Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    12/04/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una brutta faccenda
 
Per qualche istante Roge rimase abbacinato dalla neve che rifletteva i raggi del sole non più coperto dalle nuvole.
Cercò di mettersi in piedi, ma i piedi scivolarono sul ghiaccio che si era formato sulla roccia.
Cadde e si morse la lingua. Il sapore metallico del sangue gli invase la bocca.
Davanti a lui, Deliza si era rialzata e barcollava verso la fortezza. Si voltò verso di lui. "Avanti, principe Roge. Ci siamo quasi."
Roge strinse i denti e si raddrizzò su gambe malferme. Ogni singolo muscolo e osso gli faceva male.
Non osò guardarsi indietro, verso il passo che avevano appena lasciato. Temeva che girandosi i suoi occhi avrebbero visto i rianimati riversarsi sulla cima della montagna.
Se ciò fosse accaduto, ne era certo, non avrebbe avuto la forza di fare un altro passo. Si sarebbe seduto lì e avrebbe atteso la morte, come aveva fatto Malbeth.
No, si disse. Lui non si era seduto e aveva atteso di venire mangiato vivo. Aveva combattuto fino all'ultimo, anche se non aveva alcuna speranza di sopravvivere.
Come se quel pensiero bastasse a risucchiargli le forze rimaste, cadde di nuovo a terra.
"Principe Roge" disse Deliza con tono supplice. "Solo un altro sforzo."
"Non ce la faccio più" piagnucolò Roge.
Da quante ore ci arrampichiamo su questa infame montagna? Si chiese. Da quanti giorni no mangiamo e non dormiamo a sufficienza?
Non ne poteva più del freddo. Aveva le braccia e le gambe intorpidite e sapeva che tra poco anche tutto il resto avrebbe ceduto.
La mano d Deliza gli colpì la guancia.
Roge quasi cadde di lato, ma si puntellò con il braccio destro.
"Che fai?" chiese alla ragazza.
Deliza era in piedi e lo sovrastava. I suoi occhi erano rivolti al passo.
Sta guardando i rianimati risalire il pendio e venirci addosso? Si chiese. Perché non mi lascia qui e si mette in salvo?
Guardò anche lui nella stessa direzione. Il passo era vuoto, una semplice gola che tagliava in due rocce nere e appuntite che emergevano dalla neve e dal ghiaccio che le ricopriva.
Non c'è nessun rianimato, si disse. Non ancora. Forse abbiamo una speranza.
Deliza lo scosse. "Rimettiti in piedi. Svelto."
Roge afferrò la sua mano e si rialzò. Uno spasmo di dolore gli trafisse le gambe fino alla colonna vertebrale.
"Dobbiamo andare" disse Deliza. "O moriremo."
"Siamo già morti" disse Roge.
"Non ancora, su" rispose lei quasi trascinandolo via.
Roge si appoggiò a lei per qualche passo, poi proseguì da solo. Camminarono fianco a fianco sulla superficie ghiacciata.
Quella che doveva essere una strada o un sentiero correva in direzione della fortezza. Roge vi gettò una rapida occhiata. La roccia nera non rifletteva il sole e le poche finestre erano vuote come le orbite di un teschio. Nessuno stendardo o blasone sventolava sulle due torri che sorvegliavano l'ingresso e non si vedevano soldati che si muovevano sui merli e i camminamenti delle mura. La fortezza sembrava immobile e priva di vita come un cadavere.
Forse anche lei può essere rianimata, si disse Roge.
Era un pensiero stupido di cui si vergognò subito.
Come mi è venuta in mente una cosa simile? Si chiese. Deve essere il freddo a farmi pensare certe cose.
Alle loro spalle udirono un ululato profondo e bestiale.
Roge si voltò e vide una mezza dozzina di figure riversarsi attraverso il passo. Si muovevano in maniera disordinata, come se non avessero alcune idea di dove andare e come arrivarci.
Due di esse presero a correre e inciampare verso di loro e in breve le altre li seguirono. Tutte quelle che emersero dal sentiero si misero in coda alle prime.
"Arrivano" disse Roge con voce roca.
"Non ti voltare." Deliza lo spinse in avanti, come se quello bastasse a fargli raggiungere più in fretta la fortezza.
Roge barcollò per qualche passo, poi cadde sul terreno viscido. Voltandosi, vide Deliza rivolta verso i rianimati che stavano risalendo lungo il sentiero che portava alla fortezza.
"Vai" disse la ragazza.
Roge fece per dire qualcosa, ma le parole non gli uscirono. Non aveva forza nemmeno per parlare.
"Ti ho detto vai" esclamò Deliza.
"Morirai" disse Roge con uno sforzo supremo.
"Niente può impedirlo ormai" rispose lei.
Nelle sue mani erano apparsi dei dardi magici.
Roge arrancò sul ghiaccio. Se non poteva alzarsi, avrebbe strisciato come un verme pur di raggiungere la fortezza.
Per quanto mi sforzi, si disse, non ci arriverò mai prima dei rianimati e anche se ci riuscissi, poi che cosa fare? Non ho la forza di arrampicarmi sulle mura e non so volare.
Il terreno tremò all'improvviso, come se qualcosa vi battesse sopra a ritmo forsennato. Roge vide il ghiaccio virare, lo sentì sotto le sue mani e le gambe intorpidite.
Alzò la testa e vide otto figure che avanzavano verso di lui. I cavalieri procedevano urlando e mulinando delle mazze sopra le loro teste.
Da quella distanza non poteva vedere i visi, ma solo le pellicce agitate dal vento che li sferzava mentre si gettavano al galoppo lungo il sentiero.
Dietro di loro venivano altri sei cavalieri. Questi non urlavano e non avevano le mazze, ma nelle loro mani vide brillare qualcosa e dietro le loro schiene colse lo sventolio di mantelli color sabbia.
I cavalieri urlanti li superarono senza rallentare e si avventarono contro i rianimati in testa al gruppo che continuava ad avanzare verso la fortezza.
Le mazze si abbatterono sulle loro teste, staccando pezzi di osso e di cranio putrefatti che esplosero come se a colpirli fossero stati dei dardi magici.
Nonostante i terribili colpi ricevuti, i rianimati continuarono a muoversi e a cercare di afferrare i cavalieri e disarcionarli.
Il secondo gruppo, quello con i mantelli, sopraggiunse in quel momento.
I cavalieri con le mazze sciamavano tra i rianimati colpendoli con le loro armi. Ne spinsero due fuori dal gruppo.
Roge pensò che li avrebbero finiti a colpi di mazza, ma i cavalieri andarono via e li lasciarono soli.
Un istante dopo un cavaliere col mantello lanciò i dardi magici contro i due rianimati. Roge vide i corpi stramazzare al suolo e poi rialzarsi subito dopo.
Il cavaliere col mantello si fermò e mirò con calma verso i due. Con due colpi fece saltare la testa a uno dei rianimati.
Un altro cavaliere col mantello evocò una lama magica e staccò di netto la testa all'altro rianimato.
L'attenzione di Roge si spostò verso il gruppo più numeroso di rianimati. I cavalieri con le mazze li avevano dispersi e isolati in una vasta area. I loro compagni dai mantelli color sabbia li finirono a uno a uno con i dardi. Roge vide balenare anche un raggio magico, ma quell'attacco riuscì solo ad atterrare il rianimato, che si rialzò un istante dopo e tornò all'attacco.
Il cavaliere dalla lama magica tagliò altre tre teste prima che la battaglia finisse. Roge contò diciotto rianimati prima di perdere interesse, ma potevano essercene anche trenta.
Il cavaliere dalla lama magica si staccò dai suoi compagni e galoppò verso di loro. "Siete feriti?" chiese con voce ferma e profonda. Sotto il mantello indossava un corpetto imbottito e il viso era nascosto da un cappuccio riempito con la pelliccia. Solo gli occhi castano scuro erano visibili.
Deliza scosse la testa. "Esausti, ma tutti interi."
Il cavaliere fece un cenno ai suoi compagni. "Rezia, Aelois" gridò. "Percorrete la strada fino al passo e controllate se non ce ne sono altri, ma siate prudenti. Se ne vedete anche solo uno, tornate indietro e riferite."
Un cavaliere con la mazza e uno col mantello si staccarono dal gruppo e galopparono verso il sentiero.
Due cavalieri armati di mazza si avvicinarono. "Anfra è stato ferito" disse uno dei due con voce femminile.
L'altro cavaliere sollevò una gamba. Il pantalone imbottito era squarciato e dal taglio si intravedeva il rosso di una gamba insanguinata.
"Sto bene" disse. "È solo un graffio."
"Torna subito alla fortezza a fatti controllare da Giraum. Quersa, accompagnalo tu."
"Come vuoi, Bryn" disse il cavaliere con la voce di donna.
"Tu sei Bryn Artiglio d'Orso?" domandò Deliza.
Il cavaliere scostò il cappuccio in modo da rivelare il viso. Occhi incavati nelle orbite, mento squadrato e una fronte sporgente emersero da sotto la spessa pelliccia. "Tu mi conosci?" chiese l'uomo.
Deliza annuì. "Sei famoso. O almeno lo eri. Tutti ti cedevano morto."
Bryn sorrise. "E lo ero, in un certo senso. Qui siamo tutti morti almeno una volta, nelle ultime nove Lune."
Roge si accigliò. "Siete morti come quelli lì?" chiese indicando i cadaveri sparsi per il pendio.
"Non così morti" rispose Bryn. "Ma quasi quanto loro, sì. Ce la fate a camminare fino alla fortezza o vi serve un cavallo?"
"Se ne avessi uno da prestarci" disse Deliza. "Roge ti ringrazierebbe."
Bryn cedette loro la sua cavalcatura e Roge accettò il passaggio senza protestare.
"Giraum sarà felice di vedervi. Siete i primi che arrivano fin qui dalla valle a sud della fortezza. Pensavamo che ormai quella zona fosse troppo infestata."
"Infestata?" chiese Roge.
"Dai rianimati" disse Bryn. "La loro presenza ha iniziato a farsi costante un paio di lune fa e da allora non fanno altro che aumentare."
L'ingresso della fortezza era chiuso da una grata di ferro alta una dozzina di metri. Ci vollero sei uomini robusti per sollevarla e farli entrare.
Solo quando si trovò entro le mura Roge si concesse di sentirsi tranquillo.
"Udin" esclamò Bryn con voce tonante.
Un inserviente si avvicinò al suo cavallo. "Come posso servirti?"
"Porta i nostri ospiti dentro e assicurati che vengano scaldati davanti al fuoco. Non ne sono certo, ma credo che l'uomo abbia braccia e gambe quasi congelate."
Roge ricordò che non si erano nemmeno presentati. "Io sono Roge di Valonde" disse rivolto a Bryn. "E lei è Deliza di Nergathel."
"Valonde?" fece Bryn sorpreso. "Sei molto lontano da casa. Cosa ti ha spinto fin qui?"
"È una lunga storia."
"Me la racconterai dopo. Ora ho delle cose da fare. Udin, portali nella sala del camino e dai loro degli abiti asciutti."
Udin li condusse all'interno della fortezza, tra corridoi e sale di pietra nera e spoglia.
Dentro è desolato quasi quanto fuori, pensò Roge. Ma almeno è caldo.
La sensibilità alle gambe gli stava già tornando e anche le forze, ora che era al sicuro, sembravano rifiorire.
Accanto a lui, Deliza camminava in silenzio.
"Venite" disse Udin. "Qui potrete scaldarvi."
Nella sala ardeva il fuoco in un camino ricavato da una nicchia nella parete di roccia. Non aveva idea di dove sbucasse la canna. Da fuori non aveva visto alcun fumo.
Udin portò due sedie di legno e le sistemò vicino al fuoco. "Vado a prendere dei vestiti asciutti" disse prima di congedarsi.
Roge assaporò il fuoco avvicinando le mani al camino. Dopo tutti quei giorni passati nella neve, aveva dimenticato il dolce tocco del calore.
Deliza sedette, il corpo teso in avanti.
"È stata una bella fortuna incontrare Bryn" disse Roge per spezzare il silenzio.
Deliza annuì in modo distratto.
"Tu che lo conosci, che persona è?"
"Lo conosco solo di fama" rispose la strega.
Roge rimase in attesa.
Deliza sospirò. "È strano, principe Roge."
"Chiamami solo Roge. Che cosa è strano? Voglio dire, più strano che essere stati quasi mangiati vivi da un'orda di cadaveri rianimati?"
"Nessuno dovrebbe abitare in questa fortezza. È abbandonata da secoli."
"Meglio così, no? Se Malbeth ci avesse seguiti invece di sacrificarsi per noi." Scosse la testa. Si era affezionato allo stregone e ancora non si era rassegnato alla sua morte.
"Se non fosse stato per il suo sacrificio, non avremmo mai superato il passo" disse Deliza.
Udin tornò con dei vestiti puliti e asciutti.
Roge si cambiò in un angolo della sala e Deliza in quella opposta, mentre Udin attendeva di fuori.
"Dov'è andato Bryn?" chiese Deliza. "Devo chiedergli alcune cose."
"Stanno bruciando i cadaveri" disse Udin.
"Devo vedere una cosa" disse Roge.
Udin li riportò all'esterno, dove i cavalieri avevano trascinato i cadaveri dei rianimati dopo averli legati con delle corde.
Bryn li guardò accigliato. "Non state qui. Riposatevi, scaldatevi. Udin, porta loro da mangiare. Saranno affamati."
"Mangerò dopo" disse Roge avvicinandosi ai corpi.
"Anche io" fece Deliza. "Prima devo farti qualche domanda."
"Me le farai dopo" disse Bryn. "E tu, Roge di Valonde, non avvicinarti troppo a quei cadaveri. Non siamo sicuri che non si rianimino di nuovo."
"Starò attento" disse Roge. Osservò uno per uno i visi deformati dei rianimati. Non uno di essi era stato risparmiato dalla consunzione della morte. A uno mancava un orecchio, un altro aveva perso parte del mento esponendo la lingua e i denti. A una donna mancavano gli occhi e al loro posto c'erano delle orbite vuote. Un ragazzino aveva un braccio consumato fino all'osso.
Non c'è, pensò con sollievo.
"Vai via di lì" disse Bryn.
Roge ubbidì e tornò verso di lui. "Non c'è" disse sollevato.
"Chi?" chiese Bryn.
"Il mio amico. Non è diventato uno di loro."
Un cavaliere rientrò in quel momento trascinandosi dietro due corpi legati con una fune alla sella.
Roge andò a controllare anche quelli. Il primo era di un anziano che aveva perso metà dei capelli e di quello che c'era sotto.
L'altro lo fece sobbalzare. Gli occhi di Rametev, fissi e privi di espressione, lo fissarono finché non distolse lo sguardo.
Deliza si avvicinò e guardò il corpo dell'amico in silenzio.
"Lo conoscete?" chiese Bryn.
Roge annuì.
Deliza si voltò, l'espressione seria. "Hai un ferito, non è così?"
Bryn annuì. "Anfra. Un bravo ragazzo, ma non è grave."
"Se è stato morso dai rianimati, forse è più grave di quanto pensi" disse Deliza. "Forse dovremo ucciderlo prima che diventi una di quelle cose."
Bryn sospirò. "Questa è davvero una brutta faccenda, Deliza di Nergathel." Si scoprì un braccio, al centro del quale era ben visibile il segno di un morso. La ferita di colore rosso era circondata da un alone violaceo che sembrava allargarsi istante per istante. "Molto, molto brutta."

Prossimo Capitolo Lunedì 15 Aprile
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor