karasuno era più del prodigioso "Re del Campo", come era solito chiamarlo la sua fama e questo Hinata lo sapeva bene.
Ma l'incapacità di questo Re nel cogliere un messaggio scollegato alla pallavolo si rivelava sempre il primissimo scoglio con cui il numero dieci della Karasuno doveva scontrarsi ogni volta.
Per questo Hinata avvicinò nuovamente il colletto di quella felpa al naso, inspirò l'odore proveniente da essa e voltò lo sguardo al buio cielo della notte, osservandolo con un sorriso triste. Era davvero questo tutto ciò che poteva avere da Tobio Kageyama, compagno nella stessa squadra e rivale dai tempi delle medie?
Quel suo muro di ottusità era forse il più alto di tutti? Solo le campane di un campanile in lontananza, il quale scoccava l'inizio della nuova ora, lo riportarono alla realtà, lasciandogli intuire che la cosa migliore da fare al momento era accantonare quei pensieri e volare dritto a casa.
Una doccia calda lo avrebbe sicuramente rilassato e aiutato ad addormentarsi subito, no?

E invece si scoprì supino nel letto a guardare insistentemente il soffitto.
Di nuovo la colpa fu da attribuire a quello stupido del suo alzatore: rientrando in camera il ragazzo notò il display del suo cellulare illuminarsi e, quando lo prese in mano, scorse un messaggio che chiedeva se avesse fatto la doccia e fosse già a letto.
Con una esuberanza tale che non pensava ancora di possedere Hinata lanciò sul letto l'asciugamano con cui teneva avvolti i fradici capelli.
Se persino un semplice messaggio si rivelava un colpo al cuore allora era davvero un idiota senza speranza.
Nascondendo il viso in mezzo ai cuscini si diede del cretino da solo: Kageyama era un muro, il più alto di tutti, e vederne la cima era davvero difficoltoso; ma quelle rare volte che ci riusciva il batticuore si impossessava di lui.
Allungando la mano di fianco, nella vana ricerca di riprendere in mano il cellulare per rispondere al messaggio, le sue dita accarezzarono invece qualcos'altro.
Alzando la testa per capire cosa avesse toccato vide la felpa di Kageyama abbandonata sul suo letto. Senza pensarci due volte la afferrò, la portò nuovamente al naso e inspirò forte quel profumo che tanto lo cullava quanto lo stordiva.
Nel giro di pochi secondi la indossò sopra il pigiama, si diede dello sciocco da solo e finì con l'addormentarsi.
Il giorno seguente, durante tutto lo svolgimento delle lezioni, Hinata sospirò. Lo fece al punto tale che i suoi vicini di banco si trovarono costretti a chiedergli cosa non andasse.
In realtà non c'era poi niente di storto: quella mattina si era svegliato che stava un poco meglio rispetto al giorno precedente; in più aveva dormito tutta la notte tenendosi addosso la felpa ricevuta in prestito da Kageyama e riposando benissimo, meglio delle precedenti. Si era persino svegliato in ritardo e, senza nemmeno fare colazione, l'aveva piegata alla meglio mettendola dentro a un sacchetto e poi dentro allo zaino.
Il punto era che non se la sentiva affatto di restituirgliela: Kageyama era irraggiungibile perciò, se aveva la possibilità di avere qualcosa di suo, perché non tenersela?
Si colpì le guance da solo, sotto le occhiate stranite dei suoi compagni di classe, pensando al da farsi: lui sarebbe giustamente venuto a reclamarla e cosa avrebbe potuto dire a sua discolpa? Che l'aveva scordata a casa? Poteva funzionare per un giorno o due, ma non per sempre. Evitarlo? Hinata scoppiò a ridere da solo: mancavano meno di due ore al consueto allenamento giornaliero di tutto il club di pallavolo.  
Decise di non pensarci e di rimandare il tutto al momento fatidico.
Naturalmente non aveva prestato la dovuta attenzione a quanto gli stava accadendo intorno perché, se l'avesse fatto, allora avrebbe notato come il capoclasse stava parlando con un primino proveniente da un'altra sezione e già da un po' si era girato per chiamarlo.
Quando Hinata si accorse che questa persona altri non era che Kageyama stesso scattò in piedi come una molla: non aveva ancora trovato una scusa decente da rifilargli e questi già si presentava davanti a lui!
"Ohi, Hinata. Hai la mia felpa dietro con te, vero? Dammela che mi serve."
Hinata iniziò a ridere nervosamente, sempre più teso come un baccalà.
"La tua felpa? Ahaha... che strano, credevo di avercela con me stamattina. E invece ha fatto Puff! da qualche parte.. Cioè, pensavo di averla nel mio zaino, ma non è lì. E l'ultima volta che l'ho vista mi pare fosse sul letto di camera mia e..."
Kageyama lo squadrò per stoppare quello sproloquio.
"Cioè mi stai dicendo che te la sei dimenticata a casa?"
Hinata non osò rispondere a voce, lasciò solamente la testa a ciondolare e farlo per lui. Pensieri come "la mia vità è finita" oppure "me la sono proprio cercata" attraversarono la sua mente in attesa di venire travolto da un fiume in piena di scalmanate grida.
Cosa che in realtà non avvenne, anzi...
Le spalle di Kageyama si scrollarono mentre la sua bocca pronunciava che non importava, ma di riportargliela comunque il giorno seguente.
Hinata pensò di avere capito male, di conseguenza si irrigidì ancora di più, tuttavia ritornò alla realtà quando lo vide lasciare l'aula con un niente; facendo riposare le gambe crollò a sedere sulla sedia spirando persino l'anima.
Si sentì in colpa per aver mentito, soprattutto perché la felpa si trovava ancora nel suo zaino, sigillata nel sacchetto, ma davvero non si sentiva pronto a restituirla al legittimo proprietario. Tirandola fuori e stendendola sul banco la accarezzò nuovamente con la punta delle dita: era una semplice felpa scolastica, nera come la pece e uguale alla sua, ma ciò che la rendeva così speciale era proprio il fatto di appartenere a quella persona che per Hinata era così speciale quanto irraggiungibile.
Dando sfogo alle sue ultime forze crollò con la fronte spiaccicandosi la felpa sotto il suo viso come fosse un cuscino: l'odore di Kageyama era ancora persistente nelle sue narici, unito al suono della campanella che annunciava l'inizio della nuova ora fu una panacea per addormentarsi di nuovo.

Persino all'allenamento del pomeriggio Hinata arrivò in ritardo, cosa che non era assolutamente da lui.
Corse a perdifiato, irrompendo nello spogliatoio come una furia in piena; pensava persino di essere spacciato, ma nessuno lo rimproverò, nemmeno Kageyama e il suo solito cipiglio severo. Anche se venne preso un po' in giro da alcuni dei suoi senpai, Tanaka e Nishinoya in primis, ci pensò il buon Sugawara a non rendergli le cose ancora più difficili.
Così mentre stava rovistando dentro al suo zaino, alla ricerca della divisa da allenamento, venne avvicinato da Kageyama alle spalle.
"Ohi, Hinata."
Inutile a dirsi: il soggetto in questione scattò immediatamente sull'attenti, lasciandosi sfuggire un grido di tensione. Trovò la pace, per modo di dire, soltanto dopo essere stato colpito da un buffetto sulla testa che lo fece accasciare a terra.
"La vuoi piantare di essere così rumoroso?"
La vittima si accarezzò la parte indolenzita del suo capo senza rispondere.
"Piuttosto... come vuoi le alzate oggi?"
Hinata sgranò gli occhi: davvero Kageyama stava chiedendo una cosa simile? Quel Kageyama?
Se prima la sua mancanza di risposta era dovuta al dolore ora non poteva che essere per lo shock.
"Voglio sapere come preferisci le alzate." Esplicitò meglio l'altro non capendo perché Hinata perseverava a restare in silenzio. Dopotutto cosa c'era di così difficile da capire in quel concetto?  "Non sei ancora al cento per cento della forma, no? Pensi di poter schiacciare anche le veloci?"
Ah...
Hinata si rialzò in piedi; Kageyama e quel modo tutto suo di esprimere la sua gentilezza erano davvero una mina per il suo cuore. Soprattutto perché la sua preoccupazione era sempre mirata alla pallavolo, non esisteva altro, solo quella e basta.
Decise che era giunto il momento di mostrarsi risoluto.
"Cosa stai dicendo? Schiaccerò qualsiasi alzata che tu mi alzerai. Anche oggi."
Forse era quello sguardo, quello che Hinata riservava agli avversari ed eventualmente anche a Kageyama stesso, che fece sorridere soddisfatto l'alzatore della Karasuno.
Ricordandogli di finire di cambiarsi Kageyama lasciò lo spogliatoio e finalmente Hinata poté tirare un sospiro di sollievo: alle sue spalle il suo armadietto era ancora aperto, così come lo zaino dove da una tasca penzolavano i suoi vestiti scolastici e, sotto di essi, la felpa che tanto gli stava a cuore. Hinata la tirò fuori con cura e la annusò ancora una volta.
Ottenerla era stato davvero facile. Ma ottenere Kageyama?
Dal corridoio udì alcuni suoi compagni di squadra chiamarlo insistentemente e questo fu sufficiente a spaventarlo e lanciare via la felpa, raccogliere in fretta le sue cose e sistemarle disordinatamente nell'armadietto per poi chiuderlo in fretta e dirigersi in palestra.
Tutto sommato l'allenamento si era concluso nei migliori dei modi; certo non erano mancate innumerevoli sfuriate da parte di Kageyama contro Hinata; vastissime riprese da parte del capitano Sawamura, le cui vene a volte sembravano saltare via quando pareva raggiungere il limite della sopportazione, per fortuna esisteva al mondo qualcuno paziente come Sugawara, capace di rimettere in riga tutti; manie di protagonismo da parte di Tanaka e Nishinoya, smorzate soltanto dall'umorismo saccente tipico di Tsukishima o fermate da Asahi e la sua gentilezza, ma i risultati della loro fatica si vedevano eccome. Kiyoko e Yachi difatti annotavano tutto con scrupolosa attenzione pronte a mostrare loro quanto la Karasuno fosse cresciuta negli ultimi mesi. Hinata si era scordato della sua preoccupazione e della sua distrazione, a fronte dell'euforia coinvolgente che aveva unito tutta la squadra,  riuscendo persino a passarla liscia senza che l'argomento "felpa", da parte di Kageyama, venisse ripreso nuovamente in mano.
Alla fine la giornata si concluse quasi nel migliore dei modi e il giovane tornò a casa per utilizzare nuovamente quell'indumento rubato come coperta da avvolgersi.
Il giorno seguente si verificò la stessa cosa accaduta il giorno prima: solo che Kageyama gli sfuriò contro l'ennesima dimenticanza costringendolo a trovare riparo sotto al banco per evitare di essere picchiato.Il terzo giorno subì soltanto una sfuriata a parole, così come al quarto. Al quinto giorno i livelli di stress di Hinata si erano talmente innalzati che lo avevano costretto a rifugiarsi nella toilette dello spogliatoio usando la scusa del solito mal di pancia.
Sapeva di non poter continuare a mentire, fingere di essersi dimenticato o trovare scuse inaccettabili, ma proprio non ci riusciva: per quanto sciocca la cosa quella felpa era diventata il suo piccolo tesoro, come un premio di consolazione, ed era ostinato a tenersela.
Ma era ovvio che il suo proprietario, ignaro di tutto, la rivolesse indietro.
Facendosi coraggio si alzò dalla tazza del water per uscire da lì e quasi sbatté la porta in faccia a qualcuno.
"Suga-senpai!"
Il vice-capitano del terzo anno si trovava lì davanti a lui in attesa, calmo e sorridente come sempre.
"Hinata." Lo chiamò con quella sua voce tiepida e rassicurante. "Stai meglio?"
"Oh, sì! Il mal di pancia sembra che stia per passare!" Rispose raddrizzando le spalle e irrigidendo tutto il corpo; Sugawara si lasciò sfuggire una morbida risata a riguardo.
"L'ho capito che c'è qualcosa che non va, non serve fingere con me. Se hai un problema basta semplicemente che ne parli."
Hinata rimase pietrificato a quelle parole e Sugawara lo rimproverò di non essere affatto bravo a nascondere i suoi dilemmi, soprattutto perché ormai tutta la squadra se ne era resa conto. Il tutto finì con il più piccolo inginocchiato a terra e il più grande che gli batteva affettuosamente sulla testa facendogli coraggio.
Hinata meditò se raccontare tutto, superando l'imbarazzo, o rivelare una mezza verità: optò per quest'ultima.
"Come ti comporteresti se non volessi più restituire una cosa che ti è stata data in prestito?"
Il senpai Sugawara spalancò inizialmente gli occhi per poi addolcirsi subito dopo.
"C'è un motivo preciso per farlo?"
Lo sguardo del piccolo schiacciatore calò tristemente fino al pavimento.
"Sì, però è un motivo futile. Anche se non lo è per me."
Sugawara tirò un sospiro di sollievo e si inginocchiò a sua volta, portandosi alla stessa altezza dell'altro.
"Che motivo hai di nasconderlo? Non è più semplice chiedere di regalartela, in questo caso?"
Hinata balzò all'indietro spaventato: il senpai aveva la minima idea della persona di cui stavano parlando? Una cosa come quella era impossibile e al di là di qualsiasi portata! Iniziò persino a battere i denti per la paura e Sugawara inclinò la testa sorridendo.
"Stiamo parlando di Kageyama, vero?"
A sentire quel nome Shouyo divenne blu dallo spavento, iniziando a farneticare frasi senza senso e muovendo convulsamente la testa da destra a sinistra e viceversa. Il senpai del terzo anno appariva invece tranquillo e pronto ad ascoltarlo, per questo Hinata si lasciò andare e gli raccontò tutto dall'inizio alla fine, omettendo qualche insignificante dettaglio -come l'aver usato la felpa di Kageyama come coperta per coprirsi alla notte-, e arrivare dritto al dunque: non sapeva davvero cosa fare e questa sua incapacità nel reagire non gli dava la forza di ragionare con lucidità. Fortunatamente la persona davanti a lui era il membro più saggio e paziente dell'intera squadra, oltre ad essere un grande ascoltatore sempre pronto a infondere coraggio e consigli.
"Le cose sono più semplici da affrontare di quanto credi. E comunque non puoi continuare a nascondere la cosa per sempre, sei d'accordo?"
Come essere più d'accordo... peccato che quelle parole ebbero lo stesso effetto di una doccia gelata, per quanto apparivano evidenti e semplici da capire.
Hinata ci rifletté su per tutta la durata del loro allenamento; pensò che era giunto davvero il momento di affrontare di petto la questione e chiuderla una volta per tutte, almeno per non incorrere nell'ira di Kageyama. Doveva solo trovare il momento giusto e le parole giuste, quello sì che era difficile soprattutto perché le cose gli sembravano andare storte in ogni occasione: aveva provato a chiamare Kageyama in disparte, ma questi lo aveva bellamente ignorato anche a causa del capitano Sawamura che voleva discutere con lui di alcuni schemi da usare in partita. Poi ci si era messo Nishinoya trascinandolo fuori dal campo per allenarlo nella ricezione, il suo punto debole. Alla fine aveva convenuto che provare a parlargli nel bel mezzo dell'allenamento era completamente inutile, ma si rivelò arduo anche farlo dopo: ritagliare uno spazio di tempo per loro due da soli non era affatto facile, anche perché c'era sempre tutta la squadra nel mezzo. Inaspettatamente l'aiuto arrivò proprio da Sugawara quando ordinò loro di recarsi nel ripostiglio per mettere a posto tutta l'attrezzatura usata; Hinata poté persino giurare di averlo visto lanciargli un occhiolino complice che lo fece rabbrividire per la fin troppa perspicacia usata dal senpai.
Non era per niente psicologicamente pronto e continuò a pensarlo persino quando si ritrovò da solo insieme a Kageyama in quello sgabuzzino. Incredibile pure come quello spilungone si accingeva a dare lo straccio a terra senza inveirgli contro. Che anche lui stesse riflettendo su qualcosa che occupava la sua mente?
Hinata si colpì le guance da solo: era il momento di parlare, ora o mai più!
"Senti, Kageyama..."
"Ascolta, Hinata..."
Avevano aperto bocca nello stesso, perfetto preciso istante, da bloccarsi a vicenda e aspettare che l'altro continuasse, ma quando nessuno dei due proseguì Hinata decise di lasciarlo parlare per primo.
"Prima tu." Sussurrò a disagio.
L'alzatore abbandonò momentaneamente il mocio per poggiarlo contro il muro dietro di lui.
"Vorrei che mi restituissi la mia felpa. Sono due giorni che mia madre continua a stressarmi su dove sia e io non so più cosa dirle."
Hinata sbiancò: decisamente era giunto il momento, ma oltre a non sentirsi ancora pronto non aveva nemmeno pensato esattamente alle parole da usare. Giungendo le mani davanti al viso, in segno di scuse, piegò la schiena esageratamente a terra.
"Mi dispiace, io ti ho mentito! La tua felpa l'ho avuta con me fin dal giorno dopo che tu me l'hai prestata!" Sproloquiò esagitato ad alta voce rimanendo in attesa di un cazzotto o di una scenata.
Nulla di tutto questo in realtà accade e Hinata si vide costretto a riaprire gli occhi per poter osservare il viso di Kageyama incredulo e stupito.
"Ah, è così?" Mormorò sfregandosi i corvini capelli. "Immaginavo ci doveva essere qualcosa sotto."
Il piccoletto dai capelli aranciati sbarrò gli occhi incredulo e si vide un dito puntato contro.
"Voglio dire: tu sei un idiota senza speranza, vero, ma non puoi esserlo fino a questo punto."
"Ehi! Piano con le offese!" Scattò in avanti stringendo un pugno, ma Kageyama si dimostrò più fermo e deciso di lui piegando le braccia e poggiando le mani sui fianchi.
"Quindi me la restituisci o no?"
Hinata incassò il mento in mezzo al busto: sarebbe bastato uscire da lì e dirigersi nella stanza adiacente per ridarla al suo legittimo proprietario, sarebbe bastato fare quello e tutto si sarebbe concluso, ma... scuotendo la testa negò con forza. Non poteva certo arrendersi così. Anche se Kageyama non sarebbe mai riuscito a capire da solo lui doveva ascoltare il suo cuore e questo suggeriva che l'opzione della restituzione non era contemplata.
Puntando un piede in avanti, e un dito nella sua direzione, finalmente trovò il coraggio di parlare. Avrebbe seguito il suggerimento di Sugawara e ci avrebbe provato senza avere rimpianti.
"Vorrei che me la regalassi! Sì, lo so, è solo una stupida felpa come tante altre, ma è la tua e indossarla mi fa sentire bene. Perciò non mi importa se la rivuoi indietro o cosa, io me la terrò comunque, ok?" Gridò con voce stridula, in verità stava davvero tremando, ma cercò di non darlo troppo a vedere. Ne avrebbe avuto di tempo per tremare, una volta scampato il pericolo.
Kageyama invece sospirò esasperato toccandosi la fronte con il palmo della mano.
"Che senso ha chiedermi le cose se poi vuoi fare sempre di testa tua? Almeno ascoltati quando parli." Intrecciando le braccia al petto ponderò esattamente cosa fare e la sua seguente risposta fu talmente scioccante da lasciare l'altro con la bocca aperta che toccava a terra. "Va bene. Puoi averla."
Le palpebre di Hinata sbatterono incredule più di una volta. Ok che le cose potevano essere più semplici di quanto apparivano in realtà, ma davvero era così facile? E lui si era complessato su una cosa così semplice da ottenere per ben cinque giorni di seguito?
"Ma tu... mi hai davvero ascoltato con attenzione?" Balbettò meravigliato.
"Se hai detto che ti fa stare bene non posso fare altrimenti. In questo momento è importante che tu sia al massimo della tua forma fisica, e..."
Il ragazzino ridacchiò nervosamente. Del resto cosa aspettarsi? Stava parlando con Kageyama, dopotutto. Il Re dell'Ottusità.
"...non possiamo permetterci errori, visti i nostri prossimi avversari, dobbiamo arrivarci al massimo della nostra forma fisica..." Incredibile come stava persino ancora sproloquiando.
"D'accordo, d'accordo, ora basta! Cavolo, sei davvero tardo..." Sospirò affranto toccandosi i capelli. "Del resto non posso farci niente, non saresti tu altrimenti..."
Kageyama sbuffò seccato, ovviamente non intuendo un emerito nulla; Hinata in quel momento era ben lungi dal menzionare la loro tanto amata pallavolo, ma per farglielo capire avrebbe dovuto sudare ancora parecchio.
Mollare per così poco non era certo nelle sue intenzioni: vero, la cima di quella vetta pareva irraggiungibile, ma non esisteva sommità disposto a rinunciare sicuro che, una volta raggiunta, il panorama offerto sarebbe stato mozzafiato. Passo dopo passo l'avrebbe conquistata.
Considerando il loro rapporto ora, rispetto a quando si erano conosciuti, il percorso sembrava essere quello giusto.
"Ah, però..."
Quelle due parole lo risvegliarono immediatamente dai suoi pensieri, difatti Kageyama pareva ancora corrucciato su qualcosa.
"Non mi pare affatto equo così. Anche tu dovresti darmi qualcosa di tuo..." Mormorò strofinandosi il collo imbarazzato. "Non vorrei ammalarmi nemmeno io se rientro a casa senza senza felpa alla sera." Esplicitò guardando altrove, evitando così l'espressione di Hinata pronta a scoppiare a ridere da un momento all'altro. Era palesemente in imbarazzo.
"Puoi avere la mia sciarpa allora, è calda e confortevole!" Gli sorrise contento: non si aspettava proprio quel tipo di richiesta, quantomeno Kageyama sapeva ancora come sorprenderlo, sia con i gesti che con le parole.
"Affare fatto." Lo vide rispondergli serio e posato, per poi afferrare il secchio con l'acqua sporca e uscire per andare a svuotarlo.
Finalmente rimasto solo Hinata si concesse due o tre balzi di felicità: magari era cosa di poco conto, ma quella sera sarebbe tornato nuovamente a casa insieme a Kageyama indossando la sua felpa e, cosa più bella, quest'ultimo avrebbe tenuto al collo la sua sciarpa. Il solo pensiero lo fece arrossire e zampettare per tutta la stanza, urtando una cesta che conteneva i palloni usati durante l'allenamento e spargendoli a terra. Nemmeno ebbe il tempo di chinarsi per rimettere tutto a posto che già, da fuori, lo udì sbraitare di non fare troppo casino.
Hinata rise soffocandosi da solo con una mano: le cose non potevano andare meglio di così. Per il momento, almeno.


   
 
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