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Autore: heliodor    08/04/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La fortezza delle Ombre
 
"Questa sarà la nostra fine, amico Roge" disse Malbeth con tono lamentoso mentre lottava contro la neve alta fino alle ginocchia.
Roge, che lo precedeva, si voltò. Sbuffi di vapore gli uscivano dalla bocca. Le labbra secche e incrostate di ghiaccio gli bruciavano a ogni parola che pronunciava. Tuttavia, disse: "Se non la smetti di lamentarti, ti uccido qui e adesso."
Malbeth arrancò su per il pendio innevato aggrappandosi a un appiglio che spuntava dalla neve alta. "Non volevo farti arrabbiare. Perdonami."
"Sei perdonato" disse Roge. Non ce l'aveva con Malbeth. Si sentiva in colpa per averlo trascinato in quell'avventura.
Pensava di fare la cosa giusta, di potersi riscattare agli occhi dell'Alleanza e soprattutto di suo padre.
Che sciocco che sono stato, pensò.
Deliza li precedeva di una decina di passi. Avanzava nella neve alta piegata in avanti per aiutarsi con le mani.
Guardando oltre la spalla della strega, vide la punta della montagna che stavano scalando e, sopra di essa, il cielo terso e limpido.
Se è una giornata così bella, perché fa tanto freddo? Si chiese.
"Amico Roge" disse Malbeth.
Si voltò, pronto a riprenderlo.
Malbeth era voltato di spalle e guardava in basso, verso la valle che si erano lasciati quando avevano iniziato quella salita.
Il passo si insinuava tra le montagne come un serpente tra i seni generosi di una bella donna. Quel pensiero gli ricordò il seno di Deliza.
Scosse la testa per allontanarlo. Forse era il freddo a fargli fare quei pensieri.
Non è il momento, si disse.
Non lo era affatto. I quattro compagni della strega erano morti.
Prag era stato il primo.
Era scivolato sul ghiaccio mentre costeggiavano un crepaccio ed era precipitato di sotto per una ventina di metri.
Rametev aveva cercato di raggiungerlo ed era scivolato a sua volta. Non era morto subito. Aveva entrambe le gambe fratturate, ma era vivo.
Aveva invocato aiuto per qualche minuto.
"Che facciamo?" aveva chiesto Zamky. Ora non parlava più così tanto.
Deliza aveva scosso la testa e si era rimessa in marcia.
"Lo lasciamo qui?" aveva chiesto Roge.
"Vuoi andare a prenderlo tu?" aveva risposto Deliza. "Poi dovrai portarlo sulle spalle perché ha le gambe rotte. Pensi di farcela?"
Roge non aveva risposto.
Brieva di era avvicinata a Deliza e le aveva sussurrato qualcosa nell'orecchio.
L'altra aveva annuito.
Brieva era tornata indietro e aveva lanciato una sfera infuocata verso il crepaccio. Rametev aveva smesso di lamentarsi.
Roge aveva scosso la testa e si era accodato agli altri.
Nella loro fuga si erano lasciati alle spalle la valle e avevano iniziato a salire lungo il passo.
"Dove stiamo andando?" aveva chiesto Deliza.
"In un luogo sicuro. Credo" aveva risposto la strega.
"Sicuro come il rifugio?" aveva risposto lui.
Lei gli aveva lanciato un'occhiataccia. "Non sei obbligato a seguirci."
Roge non aveva alcuna intenzione di tornare indietro. Erano andati via dal rifugio quando Brieva, tornata con una brutta ferita, li aveva avvertiti che una ventina di rianimati si stavano avvicinando a loro.
Deliza aveva deciso di portarli verso quel passo di montagna.
"La neve li rallenterà" aveva detto.
Anche noi verremo rallentati, aveva pensato Roge, ma in quel momento quel piano gli era sembrato il migliore.
"Amico Roge" aveva detto Malbeth. "Potresti usare il tuo potere per portarci via di qui."
"Vorrei" aveva risposto Roge. "Ma da giorni non sento alcun portale. Potrebbero non essercene per miglia e miglia."
"È strano" aveva detto Malbeth.
Lui si era stretto nelle spalle.
Rametev, rimasto più indietro, aveva fatto un giro lungo. Quando era tornato aveva l'espressione atterrita.
"Che cosa hai visto?" gli aveva chiesto Deliza.
"Saranno almeno trenta. Forse quaranta."
"Quaranta" aveva esclamato Brieva.
"Dove?"
"Alla base del passo. Avanzano veloci. La neve non sembra rallentarli abbastanza."
Brieva aveva annuito grave. "Forse posso provare a bloccarli."
"Come?" aveva chiesto Deliza.
La strega aveva indicato un costone di roccia che sporgeva dal fianco della montagna, ad almeno mezzo miglio di distanza dal punto in cui si trovavano. "Salirò lì sopra e colpirò la base di quella lastra di ghiaccio per provocare una valanga. Con un po' di fortuna li travolgerò e saremo salvi."
"Ti servirà più che la fortuna per arrivare lassù" aveva detto Rametev. "Devi saper volare e so che non sei capace."
"Tu hai un'idea migliore?"
L'altro aveva annuito. "Fermiamoci qui e usiamo quella strettoia per bloccare i rianimati."
"Vuoi affrontarli?" aveva domandato Roge sgomento.
Rametev aveva annuito. "Se non possiamo scappare, allora affrontiamoli."
"Sono quaranta."
"Non hanno tattica, non hanno una strategia" aveva detto Rametev. "Non usano armi né armature, a parte quelle che hanno addosso. Possiamo farcela."
"No" aveva detto Deliza. "È un suicidio."
"Io voglio provarci. Non voglio fuggire ed essere fatto a pezzi senza combattere." Rametev aveva iniziato a discendere verso la parte bassa del crepaccio. "Li attenderò lì. Voi andate avanti."
Brieva aveva guardato Deliza.
"Fate come volete" aveva risposto la strega.
Brieva era partita diretta verso lo spuntone di roccia.
Deliza aveva ripreso a salire lungo il passo. Roge e Malbeth l'avevano seguita cercando di tenere il passo.
"Non sei un buon comandante" aveva detto Roge.
Deliza non si era voltata. "Non so mandare i miei sottoposti alla morte."
"L'idea di Brieva è buona."
"Vedremo" aveva risposto lei.
Guardando in basso, aveva visto Rametev appostarsi dietro le rocce. Cinque rianimati erano arrivati qualche minuto dopo. Si muovevano a scatti, arrancando nella neve alta ma senza fermarsi né riposare. Non vedeva sbuffi di condensa uscire dalle loro bocche spalancate.
Da quella distanza non aveva visto i loro occhi, ma ricordava bene le orbite vuote e le pupille senza vita che cercavano la preda da aggredire e divorare.
Come animali famelici, aveva pensato. No, gli animali provano paura. Quelle creature sembravano animate da un'energia che le rendeva indomite e coraggiose fino alle estreme conseguenze.
Ne aveva viste due scivolare in un crepaccio senza più riemergerne. Nessuno dei rianimati che le seguiva si era fermato per aiutarle o sincerarsi di quello che era accaduto ai loro compagni.
"I rianimati non pensano" gli aveva detto Malbeth quando ancora erano al rifugio. "Non mangiano, non provano dolore né rabbia. Sono animati solo da una fame insaziabile."
Roge non voleva essere il loro prossimo pasto.
Rametev si era tenuto al coperto mentre i rianimati si arrampicavano verso di lui. Quando si erano trovati a una ventina di passi di distanza, era balzato fuori dal suo nascondiglio e aveva lanciato i suoi coltelli.
Ne aveva colpito due alla gola e un altro al petto. Colpi mortali per chiunque, ma non per quelle creature.
I rianimati avevano continuato ad avanzare con rinnovata foga.
Roge si era voltato verso Deliza, ma la strega aveva ripreso a salire lungo il pendio. Quando era tornato a guardare verso Rametev, il guerriero era circondato da due rianimati. Uno gli aveva afferrato il braccio e lo aveva tirato verso di sé, mordendolo.
Rametev aveva urlato e il suo grido era riecheggiato lungo la gola dove si snodava il passo, raggiungendoli.
Affascinato dallo spettacolo, Roge non era riuscito a distogliere lo sguardo nemmeno quando i rianimati erano balzati addosso a Rametev e questi era sparito sotto i loro corpi.
In quel momento un tuono aveva scosso l'aria. Poco sopra la posizione in cui si trovava Rametev la roccia era esplosa. Una lastra di ghiaccio e neve si era staccata dalla montagna e stava scivolando verso valle travolgendo tutto ciò che incontrava.
La valanga aveva investito Rametev e i rianimati strappandoli via come fuscelli, per poi proseguire oltre.
Il secondo gruppo di rianimati, una ventina in tutto, era stato investito in pieno e seppellito dalla neve e dalle rocce.
A quel punto il crepaccio aveva arrestato la furia della valanga. Roge era rimasto a guardare finché dal mucchio di neve non erano emersi i corpi dei rianimati.
Una decina in tutto erano sopravvissuti alla valanga e avevano ripreso l'ascesa.
Roge sospirò affranto. Guardò verso lo spuntone di roccia, dove Brieva stava osservando quello che succedeva più in basso.
C'era un'altra lastra di ghiaccio che poteva colpire, ma Roge aveva giudicato che da quella posizione non avrebbe ottenuto molto. Doveva salire più in alto e mirare verso la base o la valanga non sarebbe stata abbastanza potente.
Forse può farcela, pensò Roge abbandonandosi per un attimo alla speranza. Aveva visto Brieva fare un cenno di saluto e iniziare ad arrampicarsi lungo la parete rocciosa.
Roge aveva ripreso a salire insieme a Malbeth e Deliza. Mentre si arrampicava aveva contato i minuti. Erano passate quasi due ore e non aveva udito alcun tuono.
Brieva, per qualche motivo, ci aveva ripensato e non aveva lanciato la sua palla di fuoco.
Il passo emergeva dal crepaccio lungo la montagna per diventare un camminamento che la fiancheggiava per quasi mezzo miglio.
Mentre si spostavano aggrappati alla roccia per non cadere, Roge si era fermato per prendere fiato.
In quel momento aveva visto Deliza sporgersi e poi ritrarsi subito. La strega aveva scosso la testa ed aveva ripreso il cammino.
Quando aveva raggiunto lo stesso punto, Roge non aveva resistito e si era sporto a sua volta guardando in basso.
Tra le rocce che spuntavano dalla neve alta, aveva visto un corpo giacere sulla schiena in una posizione scomposta.
Brieva, aveva pensato.
Forse era stato il freddo a rallentare i suoi riflessi o un'improvvisa folata di vento o aveva mancato la presa su una roccia ed era precipitata.
Ormai non ha più importanza, si era detto.
Guardandosi indietro, aveva visto i rianimati continuare ad avanzare nella neve. L'inseguimento era continuato per tutto il resto del giorno.
"Amico Roge" disse Malbeth indicando un punto in basso, lungo il percorso che avevano seguito.
Mezza dozzina di rianimati si stava arrampicando lungo la salita. Non erano più le figure appena distinguibili sullo sfondo ammantato di bianco.
Ora Roge poteva vederli bene.
Bocche spalancate piene di denti marci. Occhi privi di pupille. Visi deformati dalla pelle ridotta a brandelli e ossa frantumate. Abiti cenciosi e sbrindellati quando ne avevano, altrimenti i rianimati procedevano nudi e incuranti del freddo.
Siamo stati dei pazzi, si disse Roge, a pensare di poter sfuggire a queste creature. Tra poco sarà buio e noi dovremo riposare e dormire. Loro non riposano e non dormono. Ci raggiungeranno e... forse era meglio morire come Rametev. O Prag. O Brieva.
Una morte rapida. Pochi secondi di sofferenza e poi il nulla, il completo distacco dalle pene terrene.
Deliza lo afferrò per una spalla. "Ti sei addormentato?"
Quel tocco bastò a scuoterlo. Riprese a salire con rinnovata foga.
È la paura a moltiplicare le mie forze, pensò. Ma quanto durerà?
Già cominciava a sentirsi stanco quando il pendio divenne meno ripido e la neve più bassa. Riusciva quasi a camminare come se si trovasse su terreno sgombro. Anche il crepaccio si stava allargando.
Deliza lo superò e raggiunse la vetta, sparendo oltre di essa.
"È fatta" disse Roge col fiato corto. "Siamo arrivati. Siamo..." Scivolò e batté col ginocchio su di uno spuntone di roccia.
Restò a terra per qualche secondo, temendo di essersi rotto la gamba, ma si trattava solo di una botta e in pochi secondi si stava già rialzando.
Si guardò indietro, convinto che Malbeth stesse per superarlo, ma non vide l'uomo.
"Mal?" chiese, dimenticando di doverlo chiamare col nome che avevano convenuto. "Mal?"
Guardò in basso.
Malbeth stava discendendo lungo il pendio aiutandosi con le braccia.
È scivolato? Si chiese sgomento. Perché non ha gridato?
"Malbeth" gridò, la voce che riecheggiava nel crepaccio.
Lui si voltò per un istante e gli fece un cenno con il braccio.
"Torna indietro, dannato pazzo" gridò Roge. Per un attimo fu tentato di seguirlo, ma l'attimo successivo stava risalendo il pendio.
"Maledetto pazzo" disse tra i denti. "Maledetto, maledetto, maledetto."
Si trascinò fino alla cima, dove Deliza era in piedi e guardava verso nord, il viso illuminato da un sole rossastro che stava per calare.
"Siamo salvi?" chiese Roge gettandosi ai suoi piedi.
La strega continuò a guardare nella stessa direzione. Roge guardò a sua volta e lo vide.
Il castello si ergeva sulla sommità della montagna e sembrava fatto della stessa pietra. Poteva essere un prolungamento di essa, se fosse stato possibile.
"La fortezza delle Ombre" disse Deliza.

Note
Fine della vacanza, si torna al lavoro in tutti i sesni.
Vi iete riposati? Siete pronti? Io sì.
I prossimi capitoli saranno dedicati ai vari personaggi sparsi in giro, poi torneremo a Joyce e alle sue peripezie.

Prossimo Capitolo Martedì 9 Aprile
  
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